tag:blogger.com,1999:blog-17409937202085713782024-03-13T20:30:23.866+01:00MAMMIFERA DIGITALEMaria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.comBlogger151125tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-68093573203055209052018-04-16T11:05:00.001+02:002018-04-16T11:05:43.330+02:00Memorie di un ginecologoIn tempi in cui si parla tanto dell'importanza dell'elemento umano, del rapporto personale nell'assistenza alla gravidanza e al parto, per garantire sicurezza e anche serenità e benessere alla donna e al suo bimbo, voglio dedicare questo breve post a un libro speciale di memorie: "Pensierando". Lo ha curato e pubblicato in proprio Giuseppe Salvatore, ginecologo ostetrico di Lanciano.<br />
In poco più di cento pagine, il libro raccoglie biglietti, messaggi, disegni, commenti e testimonianze di tante donne che grazie alle cure del dottor Salvatore sono riuscite a superare ostacoli e problemi di salute e realizzare il sogno di portare a termine con successo una gravidanza, di stringere un bimbo tra le braccia.<br />
Oltre a testimoniare una carriera di servizio e a raccontare tante piccole storie, il libro è stato pubblicato per un altro scopo: raccogliere fondi per <a href="http://www.asmonlus.it/" target="_blank">l'Associazione per lo Studio delle Malformazioni Onlus</a>. Nata all'indomani dell'incidente di Seveso, nel 1976, quando tutti si chiedevano se l'esposizione alla diossina fuoriuscita dall'impianto dell'Icmesa avrebbe comportato un'epidemia di malformazioni nei nuovi nati della zona, l'ASM finanzia in tutta Italia la ricerca per la prevenzione e la lotta alle malattie congenite e promuove l'informazione dei futuri genitori, collaborando con la stampa e, in modo diretto, con il servizio di consulenza <a href="http://www.asmonlus.it/COSAFACCIAMO/Filorosso.aspx" target="_blank">Telefono Rosso</a>.<br />
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Chi volesse acquistare "Pensierando", i cui proventi saranno interamente devoluti ad ASM Onlus, può contattare via mail l'autore all'indirizzo giusalvatore@virgilio.it<br />
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<a href="https://3.bp.blogspot.com/--zHVPrVgncc/WtRmyo5OrvI/AAAAAAAAA1k/pb_D2ivQwgQ8aVnsyxwgybbgZmQIEUcDwCLcBGAs/s1600/libro1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1176" data-original-width="823" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/--zHVPrVgncc/WtRmyo5OrvI/AAAAAAAAA1k/pb_D2ivQwgQ8aVnsyxwgybbgZmQIEUcDwCLcBGAs/s400/libro1.jpg" width="277" /></a></div>
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-22mFubTr6A0/WtRm9pf3V0I/AAAAAAAAA1o/bUN6UZrBNt0HRNvJ0zlnvaN03uXhcB1KwCLcBGAs/s1600/libro2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1172" data-original-width="828" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-22mFubTr6A0/WtRm9pf3V0I/AAAAAAAAA1o/bUN6UZrBNt0HRNvJ0zlnvaN03uXhcB1KwCLcBGAs/s400/libro2.jpg" width="281" /></a></div>
Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-1976174423311948672018-02-27T18:12:00.000+01:002018-02-27T18:12:52.876+01:00L'accesso alla contraccezione dall'Europa all'Italia: le mappe, gli ostacoli, le proposte
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p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; text-align: center; font: 12.0px Times}
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/--UVgUIypEdw/WpV88SNPmvI/AAAAAAAAAzQ/G5vcPcURBMcW3Jtw02idFDTvHw7WDOGqgCLcBGAs/s1600/banner-conferenza.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="609" data-original-width="1600" height="242" src="https://4.bp.blogspot.com/--UVgUIypEdw/WpV88SNPmvI/AAAAAAAAAzQ/G5vcPcURBMcW3Jtw02idFDTvHw7WDOGqgCLcBGAs/s640/banner-conferenza.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="p1" style="text-align: left;">
<span style="background-color: white; color: #1d2129; letter-spacing: -0.12px;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: small;"><br /></span></span></div>
<div class="p1" style="text-align: left;">
<span style="background-color: white; color: #1d2129; letter-spacing: -0.12px;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>Dopo aver raccolto più di 60 mila firme in meno di un mese</b>, a dimostrazione dell'interesse pubblico per l'accesso ai mezzi contraccettivi, il 14 febbraio scorso (non a caso il giorno di San Valentino), il <a href="https://contraccezionegratuita.wordpress.com/" target="_blank"><b>Comitato per la Contraccezione Gratuita e Consapevole</b></a> ha organizzato una conferenza dal titolo </span></span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">“</span><span style="background-color: white; color: #1d2129; letter-spacing: -0.12px;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>L'accesso alla contraccezione dall'Europa all'Italia: le mappe, gli ostacoli, le proposte</b></span></span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">”</span><span style="background-color: white; color: #1d2129; letter-spacing: -0.12px;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"> che ha riunito operatori della salute, rappresentanti delle società scientifiche, delle istituzioni, delle aziende e di associazioni di cittadini, per discutere della fattibilità della proposta di erogazione gratuita dei mezzi contraccettivi. </span></span></div>
<div class="p1" style="text-align: left;">
<span style="background-color: white; color: #1d2129; letter-spacing: -0.12px;"><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></span></div>
<div class="p1" style="text-align: left;">
<span style="font-size: large;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">La lista completa dei partecipanti e le registrazioni audio e video dell'evento, ospitato dalla <b>Casa Internazionale delle Donne a Roma</b>, <a href="https://contraccezionegratuita.wordpress.com/2018/02/18/video-della-conferenza-laccesso-alla-contraccezione-dalleuropa-allitalia-la-mappa-gli-ostacoli-le-proposte/" target="_blank">sono disponibili qui, grazie al contributo di Radio Radicale</a>. Ecco invece alcune note sulle notizie e le riflessioni emerse intorno a tre punti focali della conferenza: <b>le mappe, gli ostacoli e le proposte</b>. </span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Speriamo che possano sollecitare nuovi confronti e dare un indirizzo a future iniziative.</span></span></div>
<div class="p1" style="text-align: left;">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: small;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-5TyghoOdTKg/WpV-sGOq1jI/AAAAAAAAAzc/9AAqFNJt8aEzUpZLGpK00b6pHTf17lKSQCLcBGAs/s1600/pubblico-conferenza.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="300" src="https://3.bp.blogspot.com/-5TyghoOdTKg/WpV-sGOq1jI/AAAAAAAAAzc/9AAqFNJt8aEzUpZLGpK00b6pHTf17lKSQCLcBGAs/s400/pubblico-conferenza.jpg" width="400" /></a></div>
<h2>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Premessa: per quale motivo chiediamo quel che chiediamo</span></h2>
<div>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">“L'accesso alla contraccezione è un diritto umano”, ha detto alla conferenza <b>Grazia Panunzi, presidente dell'Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo</b>, organizzazione non governativa di cooperazione che promuove e difende i diritti, la dignità e la libertà di scelta di donne e ragazze. “La <a href="http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/d_impegni_pol_internaz/a_conf_mondiali_onu/c_conf_cairo_e+5/home_conf_cairo.html" target="_blank">Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo del Cairo</a> del 1994 e la <a href="http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/d_impegni_pol_internaz/a_conf_mondiali_onu/b_conf_pechino/home_pechino.html" target="_blank">Conferenza mondiale sulle donne di Pechino</a> del 1995 hanno attribuito particolare rilevanza <b>ai diritti sessuali e riproduttivi, al diritto di ogni donna e di ogni coppia di decidere se e quando fare un figlio e quanto distanziare le gravidanze</b>, istanze che fanno ormai parte dell'agenda delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Favorire l'accesso a mezzi contraccettivi efficaci previene morti di parto, morti infantili, gravidanze indesiderate, i danni causati da aborti non praticati in condizioni di sicurezza, la trasmissione di malattie sessuali”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">Nel nostro Paese, <b>due leggi dello Stato parlano di procreazione consapevole come di un diritto: la n.405 del 29 luglio 1975, istitutiva dei consultori familiari, e la n.194 del 22 maggio 1978</b>. “Il consultorio è stato istituito come pilastro del Servizio Sanitario Nazionale per fare prevenzione nel campo della salute riproduttiva e sessuale. La consulenza sulla contraccezione e l'offerta gratuita dei mezzi contraccettivi sono strumenti di prevenzione primaria”, ha osservato <b>Piero Cifelli, rappresentante della Società Italiana di Scienze Ostetriche Ginecologiche Neonatali</b>.</span><span class="Apple-converted-space" style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;"> </span></div>
<div class="p3">
<span class="Apple-converted-space" style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">“Di procreazione consapevole parla anche il <a href="http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_normativa_1548_allegato.pdf" target="_blank">Progetto Obiettivo Materno Infantile</a>, adottato nel 2000 con il Piano Sanitario Nazionale”, ha aggiunto <b>Gabriella Cappiello, rappresentante dell'Associazione Ginecologi Consultoriali</b>.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">“E nei <a href="http://www.salute.gov.it/portale/esenzioni/dettaglioContenutiEsenzioni.jsp?id=4773&area=esenzioni&menu=vuoto" target="_blank">Livelli Essenziali di Assistenza</a>, rinnovati lo scorso anno, c'è scritto che i consultori somministrano i mezzi contraccettivi, dunque l'accesso ai mezzi contraccettivi è di fatto già considerato nei LEA”, ha concluso <b>Silvana Borsari, referente del Servizio di Assistenza Distrettuale della Regione Emilia Romagna</b>.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Parlando di 194 e di interruzione volontaria della gravidanza, <b>Angela Spinelli, direttore del Centro Nazionale Prevenzione delle Malattie e Prevenzione della Salute</b>, ha commentato l'ultima <a href="http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2686" target="_blank">relazione ministeriale sullo stato di applicazione della legge</a></span><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">, pubblicata lo scorso dicembre. “<b>Da diversi anni, ormai, dagli anni '80, il ricorso all'IVG in Italia è progressivamente calato e tra i diversi fattori responsabili di questo andamento di certo è stata fondamentale la crescente diffusione di mezzi contraccettivi moderni e più efficaci</b>”, ha osservato. “Nel 1979, il 50% delle coppie faceva uso del coito interrotto come unico mezzo di controllo della procreazione. Oggi la percentuale di chi ricorre al coito interrotto è scesa al 10-15%. <b>Migliorare ulteriormente l'offerta di contraccezione comporterebbe di certo un ulteriore calo del numero di interruzioni di gravidanza</b>, perché gran parte delle IVG oggi riguarda gravidanze indesiderate, la cui occorrenza si potrebbe prevenire con un migliore accesso alla contraccezione”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">La contraccezione, dunque, è un diritto fondamentale per le istituzioni sanitarie internazionali e per quelle italiane. Favorire l'accesso ai mezzi contraccettivi è un'azione di prevenzione primaria a vantaggio della salute delle donne, degli uomini, delle coppie e comporta per il Servizio Sanitario Nazionale un risparmio economico legato al minore ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza e al contenimento delle infezioni a trasmissione sessuale.</span></div>
<div class="p2">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: small;"><br /></span></div>
<h2>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Le mappe: quelle che ci sono e quelle che servono</span></h2>
<h2>
<br /><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-NFOO0FeWoJQ/WpWKg3ShNtI/AAAAAAAAAzs/hQS6BzaYWAovgmMAXplYuNHZafgoEBkpgCLcBGAs/s1600/cceptionmap.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1127" data-original-width="1180" height="381" src="https://3.bp.blogspot.com/-NFOO0FeWoJQ/WpWKg3ShNtI/AAAAAAAAAzs/hQS6BzaYWAovgmMAXplYuNHZafgoEBkpgCLcBGAs/s400/cceptionmap.png" width="400" /></a></div>
</span></h2>
<div class="p2">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>Pezzo forte della conferenza del 14 febbraio è stata la presentazione dell'<a href="https://www.contraceptioninfo.eu/" target="_blank">Atlante Europeo della Contraccezione</a>, redatto dallo European Parliamentary Forum on Population and Development</b>, una mappa dell'Europa geografica che rappresenta i dati relativi all'accesso alla contraccezione in 45 Paesi. “È stato realizzato nell'arco di otto mesi prendendo in considerazione due aspetti: la disponibilità di informazioni online sulla scelta contraccettiva nell'ambito di siti web governativi e l'offerta gratuita dei mezzi contraccettivi”, ha spiegato <b>Marina Davidashvili, senior policy officer dell'EPF</b>. “Un comitato di esperti e rappresentanti della società civile ha individuato 5 criteri e 15 sotto criteri, sulla base dei quali è stato assegnato un punteggio a ciascun Paese. Cinque diverse fasce di punteggio sono stata rappresentate con cinque diversi colori: verde scuro per i Paesi con il punteggio più elevato e poi, a calare, verde chiaro, giallo, arancione e rosso”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Osservando i colori sulla carta è evidente la tendenza generale: nell'Europa occidentale prevale il colore verde, più o meno intenso, in quella orientale prevalgono il rosso e l'arancione. “<b>I Paesi nelle migliori condizioni sono la Francia, la Gran Bretagna e il Belgio</b>”, ha spiegato Davidashvili. “Tutte e tre le nazioni hanno siti web governativi che offrono informazioni sui diversi mezzi contraccettivi e sulla loro reperibilità. Inoltre, <b>tutte e tre garantiscono l'accesso gratuito ai mezzi contraccettivi a tutta la cittadinanza</b>. Altri Paesi offrono contraccettivi gratuiti solo ad alcune fasce d'età o gruppi vulnerabili, altri ancora li offrono in regime di contributo di spesa con lo Stato. Tengo a far notare che <b>i Paesi con il migliore punteggio sono anche quelli caratterizzati da un tasso di fecondità più elevato</b>, segno che l'accesso alla contraccezione non è causa di denatalità</span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">”</span><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">. </span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">“</span><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>L'Italia è l'unico Paese di colore arancione nell'Europa occidentale</b>. Il suo punteggio lascia a desiderare in primo luogo perché non offre gratuitamente alcun mezzo contraccettivo e in secondo luogo per l'assenza di un sito governativo che fornisca informazioni logistiche su come e dove reperire un contraccettivo e sui costi. Bisognerebbe anche migliorare l'informazione sui mezzi contraccettivi moderni e su quelli di lunga durata, come la spirale e gli impianti sottocutanei. Positiva, invece, l'offerta di consulenza nei consultori”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Di ampiezza più limitata, ma più dettagliata per alcuni aspetti è la ricerca pubblicata nel 2015 dall'International Planned Parenthood Federation European Network, in collaborazione con la European Society of Contraception and Reproductive Health e, per l'Italia, con la Società Medica Italiana per la Contraccezione: il <b><a href="http://www.smicontraccezione.it/barometer/barometer-16-countries-2015.pdf" target="_blank">Barometro dell'accesso delle donne alle moderne scelte contraccettive in 16 Paesi della Comunità Europea</a>. <a href="http://www.smicontraccezione.it/barometer/barometer-italia-2015.pdf" target="_blank">Qui è disponibile in Italiano la parte riguardante la situazione nel nostro Paese</a></b>. L'ha citata alla conferenza <b>Emilio Arisi, presidente di SMIC</b>, che ha confermato la posizione piuttosto bassa dell'Italia rispetto alle altre nazioni considerate e le gravi lacune nell'offerta della contraccezione ordinaria e d'emergenza.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">A chi devono rivolgersi nel nostro Paese la donna, l'uomo, la coppia che cercano informazioni e una consulenza per attuare le proprie scelte riproduttive? Ai consultori, è stata la risposta unanime dei partecipanti alla conferenza. Allora <b>quel che serve per creare una mappa logistica della disponibilità dei mezzi contraccettivi, come suggerito da Marina Davidashvili, è in primo luogo una mappa dei consultori attivi sul territorio italiano</b>, delle loro risorse e dei servizi che offrono, accurata e aggiornata.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">“In teoria questa mappa esiste <a href="http://www.salute.gov.it/portale/donna/consultoriDonna.jsp?lingua=italiano&id=4524&area=Salute%20donna&menu=consultori" target="_blank">e si trova sul sito del Ministero della Salute</a>”, ha spiegato <b>Anna Pompili, ginecologa presso un consultorio adolescenti e un consultorio familiare della ASL RM1 e presso il centro IVG dell'Ospedale San Giovanni di Roma, cofondatrice e membro del direttivo dell'Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto</b>. “È interattiva: cliccando si trova la struttura più vicina alla posizione indicata. Peccato che la lista dei consultori familiari comprenda anche centri vaccinali, strutture per disabili adulti, centri di neuropsichiatria infantile… Inoltre le indicazioni non tengono conto del fatto che <b>tanti consultori familiari hanno subito drastiche riduzioni del personale e non erogano i servizi indicati</b>”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>Serena Battilomo, che dirige l'Ufficio della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute</b>, ha illustrato la genesi e i problemi della mappa in questione. “Nel 2008 il mio predecessore curò un censimento accurato dei consultori attivi sul territorio e delle loro dotazioni strumentali e di organico”, ha spiegato. “Nel 2013, venuto il momento di aggiornare quella mappatura, pensammo di utilizzare <b>il flusso informativo nazionale, cioè le informazioni su tutte le strutture sanitarie che le Regioni per legge devono fornire con continuità al Ministero</b>. Il flusso informativo comprende anche i dati relativi ai consultori familiari e ci avrebbe permesso di aggiornare la mappa ogni anno automaticamente. <b>Nel tempo, però, alcuni consultori familiari hanno cambiato attività</b>: sono diventati centri vaccinali, centri di pediatria, per disabili o per l'assistenza ai migranti. E i servizi informativi che si occupano di trasmettere i dati dalle Regioni al Ministero talvolta non ne hanno tenuto conto. Ce ne siamo accorti confrontando le informazioni ottenute in questo modo con quelle raccolte direttamente dal Ministero per la redazione del rapporto annuale sull'attuazione della legge 194 e ce lo hanno segnalato i colleghi di diverse Regioni. <b>Abbiamo deciso, così, di mettere in rete la mappa basata sui dati del flusso informativo nazionale, che sono i dati ufficiali, pur sapendo che presenta lacune e imprecisioni, proprio per sollecitare i servizi informativi delle Regioni a controllare e correggere i dati inviati</b></span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">”</span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">. </span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">“</span><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Quest'anno poi il Ministero ha deciso di finanziare un'azione centrale per <b>censire nuovamente tutti i consultori familiari attivi, i servizi erogati, indirizzi, contatti e orari di apertura e la loro geolocalizzazione, così da poter inserire queste informazioni nella mappa sul web e anche all'interno di app dedicate</b> che permettano di individua la struttura più vicina che offra un determinato servizio. Sono lavori in corso di cui vi daremo notizia quando saranno ultimati”.</span></div>
<div class="p2">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: small;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/be/Model_of_a_contraceptive_pill%2C_Europe%2C_c._1970_Wellcome_L0059976.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="650" data-original-width="800" height="325" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/be/Model_of_a_contraceptive_pill%2C_Europe%2C_c._1970_Wellcome_L0059976.jpg" width="400" /></a></div>
<h2>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Gli ostacoli: il costo dei contraccettivi è solo uno dei tanti</span></h2>
<div class="p2">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Che quello economico sia uno dei principali ostacoli all'accesso ai mezzi contraccettivi moderni in Italia è opinione condivisa da tutti i partecipanti alla conferenza del 14 febbraio. Non è l'unico. “Il costo dei contraccettivi è solo parte del problema”, ha spiegato <b>Pietro Puzzi, ginecologo attivo in alcuni consultori di Brescia e membro fondatore del Comitato per la contraccezione gratuita</b>, che ha illustrato la campagna in apertura della conferenza. “<b>Ci vuole informazione indipendente su caratteristiche, pro e contro di ciascun contraccettivo</b>. Informazione che non provenga solo dalle aziende produttrici di farmaci e dispositivi. <b>E ci vuole counselling mirato alla coppia e alla donna</b>, un servizio che spetta ai consultori erogare. Quindi non basta mappare quelli attivi sul territorio, ma bisogna anche riorganizzarli, destinare nuove risorse”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>La legge istitutiva dei consultori risale al 1975, più di 40 anni fa. “È stata interpretata in modo diverso dalle singole Regioni e dalle singole aziende sanitarie</b>”, ha osservato Gabriella Cappiello. “Io per esempio lavoro in una ASL del Piemonte. La nostra Regione non eroga gratuitamente i contraccettivi ormonali, né quelli ordinari né quelli di emergenza, ma combattendo a livello locale siamo riusciti a ottenere che il consultorio della nostra azienda offra gratuitamente la contraccezione di emergenza alle minorenni e, in alcuni casi, anche alle donne maggiorenni. Non è giusto che per ottenere questi risultati si debbano ingaggiare mille battaglie locali. <b>Dovrebbe essere lo Stato a garantire la tutela della salute dei cittadini</b>”.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-bTUUP3z0M6Y/WpWMAcNNe_I/AAAAAAAAAz4/mwNLzH8fmiUtv6E5oOOfthQ65mDtVhpTQCLcBGAs/s1600/condoms-3112007_1920.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="266" src="https://1.bp.blogspot.com/-bTUUP3z0M6Y/WpWMAcNNe_I/AAAAAAAAAz4/mwNLzH8fmiUtv6E5oOOfthQ65mDtVhpTQCLcBGAs/s400/condoms-3112007_1920.jpg" width="400" /></a></span></div>
<br />
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">La regionalizzazione della sanità pubblica ha creato disparità di accesso all'assistenza e ai farmaci sul territorio nazionale. “È un problema”, ha ammesso Serena Battilomo. “I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza hanno ribadito l'importanza della rete dei consultori e alcune Regioni virtuose hanno investito in questo settore, ottenendo risultati positivi. <b>In altre Regioni gli investimenti non sono stati adeguati</b>”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Laddove i consultori sono stati abbandonati a se stessi e si sono progressivamente impoveriti di risorse materiali e umane, la considerazione del pubblico nei loro confronti è calata. “Tante donne, tante coppie di classe economica medio alta si tengono alla larga da queste strutture che considerano inadeguate, fatiscenti, adatte a chi non ha i mezzi per permettersi l'assistenza privata”, ha commentato Piero Cifelli. “E magari <b>si rivolgono al consultorio solo nell'emergenza, quando hanno in corso una gravidanza indesiderata, per accedere all'IVG</b>. Così si trascura <b>il compito primario dei consultori, che è quello di fare prevenzione, attraverso l'informazione, il counselling e l'erogazione di mezzi contraccettivi</b>”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Ci sono anche donne che si rivolgono alla struttura pubblica per avere una consulenza per la pianificazione familiare e l'inserimento di un dispositivo intrauterino e, indipendentemente dai costi, <b>non ottengono quello che cercano</b>. “Tanti giovani ginecologi escono da cinque anni di specializzazione e non sono in grado di fare counselling contraccettivo, non sono in grado di inserire una spirale”, ha detto <b>Marina Toschi, vicepresidente dell'Associazione dei Ginecologi Territoriali e cofondatrice del Comitato per la contraccezione gratuita</b>, “perché nessuno ha insegnato loro a farlo</span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">”</span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">. </span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-MQ2fH60qPBg/WpWMpSK1FdI/AAAAAAAAA0A/7tN4mZUKIX8MoHlvkDHM90nMl1ujQb6RgCLcBGAs/s1600/16670919389_63105a5b77_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1024" height="266" src="https://4.bp.blogspot.com/-MQ2fH60qPBg/WpWMpSK1FdI/AAAAAAAAA0A/7tN4mZUKIX8MoHlvkDHM90nMl1ujQb6RgCLcBGAs/s400/16670919389_63105a5b77_b.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">“</span><span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>C'è una carenza a livello della formazione. E c'è una questione di medicina difensiva</b>: l'inserimento di un dispositivo intrauterino è considerato un atto chirurgico. Facendone tanti, c'è il rischio di qualche incidente e l'assicurazione ordinaria potrebbe non pagare. Occorre un'assicurazione specifica. Tanti ginecologi che operano nei consultori preferiscono astenersi per evitare rischi e così la donna che chiede la spirale deve spostarsi a cercare una struttura differente, oppure ricorrere al privato pagando ancora di più. C'è anche chi rifiuta alla donna che ne fa consapevolmente richiesta la legatura delle tube, cioè la sterilizzazione, dicendo che in Italia questa procedura è illecita. Non è vero: <b>la legge non vieta la legatura delle tube, come non vieta la vasectomia per l'uomo</b>. C'è chi rifiuta di legare le tube a una donna che ne fa richiesta dopo il terzo cesareo, senza tenere conto dei possibili rischi di una ulteriore gravidanza per la salute dell'interessata”.</span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Anche <b>l'epidemiologo Michele Grandolfo, già direttore del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute</b>, è intervenuto alla conferenza per lamentare la carenza di informazioni sulla contraccezione. “La gravidanza sarebbe un'ottima occasione per informare le donne sui diversi mezzi contraccettivi disponibili, per fornire loro i mezzi necessari per una scelta consapevole dopo il parto, alla ripresa dei rapporti”, ha detto. “Risulta invece che <b>solo il 50% dei ginecologi affronti l'argomento con le proprie assistite</b>. Tanti evitano il discorso sostenendo che la donna in gravidanza è troppo concentrata sull'arrivo del bambino e non è interessata alla contraccezione. Basta chiederlo alle donne per verificare che non è così”.</span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>La ginecologa Elisabetta Canitano, presidente dell'Associazione Vitadidonna Onlus</b> è stata ancora più esplicita nella sua denuncia. “<b>Ci sono tanti colleghi che negano informazioni o forniscono informazioni scorrette per ragioni ideologiche</b>”, ha osservato. “Sconsigliano l'uso della spirale o dicono che è pericolosa. Affermano che è un mezzo abortivo, il che è falso, e su questa base rifiutano di inserirla perché obiettori di coscienza. <b>I centri per la pianificazione familiare afferenti ad alcuni ospedali religiosi non prescrivono contraccettivi moderni</b>. Illustrano solo i metodi naturali, senza chiarire i limiti della loro efficacia. Le donne, le coppie che si rivolgono a loro non sanno che quelle informazioni sono viziate da un'opposizione di tipo ideologico. Le accettano, convinte che siano informazioni basate sull'evidenza scientifica. <b>Così il loro consenso non può dirsi realmente informato</b>”.</span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-9IvcLB6Tqk8/WpWQ2O0lQgI/AAAAAAAAA0Y/FmuoIb0DCXgC07LOX0GGBE8Lt-qHQZJUQCLcBGAs/s1600/xlqlbpdbhkwdaia-1600x900-nopad.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="702" data-original-width="1248" height="223" src="https://1.bp.blogspot.com/-9IvcLB6Tqk8/WpWQ2O0lQgI/AAAAAAAAA0Y/FmuoIb0DCXgC07LOX0GGBE8Lt-qHQZJUQCLcBGAs/s400/xlqlbpdbhkwdaia-1600x900-nopad.jpg" width="400" /></a></div>
<h2>
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Le proposte: le strade da percorrere per un cambiamento</span></h2>
<div class="p2">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b></b><br /></span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">La proposta del Comitato per la contraccezione gratuita, illustrata all'inizio della conferenza dal ginecologo Pietro Puzzi, prevede l'erogazione gratuita di alcuni mezzi contraccettivi, farmaci come la pillola ormonale e dispositivi come la spirale. “Abbiamo operato questa scelta sulla base di quattro criteri”, ha spiegato Puzzi. “In primo luogo, <b>il rapporto tra efficacia e costo, che per esempio è elevato per la spirale al rame</b>. <b>Poi</b> <b>il rapporto tra benefici e rischi per la salute, elevato per i preservativi e per le pillole estro-progestiniche di seconda generazione</b>, quelle che contengono l'ormone progestinico levonorgestrel, che minimizzano il rischio di tromboembolismo venoso. Nell'ottica di garantire alle donne <b>maggiore possibilità di scelta e facilità d'uso</b>, abbiamo inserito nella selezione dei contraccettivi l'anello vaginale, che non implica la necessità di assunzione giornaliera. Infine, abbiamo tenuto conto di <b>alcune situazioni particolari</b>, come le donne nel post partum che allattano e non possono utilizzare farmaci estro-progestinici. Per loro abbiamo incluso le pillole di solo progestinico. Per le donne affette da mestruazioni abbondanti abbiano considerato le spirali medicate con progestinico, che hanno l'effetto di limitare la perdita di sangue e la conseguente anemia”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Sulla scelta esclusiva delle pillole estro-progestiniche di seconda generazione ha mosso un'obiezione Emilio Arisi. “Nel counselling contraccettivo bisogna tenere presente tutti gli aspetti specifici della donna, della coppia che si rivolge al medico”, ha spiegato, “e non solo la sicurezza dal punto di vista del rischio tromboembolitico. Per esempio, non prescriverei il levonorgestrel a una giovane affetta da disturbi di natura androgenica, come l'acne o il sovrappeso, perché potrebbe accentuarli. Per lei sarebbe più indicato un estro-progestinico di terza generazione. <b>Va bene quindi favorire quelli di seconda generazione, ma senza precludere altre possibilità</b>”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Il percorso da intraprendere per ottenere la gratuità dei mezzi contraccettivi deve seguire necessariamente un doppio canale. <b>In Italia, infatti, la rimborsabilità dei farmaci è competenza dell'AIFA, mentre le decisioni sui dispositivi medici spettano al Ministero della Salute</b>. <b>Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti ed ex Ministra della Salute</b> è intervenuta alla conferenza per fare chiarezza sull'iter previsto per i farmaci.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">“È l'AIFA che stabilisce quali debbano essere inseriti in fascia A e quindi forniti gratuitamente ai cittadini. Lo decide attuando l'indirizzo politico del Ministero della Salute in accordo con le leggi dello Stato”, ha spiegato la ex Ministra. “Il tema della contraccezione è parte fondamentale della legge istitutiva dei consultori e della legge 194, nonché del Progetto Obiettivo Materno Infantile del 2000. Non ci sono dubbi sulla sua rilevanza. <b>Occorre però la volontà politica da parte del Ministero di dare all'AIFA il necessario input</b>. Ricevuta l'indicazione dal Ministero, una commissione tecnico scientifica interna all'AIFA determina le modalità di inserimento in fascia A. Quindi l'Agenzia avvia la fase di negoziazione con le case farmaceutiche per fissare un prezzo conveniente dei medicinali in questione: viene scelta l'azienda che offre il prezzo più basso. <b>Alle case farmaceutiche conviene avere un prodotto in fascia A perché, pur a minor costo, il farmaco ha maggiore diffusione</b>. Tuttavia la proposta di collocare un medicinale in fascia gratuita non viene dalle aziende, ma dal Ministero. <b>Ritengo quindi che sarebbe utile proporre il tema al dibattito politico, prima e dopo le elezioni</b>”.</span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Fino al 2016 alcuni farmaci contraccettivi erano in fascia A, poi sono stati spostati in fascia C, quella dei prodotti interamente a carico del cittadino. “L'anno scorso a questo riguardo <b>è stata presentata un'interrogazione parlamentare</b>, a cui il 10 ottobre 2017 <a href="http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2017/10/10/leg.17.bol0890.data20171010.com12.pdf" target="_blank"><b>ha risposto il sottosegretario di Stato per la salute Davide Faraone</b></a> con elementi acquisiti da AIFA”, ha riferito Serena Battilomo. “Nella risposta si legge che di recente la problematica in argomento è stata riconsiderata da AIFA, <b>la quale sta svolgendo approfondimenti al fine di valutare la possibilità di riammettere alla rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale gli anticoncezionali che presentino il miglior profilo beneficio-rischio</b>. Nella risposta si legge inoltre che il 2 agosto 2017 l'Agenzia ha incontrato le principali società scientifiche di ginecologia ed endocrinologia per valutare la situazione. L'attività è in corso e richiederà anche una stima dei costi”.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-t7RaC60y2T4/WpWRA8Xn2AI/AAAAAAAAA0c/11CQWvlkM9EFrKfsUsvl_U6yXaISwgVFQCLcBGAs/s1600/contraccettivi_o_su_horizontal_fixed.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="475" data-original-width="633" height="300" src="https://2.bp.blogspot.com/-t7RaC60y2T4/WpWRA8Xn2AI/AAAAAAAAA0c/11CQWvlkM9EFrKfsUsvl_U6yXaISwgVFQCLcBGAs/s400/contraccettivi_o_su_horizontal_fixed.jpg" width="400" /></a></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><b>Alla riunione del 2 agosto scorso erano presenti i rappresentanti dell'Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri, della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, entrambi nella persona di Elsa Viora, dell'Associazione Ginecologi Universitari e della Società Italiana di Endocrinologia</b>. “Nel corso di quella riunione abbiamo chiesto all'AIFA la gratuità dei farmaci contraccettivi per tutta la cittadinanza, ma ci è stato risposto che la copertura economica è insufficiente”, ha raccontato Viora. “<b>Abbiamo quindi redatto un documento informale, tuttora in fase di revisione, indicando alcune fasce vulnerabili a cui limitare la gratuità</b>: a tutte le donne di età inferiore a 26 anni, a quelle di età compresa tra 26 e 44 anni nei 4 mesi successivi a un'interruzione volontaria di gravidanza e nei 12 mesi successivi al parto, alle donne con esenzione dal ticket per reddito, alle lavoratrici colpite dalla crisi e alle donne di recente immigrazione. Nel documento abbiamo passato in rassegna tutti i farmaci anticoncezionali disponibili, gli ormonali orali e quelli a lunga durata d'azione, come gli impianti sottocutanei. Abbiamo espresso preferenza per le pillole estro-progestiniche di seconda generazione, senza però precludere le altre, e per i contraccettivi a lunga durata per le donne che hanno difficoltà ad assumere un farmaco quotidianamente e per quelle che hanno affrontato un'IVG e sono a maggior rischio di reiterarla. <b>Dopo aver presentato all'AIFA il documento, verremo convocati dall'ufficio dell'Agenzia che si occupa delle valutazioni economiche</b>”.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/e/e0/Contraceptive_pills_1000pxw.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="300" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/e/e0/Contraceptive_pills_1000pxw.jpg" width="400" /></a></span></div>
<br />
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Quali mezzi anticoncezionali rientrano invece nella categoria dei dispositivi medici? Lo ha chiarito alla conferenza <b>Fernanda Gellona, direttore generale di Assobiomedica</b>, l'associazione di Confindustria che rappresenta i produttori del settore biomedico e diagnostico. “<b>Sono dispositivi medici tutti quei prodotti che svolgono un'azione meccanica e non interagiscono con il metabolismo, al contrario dei farmaci</b>”, ha spiegato. “Quindi, nel caso dei contraccettivi, sono dispositivi i profilattici, le spirali al rame e anche quelle medicate con progestinico. Non rientrano invece nella categoria gli impianti sottocutanei per il rilascio prolungato di progestinico, per i quali prevale l'azione farmacologica. <b>La rimborsabilità e dunque la gratuità per i cittadini dei dispositivi medici non dipende dalle decisioni dell'AIFA, ma dal loro inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza da parte del Ministero della Salute</b>. Le modalità di erogazione dei prodotti dipendono poi dalle decisioni delle singole Regioni</span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">”</span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">. </span></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">“</span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;">Fino all'anno scorso non esisteva un percorso prestabilito per chiedere al Ministero l'inserimento di un dispositivo o di una categoria di dispositivi nei LEA, che non venivano rinnovati da più di 15 anni. La situazione è cambiata: <b>con la pubblicazione dei nuovi Livelli Essenziali nel 2017 è stata istituita una commissione permanente che ha il compito di aggiornare i LEA ogni due anni</b>. La commissione ha sede nell'ambito della Direzione della Programmazione Sanitaria del Ministero. A tutt'oggi non si conoscono i nomi dei membri e non è stato istituito un inter per interagire con loro, ma ritengo che <b>interlocutrici della commissione saranno le società scientifiche, le associazioni di pazienti, le Regioni e la rappresentanza delle aziende del settore</b>”.</span></div>
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<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Serena Battilomo ha confermato l'esistenza della commissione permanente e ha invitato le società scientifiche a farsi avanti per sollecitare l'inserimento dei dispositivi anticoncezionali nel prossimo aggiornamento dei LEA.</span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-_CsUHGU0UNQ/WpWPpCLfdqI/AAAAAAAAA0M/-jNVFxkGl8chlxrZq21HS-vHApsGerTLwCLcBGAs/s1600/COMMUNITY-1080x675.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="675" data-original-width="1080" height="250" src="https://1.bp.blogspot.com/-_CsUHGU0UNQ/WpWPpCLfdqI/AAAAAAAAA0M/-jNVFxkGl8chlxrZq21HS-vHApsGerTLwCLcBGAs/s400/COMMUNITY-1080x675.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="p3">
<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">La proposta del Comitato per la contraccezione gratuita è rivolta alle autorità nazionali, per garantire l'equità di trattamento dei cittadini e delle cittadine su tutto il territorio. Intanto, a livello regionale qualche cosa si muove. <b>Il 6 novembre scorso, con la Delibera Regionale n.1722/2017, la Regione Emilia Romagna ha istituito l'offerta gratuita dei mezzi contraccettivi nelle strutture consultoriali a determinate fasce di popolazione in base a età e condizioni socio-economiche.</b> Alla conferenza ha riferito sull'argomento <b>Silvana Borsari, responsabile dell'area materno infantile del Servizio assistenza distrettuale, direzione generale sanità e politiche sociali della Regione</b>.<span class="Apple-converted-space"> </span></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><span class="Apple-converted-space"><br /></span></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">“Nell'ambito dei consultori familiari abbiamo allestito due aree, lo spazio giovani e lo spazio giovani adulti”, ha spiegato Borsari. “Il primo è destinato alla fascia d'età dai 14 ai 19 anni, il secondo alla fascia dai 20 ai 34, con personale formato in modo specifico per offrire consulenze per la procreazione consapevole. <b>L'offerta gratuita di farmaci e dispositivi anticoncezionali, erogati dai consultori, è rivolta ai giovani fino a 26 anni d'età e alle donne di età maggiore nel post partum, nel post IVG, con esenzioni per disoccupazione, lavoratrici colpite dalla crisi e di recente immigrazione.</b> Quale sarà il costo dell'iniziativa per la sanità pubblica potremo calcolarlo con certezza solo tra 6-8 mesi. Nel preventivo che abbiamo formulato abbiamo considerato il costo dell'acquisto di farmaci e dispositivi, la perdita dovuta al mancato pagamento dei ticket per le visite e un aumento del 20-30% degli accessi ai consultori. A fronte di queste spese, bisogna tener conto del risparmio dovuto al minore ricorso alle interruzioni volontarie di gravidanza, alla prevenzione delle infezioni a trasmissione sessuale e alla prevenzione di tutti i problemi di salute e le assenze dal lavoro legate a una gravidanza indesiderata. Dai nostri conti, <b>la spesa complessiva dell'iniziativa per un anno per l'intera Regione dovrebbe attestarsi al di sotto del milione di euro, un'inezia a confronto con altre spese sanitarie, l'equivalente di pochi interventi di sostituzione d'anca</b>”.</span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: large;">Infine, sul fronte della lotta alla disinformazione sulla contraccezione è intervenuta alla conferenza <b>Noemi Di Iorio, studentessa di medicina e responsabile nazionale dell'area tematica genere della Rete della Conoscenza</b>, associazione di rappresentanza sociale e partecipazione politica degli studenti delle scuole secondarie superiori e università, che ha annunciato iniziative a supporto della campagna per la contraccezione gratuita. “È importante combattere la disinformazione nei luoghi della formazione, scuole e università”, ha detto, “e in senso più lato parlare del diritto all'autodeterminazione sessuale. <b>La Rete della Conoscenza ha lanciato nel tempo numerose iniziative su questi temi</b>. In appoggio alle richieste del Comitato lancia ora <b><a href="https://www.facebook.com/reteconoscenza/videos/1581381418577621/" target="_blank">la campagna #FREESEX </a>per la contraccezione gratuita e per l'educazione sessuale e alle differenze nelle scuole</b>”.</span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: small;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: small;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: small;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Times, Times New Roman, serif; font-size: small;"><br /></span></div>
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<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-29283487596305424522017-12-13T15:22:00.000+01:002017-12-13T15:22:26.221+01:00Contraccezione gratuita e consapevole: 8 obiezioni, 8 risposte<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-0ZV2CTZLjyY/WjEQCzKGpOI/AAAAAAAAAxU/HvEOIYj9rZgjA7qR19Pb3cu0tuIf5DHhwCLcBGAs/s1600/35293a94-1aaa-408a-a8d2-64fdca7b9d78.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1195" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-0ZV2CTZLjyY/WjEQCzKGpOI/AAAAAAAAAxU/HvEOIYj9rZgjA7qR19Pb3cu0tuIf5DHhwCLcBGAs/s400/35293a94-1aaa-408a-a8d2-64fdca7b9d78.jpeg" width="298" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto di Marina Toschi, editing di Eleonora Cirant</td></tr>
</tbody></table>
È passata una settimana dal giorno in cui il <b>Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole</b>, di cui faccio parte, <a href="http://www.mammiferadigitale.it/2017/12/contraccezione-un-diritto-negato.html" target="_blank">ha lanciato sulla piattaforma Change.org</a> una petizione per chiedere ad AIFA e Ministero della Salute la rimborsabilità dei mezzi contraccettivi essenziali per garantire il diritto alla salute sessuale e alla procreazione responsabile. Abbiamo diffuso la notizia attraverso i canali della stampa e dei social media e siamo molto contenti dell'interesse suscitato e del contatore delle firme che avanza sempre più.<br />
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<b>I nostri post e gli articoli che parlavano della petizione hanno raccolto anche diverse obiezioni.</b> Alcune sono poco più che provocazioni. “Perché una donna anziana dovrebbe contribuire con le sue tasse alla contraccezione dei giovani?”, chiede qualcuno nei commenti di un giornale. Potrei rispondere: perché una persona senza figli dovrebbe contribuire con le sue tasse alla scuola pubblica? O un non vedente all'illuminazione stradale?<br />
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Altre obiezioni sono interessanti e meritano una riflessione più approfondita. <b>Ho raccolto le più comuni e ho consultato gli specialisti che fanno parte del Comitato o che hanno aderito alla nostra campagna per aiutarmi a replicare.</b><br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-0deaLf5iHvM/WjEQr6JzwhI/AAAAAAAAAxc/ukTVyJo3N80ziIQ0SeyqXRY_nsPa_wmQwCLcBGAs/s1600/number-150790.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="800" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-0deaLf5iHvM/WjEQr6JzwhI/AAAAAAAAAxc/ukTVyJo3N80ziIQ0SeyqXRY_nsPa_wmQwCLcBGAs/s200/number-150790.png" width="100" /></a></div>
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In Italia si fanno sempre meno figli. Anziché offrire contraccettivi gratuiti, incoraggiamo a fare più bambini!</h2>
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“Nei Paesi in cui la contraccezione è più diffusa, come la Francia e la Svezia, si fanno più figli che nei Paesi come Irlanda e Italia”, osserva <b>Elisabetta Canitano, ginecologa consultoriale di Roma</b>. “Non è la facilità di accesso alla contraccezione che ostacola la procreazione, ma la scarsa attenzione alle necessità delle donne e delle famiglie. E la contraccezione a pagamento è un esempio di questa scarsa attenzione. Più le donne e le famiglie percepiscono di avere tutto sulle proprie spalle e meno figli fanno”.<br />
Personalmente condivido al 100% l'appello di chi chiede un welfare più attento alle famiglie con figli, strutture pubbliche per i bambini, strumenti più efficaci per conciliare lavoro e famiglia. Queste richieste non sono alternative a quella della rimborsabilità dei contraccettivi. Tutt'altro: vanno nella stessa direzione.<br />
“Va detto, poi, che la contraccezione ha anche un ruolo protettivo della fertilità”, aggiunge Canitano. “Si pensi ai preservativi, che difendono da malattie a trasmissione sessuale come la clamidia, una delle prime cause di subfertilità e infertilità femminile. Se più giovani ne facessero uso nella fase della loro vita in cui non vogliono ancora avere figli, si risparmierebbero tante brutte sorprese più avanti negli anni, quando le conseguenze di un'infezione passata possono minare un progetto di gravidanza”.<br />
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<a href="https://3.bp.blogspot.com/-wy8lWZaFlas/WjERzitvDSI/AAAAAAAAAxo/AVdu0stCwlQpVTA2awQuS84cBoSxlcuUQCLcBGAs/s1600/number-150791.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1198" height="200" src="https://3.bp.blogspot.com/-wy8lWZaFlas/WjERzitvDSI/AAAAAAAAAxo/AVdu0stCwlQpVTA2awQuS84cBoSxlcuUQCLcBGAs/s200/number-150791.png" width="149" /></a></div>
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Contraccettivi gratuiti vuol dire a carico del contribuente. Perché dovremmo affrontare questa ulteriore spesa in tempi di crisi economica?</h2>
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“Innanzi tutto perché la legge prevede che lo Stato incoraggi la procreazione responsabile tra i cittadini”, risponde <b>l'epidemiologo Michele Grandolfo, già direttore del reparto Salute della Donna e dell'Età Evolutiva del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute</b>. “La n.405 del 29 luglio 1975 cita tra gli scopi dell'assistenza alle famiglie e alla maternità 'la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile, nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti' e la legge 194 del 22 maggio 1978 ribadisce che 'lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile'. Anche il Progetto Obiettivo Materno Infantile, introdotto dal Ministero della Salute nel 2000 prevede programmi di counselling sulla procreazione responsabile e la salute sessuale e l'offerta attiva di mezzi contraccettivi. E non si può fare offerta attiva senza la gratuità”.<br />
La rimborsabilità dei contraccettivi non è una spesa, ma un investimento nella prevenzione, che ripaga con gli interessi. “Prevenire le gravidanze indesiderate vuol dire ridurre i costi delle interruzioni volontarie”, spiega Grandolfo. “È impossibile eliminare del tutto il ricorso all'aborto, ma con un buon piano di counselling e l'offerta gratuita dei mezzi anticoncezionali si potrebbero dimezzare le richieste di interruzione. Basti pensare che l'introduzione sul mercato italiano della contraccezione di emergenza ha ridotto del 5% il numero degli aborti da un anno all'altro. Per come viene fatta oggi in Italia, in anestesia totale e con l'esigenza di ricovero ospedaliero, un'interruzione volontaria costa circa 1000 euro e nel 2016 ne sono state effettuate 84.874”.<br />
A queste spese da mancata contraccezione si sommano quelle relative alla cura delle malattie a trasmissione sessuale e dei problemi di salute che possono derivare da gravidanze indesiderate portate avanti, da gravidanze troppo ravvicinate o non programmate.<br />
“I soldi a disposizione della sanità pubblica, anche quelli per attuare un serio piano di counselling per la procreazione responsabile, ci sarebbero, ma vengono sprecati in diagnostica e trattamenti inappropriati. Si tratta di decidere come allocare le risorse e tagliare gli sprechi”, conclude Grandolfo.<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-2SNcl8UMOlc/WjESR7cuQbI/AAAAAAAAAxs/5jT4sEmtKOMcSL3-rqgCMwHbpiX1ioTYACLcBGAs/s1600/number-150792.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1140" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-2SNcl8UMOlc/WjESR7cuQbI/AAAAAAAAAxs/5jT4sEmtKOMcSL3-rqgCMwHbpiX1ioTYACLcBGAs/s200/number-150792.png" width="142" /></a></div>
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Perché non incentivare, piuttosto, la contraccezione naturale, che è gratuita e non ha effetti collaterali?</h2>
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“I metodi naturali basati sulla conta dei giorni o l'esame del muco cervicale hanno margini di errore notevoli, fino al 30%. Non mi sentirei di consigliarli a chi non desidera assolutamente una gravidanza, se mai solo per distanziare le nascite”, risponde <b>Marina Toschi, ginecologa consultoriale a Perugia</b>. “E voglio ricordare che non proteggono dalle malattie a trasmissione sessuale. Non parliamo poi del coito interrotto, il metodo naturale più utilizzato, che ha un margine di sicurezza molto basso e non rassicura la donna, condizionando la riuscita al buon comportamento, alla volontà e alla capacità maschile”.<br />
Detto ciò, attuare un programma di promozione della procreazione responsabile non vuol dire escludere o disincentivare i metodi contraccettivi naturali. “Il ruolo del personale che fa counselling, dal medico di medicina generale agli specialisti del consultorio, è di aiutare il singolo e la coppia ad analizzare la situazione, esprimere le proprie preferenze e sviluppare le competenze per scegliere in autonomia il mezzo contraccettivo più adatto a loro”, osserva Michele Grandolfo. “Va benissimo la scelta di usare metodi naturali, se è questo che vogliono i diretti interessati, dopo essere stati informati sui limiti di questo approccio e sul modo migliore per metterlo in atto. Alla base di tutto c'è la conoscenza del proprio corpo e della fisiologia della riproduzione. Con la giusta preparazione, la fallibilità dei metodi naturali diminuisce. Al contrario, senza le dovute conoscenze e attenzione, anche la pillola fallisce perché ci si dimentica di prenderla”.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-uK88j5JlhEs/WjESsUvlZCI/AAAAAAAAAx4/XDCe6unzK50jEE-H19x1uh0e7j_-9ItOgCLcBGAs/s1600/number-150793.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1216" height="200" src="https://4.bp.blogspot.com/-uK88j5JlhEs/WjESsUvlZCI/AAAAAAAAAx4/XDCe6unzK50jEE-H19x1uh0e7j_-9ItOgCLcBGAs/s200/number-150793.png" width="151" /></a></div>
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Se offriamo contraccettivi gratuiti agli Italiani, solo gli immigrati continueranno a fare tanti figli e tra un paio di generazioni ci sostituiranno!</h2>
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Tralasciando le mie considerazioni personali sul pensiero che sottende questo tipo di obiezione, gli stranieri di recente immigrazione sono una delle categorie che trarrebbe maggiore beneficio da un programma di counselling e dall'offerta gratuita dei mezzi contraccettivi, perché si trovano spesso in condizioni di isolamento sociale e disagio economico e non sanno o non possono accedere agli strumenti necessari per regolare la propria fecondità.<br />
“I migranti che arrivano da noi si adattano immediatamente alla riduzione del numero di figli”, dice Elisabetta Canitano. “Sono venuti per stare meglio, quindi non vogliono una famiglia numerosa e affamata come avrebbero avuto a casa. Fanno ricorso all'interruzione di gravidanza e, se sono correttamente informati e sostenuti, fanno ricorso alla contraccezione spesso più degli Italiani”.<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-7WqVLx3oKCI/WjETLaYMuNI/AAAAAAAAAyE/rhfciMC3T3UA1oDRXyyOLj4AsmVZ9QNWQCLcBGAs/s1600/number-150794.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1171" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-7WqVLx3oKCI/WjETLaYMuNI/AAAAAAAAAyE/rhfciMC3T3UA1oDRXyyOLj4AsmVZ9QNWQCLcBGAs/s200/number-150794.png" width="146" /></a></div>
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Offrire contraccettivi gratuiti ai giovani vuol dire incoraggiarli ad avere rapporti sessuali. Puntiamo piuttosto sull'educazione!</h2>
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“Offrire contraccettivi gratuiti non vuol dire mettere delle macchinette che li dispensano, ma attuare un programma di promozione della procreazione responsabile che mira a rendere i singoli e le coppie consapevoli della propria salute”, dice Michele Grandolfo. “Un programma che andrebbe perseguito in diverse sedi: nello studio del medico di famiglia, nei consultori e anche nelle scuole, rivolto ai giovanissimi. Educare alla consapevolezza e all'autonomia nel settore della sessualità vuol dire aiutare i giovani a sviluppare un senso del sé equilibrato, a gestire con responsabilità la propria salute per tutta la vita”.<br />
Finora in Italia rispetto all'educazione sessuale dei giovanissimi si è adottato l'approccio della “security through obscurity”, la “sicurezza attraverso la segretezza”, basato sul principio che tenere nascoste le informazioni sul funzionamento di un sistema lo rende inaccessibile. È un approccio notoriamente fallimentare.<br />
“Negli Stati Uniti di Bush si tentò di incentivare i giovani ad arrivare vergini al matrimonio con l'esperimento degli anelli della verginità”, ricorda Elisabetta Canitano. “Risultato: i giovani che portavano l'anello della verginità avevano i primi rapporti sessuali alla stessa età degli altri, ma adottando meno precauzioni. L'offerta gratuita dei mezzi contraccettivi serve anche a insegnare la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale”.<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-M4Oal9JQvmQ/WjETmJLtJRI/AAAAAAAAAyI/IGCsYHCfFjkH2b4PJhYAArmkRiUlgJnegCLcBGAs/s1600/number-150795.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1122" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-M4Oal9JQvmQ/WjETmJLtJRI/AAAAAAAAAyI/IGCsYHCfFjkH2b4PJhYAArmkRiUlgJnegCLcBGAs/s200/number-150795.png" width="140" /></a></div>
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Con questa iniziativa arricchite le aziende farmaceutiche e i fabbricanti di dispositivi, per fornire ai cittadini dei prodotti che hanno effetti collaterali dannosi per la salute!</h2>
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“I contraccettivi di cui chiediamo la rimborsabilità sono proprio quelli che comportano i minori rischi di effetti collaterali”, risponde Marina Toschi. “Noi valutiamo i rischi e cerchiamo di minimizzarli. I più ampi studi inglesi fatti da medici di famiglia, e non dalle case farmaceutiche, dimostrano che tra le donne che hanno utilizzato estroprogestinici per più di 20 anni si registrano tassi inferiori di mortalità per tumore dell'utero, delle ovaie e dell'intestino. Una gravidanza indesiderata è un peso notevole per la salute fisica e psicologica di una donna e di una coppia. Non è vero, poi, che la nostra iniziativa frutterebbe maggiori guadagni alle aziende, perché queste sarebbero costrette a calmierare i prezzi nella contrattazione con l'AIFA per gli acquisti su larga scala”.<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-1J0hhbT_HbA/WjET9i1xSSI/AAAAAAAAAyU/yGmxG13P6LoRCo-5yhj6YP9iBvcmJchSACLcBGAs/s1600/number-150796.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1148" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-1J0hhbT_HbA/WjET9i1xSSI/AAAAAAAAAyU/yGmxG13P6LoRCo-5yhj6YP9iBvcmJchSACLcBGAs/s200/number-150796.png" width="143" /></a></div>
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È un'iniziativa femminista. Io sono un uomo e non mi interessa.</h2>
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“Donne e uomini fanno l'amore insieme”, risponde Elisabetta Canitano. “Proteggersi dalle malattie e programmare i figli è interesse comune”.<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-A5BmOfM_rYQ/WjEUabqS0nI/AAAAAAAAAyY/5pFQ5Fi0eTIefZfT3XcvUBvQ_aXD6bGXQCLcBGAs/s1600/number-150797.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1160" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-A5BmOfM_rYQ/WjEUabqS0nI/AAAAAAAAAyY/5pFQ5Fi0eTIefZfT3XcvUBvQ_aXD6bGXQCLcBGAs/s200/number-150797.png" width="144" /></a></div>
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Qui si parla di diritti sessuali, ma non esiste il diritto al sesso. Infatti c'è chi vorrebbe farlo e non trova nessuno interessato…</h2>
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“Naturalmente ognuno decide della propria attività sessuale, se averla o non averla. In questo senso non esiste un diritto alla sessualità”, risponde <b>Roberta Rossi, psicologa e psicoterapeuta e presidente dell'Istituto di Sessuologia Clinica di Roma</b>, “ma esiste un <a href="http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_1_temi/c_indice_diritti_liberta/c_diritti_trasversali/c_dir_sessuali_riproduttivi/home_dir_sess_riprod.html" target="_blank">diritto alla sessualità consapevole</a> e informata, all'interno del quale rientra la possibilità per tutti di avere accesso ai servizi per la salute riproduttiva, che offrano la scelta più vasta possibile di metodi anticoncezionali efficaci e sicuri e che siano a loro volta accessibili, convenienti e graditi agli utenti. Come ottenere il miglior standard possibile di salute sessuale per tutti senza gli strumenti di prevenzione di base, cioè i contraccettivi?”<br />
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<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-8481808019220870732017-12-06T09:54:00.002+01:002017-12-06T09:56:13.125+01:00Contraccezione: un diritto negato<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-enYHSQBu-VA/WierksWfJzI/AAAAAAAAAwY/zFa6Ec8HWpY3KDSlTOvskFLwTIdwDzhXwCLcBGAs/s1600/girl-517555.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1121" data-original-width="1600" height="280" src="https://3.bp.blogspot.com/-enYHSQBu-VA/WierksWfJzI/AAAAAAAAAwY/zFa6Ec8HWpY3KDSlTOvskFLwTIdwDzhXwCLcBGAs/s400/girl-517555.jpg" width="400" /></a></div>
“Mi chiamo Giovanna, ho 29 anni e vivo in provincia di Verona. Dopo aver fatto due figlie in due anni, <b>vorrei mettere la spirale, ma non riesco a sostenerne il costo</b>. Anche i 15-20 euro al mese della pillola per me sono un problema. Onestamente, non sono chissà che caso eclatante: sia io che mio marito lavoriamo, ma il mio bilancio mensile fatto di mutuo, nido, rata della macchina, spesa e bollette non mi lascia molto scegliere!”<br />
Giovanna (non è il vero nome), mi avverte che la sua “non è una storia lacrimevole” e quindi forse non è materiale adatto per il post che voglio scrivere. Le rispondo che non sto cercando storie lacrimevoli, ma l'esperienza vera, quotidiana, di tanta gente che <b>arriva a fatica a fine mese e si trova costretta a scegliere tra le spese necessarie e a rinunciare alla contraccezione</b>.<br />
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L'articolo 32 della nostra Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. La legge istitutiva dei consultori, la 405 del 29 luglio 1975, cita tra gli scopi dell'assistenza alla famiglia e alla maternità “la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli utenti” e la legge 194 del 22 maggio 1978 ribadisce “<b>Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile</b>”.<br />
Nel 2017 non potrebbe essere diversamente: il diritto alla salute sessuale e alla procreazione consapevole e responsabile è fondamentale in qualunque Paese democratico e i vari fertility day e appelli a fare più figli che si susseguono da qualche anno non possono certo prescindere dalla libertà nelle scelte riproduttive. Questo diritto, però, deve essere concretamente attuabile e in Italia oggi non lo è.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-rZ5kbJHGZ94/WiesL8_IFQI/AAAAAAAAAw4/56iBW26O7iIqs4_al7qr4KJOIXU9f8iKACEwYBhgL/s1600/condom-538601.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1196" data-original-width="1600" height="298" src="https://3.bp.blogspot.com/-rZ5kbJHGZ94/WiesL8_IFQI/AAAAAAAAAw4/56iBW26O7iIqs4_al7qr4KJOIXU9f8iKACEwYBhgL/s400/condom-538601.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Preservativi maschili</td></tr>
</tbody></table>
<span style="text-align: center;">“Esistono tanti mezzi contraccettivi differenti, adatti a diverse fasi della vita, a diverse condizioni di salute e alle preferenze personali di ciascuno”, spiega </span><b style="text-align: center;">Elisabetta Canitano, ginecologa presso la ASL Roma 3 e presidente di VitadiDonna, associazione del Consorzio della Casa Internazionale delle Donne</b><span style="text-align: center;">. “Ci sono quelli meccanici, come il preservativo maschile o femminile, quelli farmacologici, come la pillola, quelli con caratteristiche miste, come la spirale intrauterina medicata. Oggi nel nostro Paese, a parte rare iniziative locali a macchia di leopardo, tutti questi mezzi sono a carico dei cittadini. Nessuno è a carico del Sistema Sanitario Nazionale e dunque gratuito per gli utenti”.</span><br />
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Accesso negato<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-GGboRb_by2M/Wiesn3oHeqI/AAAAAAAAAw4/nYaAXenjLKkH_zb_gCLcJhRb8_Sju5JaACEwYBhgL/s1600/Female_Condom.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1280" height="300" src="https://3.bp.blogspot.com/-GGboRb_by2M/Wiesn3oHeqI/AAAAAAAAAw4/nYaAXenjLKkH_zb_gCLcJhRb8_Sju5JaACEwYBhgL/s400/Female_Condom.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Preservativi femminili. Proteggono dalle gravidanze indesiderate <br />
e dalle malattie a trasmissione sessuale</td></tr>
</tbody></table>
</h2>
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Il nostro è un Paese arretrato per quel che concerne la contraccezione. I dati parlano chiaro: al terzo posto tra i metodi scelti dalle donne italiane per evitare gravidanze indesiderate, dopo il preservativo e la pillola, c'è <b>il coito interrotto</b>. “Non lo si può neppure considerare un anticoncezionale, tanto è inefficace”, osserva <b>Marina Toschi, ginecologa consultoriale, membro del Board della European Society for Contraception</b>.<br />
Eppure, in Italia vi fa ricorso il 19,4% delle donne sessualmente attive nella fascia d'età dai 18 ai 49 anni secondo <a href="http://www.istat.it/it/files/2015/12/come-cambia-la-vita-delle-donne.pdf?title=Come+cambia+la+vita+delle+donne+-+22%2Fdic%2F2015+-+Volume+(pdf).pdf" target="_blank">l'indagine multiscopo dell'Istat sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari </a>del 2013. <b>Il confronto col resto d'Europa è imbarazzante</b>: in Francia nel 2015 ha scelto il coito interrotto come mezzo contraccettivo lo 0,4% delle donne sessualmente attive tra i 15 e i 49 anni, il Germania e in Belgio lo 0,7%, in Austria lo 0,6%, secondo il rapporto delle Nazioni Unite “<a href="http://www.un.org/en/development/desa/population/publications/pdf/family/trendsContraceptiveUse2015Report.pdf" target="_blank">Trends in Contraceptive Use Worldwide 2015</a>”.<br />
E ancora, <a href="https://www.alessandragraziottin.it/ew/ew_voceall/40/2641%20-%20giovani%20e%20pillola.pdf" target="_blank">un'indagine della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia</a> del 2013 ha evidenziato che il 42% delle ragazze italiane under 25 <b>non utilizza alcuna misura anticoncezionale al primo rapporto</b> <b>sessuale</b>. Il 5% in più rispetto ai risultati di un'analoga inchiesta svolta nel 2010.<br />
<br />
Diversi sono i fattori che contribuiscono a questo stato di cose, in primis la cattiva informazione e il retaggio culturale, ma anche l'aspetto economico fa la sua parte.<br />
“Ricordo la visita di una mamma al mio studio. Era venuta a chiedermi la prescrizione di un contraccettivo orale per la figlia. Inizialmente lei era contraria, ma dopo tanto insistere la ragazza l'aveva convinta e aveva ottenuto il suo consenso. Quando ha capito che il farmaco era a pagamento, <b>mi ha spiegato che sarebbe stato complicato poterlo acquistare senza dire niente al marito</b>, cioè al padre della ragazza, che era all'oscuro della faccenda”, racconta <b>Tecla Mastronuzzi, medico di famiglia a Bari</b>. “Presto servizio nel quartiere San Pio, che una volta si chiamava Enziteto, zona di periferia più che degradata, dove l'abbandono scolastico e le prime gravidanze a 20 anni o poco meno sono la regola. Sono tante le giovani che non fanno ricorso ad alcun mezzo contraccettivo. I partner sono contrari, perché <b>convinti che il rischio di una gravidanza indesiderata sia il miglior deterrente contro l'infedeltà</b>. Le donne non hanno autonomia finanziaria e <b>il costo dei contraccettivi diventa un ostacolo insormontabile</b>”. Disagio sociale, ignoranza e ostacoli economici formano una miscela micidiale.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-BYAWNbwqc4s/Wier5Xn5btI/AAAAAAAAAwg/Gd_ToqWgvEsst4GEq_4q8xtK1p9AK0-OACEwYBhgL/s1600/25153111944_f3f894551b_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="773" data-original-width="1024" height="301" src="https://3.bp.blogspot.com/-BYAWNbwqc4s/Wier5Xn5btI/AAAAAAAAAwg/Gd_ToqWgvEsst4GEq_4q8xtK1p9AK0-OACEwYBhgL/s400/25153111944_f3f894551b_b.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Anello vaginale che rilascia attraverso la mucosa una miscela di ormoni <br />
estroprogestinici. Protegge per un mese dalle gravidanze indesiderate</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Le donne, le coppie che non possono permettersi la contraccezione per motivi economici sono quelle più danneggiate se incappano in una gravidanza indesiderata. “Capita. Capita a madri che hanno già quattro o cinque figli e il marito disoccupato”, racconta <b>Anna Fracassi, ostetrica del consultorio AREA di Vestone, convenzionato con la ASL di Brescia</b>. “Ricordo una donna, con una bimba di un anno, che non voleva subito una nuova gravidanza ed è venuta a chiedere la prescrizione per un contraccettivo orale. Cercava quello che costa meno. Alla fine ha optato per un farmaco che si trova in fascia A, cioè rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale ed erogabile dietro pagamento di pochi euro di ticket o gratuitamente a chi ha l'esenzione per reddito. <b>Peccato che non si tratti di un vero contraccettivo</b>. È un anti-androgeno per il trattamento dell'acne: contiene etinilestradiolo e ciproterone, cioè un estrogeno e un progestinico e svolge anche un'azione contraccettiva, ma ha un dosaggio ormonale elevato ed è gravato da effetti indesiderati pesanti. <b>Quella donna non ha avuto scelta e si è dovuta accontentare di una soluzione inadeguata</b>”.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-OF6KLDnd_GU/Wiesfug9YII/AAAAAAAAAw4/w-rCQBHwzzYad-ckVu0ACyBQFKQlQAzigCEwYBhgL/s1600/contraceptive-pills-849413.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="923" data-original-width="1600" height="230" src="https://4.bp.blogspot.com/-OF6KLDnd_GU/Wiesfug9YII/AAAAAAAAAw4/w-rCQBHwzzYad-ckVu0ACyBQFKQlQAzigCEwYBhgL/s400/contraceptive-pills-849413.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Contraccettivo orale estroprogestinico o progestinico.<br />
Quello progestinico è l'unico che si può assumere in allattamento</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Che cosa sono e quanto costano</h2>
<br />
Diritto alla salute sessuale non vuol dire solo accedere a un qualche mezzo contraccettivo, ma <b>avere la possibilità di scegliere quello più adatto alla propria situazione</b>. “Ci sono donne che possono assumere pillole estro-progestiniche, altre che hanno controindicazioni agli estrogeni e devono far ricorso ai soli progestinici: pillole, spirali medicate, impianti sottocutanei”, spiega Elisabetta Canitano. “Le spirali medicate sono indicate anche come trattamento per le mestruazioni troppo abbondanti. I contraccettivi orali progestinici sono gli unici utilizzabili in allattamento. I preservativi non proteggono solo contro le gravidanze indesiderate, ma anche contro le malattie a trasmissione sessuale”.<br />
<br />
Quali sono e quanto costano i mezzi contraccettivi disponibili oggi in Italia? Fatta eccezione per la pillola anti-acne usata come anticoncezionale da chi non può permettersi altro, <b>tutti i contraccettivi orali sono farmaci di fascia C, interamente a carico di chi li acquista</b>. “Costano dai 9 ai 15, fino a 18 euro a confezione che dura un mese, a seconda della formulazione e che si tratti di un generico o di un prodotto di marca”, spiega Marina Toschi. “I progestinici vanno dai 9 ai 15 euro al mese”.<br />
I preservativi costano 8-9 euro a confezione da 6 pezzi. “Quelli femminili costano 6 euro a confezione da 3 pezzi”, prosegue Toschi. “Una spirale al rame costa dai 70 ai 100 euro, a cui va aggiunto il ticket della visita dallo specialista ginecologo che la inserisce. <b>Nei consultori la mettiamo gratuitamente, ma il costo del dispositivo è comunque a carico della donna</b>, salvo rare eccezioni in alcune Regioni e alcune ASL. La spirale medicata con progestinico può costare dai 170 a più di 200 euro”. L'impianto sottocutaneo di uno stick di progestinico è la soluzione più costosa: più di 300 euro e il ticket del medico che lo inserisce.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-IDbsmkOPCwQ/WiessYP8ltI/AAAAAAAAAxE/7pC30-4Jh1E6hrH9AhoNPlB44zg9d80kwCEwYBhgL/s1600/Mirena_IUD_with_hand.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://2.bp.blogspot.com/-IDbsmkOPCwQ/WiessYP8ltI/AAAAAAAAAxE/7pC30-4Jh1E6hrH9AhoNPlB44zg9d80kwCEwYBhgL/s400/Mirena_IUD_with_hand.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Spirale intrauterina medicata con progestinico. <br />
Protegge per 5 anni dalle gravidanze indesiderate ed è <br />
indicata nel trattamento della metrorragia</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Il <a href="http://www.choiceproject.wustl.edu/" target="_blank">progetto Choice della Washington University di St. Louis</a>, condotto dal 2007 al 2011 e pubblicato nel 2012 su Obstetrics and Gynecology, ha coinvolto quasi 10 mila giovani nell'area di St. Louis e ha dimostrato che <b>75 donne su 100, libere di scegliere senza condizionamenti economici, preferiscono far ricorso agli anticoncezionali reversibili di lunga durata</b>: le spirali, efficaci per 5 anni, e gli impianti sottocutanei, efficaci per 3 anni. E ha dimostrato che questi dispositivi, per la facilità d'uso e l'impossibilità di dimenticanze, sono più efficaci della pillola nella prevenzione delle gravidanze indesiderate e degli aborti volontari.<br />
“Lo studio Choice ha avuto un tale impatto negli Stati Uniti da <b>convincere l'amministrazione Obama a obbligare le assicurazioni sanitarie a coprire anche le spese della contraccezione</b>, come garanzia di un diritto civile alla procreazione responsabile, diritto attaccato ora dall'amministrazione Trump”, dice <b>Pietro Puzzi, ginecologo che opera come volontario in alcuni consultori della ASL di Brescia</b>. “In Italia gli anticoncezionali di lunga durata sono i più costosi”. E non a caso, secondo l'Istat, <b>solo il 4% delle donne Italiane fa ricorso alla spirale, al rame o medicata, e meno dell'1% all'impianto sottocutaneo</b>.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-RrXrW2kz8WQ/WiesuflLs2I/AAAAAAAAAxE/eExgpRayzeEik_Ti0Hp1l_M5aaa4d2OLwCEwYBhgL/s1600/Implanon_04.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1193" data-original-width="1600" height="297" src="https://4.bp.blogspot.com/-RrXrW2kz8WQ/WiesuflLs2I/AAAAAAAAAxE/eExgpRayzeEik_Ti0Hp1l_M5aaa4d2OLwCEwYBhgL/s400/Implanon_04.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Stick di progestinico per impianto sottocutaneo. <br />
La sua efficacia contraccettiva dura 3 anni</td></tr>
</tbody></table>
Fino all'estate dello scorso anno, alcuni contraccettivi orali erano collocati in fascia A, tra i farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. “Erano estroprogestinici di terza generazione”, spiega Puzzi. “<b>Il 6 luglio del 2016 l'AIFA li ha passati in fascia C senza dare alcuna spiegazione né alle donne, né ai medici</b>. Le donne l'hanno saputo dal farmacista e noi medici dalle donne”.<br />
La motivazione fornita in seguito dall'AIFA è che gli estroprogestinici di terza generazione comportano un piccolo rischio aggiuntivo di tromboembolia rispetto a quelli di seconda generazione, che contengono il progestinico levonorgestrel. “Abbiamo sperato, dunque, che togliere le pillole di terza generazione dalla fascia A fosse il preludio alla rimborsabilità di quelle di seconda generazione, più sicure. Ma fino ad oggi così non è stato”, osserva Puzzi.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-LdqQxFt1kSI/WiesedGtp1I/AAAAAAAAAw4/U-P4KflN3N0h2J7jRfuSLjCuR5YcCe9cwCEwYBhgL/s1600/BirthControlPatch.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="923" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-LdqQxFt1kSI/WiesedGtp1I/AAAAAAAAAw4/U-P4KflN3N0h2J7jRfuSLjCuR5YcCe9cwCEwYBhgL/s400/BirthControlPatch.JPG" width="230" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cerotto transdermico che rilascia estroprogestinico<br />
attraverso la pelle. <br />
La sua azione contraccettiva dura una settimana</td></tr>
</tbody></table>
Per quanto riguarda preservativi maschili e femminili e spirali, non è l'Agenzia del Farmaco che decide sulla loro rimborsabilità perché sono dispositivi e non medicinali. I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, definiti dal DPCM 12 gennaio 2017, prevedono l'erogazione gratuita da parte della ASL al cittadino, dietro prescrizione medica, di alcuni “ausili per la cura e la protezione personale”, tra cui, per esempio, gli assorbenti igienici per l'incontinenza. <b>La lista non comprende alcun contraccettivo.</b><br />
<br />
Marina Toschi lavora in Umbria, nei consultori di Perugia, Magione e Corciano. “Una piccola città piena di stranieri e due paesi”, dice. “Mi vengono in mente le facce di tante donne magrebine, equadoregne, peruviane, che un anno fa chiedevano 'la pillola che non si paga'. Adesso non la chiedono più. Sanno subito quando un diritto viene meno. Non capiscono il perché, ma si adeguano. E poi le facce di quelle che vorrebbero mettere la spirale medicata al progestinico per non avere ogni mese un'emorragia e l'anemia tutto l'anno, ma non si ritrovano 250 euro in tasca per pagarsela...”<br />
<br />
<b>La petizione</b><br />
<br />
Qui tolgo il cappello da giornalista e metto quello da attivista. Grazie all'intraprendenza e all'entusiasmo di Pietro Puzzi e Marina Toschi e in collaborazione con la collega giornalista Eleonora Cirant, abbiamo riunito un gruppo di 25 persone, ginecologi, ostetriche, epidemiologi e giornaliste: il <b>Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole</b>, nato con l'intento di fare pressione sull'AIFA e il Ministero della Salute perché garantiscano accesso gratuito ai contraccettivi che rientrano nella <a href="http://www.who.int/topics/essential_medicines/en/" target="_blank">lista dei farmaci essenziali stilata dall'OMS</a> e aggiornata nel 2017.<br />
<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/Fi2jSC9-ADU/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Fi2jSC9-ADU?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<br />
<br />
Il 6 dicembre <b>abbiamo lanciato <a href="https://www.change.org/p/prof-mario-melazzini-direttore-generale-aifa-contraccezione-gratuita-e-consapevole" target="_blank">una petizione sulla piattaforma Change.org</a></b> per raccogliere adesioni da consegnare a Mario Melazzini, Direttore Generale dell'AIFA e a Beatrice Lorenzin, Ministra della Sanità. “Chiediamo a tutta la società civile, cittadine e cittadini, di far sentire la propria voce firmando il nostro appello”, conclude Marina Toschi.<br />
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<br /></div>
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<a href="https://www.change.org/p/prof-mario-melazzini-direttore-generale-aifa-contraccezione-gratuita-e-consapevole" target="_blank">FIRMA QUI</a></div>
<div>
<br /></div>
Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-18665884390089283962017-11-11T23:47:00.000+01:002017-11-11T23:47:23.224+01:00Predestinate? Il percorso, la consapevolezza e la vita quotidiana delle donne portatrici di una mutazione BRCA<div style="text-align: left;">
</div>
Oscure maledizioni familiari, predestinazione, il progresso della conoscenza che getta luce dove prima c'era il buio, senza però affrancare gli individui dalla necessità di fare scelte anche molto difficili. E poi la politica sanitaria, l'impegno, gli ostacoli pratici e burocratici, i pregiudizi. Sono gli ingredienti di una storia fatta di tante vicende personali, alcune tragiche, altre piene di speranza: <b>la storia delle donne portatrici di mutazioni dei geni BRCA1 e 2 che predispongono al cancro al seno e all'ovaio.</b><br />
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<b><a href="https://4.bp.blogspot.com/-2iBkz0gnnjU/WgRCAtzSbsI/AAAAAAAAAqw/sNCDDOJe7cM9bpK1S1fknKRoWgSSub9PgCEwYBhgL/s1600/NYTimes-banner.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="288" data-original-width="1000" height="115" src="https://4.bp.blogspot.com/-2iBkz0gnnjU/WgRCAtzSbsI/AAAAAAAAAqw/sNCDDOJe7cM9bpK1S1fknKRoWgSSub9PgCEwYBhgL/s400/NYTimes-banner.jpg" width="400" /></a></b></div>
<br />
<br />
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</div>
<div style="text-align: left;">
</div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-4rgYX-9LJF4/WgRDYvBe44I/AAAAAAAAAq8/vTeR7zkZCCwvH8kIQjKBepuJDzsEa2kNgCEwYBhgL/s1600/Angelina_Jolie_at_Davos_crop.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1598" data-original-width="1396" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-4rgYX-9LJF4/WgRDYvBe44I/AAAAAAAAAq8/vTeR7zkZCCwvH8kIQjKBepuJDzsEa2kNgCEwYBhgL/s400/Angelina_Jolie_at_Davos_crop.jpg" width="348" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Wikimedia Commons)</td></tr>
</tbody></table>
La maggior parte del pubblico italiano è venuto a conoscenza per la prima volta delle mutazioni BRCA <b>il 14 maggio 2013, quando l'attrice americana Angelina Jolie <a href="http://www.nytimes.com/2013/05/14/opinion/my-medical-choice.html" target="_blank">annunciò al mondo con una lettera al New York Times</a> di essersi fatta asportare entrambe le mammelle per abbattere il rischio di sviluppare un cancro come quello che aveva ucciso in giovane età sua nonna e sua madre e che di lì a poco avrebbe ucciso sua zia</b>.<br />
<br />
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</div>
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</div>
<br />
<h2>
Effetto Jolie</h2>
<h2>
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</div>
</h2>
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Ds4Au2qDqUI/WgRCGnMUf8I/AAAAAAAAAqw/PFi3wde6B3gVKZzAROd7fBxQqa2_ieWPwCEwYBhgL/s1600/choice.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="367" data-original-width="490" height="298" src="https://2.bp.blogspot.com/-Ds4Au2qDqUI/WgRCGnMUf8I/AAAAAAAAAqw/PFi3wde6B3gVKZzAROd7fBxQqa2_ieWPwCEwYBhgL/s400/choice.jpg" width="400" /></a></div>
Le reazioni dei lettori sui siti dei giornali italiani che rilanciarono l'annuncio della Jolie erano quasi tutte critiche. “La vita è fatta di rischi che dobbiamo accettare”. “È folle rinunciare a un organo sano per prevenire una malattia”. “È solo una mossa pubblicitaria per attirare l'attenzione”. Liquidavano la scelta dell'attrice come il capriccio di una star danarosa che si illudeva di eludere il destino e comprare la salute con un costoso intervento.<br />
Chi commentava in questo modo evidentemente non si rendeva conto che il rischio di sviluppare un tumore al seno per Angelina Jolie era ben più elevato di quello che corre una donna qualunque durante la sua esistenza, che è del 12% negli Stati Uniti, del 10% in Italia. <b>La Jolie è portatrice di una mutazione, più esattamente di una variante patogena del gene BRCA1 che comporta l'87% di probabilità di avere un cancro al seno e il 50% di probabilità di averlo alle ovaie entro i 70 anni di età.</b><br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/2/2e/BRCA_Genes.svg/1280px-BRCA_Genes.svg.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/2/2e/BRCA_Genes.svg/1280px-BRCA_Genes.svg.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il gene BRCA1 sul cromosoma 17 e il BRCA2 sul cromosoma 13</td></tr>
</tbody></table>
BRCA sta per BReast Cancer. Due sono i geni che portano questo nome, il <b>BRCA1 e il BRCA2 che svolgono la funzione di riparare i danni prodotti accidentalmente al DNA</b> delle cellule da contaminanti ambientali, sostanze contenute nel fumo di sigaretta, radiazioni e innumerevoli altri agenti chimici e fisici. Se uno dei due è difettoso e non può svolgere correttamente il suo compito, aumenta la probabilità che un danno casuale al DNA, non corretto, inneschi una degenerazione tumorale.<br />
<br />
“Esistono migliaia di varianti di BRCA1 e 2”, spiega <b>Maurizio Genuardi, direttore dell'Istituto di Medicina Genomica dell'Università Cattolica di Roma e presidente della Società Italiana di Genetica Umana</b>. “Molte sono non patogene: non arrecano alcun danno al funzionamento dei geni. Altre lo alterano in modo più o meno grave. Ciascuna di loro è associata a una diversa entità di rischio di cancro al seno e all'ovaio. A tutt'oggi, però, le nostre conoscenze al riguardo sono ancora limitate e non siamo in grado di calcolare con esattezza il rischio correlato a ogni variante. Possiamo dire che, a seconda del gene e della variante coinvolta, <b>la probabilità per la portatrice di sviluppare un cancro al seno entro i 70 anni va dal 50 all'87%, per l'ovaio va dal 17 al 50%. Più della metà delle donne con variante patogena di BRCA1 si ammala prima dei 50 anni. Frequenti sono le forme tumorali particolarmente aggressive e resistenti al trattamento farmacologico</b>”.<br />
<br />
Sono cifre, dati astratti, per un lettore che non sia personalmente coinvolto. Per una donna mutata assumono la concretezza di una maledizione familiare, perché le varianti patogene sono ereditarie dominanti: <b>ogni portatore o portatrice ha il 50% di probabilità di trasmettere la predisposizione al cancro ai propri figli.</b> Spesso la storia familiare di queste persone è un susseguirsi di lutti, di perdite precoci, di devastanti esperienze di malattia.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/89/Autodominant-it.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="396" data-original-width="307" height="400" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/89/Autodominant-it.png" width="310" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il meccanismo di trasmissione delle varianti patogene di BRCA1 e 2:<br />
è sufficiente possedere una copia mutata del gene per avere <br />
la predisposizione, dunque se uno dei due genitori è portatore, <br />
ciascun figlio o figlia ha il 50% di probabilità di ereditare<br />
la variante patogena del genitore e la predisposizione<br />
(grafica: Wikimedia Commons)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
“I rumori di casa, gli sguardi gonfi, le cure e la processione delle cartelle cliniche. La mappa mistica della malattia, le credenze superstiziose che si mescolavano alle diagnosi e alle prognosi allora ancora incerte sul cancro”, scrive <b>Silvia Mari, portatrice di una variante patogena del gene BRCA2, la seconda donna in Italia a sottoporsi a mastectomia preventiva, lo stesso intervento di Angelina Jolie. Silvia ha raccontato la sua storia in un libro autobiografico, “Il Rischio”, pubblicato dall'Associazione Fontes nel 2010</b> e <a href="http://www.incontradonna.it/index/images/documenti/libro-silvia-mari-il-rischio.pdf" target="_blank">scaricabile gratuitamente qui</a>. “Ricordo i discorsi sulla teoria della maledizione lanciata da mio nonno materno, le ipotesi sul sangue avariato dall'emigrazione e dalla povertà che avrebbe trasferito il male come un'infezione contagiosa da corpo a corpo, da madri a figlie. Le gravidanze e le nascite che diventavano sempre il sigillo di un anatema”.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/89/Autodominant-it.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><br /></a></div>
<br />
Persone come Silvia Mari imparano fin da piccole che si ammaleranno e moriranno giovani come le proprie nonne, mamme, zie, che non possono fare progetti a lunga scadenza, che non vedranno crescere i propri figli.<br />
<br />
<h2>
Il test</h2>
<br />
A spezzare l'oscurità della maledizione c'è <b>il test genetico, disponibile in Italia dalla fine degli anni '90</b>. Si effettua su un campione di tessuto tumorale della donna già ammalata, oppure su un campione di sangue. “La mutazione patogena può non essere ereditata, ma insorgere casualmente nelle cellule della ghiandola mammaria, innescando un tumore”, spiega Genuardi. “Saperlo è importante, perché <b>la conoscenza della specifica variante può dare indicazioni sulla scelta della terapia farmacologica più efficace</b>. Per questo motivo oggi si sottopone la donna ammalata ad analisi genetica di un campione del tessuto tumorale, alla ricerca di una qualsiasi variante patogena di BRCA1 o 2. Si parla in questo caso di <b>test diagnostico</b>. Identificata la mutazione, oltre a impostare la terapia del caso si ripete l'esame sul sangue. Se la stessa variante è presente nel DNA del sangue, vuol dire che la mutazione è ereditaria. Si prospetta allora la possibilità di cercare la variante già identificata nelle altre persone della famiglia che potrebbero averla ereditata. In questo caso si parla di <b>test predittivo</b>”.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-RY_vdcAtxxg/WgQ_1MIrDoI/AAAAAAAAAqY/ReFXJMuQdG0P121y1D6p423k1qJUEwtggCLcBGAs/s1600/1brca.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="821" data-original-width="1017" height="515" src="https://4.bp.blogspot.com/-RY_vdcAtxxg/WgQ_1MIrDoI/AAAAAAAAAqY/ReFXJMuQdG0P121y1D6p423k1qJUEwtggCLcBGAs/s640/1brca.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il test se la donna è già ammalata (grafica: Monica Gewurz)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<b>C'è poi l'eventualità di una donna sana che ha una storia familiare di tumori al seno e alle ovaie insorti in giovane età, particolarmente aggressivi</b>. I precedenti fanno pensare che nella sua famiglia possa ricorrere una variante patogena di un gene BRCA, ma non sono disponibili parenti ammalate da sottoporre al test, perché già decedute o perché non danno il loro consenso. “In tal caso, la donna sana con precedenti familiari fortemente sospetti viene avviata al colloquio con un genetista e a visita senologica e, se il sospetto è confermato, le si offre di sottoporsi al test”, spiega Genuardi. “Poiché non è stata identificata in precedenza una specifica variante che ricorre nella sua famiglia, i suoi geni BRCA 1 e 2 verranno analizzati alla ricerca di qualunque mutazione patogena”.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-wXKDZw3MD9w/WgRbQycvKNI/AAAAAAAAArc/TnflMPZujOQbdQ0daq39RSDspaQwW9CXQCLcBGAs/s1600/Test%2BBRCA%2B1_-_QV53K4CM-N32XRQ2-C.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="715" data-original-width="1037" height="440" src="https://1.bp.blogspot.com/-wXKDZw3MD9w/WgRbQycvKNI/AAAAAAAAArc/TnflMPZujOQbdQ0daq39RSDspaQwW9CXQCLcBGAs/s640/Test%2BBRCA%2B1_-_QV53K4CM-N32XRQ2-C.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il test se la donna è sana (grafica: Monica Gewurz)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Ma perché limitarsi alle donne già ammalate e alle famiglie con ricorrenza di tumori? Perché non sottoporre tutta la popolazione al test BRCA? “Perché <b>può accadere che una variante patogena ricorra in una famiglia senza essere associata a una frequenza anomala di tumori del seno o delle ovaie</b>”, risponde il genetista. “Ce ne accorgiamo sempre più spesso quando una donna si sottopone a sequenziamento completo del DNA per ragioni diverse dalla ricerca di mutazioni BRCA. Non è ammalata, non ha precedenti familiari e scopre casualmente di essere portatrice di una variante patogena di BRCA1 o 2. Vuol dire che <b>il rischio teorico rappresentato dalla presenza della mutazione non sempre si concretizza, probabilmente a causa dell'interazione con altri geni o a causa di fattori ambientali</b>. Dal momento che ne sappiamo ancora poco, però, una volta scoperta la variante patogena dobbiamo considerare quella donna come una persona ad alto rischio. Le raccomanderemo controlli serrati e le prospetteremo un intervento di chirurgia preventiva. Ecco perché non è consigliabile allargare il test a persone sane e senza precedenti familiari”.<br />
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<b>Chi si sottopone all'esame deve mettere in conto anche la possibilità di un esito incerto</b>. “Questo è un campo di studio in continua evoluzione”, spiega Genuardi. “Vengono scoperte progressivamente nuove varianti patogene e non patogene e su alcune non abbiamo abbastanza dati per dare un'interpretazione chiara. Ecco perché <b>il test deve essere sempre preceduto e seguito da una consulenza fatta da un genetista oncologo</b>, che possa fornire alla diretta interessata informazioni corrette e spiegarle il significato e i limiti del referto”.<br />
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La forza della consapevolezza</h2>
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“<b>Avere il responso positivo del test per me è stato liberatorio</b>, la vittoria della ragione sulla superstizione. Può sembrare paradossale, ma è così”, dice Silvia Mari. “La mia situazione familiare era molto pesante e io la vivevo come un accanimento vessatorio del destino, di fronte a cui ero passiva e indifesa. Conoscere il perché di quella serie di lutti e sofferenze mi ha alleggerito, mi ha dato la forza di prendere la vita nelle mani. Le donne come me sono nate con una terribile ipoteca e se non fanno nulla, se rimangono passive, muoiono. È un incentivo formidabile che <b>ci spinge ad essere consapevoli, determinate</b>”.<br />
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Per aiutare le persone che portano questo fardello ad acquisire le informazioni più aggiornate sulla loro condizione, sugli sviluppi della ricerca, sulle opzioni disponibili e i percorsi di assistenza attivati nel nostro Paese, <b>due anni fa è nata <a href="http://www.abrcadabra.it/" target="_blank">aBRCAdaBRA Onlus</a></b>, un'associazione che riunisce donne e uomini portatori di mutazione BRCA, loro familiari, professionisti della salute e chiunque ne condivida gli scopi, fondata sotto l'egida <b>del movimento Europa Donna Italia per i diritti delle donne nella prevenzione e cura del tumore al seno</b>. “Ad oggi abbiamo un migliaio di soci”, spiega <b>Ornella Campanella, fondatrice e presidente di aBRCAdaBRA</b>. “Siamo informati e ci facciamo portatori di informazioni nelle nostre famiglie, ci adoperiamo per diffonderle nella società e per sensibilizzare i medici e le istituzioni sulle esigenze delle persone ad alto rischio. Partecipiamo a congressi e attività sul territorio, facciamo advocacy. <b>In collaborazione con ACTO Onlus, Alleanza Contro il Tumore Ovarico, abbiamo lanciato su Youtube la campagna 'Io scelgo di sapere'</b>, con contributi video di pazienti e di esperti”.<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/244qzg_Qepw/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/244qzg_Qepw?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
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È un campo, questo, in cui la conoscenza può fare la differenza tra la vita e la morte. “La vicenda di Angelina Jolie è servita a far parlare di rischio ereditario, di mutazioni BRCA, di chirurgia preventiva”, dice <b>Alberta Ferrari, oncologa senologa dell'Unità Senologica del Policlinico San Matteo di Pavia e cofondatrice dell'associazione</b>. “Ma ancora sono tante le donne non informate, sono tante quelle che muoiono per ignoranza. Sicuramente ci sono morti inevitabili, anche quando si fa il possibile, ma <b>tante morti e malattie sarebbero evitabili se potessimo intercettare per tempo tutte le donne a rischio e metterle in sicurezza</b>”.<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/pD3ecR2LphQ/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/pD3ecR2LphQ?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
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C'è anche chi, trovandosi in una condizione di sospetto rischio ereditario, sceglie di non fare il test, di non sapere, e c'è chi lo fa e reagisce al responso positivo con fatalismo. “Sono scelte personali che dipendono dall'età, dalla storia, dai precedenti familiari”, osserva Campanella. “<b>75 donne su 100 nella nostra associazione si sono sottoposte al test quando erano già ammalate.</b> Nella loro situazione, conoscere il perché della malattia può essere di sollievo e aiuta nella scelta della terapia più adatta e nella gestione del rischio di future recidive. L'aver subito tanti lutti durante la vita può spingere al fatalismo, oppure all'autodeterminazione, alla volontà di sfuggire al destino. <b>La maggior parte delle donne che ricevono un responso positivo sono giovani, sotto i 40 anni, in piena attività lavorativa, con figli piccoli o progetti di maternità</b>. La prospettiva di non veder crescere i propri figli spinge molte sulla via della chirurgia preventiva, a volte subito e a volte dopo un periodo più o meno lungo di riflessione”.<br />
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<b>Maria Grilli, socia di aBRCAdaBRA</b>, è diventata un'esperta della sua condizione di portatrice di una variante patogena di BRCA1, ma solo di recente. “Si può dire che ho capito appieno che cosa significa solo nel 2015, nove anni dopo la diagnosi del mio primo tumore alla mammella destra”, racconta. “<b>Mi asportarono parte del seno, mi sottoposero a chemio e radio e solo due anni dopo la senologa mi comunicò che era opportuno fare il test per la ricerca delle mutazioni</b>. Il responso era positivo, ma nessuno mi spiegò chiaramente che cosa voleva dire, che stavo volando su un aereo che aveva l'87% di probabilità di precipitare, che il fatto di essermi ammalata una volta non riduceva il rischio di sviluppare altri tumori, come infatti accadde poco dopo, alla mammella sinistra. E poi di nuovo una terza volta. <b>Nel 2015, informandomi e studiando, ho capito la situazione e ho ottenuto di farmi asportare la porzione residua di seno</b>. Ora sto meglio, ma non posso ancora dire di esserne uscita. Quello che posso dire e che ripeto a tutte le donne con cui vengo in contatto attraverso la nostra associazione è che la conoscenza ti salva la vita ed è determinante affidarsi a un medico bene informato”.<br />
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Le vie disponibili</h2>
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In che misura l'adozione di uno stile di vita sano e il controllo dei fattori di rischio ambientali può aiutare le portatrici di una variante patogena di BRCA?<br />
“Non lo sappiamo”, risponde Alberta Ferrari. “Sicuramente <b>i fattori ambientali giocano un ruolo nel rischio di cancro al seno e alle ovaie non solo per la popolazione generale, ma anche per le donne mutate</b>. Un esempio per dimostrarlo: l'incidenza del cancro al seno in Polonia è inferiore a quella negli Stati Uniti. Anche le donne polacche con BRCA mutato corrono un rischio inferiore rispetto alle donne statunitensi con BRCA mutato. Se una donna polacca si trasferisce negli USA, il suo rischio aumenta e si allinea a quello statunitense. È la prova che alimentazione, stile di vita e fattori ambientali hanno un ruolo significativo nell'insorgenza del tumore al seno. <b>Purtroppo, non sappiamo con certezza quali siano questi fattori e quanto pesi il loro contributo</b>. La ricerca se ne sta occupando: <b>è in corso uno studio dell'Istituto Italiano Tumori sull'alimentazione delle donne ad alto rischio</b>. <b>Si sta indagando anche sui cosiddetti interferenti endocrini, contaminanti ambientali che si legano ai recettori degli ormoni estrogeni della ghiandola mammaria, alterando l'assetto ormonale</b>. Possono agire già in utero, sullo sviluppo del tessuto ghiandolare del feto, predisponendolo allo sviluppo di un tumore nel corso della vita”.<br />
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Lavorare sui fattori ambientali per prevenire la malattia nelle donne BRCA mutate, dunque, non è sufficiente. La medicina oggi offre due strade a chi si trova in questa situazione. La prima è quella dei <b>controlli strumentali assidui, per diagnosticare tempestivamente l'eventuale insorgenza di un tumore e trattarlo quando le probabilità di guarigione sono più elevate</b>. La seconda è la via della chirurgia preventiva: <b>rimuovere gli organi bersaglio, ghiandole mammarie, ovaie e tube, prima che la malattia insorga</b>. Ciascuna di queste due scelte ha i suoi pro e contro.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-eeMsbeLPNMY/WgSY10k2aaI/AAAAAAAAArs/J_0Up9H9ja4J3gC4vq6kGkjLtcPA4HX5QCLcBGAs/s1600/Mammography.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="266" src="https://2.bp.blogspot.com/-eeMsbeLPNMY/WgSY10k2aaI/AAAAAAAAArs/J_0Up9H9ja4J3gC4vq6kGkjLtcPA4HX5QCLcBGAs/s400/Mammography.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Wikimedia Commons)</td></tr>
</tbody></table>
“Poiché le donne mutate tendono a sviluppare tumori in giovane età, i controlli per loro devono iniziare in anticipo rispetto alla popolazione generale”, spiega la senologa. “E poiché i loro tumori tendono ad essere più aggressivi, i controlli devono essere serrati, per non dare il tempo di crescere a quelli che si sviluppano tra un esame e l'altro. In Italia non abbiamo linee guida nazionali per la gestione dell'alto rischio. Quelle degli altri Paesi, che a grandi linee concordano, prevedono <b>il ricorso alla risonanza magnetica una volta all'anno, o più frequentemente, dai 25 ai 55-60 anni. In aggiunta, prevedono una mammografia all'anno a partire dai 35 anni in poi</b>. Non sono concordi sull'utilità dell'ecografia. <b>Per quanto riguarda la diagnosi del tumore ovarico, c'è l'ecografia transvaginale e il dosaggio nel sangue della proteina CA125. Va detto però che raramente si riesce a identificare precocemente un tumore alle ovaie.</b> Quando la malattia è visibile all'ecografia spesso è già in fase metastatica. L'utilizzo della pillola contraccettiva estroprogestinica dimezza il rischio di cancro ovarico se assunta almeno per 5 anni consecutivi”.<br />
<br />
È importante sapere che un programma di controlli serrati non è una misura preventiva contro il cancro al seno e all'ovaio. Non riduce il rischio di insorgenza, ma la mortalità. L'alternativa, l'unica misura ad oggi realmente preventiva che abbatte il rischio di ammalarsi, è la rimozione chirurgica degli organi.<br />
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“<b>L'intervento di rimozione delle ovaie comporta l'avvio della menopausa</b>”, spiega Alberta Ferrari, “e una menopausa precoce riduce l'aspettativa di vita e peggiora la qualità della vita: favorisce l'instaurarsi dell'osteoporosi, un aumento del rischio cardiovascolare e di numerosi altri disturbi. <b>Per questa ragione si cerca di posticipare più possibile l'intervento</b>, compatibilmente con l'entità del rischio associato alla mutazione e la volontà della diretta interessata. Se la percentuale di rischio è molto elevata, i benefici di una rimozione precoce sono superiori ai costi per la salute, come nel caso di Angelina Jolie, che infatti nel 2015 ha annunciato di aver tolto anche le ovaie. <b>Alle più giovani ad alto rischio si può proporre un compromesso: rimuovere inizialmente solo le tube, lasciando per qualche anno ancora le ovaie</b>. La maggior parte dei tumori ovarici, infatti, ha origine dal tessuto epiteliale delle tube e in questo modo si può prendere tempo e rimandare l'induzione della menopausa. In caso di rimozione delle ovaie a una donna che non ha ancora portato a termine il suo progetto riproduttivo, <b>la fertilità può essere preservata congelando gli ovociti per un uso successivo con fecondazione assistita</b>”.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-4huc9KBsYv8/WgSlQWI39cI/AAAAAAAAAr8/BOQghzVKv24PZPYRhAMBDys8UYPjVgXOgCLcBGAs/s1600/650479693_1280x720.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-4huc9KBsYv8/WgSlQWI39cI/AAAAAAAAAr8/BOQghzVKv24PZPYRhAMBDys8UYPjVgXOgCLcBGAs/s400/650479693_1280x720.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Wikimedia Commons)</td></tr>
</tbody></table>
L'intervento al seno non comporta conseguenze altrettanto negative per la salute, a parte il rischio di complicanze proprio della chirurgia. Si tratta, però, di un'operazione complessa, che prevede <b>la rimozione della ghiandola mammaria preservando la pelle e il capezzolo e la ricostruzione del volume del seno con l'inserimento di protesi in silicone</b>. “<b>Non azzera il rischio</b>, perché qualche cellula della ghiandola può sfuggire e dare origine a un tumore”, avverte Ferrari, “<b>ma lo abbassa al 6%, sotto la soglia del rischio per la popolazione generale, che è del 10-12%</b>”.<br />
<br />
Quante sono le donne che hanno fatto questa scelta in Italia? “Non lo sappiamo, perché non esiste un registro nazionale dedicato”, risponde la senologa. “Di certo <b>le donne ad alto rischio che vorrebbero sottoporsi a mastectomia preventiva sono più numerose di quelle che ci riescono</b>, perché ancora oggi, nonostante l'evidenza scientifica dei vantaggi dell'intervento in termini di riduzione della mortalità, tanti medici lo sconsigliano o addirittura lo rifiutano. <b>Nel 2008, la trasmissione Le Invasioni Barbariche di Daria Bignardi ospitò Anna Gazziero, la prima donna italiana che si era sottoposta alla rimozione, sette anni prima di Angelina Jolie, e Umberto Veronesi</b>, il padre dell'oncologia italiana. Veronesi affermò che l'intervento era una soluzione di comodo, una scelta esagerata fatta per noia dei controlli periodici, per sedare un'ansia patologica. Quella sua dichiarazione ha influenzato e influenza tuttora tanti specialisti, nonostante in seguito lo stesso Veronesi si sia ricreduto, approvando le scelte di Angelina Jolie nel 2013 e nel 2015”.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/OcNWLX2tQ7M/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/OcNWLX2tQ7M?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<br />
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“Ho visto anch'io quel video, diversi anni dopo la sua messa in onda e il mio intervento di mastectomia preventiva”, dice Silvia Mari. “Veronesi era assolutamente convinto di quel che diceva: lui era il paladino della chirurgia conservativa. E in effetti per una donna non mutata è un enorme beneficio poter conservare almeno in parte il seno. Per la donna portatrice di mutazioni BRCA non è così e le evidenze hanno smentito quel che Veronesi affermava. Sono ottimista: <b>a distanza di quasi dieci anni, le conoscenze sono aumentate e si diffondono progressivamente tra i medici e tra la gente</b>. Dobbiamo impegnarci perché si diffondano sempre più e per proteggere il servizio sanitario pubblico. <b>Nonostante tutte le sue pecche, in Italia la sanità pubblica permette anche a una donna senza i mezzi economici della Jolie di affrontare un intervento complesso e costoso come quello che mi ha restituito la vita</b>”.<br />
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Un percorso a ostacoli</h2>
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Come dice Silvia Mari, le conoscenze si diffondono e l'assistenza alle portatrici di alto rischio ereditario sul territorio nazionale migliora, grazie anche all'impegno di associazioni come aBRCAdaBRA e di professionisti come <b>Carlo Naldoni, oncologo e specialista di igiene e medicina preventiva, tra i fondatori dell'Osservatorio Nazionale Screening, ex presidente del Gruppo Italiano Screening Mammografico e per 24 anni responsabile dei programmi di screening della Regione Emilia Romagna per la prevenzione dei tumori femminili</b>. Proprio <a href="http://salute.regione.emilia-romagna.it/screening/tumori-femminili/rischio-eredo-familiare" target="_blank">la Regione Emilia Romagna è stata la prima, nel 2012, ad attivare un percorso totalmente gratuito</a> per l'identificazione delle donne con sospetto rischio ereditario per il tumore al seno e alle ovaie e la loro presa in carico, che comprende l'offerta del test genetico, degli esami di approfondimento, dei controlli periodici, di counselling multidisciplinare e della chirurgia preventiva.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/vwFMzWZYPt0/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/vwFMzWZYPt0?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<blockquote class="tr_bq">
Le statistiche sulla frequenza delle mutazioni BRCA nella popolazione italiana e sui casi di carcinoma mammario legato a mutazioni BRCA. Carlo Naldoni spiega che si tratta, per il momento, solo di stime, in attesa che le i dati sul rischio ereditario vengano inclusi nel Registro Nazionale Tumori </blockquote>
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<br />
“Abbiamo creato una rete tra le strutture attive sul territorio”, spiega Naldoni. “Alle estremità di questo sistema stanno i medici di medicina generale, gli specialisti senologi e i centri che amministrano lo screening mammografico offerto dal servizio sanitario pubblico. Queste tre entità hanno il compito di <b>intercettare le donne con sospetto rischio ereditario, sottoponendo alle loro assistite un questionario per raccogliere dati relativi alla storia personale e familiare</b>. A ogni evento descritto nel questionario, per esempio una parente di primo grado che ha sviluppato un tumore al seno in giovane età, viene attribuito un punteggio che contribuisce alla stima del rischio. Se il rischio calcolato in questo modo è superiore a una determinata soglia, <b>la donna viene indirizzata a un centro di senologia, per una visita specialistica e una ricostruzione più accurata dell'albero genealogico e dei precedenti familiari</b>. Il passo successivo è <b>il colloquio con un genetista oncologo e l'offerta di sottoporsi al test</b>. Qualora il responso fosse positivo, <b>la donna viene presa in carico da una squadra multidisciplinare</b>, con il contributo del genetista, dell'oncologo, del senologo e del ginecologo, del chirurgo plastico e dello psicologo. Le vengono prospettate le diverse possibilità: un programma di controlli serrati oppure la chirurgia preventiva, secondo tempi e modi differenti da persona a persona. L'ultima scelta spetta sempre e comunque alla diretta interessata. <b>Esami, farmaci, visite specialistiche e interventi sono tutti a carico del servizio sanitario pubblico</b>”.<br />
<br />
Il Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018 prevede la creazione di reti analoghe in tutte le Regioni entro l'anno prossimo, ma per il momento solo la Liguria sta seguendo le orme dell'Emilia Romagna. In Veneto è in corso un censimento delle strutture senologiche. “<b>Nelle altre Regioni, soprattutto quelle del Sud, l'offerta del test e l'assistenza delle donne ad alto rischio è disorganizzata, a macchia di leopardo</b>”, dice Alberta Ferrari.<br />
<br />
<b>Nel 2014 la Società Italiana di Genetica Umana e l'Associazione Italiana di Oncologia Medica hanno pubblicato <a href="https://www.sigu.net/show/attivita/5/1/AIOM" target="_blank">un documento di indirizzo</a> sui criteri per identificare le persone sane a cui offrire il test genetico</b>. Tra i parametri di cui tenere conto per consigliare l'esame c'è l'insorgenza tra i parenti di primo grado di tumori al seno e alle ovaie in età precoce, tumori multipli, bilaterali, particolarmente aggressivi, tumori alla ghiandola mammaria maschili. Al momento in Italia questi criteri non vengono applicati in modo uniforme, anche perché non è uniforme la distribuzione delle strutture pubbliche che offrono il test. “<b>La SIGU e l'AIOM stanno realizzando un censimento dei centri di qualità</b>”, dice Maurizio Genuardi. “Sappiamo che nel pubblico sono pochi, totalmente assenti in alcune Regioni, e per questo hanno lunghe liste d'attesa. Al contrario, <b>si sono moltiplicati i centri privati, che però non sempre garantiscono la qualità</b> e spesso si limitano a consegnare il responso senza offrire la consulenza di un genetista preparato che ne spieghi il significato alla diretta interessata”.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<blockquote class="tr_bq">
L'importanza di fare rete con altre persone che vivono la medesima condizione di rischio: Maria Grilli ha incontrato specialisti che non hanno saputo informarla adeguatamente sull'alto rischio ereditario di cancro al seno e alle ovaie, per poi trovare finalmente le conoscenze che cercava attraverso i social media, mettendosi in contatto con l'associazione aBRCAdaBRA.</blockquote>
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Anche l'accesso alla chirurgia preventiva oggi nel nostro Paese è eterogeneo e soggetto al giudizio del singolo specialista. Solo negli ultimi giorni <b>l'Associazione Nazionale Italiana Senologi Chirurghi, con il contributo di aBRCAdaBRA e di Europa Donna Italia, <a href="http://www.anisc.org/website/wp-content/uploads/2017/10/DOCUMENTO-MRR-ANISC.pdf" target="_blank">ha pubblicato un documento</a> per fare chiarezza sull'argomento e dare utili indicazioni ai medici e alle strutture sanitarie.</b><br />
Vi si legge che il team multidisciplinare che ha preso in carico la donna ad alto rischio ereditario deve informarla in modo esaustivo e non dirigerla, lasciandola libera di “optare per le scelte che considera più opportune per sé in un preciso momento della sua vita”.<br />
Vi si legge inoltre: “<b>attualmente si ritiene che la chirurgia profilattica della mammella e della tuba/ovaio rappresentino l'intervento più efficace di riduzione del rischio di sviluppare un cancro della mammella e un cancro dell'ovaio</b>”. Il documento elenca le indicazioni per la chirurgia profilattica, i dati disponibili sulla riduzione del rischio in funzione del gene mutato e dell'età della donna e prende in considerazione diversi casi: la portatrice di variante patogena già ammalata, la portatrice ancora sana, la donna negativa al test ma con una grave familiarità per il cancro al seno.<br />
<br />
<b>Il 17 settembre scorso, l'Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna, insieme a società scientifiche e associazioni di advocacy come aBRCAdaBRA, <a href="http://www.ondaosservatorio.it/ondauploads/2017/09/web-TEST-BRCA_Logo.pdf" target="_blank">ha presentato un documento</a> per chiedere alle autorità sanitarie nazionali e regionali l'implementazione di un percorso di prevenzione e cura del tumore ereditario della mammella e dell'ovaio.</b><br />
“Chiediamo anche l'istituzione di un registro nazionale delle persone con mutazione BRCA e di chi si sottopone a chirurgia profilattica, linee guida nazionali, un sistema di accreditamento dei centri che offrono il test genetico, esenzione dal ticket per i controlli periodici e gli esami di approfondimento”, aggiunge Campanella.<br />
<br />
Oltre alle autorità sanitarie, bisognerebbe sensibilizzare anche la gente comune sulla condizione e le esigenze delle donne con alto rischio ereditario, che siano già ammalate o sane. “Hanno la necessità di sottoporsi a controlli frequenti, affrontano interventi impegnativi benché siano donne sane e abbiano l'aspetto di donne sane: spesso riesce difficile per gli altri empatizzare con loro, con le loro difficoltà”, dice Maria Grilli. “<b>Sul lavoro i colleghi talvolta le criticano per le assenze o perché non possono svolgere alcune mansioni, come se il loro fosse un capriccio</b>. È un problema anche per tante donne ammalate ma che non lo danno a vedere. Io, per esempio, non posso sollevare pesi, non posso alzare completamente un braccio, ho una ferita che periodicamente si riapre, soffro di osteoporosi e altri disturbi a causa della menopausa precoce, però mi sono ricresciuti i capelli, non sono pallida ed emaciata, quindi sembro sana. <b>È difficile far capire la questione a chi ci circonda</b>”.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-qwQCYGN-JPE/WgRJycUqtuI/AAAAAAAAArQ/w_Q4Utq7XRU39XzWsdlfKsbRwV3wxCA1QCEwYBhgL/s1600/Baby_belly.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1417" data-original-width="1404" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-qwQCYGN-JPE/WgRJycUqtuI/AAAAAAAAArQ/w_Q4Utq7XRU39XzWsdlfKsbRwV3wxCA1QCEwYBhgL/s400/Baby_belly.jpg" width="396" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Wikimedia Commons)</td></tr>
</tbody></table>
La maternità<div style="text-align: left;">
</div>
</h2>
<br />
Infine, c'è la questione della maternità. <b>Le donne ad alto rischio ereditario che non escludono l'eventualità di avere dei figli devono affrontare scelte delicate</b>. Anni fa, quando si cominciava a parlare di mutazioni BRCA, la rimozione delle ovaie era consigliata solo a chi aveva portato a termine il proprio progetto riproduttivo. <b>Oggi la crioconservazione degli ovociti è una tecnica consolidata per preservare la fertilità e permette di rimuovere l'organo bersaglio senza sacrificare i progetti di maternità</b>. Tuttavia, si tende ad aspettare comunque il più a lungo possibile, compatibilmente con il rischio, prima di rimuovere le ovaie e indurre la menopausa.<br />
<br />
“Quando scoprii di essere portatrice di una mutazione e decisi di togliere il seno, non avevo progetti di maternità, non ero interessata all'idea di avere figli”, racconta Silvia Mari. “Aspettai a togliere le ovaie per evitare una menopausa molto precoce. Me lo potevo permettere perché con una variante patogena del gene BRCA2 eventuali tumori ovarici si manifestano di solito dopo i 40 anni. Avevo tempo. Da allora, alcune cose sono cambiate: ho conosciuto mio marito, ci siamo sposati e ho capito di volere dei figli con lui. <b>Quindici mesi fa è nata la mia bambina. Ora sto cominciando a valutare l'idea di rimuovere le ovaie, magari dopo aver congelato gli ovociti</b>”.<br />
<br />
La possibilità di preservare la fertilità con la crioconservazione non viene offerta a tutte le donne che si sottopongono a trattamenti terapeutici o preventivi. “Per scarsa informazione e attenzione degli specialisti che prendono in carico la donna”, dice Alberta Ferrari. “Invece questa opzione dovrebbe far parte del percorso assistenziale standard, in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale”.<br />
<br />
<b>C'è poi il rischio di trasmettere la mutazione ai figli e, soprattutto, alle figlie</b>. “Oggi in Italia è legale, per le donne portatrici di varianti patogene dei geni BRCA, sottoporsi a procreazione assistita e chiedere <b>la diagnosi preimpianto e l'impianto dei soli embrioni non portatori della mutazione</b>”, aggiunge Ferrari. “In tante vi ricorrono, per avere la certezza di non trasmettere la predisposizione alla nuova generazione”.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-E6sZQxooFv4/WgRKMrThMLI/AAAAAAAAArM/wXTmtnpkh9cM2Svdvq68TqSKQVNn81Q9gCLcBGAs/s1600/Icsi.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="300" src="https://3.bp.blogspot.com/-E6sZQxooFv4/WgRKMrThMLI/AAAAAAAAArM/wXTmtnpkh9cM2Svdvq68TqSKQVNn81Q9gCLcBGAs/s400/Icsi.JPG" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">(fonte: Wikimedia Commons)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Silvia Mari aveva considerato questa possibilità. “Ma il concepimento è arrivato spontaneamente prima che avessi il tempo di decidere”, racconta. “Il timore di aver trasmesso la mutazione a mia figlia è con me dall'inizio della gravidanza. Sono fiduciosa nel fatto che da qui a 20-30 anni le armi per difendersi dal rischio ereditario saranno più efficaci e, nell'eventualità che mia figlia fosse mutata avremo modo di affrontare la situazione. Tuttavia, <b>tremo al pensiero di quando lei, cresciuta, mi dirà: tu sapevi che cosa mi stavi passando</b>”.<br />
<br />
Maria Grilli ha due figli maschi, ancora minorenni. “Sarei più preoccupata se fossero state femmine”, dice, “ma <b>un aumento del rischio c'è anche per gli uomini. Una mutazione del gene BRCA1 come la mia comporta una probabilità maggiore di insorgenza di tumore alla prostata, al colon e allo stomaco. Una mutazione di BRCA2, invece, nei maschi aumenta il rischio di melanoma, di tumore alla ghiandola mammaria e al pancreas</b>. Quando avranno 18 anni penseremo a fare il test genetico”.<br />
<br />
Attualmente l'esame non viene proposto ai minorenni. “In primo luogo per ragioni di privacy e per consentire al diretto interessato di esprimere la sua opinione su una questione così importante e delicata”, dice Maurizio Genuardi. “Inoltre, <b>non è dimostrato alcun vantaggio nel mettere in atto controlli precoci o interventi preventivi prima dei 20 anni di età</b>”.<br />
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<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-20577776234326506982017-10-16T10:27:00.001+02:002017-10-16T10:27:53.510+02:00Fare un figlio col morbo di Crohn o la colite ulcerosa Qualche settimana fa un'amica su Facebook mi raccontava del suo parto, assistito con particolari cautele perché è affetta da morbo di Crohn. Pochi giorni dopo a Roma sono stata invitata al congresso nazionale della Società Italiana di GastroReumatologia, che riunisce gli esperti di malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI): il morbo di Crohn, appunto, e la colite ulcerosa. Si è parlato in particolare di come vivono l'attesa di un bimbo le donne che soffrono di queste patologie.<br />
<br />
Non sono poche oggi in Italia le persone affette da Crohn o colite ulcerosa. Se ne contano circa 200 mila, tre ogni mille abitanti, e tante sono donne in età fertile, perché nella maggioranza dei casi le malattie esordiscono tra i 20 e 40 anni. Con quali prospettive possono affrontare la ricerca di una gravidanza? Che rischi corrono? Quali accortezze devono adottare?<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://amiciitalia.eu/templates/amici/images/67482940_crohn.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="575" data-original-width="800" height="287" src="https://amiciitalia.eu/templates/amici/images/67482940_crohn.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il morbo di Crohn può colpire qualunque tratto dell'apparato digerente. <br />Grafica dal sito di Amici Onlus, associazione di persone<br /> affette da MICI e dei loro familiari (<a href="https://www.amiciitalia.eu/" target="_blank">www.amiciitalia.eu</a>)</td></tr>
</tbody></table>
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Infiammazione di origine autoimmune</h2>
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Quale sia esattamente il meccanismo responsabile delle malattie infiammatorie croniche intestinali non è ancora noto. Sono patologie autoimmuni con una componente di predisposizione familiare. Fattori scatenanti sconosciuti attivano una risposta immunitaria anomala diretta contro la mucosa dell'intestino. A subire l'attacco è qualunque tratto dell'apparato digerente nel morbo di Crohn, solo l'ultimo tratto dell'intestino nella colite ulcerosa.<br />
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Entrambe le malattie sono croniche e ricorrenti: periodi di remissione si alternano a periodi in cui l'infiammazione si acutizza e sulla mucosa si formano ulcere, ascessi, stenosi e fistole. Non esiste una terapia definitiva ma farmaci per combattere l'infiammazione nelle fasi acute e prolungare le fasi di remissione. In alcuni casi si ricorre alla chirurgia per riparare i danni oppure rimuovere tratti di intestino danneggiati.<br />
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“Oggi abbiamo a disposizione diversi farmaci per il trattamento delle forme più o meno gravi, in fase di remissione o in fase acuta”, spiega Bruno Laganà, presidente della Società Italiana di GastroReumatologia. “Abbiamo anti-infiammatori non steroidei che agiscono in modo specifico sull'intestino, steroidi, immuno-soppressori e i farmaci biologici, disponibili da una ventina d'anni. Sono anticorpi monoclonali, molecole progettate a tavolino per interferire con i meccanismi del processo infiammatorio”.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://amiciitalia.eu/templates/amici/images/67964303_colite.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="517" data-original-width="800" height="257" src="https://amiciitalia.eu/templates/amici/images/67964303_colite.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La colite ulcerosa colpisce l'ultimo tratto dell'intestino.<br />Grafica tratta dal sito di Amici Onlus</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
Progettare una gravidanza con le MICI</h2>
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Il progetto di una gravidanza non è incompatibile con una malattia infiammatoria cronica intestinale, a patto di programmare il concepimento in un periodo di remissione della patologia e avere l'assistenza degli specialisti di riferimento.<br />
“La gravidanza che insorge durante un periodo di remissione della malattia materna non è diversa dalla gravidanza nella popolazione generale per quanto riguarda i rischi e le complicanze ostetriche”, dice Micaela Fredi, immunologa degli Spedali Civili di Brescia. “E il rischio di acutizzazione durante l'attesa è basso. Al contrario, se la gravidanza insorge mentre la malattia è attiva, il rischio di peggioramento per la madre è elevato e lo stato infiammatorio aumenta la probabilità di interruzione spontanea, parto pretermine, ritardo dello sviluppo intrauterino, basso peso alla nascita, ricorso a parto cesareo urgente”.<br />
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Per questa ragione è importante che l'aspirante mamma prima di cercare il concepimento consulti lo specialista da cui è in cura e che questo lavori di concerto con il ginecologo che seguirà la gravidanza. “Insieme devono attuare un attento controllo del benessere materno-fetale”, spiega Fredi. “Non c'è modo di prevedere a priori la durata di un periodo di remissione, ma attraverso esami del sangue periodici si possono riscontrare eventuali alterazioni degli indici di infiammazione, come la velocità di sedimentazione delle emazie e la proteina C reattiva, l'insorgenza o il peggioramento dell'anemia, segnali che fanno sospettare precocemente una riaccensione della malattia. Si può impostare di conseguenza una terapia mirata al mantenimento della remissione materna, compatibilmente con il corretto sviluppo del nascituro”.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-2a4wb4dGTmE/WeRriQTuDuI/AAAAAAAAApo/1AQI5ZLiAGgVtEuOjcqhvJHITemkEHi4ACLcBGAs/s1600/belly-1434852.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="266" src="https://3.bp.blogspot.com/-2a4wb4dGTmE/WeRriQTuDuI/AAAAAAAAApo/1AQI5ZLiAGgVtEuOjcqhvJHITemkEHi4ACLcBGAs/s400/belly-1434852.jpg" width="400" /></a></div>
<h2>
La sicurezza dei farmaci</h2>
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Un tempo si raccomandava all'aspirante mamma di assumere i farmaci per il controllo dell'infiammazione fino all'esito positivo del test di gravidanza e poi di sospenderli in via precauzionale, nel timore che potessero indurre delle malformazioni a carico del feto. Così facendo, però, il rischio di riacutizzazione della malattia era elevato. “Oggi i nuovi dati di cui disponiamo ci permettono di autorizzare il proseguimento della terapia con anticorpi monoclonali fino al terzo trimestre o fino alla fine della gravidanza, a seconda del farmaco usato”, dice l'immunologa. “I farmaci biologici sono molecole di grosse dimensioni. Il loro passaggio attraverso la placenta inizia nel secondo trimestre e diventa più efficiente solo nel terzo. Per alcuni di loro il passaggio è ridotto anche nel terzo trimestre. Numerosi studi hanno escluso il rischio malformativo”.<br />
<br />
L'assunzione di queste molecole in gravidanza può comportare un abbassamento temporaneo delle difese immunitarie del neonato. “Meglio quindi attendere 18 mesi di vita prima di somministrare al bimbo vaccini che contengono virus vivi attenuati, come il quadrivalente contro morbillo, parotite, rosolia e varicella, che normalmente andrebbe fatto al compimento dell'anno di età”, avverte Giammarco Mocci, gastroenterologo dell'Ospedale Brotzu di Cagliari. “Via libera senza problemi alle altre vaccinazioni previste nel corso del primo anno, che contengono solo microrganismi inattivati o loro frammenti. Dopo i 18 mesi si può somministrare in piena sicurezza anche l'anti-morbillo, parotite, rosolia e varicella”.<br />
Per altri farmaci diversi dagli anticorpi monoclonali non sono disponibili dati sufficienti a consentire l'assunzione in gravidanza.<br />
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Parto e dopo parto<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-tzl-Mxqi6wg/WeRsi9bWjiI/AAAAAAAAAp0/FWeABQR3mAUuG_Z8gstK93FYCcvvO_idACLcBGAs/s1600/2000px-Regions_of_Italy.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1193" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-tzl-Mxqi6wg/WeRsi9bWjiI/AAAAAAAAAp0/FWeABQR3mAUuG_Z8gstK93FYCcvvO_idACLcBGAs/s320/2000px-Regions_of_Italy.jpg" width="238" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://amiciitalia.eu/index.php/centri-gastroenterologia/centri" target="_blank">Il sito di Amici Onlus <br />riporta un elenco aggiornato dei centri di <br />gastroenterologia attivi in Italia</a></td></tr>
</tbody></table>
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Le modalità del parto, se vaginale o cesareo, dipendono dalla localizzazione della malattia, dalle condizioni della madre e da eventuali indicazioni ostetriche. “Le pazienti con malattie infiammatorie intestinali ricorrono al cesareo più frequentemente rispetto alla popolazione generale”, osserva Micaela Fredi. “L'intervento può essere necessario se la patologia intestinale è associata a spondiloartrite, una malattia reumatica della colonna vertebrale, cosa che talvolta accade. La spondiloartrite può rendere meccanicamente difficoltoso il parto per via vaginale”.<br />
<br />
Nato il bimbo, le condizioni della neomamma devono essere seguite con attenzione, perché il puerperio è un periodo a maggior rischio di riaccensione della malattia. “Si ritiene che la variazione dei livelli ormonali dopo la gravidanza possa portare a una riattivazione del sistema immunitario per i successivi 6 mesi. I meccanismi sono molteplici e non tutti ben chiariti”, dice Fredi. “Sono necessari, quindi, frequenti controlli clinici ed esami del sangue. Scegliendo i farmaci giusti, la terapia con anticorpi monoclonali è compatibile con l'allattamento, perché la concentrazione delle molecole nel latte materno è bassa”.<br />
https://amiciitalia.eu/index.php/centri-gastroenterologia/centri<br />
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<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-45456463366205458372017-10-03T21:52:00.000+02:002017-10-04T16:19:17.903+02:00Tumore al seno: controllarsi non vuol dire fare esami a caso<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-jbSZrStwcnU/WdPHU_Cje5I/AAAAAAAAAow/g7bQtQdXVqUWHTKr6pWPIpB9EkkgAGOngCEwYBhgL/s1600/blog1.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1135" data-original-width="1600" height="282" src="https://1.bp.blogspot.com/-jbSZrStwcnU/WdPHU_Cje5I/AAAAAAAAAow/g7bQtQdXVqUWHTKr6pWPIpB9EkkgAGOngCEwYBhgL/s400/blog1.JPG" width="400" /></a></div>
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È appena iniziato il mese di ottobre, tradizionalmente dedicato alla prevenzione del tumore al seno. Si moltiplicano le iniziative per sensibilizzare le donne sull'utilità di fare controlli periodici per diagnosticare tempestivamente un'eventuale neoplasia.<br />
Tra postazioni mobili, stand nelle piazze e porte aperte negli ambulatori diagnostici <b>si rischia, però, di passare il messaggio sbagliato, cioè che più esami si fanno, a qualunque età, e meglio è</b>.<br />
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Le cifre del rischio</h2>
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<b>L'Associazione Italiana Registri Tumori ha appena pubblicato l'ultima edizione del suo <a href="http://www.aiom.it/C_Common/Download.asp?file=/$Site$/files/doc/documenti_scientifici/2017_numeri_del_cancro.pdf" target="_blank">rapporto annuale sui numeri del cancro in Italia</a>.</b> Il carcinoma alla mammella è la neoplasia più frequente tra le donne: gli autori stimano che nel 2017 ne verranno diagnosticati circa 50.500 nuovi casi, quasi uno ogni 10 minuti. <b>Colpisce una donna su 42 nella fascia d'età da 0 a 49 anni, una donna su 18 tra 50 e 69 anni, una donna su 21 tra 70 e 84 anni.</b> Negli ultimi anni l'incidenza tende ad un leggero aumento, ma la mortalità sta calando sensibilmente, del 2,2% all'anno.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-cZUO2sd9Y8Q/WdPHWJR2y5I/AAAAAAAAAo0/u1oyhMuj2XAW3IpsOq2ZJZAlqVTqDlzHQCEwYBhgL/s1600/blog2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="459" data-original-width="927" height="315" src="https://1.bp.blogspot.com/-cZUO2sd9Y8Q/WdPHWJR2y5I/AAAAAAAAAo0/u1oyhMuj2XAW3IpsOq2ZJZAlqVTqDlzHQCEwYBhgL/s640/blog2.jpg" width="640" /></a></div>
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Il merito, secondo il rapporto, è dei programmi pubblici di screening che favoriscono la diagnosi precoce. <b>Oggi il 25% dei tumori viene diagnosticato quando ha dimensioni inferiori a 2 cm. A queste condizioni, il trattamento porta a guarigione nel 90% dei casi.</b><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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Gli esami giusti al momento giusto</h2>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Q4FxklP0qeI/WdPHZ4563xI/AAAAAAAAApA/MHWo3wypWRAJNqBLciDhcCcfDu5dE9z_QCEwYBhgL/s1600/blog3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1504" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-Q4FxklP0qeI/WdPHZ4563xI/AAAAAAAAApA/MHWo3wypWRAJNqBLciDhcCcfDu5dE9z_QCEwYBhgL/s400/blog3.jpg" width="375" /></a></div>
<b>Gli inviti a sottoporsi a controlli periodici sono sacrosanti. Invece l'offerta a pioggia di esami nel corso delle tante iniziative promosse in questi giorni può generare confusione.</b> È possibile che una donna decida di sottoporsi a una mammografia perché persuasa dall'invito dei volontari su una piazza e così facendo scopra di avere un tumore aggressivo allo stadio iniziale. Trattandolo tempestivamente, si salva la vita.<br />
<br />
È anche possibile, però, che l'esame dia un esito positivo per errore, <b>un falso positivo</b>, e che la donna si sottoponga a una serie di accertamenti, anche invasivi, per poi scoprire di non avere nulla. Ed è possibile che l'esame rilevi un tumore poco aggressivo. “<b>Le conoscenze attuali impediscono di distinguere tra i tumori che diventeranno aggressivi e quelli che non costituiscono una minaccia per la vita</b>”, <a href="http://www.osservatorionazionalescreening.it/content/il-bilancio-sugli-screening-una-narrazione-sui-benefici-e-i-danni-correlati-allo-screening" target="_blank">scrivono gli esperti dell'Osservatorio Nazionale Screening</a>. La donna, dunque, si sottoporrà a trattamenti invasivi per combattere un tumore che non le avrebbe creato alcun problema se nessuno si fosse accorto della sua presenza.<br />
<br />
Falsi positivi e sovradiagnosi sono inevitabili quando parte di una popolazione si sottopone a screening per la diagnosi precoce di una malattia. Compito di epidemiologi e oncologi è mettere a punto <b>un protocollo di screening che riduca al minimo la percentuale di falsi positivi, di sovradiagnosi e conseguenti sovratrattamenti</b>, di stabilire delle regole su chi deve sottoporsi a quali esami e con quale frequenza per trarne il massimo beneficio<br />
<br />
“Allo stato attuale, <a href="http://win.gisma.it/atti/bolognaconsenso05/documento_consenso.pdf" target="_blank">il protocollo raccomandato</a> a livello europeo sulla base dell'evidenza scientifica per salvare il maggior numero di vite riducendo al minimo falsi positivi e sovradiagnosi prevede di effettuare <b>una mammografia all'anno a tutte le donne di età compresa tra 45 e 49 anni e una ogni due anni dai 50 ai 74</b>”, spiega <b>Marco Zappa, direttore dell'Osservatorio Nazionale Screening</b>. “<b>Tra i 40 e i 44 anni c'è una debole evidenza di utilità</b>, quindi in questa fascia non vengono raccomandati e offerti gratuitamente esami, ma può avere senso la decisione a livello individuale di sottoporsi a una mammografia all'anno. <b>Prima dei 40 anni, salvo casi specifici ad alto rischio, fare controlli è controproducente</b>, perché l'incidenza della malattia è bassa e perché la maggiore densità dei tessuti del seno riduce l'efficacia dell'esame. <b>La probabilità di incorrere in un falso positivo o in un caso di sovradiagnosi è eccessiva</b>. L'ecografia della mammella non è un test di screening ma un esame di secondo livello: va fatto quando il medico lo richiede per approfondire un sospetto emerso a seguito di una mammografia. Infine, la visita senologica ha una sensibilità ridotta e non permette di rilevare tumori in fase precoce, ma solo quelli di dimensioni già apprezzabili. È utile farla, ma non come sostituto della mammografia nelle fasce di età in cui l'esame è raccomandato”.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-kt5JW-yp1tk/WdPpxSHHPhI/AAAAAAAAApY/U1Okdj7pvoIpcMK6bqxPwhzQjXBui0dCwCEwYBhgL/s1600/blog6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="459" data-original-width="927" height="315" src="https://1.bp.blogspot.com/-kt5JW-yp1tk/WdPpxSHHPhI/AAAAAAAAApY/U1Okdj7pvoIpcMK6bqxPwhzQjXBui0dCwCEwYBhgL/s640/blog6.jpg" width="640" /></a></div>
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Il messaggio giusto da trasmettere per sensibilizzare la popolazione sull'utilità della diagnosi precoce, quindi, è: <b>sottoporsi a mammografie annuali tra i 45 e i 49 anni, ogni due anni dai 50 ai 74 e, opportunamente informate dal medico curante, decidere individualmente se sottoporsi a mammografia annuale dai 40 ai 44 anni.</b><br />
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<h2>
I limiti dello screening pubblico</h2>
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Questo protocollo, giudicato come il più efficace a livello nazionale ed europeo, non è stato però ancora adottato da tutte le Regioni italiane. Salvo che in Piemonte e in Emilia Romagna, l'offerta pubblica gratuita è ferma alle raccomandazioni precedenti: <b>una mammografia ogni due anni da 50 a 69 anni. </b><br />
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Inoltre, l'offerta del servizio sanitario pubblico non raggiunge tutte le donne a cui sarebbe destinata. “Le ASL convocano le donne della fascia d'età prevista che risultano residenti nel proprio territorio con una lettera spedita al domicilio, ma gli indirizzi forniti dall'anagrafe non sempre sono corretti e aggiornati, dunque <b>non sempre le lettere raggiungono le destinatarie</b>”, dice Zappa. “<b>C'è poi una parte di popolazione che rimane esclusa</b>: gli immigrati irregolari, le persone che occupano abusivamente un alloggio. Spesso nelle aree più degradate delle città le situazioni abitative non sono chiare”. E ci sono tante donne che sottovalutano l'utilità dello screening, perché male informate o perché hanno altre priorità, necessità più pressanti, e dunque non rispondono alla chiamata se la ricevono.<br />
<br />
<b>Secondo <a href="http://www.osservatorionazionalescreening.it/content/lo-screening-della-mammella-visto-da-passi" target="_blank">i dati raccolti dal sistema di sorveglianza Passi </a>dell'Istituto Superiore di Sanità, tra il 2013 e il 2015 in Italia il 72% delle donne di età compresa tra 50 e 69 anni ha effettuato una mammografia entro i due anni precedenti (l'82% al Nord, il 77% al Centro e il 57% al Sud e nelle isole)</b>. A livello nazionale, il 53% ha eseguito la mammografia nell'ambito dello screening pubblico, gratuitamente. Il 19% privatamente, pagando la prestazione.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-hG_BsWC2GZc/WdPl0nde4yI/AAAAAAAAApM/1_a2R_9nBZAITfnu6UXDE9OISm4_Tz4lACEwYBhgL/s1600/blog5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="659" data-original-width="927" height="454" src="https://3.bp.blogspot.com/-hG_BsWC2GZc/WdPl0nde4yI/AAAAAAAAApM/1_a2R_9nBZAITfnu6UXDE9OISm4_Tz4lACEwYBhgL/s640/blog5.jpg" width="640" /></a></div>
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<br />
Un altro messaggio utile da trasmettere, quindi, è di <b>accettare l'invito allo screening pubblico qualora lo si riceva e attivarsi personalmente se non lo si riceve entro i tempi giusti</b>. Ben vengano le iniziative di promozione, nel mese di ottobre e durante il resto dell'anno, che mirano a raggiungere le fasce di popolazione tagliate fuori dall'offerta pubblica, purché i controlli vengano raccomandati all'età giusta e con la giusta frequenza.<br />
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<h2>
I casi ad alto rischio</h2>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Pk8WfzI8als/WdPHa5ZrcWI/AAAAAAAAApA/EByotljjW-4KDEh3VKYhRGUe_5ciiKkhwCEwYBhgL/s1600/blog4.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://2.bp.blogspot.com/-Pk8WfzI8als/WdPHa5ZrcWI/AAAAAAAAApA/EByotljjW-4KDEh3VKYhRGUe_5ciiKkhwCEwYBhgL/s400/blog4.jpg" width="400" /></a></div>
C'è poi una piccola parte della popolazione ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno, anche in giovane età, perché geneticamente predisposta. <b>Il 5-7% di tutti i casi di tumore alla mammella è legato a fattori ereditari. Un terzo di questi è dovuto a una mutazione patogena di uno o entrambi i geni BRCA-1 e BRCA-2.</b> “Una donna portatrice di una mutazione patogena di un gene BRCA ha un rischio di sviluppare un tumore al seno nel corso della vita che va dal 60 al 90% a seconda della specifica mutazione. <b>Dovrebbe iniziare i controlli a 25 anni, seguendo un protocollo diagnostico specifico</b>”, dice <b>Stefania Gori, presidente eletta dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica.</b><br />
<br />
Ma come identificare le portatrici? Con il test genetico, in uso da più di un decennio, che negli ultimi anni è diventato più accessibile ed economico per i progressi delle tecniche di analisi del DNA. In Italia i centri pubblici che lo offrono, insieme alla necessaria consulenza di un genetista oncologo, sono relativamente pochi e le liste d'attesa e i tempi per avere il referto sono lunghi. Diversi laboratori privati si sono attrezzati per soddisfare la richiesta crescente, ma non sempre offrono garanzie di qualità pari a quelle delle strutture pubbliche, che di solito sono centri universitari ad alta specializzazione.<br />
<br />
Inoltre, è importante ricordare, come si legge nel documento <b><a href="http://www.ondaosservatorio.it/ondauploads/2017/09/web-TEST-BRCA_Logo.pdf" target="_blank">“Test BRCA: call to action per la prevenzione e cura del carcinoma ovarico e della mammella”</a>, dell'Osservatorio Nazionale per la Salute della Donna</b>, che per interpretare il referto occorre un alto grado di esperienza specifica. Le conoscenze sul significato clinico delle varianti dei geni BRCA sono ancora in evoluzione. Non esistono standard a livello internazionale. <b>Per tradurre il risultato del test in termini numerici di rischio non si può prescindere dalla consulenza di un genetista</b>.<br />
<br />
Al genetista oncologo spetta anche decidere a chi raccomandare l'esame e a chi sconsigliarlo, dopo aver valutato la storia clinica personale e familiare della donna. “<b>L'esame può essere utile a una donna che abbia parenti di primo grado colpite da tumore al seno in giovane età: la madre, la nonna, sorelle. Oppure che abbia già avuto un tumore al seno e abbia precedenti familiari a qualunque età</b>”, spiega Marco Zappa. “In questi caso, oltre a effettuare il test genetico è necessario impostare un programma personalizzato di controlli frequenti”.<br />
<br />
Il <a href="http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2285_allegato.pdf" target="_blank">Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018</a> include una raccomandazione alle Regioni perché organizzino una rete di centri di riferimento e dei protocolli per offrire il test dei geni BRCA a chi può trarne beneficio. <b>Al momento, però, l'offerta delle Regioni non segue alcuna programmazione ed è disomogenea. </b><br />
<b><br /></b>
<b>POSTILLA AL POST</b><br />
<b><br /></b>
A proposito della fascia d'età in cui è raccomandato sottoporsi a mammografie periodiche, Marco Zappa, direttore dell'Osservatorio Nazionale Screening mi ha detto che c'è consenso tra gli specialisti europei e italiani sull'opportunità di sottoporre a mammografia annuale le donne di età compresa tra 45 e 49 anni, oltre alla mammografia ogni due anni tra 50 e 69 anni. Come riferimento bibliografico mi ha indicato il documento di consenso italiano che ho linkato nel post. Non ho riferimenti europei disponibili.<br />
Ne ho parlato con Carmine Pinto, presidente attualmente in carica dell'AIOM, il quale condivide quanto detto da Zappa. A lui risulta che esista un documento di consenso dell'European Society for Medical Oncology, anche se non me l'ha saputo indicare. Le <a href="http://www.esmo.org/Guidelines/Breast-Cancer/Primary-Breast-Cancer" target="_blank">linee guida più recenti che ho trovato sul sito della Società Europea</a> risalgono al 2015 e riguardo l'ampliamento dello screening dicono: "There is controversy and no consensus regarding the role of screening in women aged 40-49 years".<br />
Carlo Nardoni, già responsabile dei programmi di screening della Regione Emilia Romagna e fondatore dell'Osservatorio Nazionale Screening insieme a Marco Zappa, mi ha segnalato la pagina web con i risultati annuali dello screening in Emilia Romagna, che ha esteso l'offerta alle donne da 45 a 49 anni e da 70 a 74. <a href="http://salute.regione.emilia-romagna.it/screening/tumori-femminili/risultati" target="_blank">Trovate i dati qui</a>.<br />
<b>Concludendo, in attesa di trovare altra documentazione, c'è l'evidenza scientifica che sottoporsi a una mammografia all'anno da 45 a 49 anni sia vantaggioso, ma dal punto di vista statistico si tratta di un'evidenza ancora poco significativa. Alcune Regioni, prima tra tutte l'Emilia Romagna, si stanno organizzando in tal senso.</b><br />
<b><br /></b>
<b>POSTILLA ALLA POSTILLA AL POST</b><br />
<b><br /></b>
<a href="https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27807699" target="_blank">Ho trovato anche questo documento</a>, pubblicato dalla European Society of Breast Imaging nel 2017, in cui si indica come prima priorità lo screening nella fascia 50-69 anni, come seconda priorità l'ampliamento da 70 a 74 anni e come terza priorità l'ampliamento da 45 a 49 anni. Sull'utilità dello screening annuale da 45 a 49 anni ci sarebbe "evidenza limitata".<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-24268836114318593542017-09-27T09:43:00.000+02:002017-09-27T09:43:16.614+02:00Non lasciate le mamme da sole!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-wl1n0IbjvL8/WcgdFOscWII/AAAAAAAAAno/pahqen6m86cxZJ3E9iAPwf23_2UqMk0ygCEwYBhgL/s1600/blog3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="683" data-original-width="1024" height="265" src="https://2.bp.blogspot.com/-wl1n0IbjvL8/WcgdFOscWII/AAAAAAAAAno/pahqen6m86cxZJ3E9iAPwf23_2UqMk0ygCEwYBhgL/s400/blog3.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Da
alcuni giorni si discute di <b>violenza ostetrica</b>, di maltrattamenti e
abusi nei confronti delle donne che partoriscono, di mamme che vivono
la nascita del proprio bimbo come un'esperienza di solitudine, paura
e impotenza. Un'amica ostetrica con cui ne ho parlato osserva che il
problema sarebbe in gran parte risolto <b>se tutte le donne in travaglio
potessero godere di assistenza dedicata e continua</b>, anche nei momenti
in cui non è necessario alcun intervento clinico e c'è solo da
aspettare, la cosiddetta assistenza one-to-one. Assistenza
rispettosa, ovviamente.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;"><b>Avere
accanto una persona di fiducia non giova solo alla serenità della
partoriente, al suo benessere psicologico, ma anche al buon esito del
parto e alla salute di mamma e figlio</b>. Giova in modo tangibile e
misurabile, come dimostra <b><a href="http://www.cochrane.org/CD003766/PREG_continuous-support-women-during-childbirth" target="_blank">una revisione della letteratura medica</a>
pubblicata giusto qualche settimana fa dalla Cochrane Library</b></span><span style="font-family: Liberation Serif, serif;">,
che analizza i risultati di 27 studi condotti su oltre 15.000 donne
provenienti da una varietà di Paesi in condizioni igieniche e
socio-economiche differenti. L'assistenza continua durante il
travaglio e il parto, dimostra la review, è associata a una <b>maggior
frequenza di parto vaginale spontaneo e a una minore necessità di
far ricorso a taglio cesareo, episiotomia, forcipe o ventosa, a una
minore richiesta di analgesia, a minore durata del travaglio e, per
il bambino, a una minore probabilità di avere basso indice di Apgar
a cinque minuti dalla nascita</b>. L'indice di Apgar, lo ricordiamo, è
un parametro di valore compreso tra 0 e 10, che descrive le
condizioni di salute del neonato: frequenza cardiaca, riflessi,
colorito, tono muscolare e respirazione. </span>
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Che
cosa vuol dire assistenza durante il travaglio e il parto? Assistenza
medica? Compagnia, conforto? La revisione della Cochrane non fa
distinzioni da questo punto di vista: l'evidenza dei benefici
riguarda donne assistite da ostetriche, infermiere, doule, parenti o
persone amiche e concretamente si manifesta come conforto emotivo,
compagnia, aiuto a cambiare posizione e deambulare, massaggi, offerta
di cibo e bevande, informazioni, mediazione con il personale
sanitario. “È sufficiente la sola presenza di una persona che
funga da testimone del vissuto e delle emozioni della partoriente,
per ottenere dei vantaggi evidenti”, dice <b>Laura Castellarin,
ostetrica co-fondatrice dell'associazione Nascere Insieme</b>. “<b>I
benefici descritti da questa ricerca sono legati alla continuità del
sostegno e non riguardano in modo specifico l'assistenza ostetrica</b>.
Ciò nulla toglie all'importanza della figura professionale
dell'ostetrica, l'unica che unisce l'abilità di accompagnamento alle
competenze cliniche e che è preparata per l'assistenza nella
fisiologia, al contrario del medico che ha competenze specifiche per
intervenire in condizioni di patologia. <b>I vantaggi dell'assistenza
ostetrica continua e dedicata alla singola partoriente sono ben
conosciuti e documentati da una mole di altre ricerche</b>”.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<h2 style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Non
“siamo fatte” per partorire da sole</span></h2>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif; font-size: 12pt; text-align: left;"></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif; font-size: 12pt; text-align: left;"><br /></span></div>
<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-lh0ceM1fjXQ/WcghLwkMt4I/AAAAAAAAAoA/kcZjmWO_ePIQNpNfsulkkDEkrDwo77xDACEwYBhgL/s1600/blog5.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="853" data-original-width="1280" height="266" src="https://4.bp.blogspot.com/-lh0ceM1fjXQ/WcghLwkMt4I/AAAAAAAAAoA/kcZjmWO_ePIQNpNfsulkkDEkrDwo77xDACEwYBhgL/s400/blog5.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif; font-size: 12pt;">Qualche
tempo fa mi sono imbattuta in uno studio molto interessante. È del
1995, pubblicato sulla rivista Evolutionary Antropology, a firma
delle antropologhe Wenda Trevathan e Karen Rosenberg, e si intitola
<a href="http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/evan.1360040506/abstract" target="_blank">“Bipedalism and Human Birth: the Ostetrical Dilemma Revisited”</a></span><span style="font-family: Liberation Serif, serif; font-size: 12pt;">.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Quando
i nostri antenati hanno abbandonato l'andatura quadrupede per
assumere la posizione eretta, la struttura del bacino delle loro
femmine è mutata, spiegano Trevathan e Rosenberg. Non solo il canale
del parto si è fatto più stretto in proporzione alle dimensioni
della testa del nascituro, rispetto a quello degli altri primati, ma
la sua conformazione è cambiata in modo tale che il piccolo ominide
al passaggio attraverso le pelvi materne è costretto a effettuare
delle giravolte, per accomodare i diversi diametri della testa e
delle spalle. Il risultato è che <b>negli altri primati alla nascita il
piccolo emerge con il viso voltato nello stesso verso di quello della
partoriente, mentre nei nostri antenati e nell'uomo moderno nella
maggior parte dei casi emerge con il viso rivolto nel verso opposto</b>.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">A
questa trasformazione imposta dal passaggio all'andatura bipede, si è
sommato l'aumento delle dimensioni del cranio umano per fare spazio a
un cervello sempre più voluminoso. <b>I piccoli umani non possono
completare in utero lo sviluppo del cervello, altrimenti la loro
testa diventerebbe troppo grande per passare attraverso il canale del
parto</b>. Lo completano nel corso del tempo, nei primi anni di vita.
Alla nascita le loro competenze motorie, dunque, sono immature
rispetto a quelle dei neonati degli altri primati e non sono in grado
di collaborare attivamente come fanno, per esempio, gli scimpanzé.<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-F8Azz32yh5w/WcgdBV7Dl6I/AAAAAAAAAnw/Cr1vYuYWK9QFD5DHXLi1MQx44vMBmNZYACEwYBhgL/s1600/blog2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="734" data-original-width="1600" height="291" src="https://2.bp.blogspot.com/-F8Azz32yh5w/WcgdBV7Dl6I/AAAAAAAAAnw/Cr1vYuYWK9QFD5DHXLi1MQx44vMBmNZYACEwYBhgL/s640/blog2.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'ampiezza del canale del parto rispetto al cranio del neonato dello scimpanzé, della nostra antenata Lucy e della donna moderna</td></tr>
</tbody></table>
</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;"><b>Le
femmine dei primati non umani, spiegano le autrici dello studio,
partoriscono da sole, in un luogo isolato</b>, al sicuro da eventuali
predatori ma anche lontano dagli occhi degli altri individui del
gruppo di appartenenza. Il piccolo alla nascita si districa da solo
dal cordone e la madre, che lo espelle in posizione accovacciata, lo
afferra agevolmente e lo solleva fino al seno per avviare
l'allattamento.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Anche
le femmine dei nostri antenati ominidi e le donne moderne partorivano
e partoriscono di preferenza in posizione accovacciata, laddove non
viene imposto loro diversamente, <b>ma non possono afferrare il neonato
e sollevarlo in avanti con altrettanta facilità, perché il piccolo
ha il viso e la spina dorsale orientati nel verso opposto</b>. Inoltre,
qualcuno deve aiutare il neonato a districarsi se ha il cordone
arrotolato intorno al collo o al corpo, perché da solo non ce la fa.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;"><b>La
femmina umana ha bisogno di assistenza per dare alla luce i suoi
piccoli e la selezione naturale ha premiato le nostre antenate che
cercavano il sostegno e il conforto dei propri simili durante il
travaglio e il parto</b>. Secondo l'ipotesi rivoluzionaria di Wenda
Trevathan e Karen Rosenberg, il dolore, la paura e il senso di
smarrimento che tutte le donne provano in procinto di partorire sono
escamotage evolutivi per spingere la femmina umana a cercare aiuto.
<b>Il desiderio della presenza di una persona fidata al momento della
nascita è profondamente radicato nella storia della nostra
evoluzione.</b></span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<h2 style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Chi
accompagna la donna</span></h2>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-i3kNfSghNn0/Wcgc9FTGSkI/AAAAAAAAAnw/6_nOPxxR5XsmGWXzh4QIMojbuKLKoSoRQCEwYBhgL/s1600/blog1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="555" data-original-width="900" height="246" src="https://3.bp.blogspot.com/-i3kNfSghNn0/Wcgc9FTGSkI/AAAAAAAAAnw/6_nOPxxR5XsmGWXzh4QIMojbuKLKoSoRQCEwYBhgL/s400/blog1.jpg" width="400" /></a></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
“<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Storicamente
la continuità dell'assistenza alle donne, nel periodo della
gravidanza, del parto e del puerperio, è sempre stata svolta
dall'ostetrica, sia che fosse diplomata, sia che tale ruolo le
venisse riconosciuto dalle altre donne”, spiega <b>Susanna Marongiu,
ostetrica del consultorio familiare di Monserrato, in provincia di
Cagliari</b>. “In genere l'ostetrica e il medico di famiglia erano le
uniche due figure che avevano conoscenze di anatomia e fisiologia del
corpo umano e, più in generale, di medicina. È evidente che per
poter ricoprire tale ruolo, soprattutto quando questo le veniva
conferito dalla stessa popolazione, <b>l'ostetrica doveva avere anche
altri requisiti, come l'empatia, la riservatezza, la fiducia, la
complicità, la capacità di ascolto e di comunicazione.</b> Era
indispensabile, a tale proposito, che fosse una donna dello stesso
contesto culturale, sociale e ambientale. Questi ultimi requisiti
cominciarono a venire meno con la scolarizzazione delle ostetriche e
con l'obbligatorietà per i Comuni di assumere nel proprio organico
un'ostetrica diplomata. Ciò ha comportato l'inizio di un fenomeno
migratorio, dovuto alla scarsità di ostetriche diplomate e alle
poche Università abilitate a tale scopo. <b>Quindi le ostetriche
diplomate cominciarono a essere estranee al luogo di lavoro e alla
popolazione di riferimento</b>. In moltissime realtà ciò ha comportato
la convivenza dell'ostetrica diplomata e delle donne esperte di
parto, le cosiddette empiriche o donne pratiche. Spesso le donne
esperte erano anziane della comunità, già madri, o coetanee che
avevano vissuto esperienze di maternità e di parto”.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Lo
scrivono anche gli autori della revisione Cochrane sui benefici
dell'accompagnamento: <b>un tempo le partorienti davano alla luce i loro
bimbi alla presenza delle altre donne del clan familiare o della
comunità di appartenenza. L'assistenza continua era la norma. Oggi,
con l'uso prevalente di partorire in ospedale, in molti contesti
l'assistenza continua è diventata l'eccezione</b>. “È abbastanza
difficile oggi che in un ospedale italiano la donna possa godere di
assistenza ostetrica continua e dedicata in travaglio”, dice Laura
Castellarin. “Capita talvolta nei piccoli centri nascita, dove la
frequenza dei parti è relativamente bassa. <b>Nelle grandi strutture,
con molti accessi, di solito un'ostetrica si trova a seguire
contemporaneamente diverse donne</b>. Per garantire l'assistenza
one-to-one, occorre che la direzione sanitaria dell'ospedale faccia
uno sforzo organizzativo consapevole. Non è una questione economica,
perché è dimostrato che l'assistenza one-to-one riduce il rischio
di complicanze e dunque di costosi interventi medici. Il ritorno
economico ci sarebbe e giustificherebbe l'investimento. Oggi però si
tende a credere che sia meglio investire in tecnologia piuttosto che
in risorse umane. Invece la ricerca dimostra che nel caso
dell'assistenza al parto è proprio il fattore umano che fa la
differenza”. <b>Il risultato è che spesso la donna in travaglio
rimane a tratti da sola, nelle fasi meno impegnative dal punto di
vista clinico.</b></span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">Da
questo punto di vista, le piccole strutture offrono condizioni
migliori rispetto alle grandi, dove invece il personale ha maggiore
esperienza nel trattamento delle emergenze e delle complicazioni.
Felici eccezioni sono i grandi ospedali attrezzati per garantire cure
continue e dedicate, nel rispetto della fisiologia, oltre ad avere le
risorse umane e tecniche per intervenire in modo rapido ed efficace
nell'urgenza e nella patologia.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<h2 style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">I
familiari, gli amici, la doula</span></h2>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-frUoCbjM2Lw/WcgnU1lj3gI/AAAAAAAAAoQ/g7vskNKDl10wIlSzuybHIjS4NK8yN5NTgCLcBGAs/s1600/blog6.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="394" data-original-width="591" height="266" src="https://3.bp.blogspot.com/-frUoCbjM2Lw/WcgnU1lj3gI/AAAAAAAAAoQ/g7vskNKDl10wIlSzuybHIjS4NK8yN5NTgCLcBGAs/s400/blog6.JPG" width="400" /></a></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;"><b>Ecco
perché conviene che la partoriente sia accompagnata da una persona
amica, che possa effettivamente dedicarsi a tempo pieno a lei</b>. “È
opportuno indipendentemente dalla possibilità di avere assistenza
ostetrica continua one-to-one”, precisa Castellarin, “perché
l'accompagnatore o l'accompagnatrice della partoriente è una persona
familiare, al contrario dell'ostetrica che spesso è un'estranea, e
la futura mamma ha l'esigenza di essere confortata da una persona
familiare, che faccia anche da tramite con i sanitari”.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;">E
se la partoriente non avesse modo di farsi accompagnare dal partner,
da una parente o da un'amica? “In questo scenario emergono nuove
figure che sostituiscono il clan femminile di altri tempi e che
possono in parte colmare le lacune dell'assistenza ostetrica, laddove
le ostetriche sono numericamente insufficienti oppure individualmente
poco disponibili a farsi carico anche delle esigenze emotive della
donna”, dice Susanna Marongiu, “<b>Sono le cosiddette doule, o
assistenti alla maternità, o custodi della nascita, che svolgono una
funzione di vicinanza emotiva e di sostegno che è altrettanto
importante quanto quella sanitaria</b>. Le loro prestazioni non sono atti
solidaristici a favore di un'amica o di una parente, quindi
richiedono un compenso. Assistiamo così alla nascita di una nuova
professione, che però non è ancora disciplinata da alcuna legge, al
contrario di altre professioni sanitarie, come quella del medico e
dell'ostetrica”.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<br />
</div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;"><b>La
doula naturalmente non può e non deve sostituirsi all'ostetrica nel
ruolo di assistente clinica</b>. “A questa condizione, se non c'è
competizione o sovrapposizione, la presenza della doula è una
risorsa preziosa non solo per la futura mamma ma anche per
l'ostetrica”, commenta Castellarin.</span></div>
<div class="western" style="line-height: 120%;">
<span style="font-family: Liberation Serif, serif;"><b>Alessia
Martini è una doula in formazione che fa parte, come Laura
Castellarin, dell'associazione Nascere Insieme</b>. “Ostetrica e doula
sono due attività differenti, ma con un comune denominatore”,
spiega. “Consentire a madre, padre e bambino la migliore esperienza
perinatale possibile. <b>L'ostetrica è una figura professionale del
comparto sanitario, è iscritta a un albo e opera nell'ambito della
fisiologia della nascita</b>: offre le proprie abilità professionali,
competenze e informazioni scientifiche. <b>La doula invece è
semplicemente una persona che offre il proprio sostegno, emotivo e
materiale, con competenze esclusivamente relazionali e conoscenze
spesso acquisite da una propria esperienza di maternità</b>. Il focus
della doula è la persona, la mamma, il suo ruolo è di
facilitatrice, di confidente: offre ascolto, conforto, accoglienza, è
custode di momenti di grande rilevanza emozionale. <b>La doula sgrava
l'ostetrica dagli aspetti relazionali ed emotivi quando è essenziale
che l'ostetrica concentri tutte le attenzioni sul versante
sanitario</b>”.</span></div>
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<br />
<div class="western">
<br />
<br />
</div>
Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-4959840569230622722017-09-12T18:42:00.000+02:002017-09-12T18:42:03.567+02:00Antibiotici: attenti al miraggio dei test fai-da-te<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-5yHd5-vaQWU/WbcWK7ScTHI/AAAAAAAAAms/VgHE4xWAAgwAP5Pokzc7_6N4LZnjVDXnwCEwYBhgL/s1600/cold-1972619_1920.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1135" data-original-width="1600" height="283" src="https://1.bp.blogspot.com/-5yHd5-vaQWU/WbcWK7ScTHI/AAAAAAAAAms/VgHE4xWAAgwAP5Pokzc7_6N4LZnjVDXnwCEwYBhgL/s400/cold-1972619_1920.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="line-height: 16px; margin-bottom: 0cm;">
Torna la pioggia e riaprono le scuole. Tempo qualche settimana e riprenderanno a circolare raffreddore, tosse e febbre. In farmacia c'è un'insidiosa novità:<b> i self test per determinare se un'infezione è virale o batterica</b>. Attenzione: il fai-da-te con gli antibiotici è pericoloso!</div>
<div style="line-height: 16px; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 16px; margin-bottom: 0cm;">
Qualche mese fa ho letto <a href="http://www.mammaimperfetta.it/2017/04/21/antibiotico-si-o-no/#.WbcEwtPyiRs" target="_blank">un post sul blog di una mamma</a> che cantava le lodi di un prodotto appena uscito in commercio in Italia: <b>un test fai-da-te acquistabile in farmacia per determinare in cinque minuti se un bimbo ha la tosse e il raffreddore a causa di un virus oppure ha un'infezione batterica trattabile con gli antibiotici. </b>“Antibiotico sì o no”, si chiama proprio così il test. Il post è promozionale, realizzato in collaborazione con l'azienda che produce il dispositivo. È scritto chiaramente in fondo alla pagina.</div>
<div style="line-height: 16px; margin-bottom: 0cm;">
<br />L'autrice spiega che <b>è sbagliato somministrare di propria iniziativa antibiotici al bambino che ha i sintomi di un'infezione respiratoria senza sapere se è virale o batterica</b>, perché gli antibiotici non sono efficaci contro i virus, perché sono gravati da effetti indesiderati, perché il loro uso sconsiderato è causa di resistenza dei batteri. <b>Sono perfettamente d'accordo</b>.</div>
<div style="line-height: 16px; margin-bottom: 0cm;">
<br />E come si fa a stabilire se un'infezione è virale o batterica? “Si può andare dal pediatra”, risponde l'autrice, “<b>oppure utilizzare un self-test rapido</b> (e in caso di positività o mancata remissione dei sintomi recarsi dal medico)”. Occhio al contenuto della parentesi, perché è importante e ci ritornerò.</div>
<div style="line-height: 16px; margin-bottom: 0cm;">
<br />Caspita, mi sono detta, qualcuno è riuscito finalmente a mettere a punto un test rapido, economico e affidabile per distinguere le infezioni virali da quelle batteriche. È il Santo Graal della diagnostica delle malattie infettive. A quanto mi risulta, ci lavorano da decenni in tutto il mondo. Uno strumento del genere darebbe una bella mano a combattere la resistenza agli antibiotici. Strano, però, che la notizia di un simile risultato non sia circolata prima che il test entrasse in commercio.</div>
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</style>
<br />
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<h2 style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Come funziona il
self test<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-V2elX8Huz8M/WbcdI9pR35I/AAAAAAAAAnA/hutrd0xkdjYFjK3Zp0kMmcvTkjLobIGvACLcBGAs/s1600/Croce-7.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="997" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-V2elX8Huz8M/WbcdI9pR35I/AAAAAAAAAnA/hutrd0xkdjYFjK3Zp0kMmcvTkjLobIGvACLcBGAs/s320/Croce-7.jpg" width="310" /></a></div>
</h2>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ho cercato
informazioni sul prodotto in questione. <b>È un presidio
medico-diagnostico in vitro regolarmente registrato e prodotto da
un'azienda conosciuta nel settore.</b> Il kit in vendita contiene un
pungidito e tutto l'occorrente per raccogliere una goccia di sangue e
analizzarla.
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Su quale principio
si basa il test? <b>Il dispositivo misura la concentrazione nel sangue
della proteina C-reattiva, prodotta dal sistema immunitario in
risposta a un'infezione o ad altri stimoli infiammatori.</b> La
concentrazione, <a href="https://veroval.info/-/media/diagnostics/doc/veroval-self-test-antibioticos-information-v.pdf" target="_blank">afferma il foglietto illustrativo</a>, è maggiore quando
l'infezione è batterica, minore quando è virale. E il test è
estremamente affidabile. “La precisione di oltre il 95% è stata
documentata da uno studio di valutazione delle prestazioni del
prodotto”, si legge nel foglietto.
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
C'è un problema,
però: <b>la precisione del 95% si riferisce alla capacità del prodotto
di misurare la concentrazione di proteina nel sangue e non alla sua
affidabilità diagnostica, perché non è sempre vero che a livelli
elevati della proteina corrisponde un'infezione batterica e a bassi
livelli corrisponde un'infezione virale</b>. “Per esempio, nelle fasi
iniziali di un'infezione batterica la concentrazione può mantenersi
bassa. Al contrario, può essere molto elevata in presenza di alcune
infezioni da adenovirus, dunque virali”, spiega <b>Liviana Da Dalt,
che dirige il Pronto Soccorso Pediatrico e Pediatria d'Urgenza
dell'Ospedale di Padova</b> e ha pubblicato diversi studi sull'utilizzo
della proteina C-reattiva come marcatore per la diagnosi delle
infezioni. “Non conosco questo specifico prodotto, ma la
concentrazione della proteina, per quanto sia misurata con
precisione, non è un dato assoluto. Ci piacerebbe che lo fosse,
perché siamo alla ricerca di marcatori assoluti per la diagnosi
delle infezioni batteriche. <b>Per il momento, purtroppo, non ne abbiamo
trovato nessuno</b>”.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-C96kDr-kzs4/WbcfhOrIrbI/AAAAAAAAAnM/Ah1pflhVYGEbenZcEde82AJ_gfqCXPyewCEwYBhgL/s1600/febacsi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="412" data-original-width="291" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-C96kDr-kzs4/WbcfhOrIrbI/AAAAAAAAAnM/Ah1pflhVYGEbenZcEde82AJ_gfqCXPyewCEwYBhgL/s320/febacsi.jpg" width="226" /></a></div>
<h2 style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
No al fai-da-te</h2>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
“Data l'assenza di
un parametro assoluto da misurare”, prosegue Da Dalt, “il
risultato di qualunque test di laboratorio va interpretato alla luce
dell'esame clinico del paziente. Cioè <b>deve essere il medico, dopo
avere visitato il paziente, a fornire la diagnosi e a prescrivere il
trattamento più appropriato</b>”.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Gli antibiotici non
sono farmaci da automedicazione. Per acquistarli occorre la ricetta
del medico e sarebbe un errore assumere o somministrare eventuali
residui avanzati a casa nell'armadietto dei medicinali. “Sono
strumenti di grande utilità, ma solo se vengono usati in modo
appropriato”, dice <b>Maurizio De Martino, direttore della Clinica
Pediatrica dell'Ospedale Meyer di Firenze e responsabile del gruppo
di lavoro sull'uso corretto dei farmaci della Società Italiana di
Pediatria Preventiva e Sociale</b>. “Il pediatra deve vedere di persona
il bambino, visitarlo, richiedere o effettuare direttamente in
ambulatorio eventuali esami e poi, se è il caso, prescrivere un
antibiotico, anche perché esistono tanti batteri diversi e per
ognuno c'è uno specifico antibiotico che ottimizza il risultato”.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Che cosa
bisognerebbe fare, allora, portare il bambino dal pediatra al primo
colpo di tosse, alla prima linea di febbre? “Non è necessario,
perché <b>la maggior parte delle infezioni delle vie respiratorie è di
origine virale e si risolve spontaneamente nell'arco di tre o quattro
giorni</b>”, risponde De Martino. “I genitori possono tranquillamente
attendere un paio di giorni che febbre e raffreddore passino da soli,
somministrando al bambino del paracetamolo all'occorrenza per
attenuare il suo disagio. <b>Se l'infezione persiste o il piccolo ha
l'aspetto decisamente sofferente, è il caso di rivolgersi al
medico</b>”.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Mamma e papà sono
le persone più qualificate per rendersi conto delle condizioni del
loro bimbo. “Lo conoscono meglio di chiunque altro e capiscono se
sta soffrendo, se è particolarmente giù di tono, se il suo
comportamento è anomalo”, dice Da Dalt. “Su questo aspetto è
necessario che il pediatra ascolti e tenga da conto il parere dei
genitori. <b>Sull'interpretazione dei test diagnostici, invece, la parola spetta al medico</b>”.</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-h09mYJZSGrU/WbcZkc-9ccI/AAAAAAAAAm0/dAmfXXiA4SgimAAY78loh32iP58e3vlNQCLcBGAs/s1600/pexels-photo-420513.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="266" src="https://3.bp.blogspot.com/-h09mYJZSGrU/WbcZkc-9ccI/AAAAAAAAAm0/dAmfXXiA4SgimAAY78loh32iP58e3vlNQCLcBGAs/s400/pexels-photo-420513.jpeg" width="400" /></a></div>
<h2 style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Concludendo</h2>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ricordate
l'avvertenza tra parentesi nel post promozionale del test? “<b>In caso
di positività o mancata remissione dei sintomi recarsi dal medico</b>”.
Lo dice anche il foglietto illustrativo del dispositivo: il test non
può sostituire la diagnosi del medico curante e in caso di
positività o se i sintomi persistono bisogna rivolgersi al dottore.
È tutto in regola, dunque, <b>non c'è alcun invito ai
genitori a fare da sé o a somministrare antibiotici senza
prescrizione</b>. Ma allora a che cosa serve questo test? <b>E perché si chiama
“Antibiotico sì o no”?</b></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
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</style>
</div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
Ho letto quel post
promozionale la scorsa primavera e da allora non ho più sentito
parlare del dispositivo, forse perché nei mesi estivi non c'era
alcun vantaggio a promuoverlo, ma ci metto la mano sul fuoco che con
l'arrivo dei primi raffreddori verrà opportunamente pubblicizzato e magari in tempi brevi arriveranno in farmacia prodotti
analoghi di altre aziende. Ecco perché oggi scrivo queste righe. <b>Non
fatevi trarre in inganno dal miraggio del fai-da-te.</b></div>
<h2 style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
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</div>
</h2>
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</style><style type="text/css">
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</style>Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-41065367311361952582017-06-07T19:56:00.003+02:002017-06-08T00:06:10.927+02:00Decreto vaccini: che cosa devono fare i genitori<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-6UHw8dsGU98/WTg-OHTi3FI/AAAAAAAAAl0/_vdpohIuNK0ACLzAx4dwqn0fS8Aq299ygCLcB/s1600/schema.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1321" data-original-width="935" height="640" src="https://4.bp.blogspot.com/-6UHw8dsGU98/WTg-OHTi3FI/AAAAAAAAAl0/_vdpohIuNK0ACLzAx4dwqn0fS8Aq299ygCLcB/s640/schema.gif" width="452" /></a></div>
Ecco una rappresentazione schematica per illustrare che cosa sono chiamati a fare i genitori dal decreto vaccini. Lo so, la grafica non brilla per eleganza. Spero che sia utile e quando avrò più tempo ne preparerò una versione esteticamente più valida, nonché qualche approfondimento.<br />
<br />
Ecco tre chiarimenti che aggiungo dopo la lettura delle <a href="http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=2967" target="_blank">spiegazioni pubblicate sul sito del Ministero della Salute</a>.<br />
<br />
1. L'obbligo di effettuare tutte e 12 le vaccinazioni riguarda solo i nati a partire dal 2017.<br />
<b>Per i nati dal 2001 al 2011</b> sono obbligatorie l'esavalente (tetano, difterite, epatite B, polio, Hib, pertosse) e la trivalente (morbillo, parotite, rosolia).<br />
<b>Per i nati dal 2012 al 2016</b> si aggiunge il meningococco C.<br />
<b>Per i nati dal 2017</b> si aggiungono meningococco B e varicella.<br />
<br />
2. <b>In caso di inadempienza</b>, dopo la segnalazione alla ASL da parte della scuola, la ASL convoca i genitori e li invita a mettere in regola il bambino entro un certo intervallo di tempo. <b>Solo se i genitori rifiutano viene inflitta la multa e il caso viene segnalato al Tribunale dei Minorenni.</b><br />
<b><br /></b>
3. <b>Per l'anno scolastico 2017-2018</b> la scadenza per presentare la documentazione alle scuole è il 10 settembre 2017. In caso si presenti l'autocertificazione, la documentazione va presentata entro il 10 marzo 2018.Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-43222967008138140322017-06-07T10:49:00.000+02:002017-06-07T12:15:54.882+02:00Decreto vaccini: punti principali e dubbi apertiNel momento in cui scrivo queste righe, il decreto vaccini approvato il 19 maggio scorso dal Consiglio dei Ministri non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma <a href="http://www.sanita24.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SANITA/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/2017/06/07/BOZZADL_vaccini.pdf?uuid=AENsdkZB" target="_blank">il Sole 24 Ore ha reso disponibile un'anteprima della bozza</a>.<br />
L'ho letta ed ho trovato risposta ad alcuni dei dubbi che avevo, non su tutti. Nelle prossime ore cercherò di contattare chi mi sappia chiarire le questioni residue.<br />
<br />
Ecco quindi i punti principali del decreto:<br />
<br />
<h2>
L'obbligo</h2>
Viene istituito l'obbligo per le seguenti vaccinazioni: anti-polio, anti-difterite, anti-tetano, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Hib, anti-meningococco B, anti-meningococco C, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella.<br />
<br />
<h2>
"Secondo la coorte di nascita"</h2>
Il testo del decreto aggiunge "in base alle specifiche indicazioni del Calendario Vaccinale Nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita". Il che vuol dire che al bimbo iscritto all'asilo a 6 mesi non può essere richiesta la vaccinazione anti-morbillo, che si somministra a 13 mesi. Un'altra implicazione, di cui però non sono sicura, è quella della non retroattività: il bambino di 10 anni, non vaccinato contro il meningococco B perché quella specifica vaccinazione non era raccomandata per la sua coorte di nascita, non è tenuto a recuperare la vaccinazione fuori dalle indicazioni del Calendario Nazionale. Su questo ultimo punto, mi riservo di chiedere chiarimenti.<br />
<br />
<h2>
Il bimbo immune perché ha avuto la malattia</h2>
Non è tenuto alla vaccinazione il bambino che è naturalmente immune perché ha avuto la malattia. Per certificare l'immunità acquisita naturalmente, fa fede la segnalazione che il pediatra di libera scelta deve aver fatto all'epoca in cui il bimbo è stato ammalato. Quindi, parrebbe non bastare una semplice certificazione del pediatra. Deve risultare la segnalazione. Non so come vengano raccolte e registrate queste segnalazioni, obbligatorie secondo il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 1990. In caso non si possa produrre documentazione dell'avvenuta segnalazione, è richiesto il test anticorpale che dimostri l'effettiva immunità.<br />
<br />
<h2>
L'esonero per accertato pericolo</h2>
L'esonero dalla vaccinazione, se il bimbo non è naturalmente immune, è previsto solo in caso di accertato pericolo per la salute in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate. La certificazione del pericolo e dunque la richiesta di esonero, spetta al pediatra di famiglia.<br />
<br />
<h2>
La documentazione e l'autocertificazione</h2>
La documentazione relativa alle vaccinazioni deve essere presentata all'atto di iscrizione a scuola ogni anno. Per l'anno scolastico 2017-2018 deve essere presentata entro il 10 settembre. La documentazione consiste nel certificato vaccinale rilasciato dalla ASL di competenza, oppure nell'attestato della presentazione di formale richiesta di vaccinazione alla ASL di competenza. Immagino, quindi, che in caso di liste d'attesa, nel momento in cui i genitori prenotano la vaccinazione la ASL dovrà rilasciare una ricevuta della prenotazione, da esibire a scuola. Questa però è una mia illazione. Immagino che i dettagli verranno stabiliti in fase di attuazione.<br />
<br />
La documentazione potrà essere sostituita da un'autocertificazione, nel qual caso, i documenti originali dovranno essere presentati entro il 10 luglio successivo. Per l'anno scolastico 2017-2018, in caso di autocertificazione, i documenti originali dovranno essere presentati entro il 10 marzo dell'anno successivo.<br />
<br />
<h2>
Se il bambino è inadempiente</h2>
I presidi e i direttori di tutte le scuole, pubbliche e private, paritarie e non paritarie, comprese i servizi educativi per l'infanzia pubblici e privati, dovranno raccogliere la documentazione e segnalare alla ASL di competenza eventuali inadempienze. I direttori dei servizi educativi per l'infanzia non accetteranno l'iscrizione se la documentazione non risponde ai requisiti.<br />
<br />
Ricevuta la segnalazione di inadempienza da parte della scuola, la ASL convocherà i genitori del bambino e chiederà loro di mettere in regola il piccolo entro un dato intervallo di tempo. Trascorso questo tempo, il caso verrà segnalato al Tribunale dei Minorenni e ai genitori verrà inflitta una multa di entità variabile tra i 500 e i 7.500 euro. Il decreto non specifica su che base verrà stabilita l'entità della multa caso per caso. Inoltre, a proposito del Tribunale dei Minorenni, non si parla di sospensione della potestà genitoriale, ma più genericamente si dice: "per gli eventuali adempimenti di competenza".<br />
<br />
<h2>
I prossimi passi</h2>
Nelle prossime ore il decreto dovrebbe uscire sulla Gazzetta Ufficiale e bisognerà verificare che il testo coincida con quello di questa bozza. Dopo di che, il Ministro Lorenzin ha annunciato che chiarirà i dubbi sulla norma. Infine, la settimana prossima il decreto andrà al vaglio della Commissione Igiene e Sanità del Senato e inizierà così il suo iter parlamentare, durante il quale sicuramente subirà delle modifiche.<br />
<br />
<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-34862535198403887112017-05-27T19:19:00.000+02:002017-05-27T19:19:30.888+02:00Il Governo vuole affossare l'omeopatia?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-W57Y8qZM79Q/WSlvJIaoCiI/AAAAAAAAAkw/L-8dV64g7QclRKF86Q_v9w-BjsjynESLwCLcB/s1600/homeopathy-1604071_960_720.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="660" data-original-width="960" height="275" src="https://1.bp.blogspot.com/-W57Y8qZM79Q/WSlvJIaoCiI/AAAAAAAAAkw/L-8dV64g7QclRKF86Q_v9w-BjsjynESLwCLcB/s400/homeopathy-1604071_960_720.jpg" width="400" /></a></div>
Alle polemiche sulla nuova politica vaccinale s'è sovrapposta negli ultimi giorni la protesta dei sostenitori dell'omeopatia, che <b>accusano il Governo di voler sopprimere il diritto alla libertà di cura, affossando il mercato dei medicinali omeopatici</b>. Fermiamoci un attimo a capire che cosa sta succedendo e a che cosa si riferiscono le accuse.<br />
<br />
Per legge tutti i medicinali per uso umano in vendita nei Paesi dell'Unione Europea devono essere dotati di una Autorizzazione all'Immissione in Commercio (AIC) che si ottiene presentando alle autorità regolatorie la documentazione che dimostra la sicurezza e l'efficacia degli stessi medicinali. <b>Le aziende produttrici di medicinali omeopatici che entro il 30 giugno 2017 non avranno presentato all'AIFA la documentazione necessaria per ottenere l'Autorizzazione all'Immissione in Commercio dei loro prodotti dovranno ritirarli dal mercato entro la fine di giugno del 2018.</b><br />
<b>Omeoimprese</b>, l'associazione che riunisce le industrie del settore, chiede la proroga di un anno della data di scadenza. In caso contrario, <b>il presidente dell'associazione Giovanni Gorga</b> prospetta danni economici gravi, la chiusura delle piccole imprese, la perdita di migliaia di posti li lavoro e la scomparsa dal mercato di prodotti in vendita da decenni “con un inestimabile danno per medici e pazienti che utilizzano le terapie omeopatiche”, <a href="http://www.lastampa.it/Page/Id/1.0.228893479" target="_blank">come dichiara Gorga stesso</a>.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-h-AI9yixav0/WSlwFErJyeI/AAAAAAAAAk8/EZLEhT_mawAZFKxyxujrKcD8h9ThXmASgCLcB/s1600/homeopathy-1992980_1920.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="266" src="https://4.bp.blogspot.com/-h-AI9yixav0/WSlwFErJyeI/AAAAAAAAAk8/EZLEhT_mawAZFKxyxujrKcD8h9ThXmASgCLcB/s400/homeopathy-1992980_1920.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<h2>
Sicurezza ed efficacia</h2>
<br />
<b>Nel 2001, la Comunità Europea ha emanato la <a href="http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2001:311:0067:0128:it:PDF" target="_blank">direttiva 2001/83/CE</a></b> riguardante tutti i prodotti medicinali per uso umano, compresi quelli omeopatici, che ha lo scopo di uniformare le normative nazionali sulla registrazione e autorizzazione dei medicinali. L'Italia l'ha recepita con il <a href="http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/DL_2006_219_0.pdf" target="_blank">Decreto Legislativo del 24 aprile 2006 n.219</a>.<br />“<b>La direttiva stabilisce che anche i prodotti omeopatici devono presentare una documentazione per ottenere l'Autorizzazione all'Immissione in Commercio</b>”, dice il farmacologo.<br />
<div>
<br /></div>
<div>
<div>
“L'approvazione di un nuovo farmaco richiede tutto un percorso di studi preclinici e clinici e avviene in sede europea da parte dell'European Medicines Agency (EMA)”, spiega <b>il farmacologo Silvio Garattini</b>. Per ottenere l'Autorizzazione all'Immissione in Commercio, l'azienda produttrice del farmaco ne deve dimostrare la sicurezza e l'efficacia.</div>
<div>
“Al contrario, <b>i prodotti omeopatici attualmente in vendita nel nostro Paese non sono stati approvati da nessuna autorità regolatoria</b>”, prosegue Garattini. La loro presenza sul mercato è stata solamente notificata al Ministero della Salute e godono di una autorizzazione provvisoria. Ora devono adeguarsi alle procedure previste dalla direttiva europea e dal suo recepimento in Italia.</div>
</div>
<div>
<br /></div>
<div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-iI-oLlqkXoQ/WSmvp8l_dbI/AAAAAAAAAlM/XrsrUlZWxHglr4yufl9iWQJGLPfjDjM3wCLcB/s1600/Homoeopathic_Medicine.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-iI-oLlqkXoQ/WSmvp8l_dbI/AAAAAAAAAlM/XrsrUlZWxHglr4yufl9iWQJGLPfjDjM3wCLcB/s400/Homoeopathic_Medicine.jpg" width="400" /></a></div>
<h2>
Almeno la sicurezza...</h2>
<div>
<br /></div>
<div>
<b>Quella riservata ai prodotti omeopatici per adeguarsi alla direttiva, però, non è la stessa procedura a cui vengono sottoposti i farmaci convenzionali, ma una procedura semplificata</b>. “Non richiede alcuna dimostrazione di efficacia, dal momento che i medicinali omeopatici non contengono quantità misurabili di principio attivo”, spiega Garattini. “<b>Richiede solo la dimostrazione della loro sicurezza</b>”. </div>
<div>
I prodotti così registrati non possono riportare né sul foglietto illustrativo, né sull'etichetta, né su eventuali pubblicità specifiche indicazioni terapeutiche. <b>Cioè il produttore non può dichiarare che il tale medicinale è indicato per il trattamento del tale disturbo</b>. “Proprio perché l'efficacia terapeutica non è dimostrata”, dice il farmacologo.</div>
</div>
<div>
<br /></div>
<div>
S<b>e l'efficacia terapeutica di un prodotto omeopatico fosse effettivamente dimostrabile, il produttore potrebbe registrarlo con procedura completa, come quella dei farmaci convenzionali.</b> In tal caso, potrebbe dichiarare le indicazioni terapeutiche su etichetta e foglietto illustrativo. “Ma non mi risulta che ciò sia mai stato richiesto in Italia”, precisa Garattini.</div>
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<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Vrt5qjM4_Tc/WSmzc6e2kKI/AAAAAAAAAlY/oT6nvX8h78Yts3W-nmKvNuc1TJIdUeF2wCLcB/s1600/Homeopathic332.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="266" src="https://1.bp.blogspot.com/-Vrt5qjM4_Tc/WSmzc6e2kKI/AAAAAAAAAlY/oT6nvX8h78Yts3W-nmKvNuc1TJIdUeF2wCLcB/s400/Homeopathic332.JPG" width="400" /></a></div>
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Il tempo non basta mai</h2>
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Questa, dunque, è la documentazione che le aziende produttrici di medicinali omeopatici devono presentare all'AIFA entro il 30 giugno 2017. <b>Precedentemente la data di scadenza era stata fissata al 30 giugno 2015, ma le aziende chiesero e ottennero una prima proroga</b>. </div>
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In occasione dell'approvazione dell'emendamento (alla legge di stabilità del 2015) che consentiva la proroga, <b>Fausto Panni, all'epoca presidente di Omeoimprese</b>, <a href="http://www.omeoimprese.it/notizie/approvate-alla-camera-le-nuove-tariffe-e-la-proroga/" target="_blank">dichiarò</a>: “L'emendamento approvato è un traguardo molto importante per l'industria omeopatica in Italia. Il traguardo è stato tagliato grazie al costante lavoro dei parlamentari che hanno seguito con molta competenza l'intera vicenda. I ripetuti incontri con il Ministero e AIFA hanno portato a definire un percorso che soddisfa tutti”. <b>A distanza di due anni, Omeoimprese chiede una nuova proroga</b>, <a href="https://twitter.com/omeopresident" target="_blank">denunciando la “crociata” del Governo contro la libertà di cura</a>.</div>
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“<b>Con la precedente proroga, le aziende hanno avuto più anni a disposizione per raccogliere e presentare le informazioni necessarie</b>. Si può presumere che abbiano investito energie per ottemperare alle richieste, nel proprio stesso interesse”, osserva <b>Lorenzo Moja, specialista in igiene e medicina preventiva presso l'Università Statale di Milano</b>. “Tutti i prodotti di cui si può dimostrare la sicurezza sono avvantaggiati dalla certificazione, che consolida la loro posizione sul mercato e garantisce i consumatori. Ricordiamo che prodotti sulla cui sicurezza non si hanno informazioni oggi vengono impiegati da bambini, donne in gravidanza, malati oncologici… <b>Ognuno è libero di comprare qual che vuole, ma bisogna avere certezze su cosa c'è dentro</b>”.</div>
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Perché, dunque, il tempo non basta mai? “<b>Continuano a chiedere proroghe perché non hanno i dati richiesti</b>”, dice Silvio Garattini. “Questo è il vero problema”.</div>
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Riassumendo</h2>
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<b>Un farmaco convenzionale non entra in commercio se il produttore non ne dimostra sicurezza ed efficacia. Per i medicinali omeopatici si fa un'eccezione: non è necessario dimostrarne l'efficacia, ma almeno la sicurezza sì. Tutti quelli attualmente in commercio in Italia sono privi di autorizzazione. Per loro, dunque, non è dimostrata neppure la sicurezza. Entro il 30 giugno 2017 le aziende produttrici di medicinali omeopatici devono presentare la documentazione che certifica la sicurezza dei loro prodotti, origine e qualità delle materie prime, ma le aziende non ci stanno e chiedono una proroga. Il rifiuto della proroga da parte del Governo dimostrerebbe, secondo Omeoimprese, la volontà di affossare il settore dell'omeopatia e limitare il diritto alla libertà di cura dei cittadini.</b></div>
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Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-43490700457651829222017-05-10T10:36:00.001+02:002017-05-10T12:10:07.801+02:00Hai qualcosa che non va? Forse è intolleranza alimentare...<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-m2abMzsarUM/WRLGO1zDJdI/AAAAAAAAAjY/c_rCpM3o_6E8c-qS4RQ5GiQS_TPoAdxyACLcB/s1600/IMG_5002.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="480" src="https://3.bp.blogspot.com/-m2abMzsarUM/WRLGO1zDJdI/AAAAAAAAAjY/c_rCpM3o_6E8c-qS4RQ5GiQS_TPoAdxyACLcB/s640/IMG_5002.JPG" width="640" /></a></div>
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;">"<b>Gonfiore addominale, emicrania, inappetenza? Dietro ci possono essere decine di motivi. Noi ne analizziamo 108. Fai il test sulle intolleranze alimentari nei nostri laboratori</b>. Il test sulle intolleranze alimentari è consigliato nei casi di sovrappeso, insonnia, emicrania, irregolarità intestinale, inappetenza, gonfiore agli arti, tensione addominale, irregolarità mestruale".</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;">Il cartellone pubblicitario di una catena di laboratori diagnostici privati occhieggia dalla parete della stazione della metropolitana. Sono sul treno e ho appena il tempo di scattare una rapida foto col cellulare. Riflettendoci, almeno tre o quattro di questi sintomi mi affliggono o mi hanno afflitto nelle ultime settimane.</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;">Immagino che sia lo stesso per la maggior parte dei passanti che gettano uno sguardo sul cartellone. <b>Si chiamano "sintomi aspecifici", cioè comuni a molte patologie e anche a condizioni parafisiologiche, come la stanchezza o un'occasionale indigestione</b>. Infatti sul cartellone c'è scritto che "dietro ci possono essere decine di motivi". Tra queste decine di motivi, suggerisce la pubblicità, potrebbe esserci un'intolleranza alimentare. E allora, perché non spendere 119 Euro per sottoporsi a un esame che permette di diagnosticare intolleranza a bel 108 diversi alimenti? In caso risultasse positivo, si può usufruire di una consulenza nutrizionale con un piccolo sovrapprezzo e... oplà, il disturbo non c'è più.</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;">Lo sento dire spesso, parlando tra amici e conoscenti: mi sento un po' giù, sarà un'intolleranza alimentare? Oppure: non riesco a dimagrire, dovrei eliminare gli alimenti a cui sono intollerante... <b>Quello delle intolleranze alimentari è un calderone dai confini indefiniti, in cui riversare ogni malessere, ogni fastidio piccolo o grande</b>. La confusione giova a tanti sedicenti esperti, che propongono test inverosimili, basati su teorie strampalate che nulla hanno di scientifico, e poi prescrivono diete di esclusione squilibrate e dannose per la salute.</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;">Al rientro a casa, consulto il sito web indicato sul cartellone. Sono curiosa di conoscere la loro definizione di intolleranza alimentare e quali esami offrono per diagnosticarla. Noto, innanzi tutto, che si tratta di una rispettabile catena di laboratori, alcuni dei quali convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, che effettuano veri esami diagnostici. Non è la fuffa che mi aspettavo.</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-TMayYMKHsVQ/WRLLWUyiICI/AAAAAAAAAjo/Amxei3EK5HcLNqWih6ZJlQfbrU_UgigOgCLcB/s1600/schermata1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://3.bp.blogspot.com/-TMayYMKHsVQ/WRLLWUyiICI/AAAAAAAAAjo/Amxei3EK5HcLNqWih6ZJlQfbrU_UgigOgCLcB/s640/schermata1.jpg" width="451" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-GxFBl644kxU/WRLLht6r4II/AAAAAAAAAjs/u7mhQgNMzKY26cqskrzIOGM4DaXb3XBhACLcB/s1600/schermata2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://4.bp.blogspot.com/-GxFBl644kxU/WRLLht6r4II/AAAAAAAAAjs/u7mhQgNMzKY26cqskrzIOGM4DaXb3XBhACLcB/s640/schermata2.jpg" width="451" /></a></div>
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;">Nella pagina di approfondimento che il sito dedica all'argomento leggo che <b>l'intolleranza alimentare si manifesta quando l'organismo non riesce a digerire correttamente un alimento o una componente di esso</b>. Il test offerto dalla catena di laboratori e consigliato a chi sperimenta uno dei numerosi sintomi aspecifici già citati, quindi buona parte dell'umanità, "<b>viene eseguito con metodica ELISA su un campione di siero ed è volto a individuare quali sono gli alimenti e le proteine alimentari che disturbano l'organismo provocando una reazione immunologica mediata da anticorpi IgG</b>". Qui occorre fermarsi e fare un po' di chiarezza.</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-y3_4ZyjtQqo/WRLh25PJB6I/AAAAAAAAAj8/oFkPzCvvHLY9zxg5Ih6duNvFb5lgkpbggCLcB/s1600/Allergy_food.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-y3_4ZyjtQqo/WRLh25PJB6I/AAAAAAAAAj8/oFkPzCvvHLY9zxg5Ih6duNvFb5lgkpbggCLcB/s400/Allergy_food.jpg" width="398" /></a></div>
<h2 style="line-height: 24px; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "timesnewromanpsmt" , serif;">Allergia o intolleranza?</span></h2>
<br />
<div>
<span style="font-family: "liberation serif", serif; font-size: 16px;">Ho contattato <b>Donatella Macchia, immunologa dell'Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze e responsabile dell'area allergie alimentari della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC)</b>, e le ho chiesto di spiegarmi la differenza tra allergie e intolleranze alimentari e che cosa hanno a che vedere le une e le altre con gli anticorpi.</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif", serif; font-size: 16px;"><br /></span>
<span style="font-family: "liberation serif", serif; font-size: 16px;">"<b>L'allergia alimentare è una malattia correlata con la produzione di anticorpi IgE specifici verso proteine alimentari</b>, quindi è la componente proteica che negli allergici può far scatenare i sintomi", mi ha risposto. "I sintomi si manifestano a breve distanza dal pasto e non sono dipendenti dalla dose di cibo assunta, cioè anche una minima quantità può scatenare la sintomatologia". <b>Si tratta, dunque, di una reazione anomala del sistema immunitario che produce per errore anticorpi specifici contro una o più proteine contenute negli alimenti, di per sé innocue.</b></span><br />
<span style="font-family: "liberation serif", serif; font-size: 16px;"><b><br /></b></span>
<span style="font-family: "liberation serif", serif; font-size: 16px;"><b>Poi c'è la malattia celiaca</b>, altrimenti detta intolleranza al glutine, frutto anch'essa di una reazione immunitaria anomala. "<b>È malattia permanente legata a un errore del sistema immunitario che riconosce il glutine del grano e di altri cereali come un nemico e lo attacca</b>", spiega Macchia, "producendo anticorpi specifici". Non si tratta, però, di anticorpi IgE.</span><br />
<span style="font-family: "liberation serif", serif; font-size: 16px;"><br /></span>
<span style="font-family: "liberation serif", serif; font-size: 16px;"><b>Infine, ci sono le intolleranze alimentari diverse dalla celiachia</b>. "Sono condizioni generalmente transitorie, legate a riduzione di produzione di enzimi digestivi, come nel caso dell'intolleranza al lattosio, oppure legate a riduzione della tolleranza verso sostanze che sono presenti naturalmente negli alimenti, come l'istamina e la tiramina, oppure aggiunte agli alimenti, per esempio conservanti o coloranti", spiega l'allergologa. "<b>Non sono legate ad anticorpi specifici </b>e sono dose-dipendenti, cioè più mangi e peggio stai. In genere l'intolleranza alimentare è secondaria ad altre condizioni. Ad esempio, l'intolleranza agli zuccheri e in particolare al lattosio può essere secondaria a celiachia oppure ad altre patologie gastroenteriche". <b>Dunque l'intolleranza non ha nulla a che fare con il sistema immunitario: è un problema di natura diversa</b>. Per esempio, nel caso del lattosio è dovuta alla carenza dell'enzima che permette di digerirlo e assimilarlo. <b>Quel che si legge nel sito pubblicitario del laboratorio diagnostico a proposito delle intolleranze alimentari, e cioè che "disturbano l'organismo provocando una reazione immunologica mediata da anticorpi IgG", è falso.</b></span><br />
<br /></div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-EimXfK6DQTI/WRLmer6C7cI/AAAAAAAAAkQ/l2LcU7AmEvo0x4iy04XpMaeqGPkLq8g4wCLcB/s1600/3601409340_1f933fdaa4_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-EimXfK6DQTI/WRLmer6C7cI/AAAAAAAAAkQ/l2LcU7AmEvo0x4iy04XpMaeqGPkLq8g4wCLcB/s400/3601409340_1f933fdaa4_b.jpg" width="266" /></a></div>
<h2 style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-family: "timesnewromanpsmt" , serif;"><b>Mal di testa, stanchezza, sovrappeso... di tutto un po'</b></span></h2>
<div>
<span style="font-family: "timesnewromanpsmt" , serif;"><b><br /></b></span></div>
<div>
<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;">Quali sono i sintomi che possono essere correttamente attribuiti ad allergia alimentare e quali a intolleranza alimentare? "<b>I sintomi delle allergie alimentari sono: prurito del cavo orale, gonfiore delle mucose, orticaria e prurito diffusi, disturbi gastroenterici come nausea, mal digestione, diarrea e vomito, oppure sintomi più gravi come edema della glottide e shock anafilattico, fino alla perdita di conoscenza</b>", risponde Macchia. "<b>I sintomi delle intolleranze alimentari possono essere anche gli stessi, ma ad insorgenza più lenta, meno drammatica</b>. Ci possono essere anche mal di testa e altri disturbi, <b>ma non certo il sovrappeso</b>!"</span></div>
<div>
<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;"><br /></span></div>
<div>
<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;">Attribuire a queste patologie un gran numero di sintomi aspecifici comporta la percezione diffusa che le persone affette da allergie o intolleranze alimentari siano ben più di quelle che ne soffrono effettivamente.<b> In un recente testo della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri dal titolo <a href="https://portale.fnomceo.it/fnomceo/showArticolo.2puntOT?id=137552" target="_blank">"Allergie e intolleranze alimentari: un documento condiviso"</a></b> si legge che "<b>la percezione di allergie alimentari nella popolazione è di circa il 20%, mentre l'incidenza del fenomeno interessa circa il 4,5% della popolazione adulta e il 10% della popolazione pediatrica</b>". </span></div>
<div>
<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;">Maggiore è il numero di chi è convinto di soffrire di questi disturbi, maggiore è il numero di chi fa ricorso a test più o meno sensati per la loro diagnosi (con una spesa complessiva di 300 milioni di Euro all'anno, secondo le stime della SIAAIC) e di chi, <b>a fronte di un risultato positivo spesso inattendibile, si sottopone a diete di esclusione che possono risultare squilibrate dal punto di vista nutrizionale. Soprattutto quando si tratta di bambini.</b></span></div>
<div>
<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;"><b><br /></b></span></div>
<h2>
<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;"><b>Le intolleranze e la ricerca delle IgG nel sangue</b></span></h2>
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<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;"><b><br /></b></span></div>
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<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;"><div>
Saltiamo a pié pari i <b>test palesemente fasulli</b> per la diagnosi delle intolleranze alimentari, <b>come il Vega test</b>, che misura la conduttività elettromagnetica del corpo a contatto con le sostanze a cui il soggetto sarebbe intollerante, <b>oppure il DRIA test</b>, che valuta le variazioni della forza muscolare nelle stesse condizioni. Si basano su congetture pseudo-scientifiche e non hanno alcuna validazione.</div>
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<b>Al contrario, il metodo ELISA per determinare la presenza di anticorpi nel siero umano è di riconosciuta validità scientifica</b>. Si utilizza, per esempio, per stabilire se una persona è entrata in contatto con il virus dell'AIDS. ELISA è l'acronimo di enzyme-linked immunosorbent assay. <b>È una sorta di trappola molecolare che viene allestita per catturare specifici anticorpi in un campione di siero</b>. Se quegli anticorpi sono presenti, il campione si colora, altrimenti no.</div>
<div>
"Attenzione, però, perché qui sta il rischio di essere fuorviati”, avverte <b>Erna Lorenzini, professore aggregato di dietetica applicata e specialista di scienze dell'alimentazione dell'Università di Milano</b>. “<b>Il metodo ELISA è validato come tecnica di laboratorio, cioè permette effettivamente di dosare specifici anticorpi in un campione di siero. Quella che non è validata, in questo caso, è la sua applicazione clinica</b>. Dosare gli anticorpi IgG non serve a nulla ai fini di diagnosticare un'intolleranza alimentare, <b>perché le intolleranze alimentari non hanno nulla a che fare con gli anticorpi</b>, con il sistema immunitario. E neppure le allergie alimentari hanno a che fare con gli anticorpi IgG: sono mediate dagli anticorpi IgE”.</div>
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<br /></div>
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È quel che afferma l'<b>European Academy of Allergy and Clinical Immunology</b> in <a href="https://www.parsemusfoundation.org/wp-content/uploads/2015/09/EAACI-report-on-IgG4-20081.pdf" target="_blank">questo documento</a>. La <b>Canadian Society of Allergy and Clinical Immunology</b>, in <a href="https://aacijournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/1710-1492-8-12" target="_blank">questo altro documento</a>, dichiara preoccupazione per la crescente offerta di test basati sul dosaggio delle IgG allo scopo di diagnosticare intolleranze alimentari.</div>
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“<b>Gli anticorpi IgG, e in particolare gli IgG4, vengono prodotti dal sistema immunitario in risposta al contatto con proteine e classi di proteine contenute negli alimenti</b>”, spiega Lorenzini, “ma non sono mediatori di reazioni infiammatorie. <b>Al contrario, la loro presenza denota che il sistema immunitario ha riconosciuto quelle proteine come estranee ma innocue e ha sviluppato tolleranza nei loro confronti</b>. Se rilevo nel siero di una persona una concentrazione elevata di anticorpi IgG4 specifici di una classe di proteine contenute nel grano, <b>vuol dire che quella persona di recente ha mangiato del grano. Nulla di più, nulla di meno</b>. Come test diagnostico non ha alcun valore, eppure alcuni ambulatori lo offrono con questa valenza e il referto consiste in una lunga lista di alimenti nei confronti dei quali la persona che si è sottoposta all'esame sarebbe intollerante. <b>C'è il rischio che la persona in questione adotti una dieta di esclusione squilibrata e dannosa per la salute, oppure che attribuisca a quelle fantomatiche intolleranze disturbi che sono dovuti invece a una patologia non diagnosticata e quindi non trattata</b>”.</div>
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<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-GiMxJijQZlk/WRLl7AllzCI/AAAAAAAAAkI/GE4IuBFwDrsfPHlVUhey-y_6CmuXQzyEQCLcB/s1600/Skin_prick_testing_for_allergies.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="336" src="https://1.bp.blogspot.com/-GiMxJijQZlk/WRLl7AllzCI/AAAAAAAAAkI/GE4IuBFwDrsfPHlVUhey-y_6CmuXQzyEQCLcB/s400/Skin_prick_testing_for_allergies.jpg" width="400" /></a></div>
<h2>
Il percorso diagnostico corretto</h2>
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Qual è dunque il percorso diagnostico corretto da seguire in presenza di sintomi che fanno sospettare un'allergia o un'intolleranza alimentare? “<b>Non ha assolutamente senso sottoporsi a una batteria di test per identificare possibili allergie o intolleranze a decine di alimenti diversi</b>”, risponde Donatella Macchia. “Occorre rivolgersi allo specialista di riferimento, cioè all'allergologo, perché può effettuare la visita e i test diagnostici appropriati, cioè prick test ed esami sierologici per la ricerca delle allergie ed esami immunologici per la celiachia, e quindi come internista valutare se possono essere presenti altre malattie alla base dei disturbi riferiti. L'allergologo immunologo clinico richiederà successivamente la consulenza di altri specialisti qualora non si tratti di problemi legati strettamente agli alimenti, oppure la consulenza di medici specialisti in scienze dell'alimentazione quando necessario, dopo cioè una corretta diagnosi che comporti l'esclusione di alimenti che veramente hanno determinato i sintomi, il tutto attraverso percorsi diagnostici e terapeutici condivisi, come accade nella nostra USL”.</div>
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<h2>
Perché me la prendo tanto?</h2>
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<b>Per quale motivo me la sono presa tanto con la catena di laboratori di quella pubblicità, che è solo una goccia nell'oceano di chi guadagna sulla moda delle intolleranze alimentari?</b> C'è di peggio... Sicuramente c'è di peggio, ed è proprio la ragione per cui ho sentito la necessità di scrivere questo post. Chi si rivolge allo studio del guru che propone test alternativi e parla di correnti energetiche, lo fa per fede. E chi sono io per tentare di smuovere la sua fede?</div>
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<b>Quelli pubblicizzati nel cartellone che ho fotografato sono ambulatori diagnostici accreditati, con una reputazione di serietà</b>, a cui si rivolgono anche cittadini con la prescrizione del medico di famiglia. Il test proposto per la diagnosi delle intolleranze alimentari fa ricorso a una metodica scientificamente valida, dunque si ammanta di serietà. <b>Viene percepito, dall'utente che consulta il sito, come un esame serio, valido</b>. <b>Ma così non è</b>. È una trappola in cui si può cadere, convinti di rimanere nel solco della medicina basata sulle prove di efficacia.</div>
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In definitiva, quella pubblicità fa leva su sintomi aspecifici per proporre direttamente al pubblico, scavalcando medico di famiglia e specialista, una batteria di test di screening a pioggia. Per di più, test che non hanno una validazione scientifica. Per soli 119 Euro. <b>Per evitare queste trappole, evidentemente, non basta fidarsi della reputazione di un centro diagnostico. Bisogna passare da un medico con specifica competenza.</b></div>
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<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;"><b><br /></b></span></div>
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<span style="font-family: timesnewromanpsmt, serif;"><b><br /></b></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
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<br />
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
</div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<b><br /></b></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
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<br /></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<b><br /></b></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<b><br /></b></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
</div>
<br />
<span style="font-family: "liberation serif" , serif; font-size: 12pt;"><br /></span>
<br />
<div align="left" class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
<br />
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</style>Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-9432450374092372362017-04-26T10:50:00.000+02:002017-04-26T10:50:40.007+02:00Il bimbo è nato: prima eravamo in due e adesso siamo in tre<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-ncV8olmnccQ/WL_mCMvQXDI/AAAAAAAAAhc/IEuiqEEMOiQgkmQTKlVxmjigDcUlMJ7agCLcB/s1600/parents-406325.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-ncV8olmnccQ/WL_mCMvQXDI/AAAAAAAAAhc/IEuiqEEMOiQgkmQTKlVxmjigDcUlMJ7agCLcB/s320/parents-406325.jpg" width="258" /></a></div>
La nascita di un bimbo voluto e cercato porta gioia nella vita dei
suoi genitori, è un lieto evento. L'icona della coppia radiosa che
sorride al piccolo è un classico dell'immaginario collettivo. Certo,
c'è la stanchezza fisica e ci sono le difficoltà organizzative che
possono generare qualche contrasto tra mamma e papà nei primi giorni
dopo il parto, ma tutto si risolve in breve con un po' di buona
volontà e spirito di adattamento.</div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
Eppure, tanti psicologi descrivono la nascita di un figlio, specie il
primo, come un'esperienza critica per l'equilibrio della coppia, che
può persino causarne la rottura. È solo una questione di
stanchezza, qualcosa che non vale la pena di approfondire? <b>O c'è
forse una tendenza diffusa a sottovalutare l'enorme cambiamento, sul piano reale e su quello simbolico, che l'ingresso del terzo introduce in una relazione a due e </b><b>sottacere i sentimenti ambivalenti che i
neogenitori possono provare in un momento così importante della loro
vita?</b></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<br /></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
Quali dinamiche si attivano nella
coppia alla nascita del primo figlio? Quali sono i meccanismi che
possono generare tensione e contrasti? L'ho chiesto ad <b><a href="http://www.psicologopadova-adrianolegacci.it/" target="_blank">Adriano Legacci,</a> psicoterapeuta e sessuologo di Padova.</b></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
Mi ha risposto citando la celebre
scena del film <a href="http://www.imdb.com/title/tt0133093/" target="_blank"><b>“The Matrix”</b></a> in cui Morpheus offre a Neo la scelta
simbolica tra due pillole. “<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #191919;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">Pillola
azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e
crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle
meraviglie e vedrai quant'è profonda la tana del Bianconiglio”.</span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #191919;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzN-DMg17f_QohBUcBD1kItFqSSfudu7i3BFVGX5yOMWoaZLR8bxgLdEXlUKSz8OjUHqJLnofnVkHlB7VkRAQ' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #191919;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
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<br />
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;">Mi ha posto di fronte a una scelta: "Vuole la versione rassicurante, facile da comprendere, accettare e condividere? Oppure vuole gettare uno sguardo sulla straordinaria profondità della mente umana? </span></span></span><span style="color: #1d2129;"><b>In
ogni singolo istante della nostra esistenza dobbiamo fare i conti con
la straordinaria potenza delle forze che si agitano nel nostro
inconscio</b></span><span style="color: #1d2129;">”, si è spiegato Legacci, “</span><span style="color: #1d2129;"><b>di fronte alle quali
tendiamo a restare ciechi e sordi, colpevolmente felici di esserlo</b></span><span style="color: #1d2129;">.
Non mi sorprenderebbe, dunque, se lei scegliesse di non parlare di inconscio,
per non turbare il quieto sonno dei suoi lettori”.</span></div>
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<br />
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">Di
fronte a un invito del genere, non potevo che scegliere la pillola
rossa… ed ecco come mi ha descritto la tana del
Bianconiglio.</span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
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<div align="left" class="western">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-MtQoWqcEe7s/WL_mK-j7q_I/AAAAAAAAAhg/gthcJUQ62ZMidfsdt7yVXcpLiXcYk6NcgCLcB/s1600/Pietro_Muttoni_-_Cronos_devouring_his_child.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="282" src="https://1.bp.blogspot.com/-MtQoWqcEe7s/WL_mK-j7q_I/AAAAAAAAAhg/gthcJUQ62ZMidfsdt7yVXcpLiXcYk6NcgCLcB/s320/Pietro_Muttoni_-_Cronos_devouring_his_child.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pietro della Vecchia: Crono mangia i suoi figli</td></tr>
</tbody></table>
<h2>
<b>Urano & soci: un trono unico per due pretendenti</b></h2>
</div>
<div align="left" class="western">
<b><br /></b></div>
<div align="left" class="western">
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</div>
<div align="left" class="western">
<span style="color: #1d2129;">“Nel mito e nella leggenda sono rintracciabili straordinari riferimenti ai temi simbolici che si agitano nelle profondità dell'inconscio umano. Ecco alcuni esempi di quel che accade all'avvento del figlio, il giovane principe, nella mente del padre, il vecchio re", illustra lo psicologo. </span><br />
<span style="color: #1d2129;">"Urano,
dio del cielo, e Gea, madre terra, generano figli che il padre
sprofonda nella terra per non essere spodestato. </span><br />
<span style="color: #1d2129;">Crono, uno dei dodici figli nati da Urano e Gea, con la
complicità della madre aggredisce ed evira il padre Urano. Lo
detronizza e ne prende il posto.</span><br />
<span style="color: #1d2129;">Crono,
avvertito da una profezia, vive le stesse angosce del padre: per
timore di essere spodestato e cacciato dai figli avuti con Rea, li
divora.</span><br />
<span style="color: #1d2129;">Zeus,
uno dei figli di Crono destinato ad essere divorato, viene salvato
dall'intervento della madre Rea che consegna al padre, al posto del
figlio da divorare, una pietra racchiusa tra le fasce.</span><br />
<span style="color: #1d2129;">Sarò
quindi Zeus a regnare nell'universo, dopo aver sconfitto e
detronizzato il padre.</span><br />
<span style="color: #1d2129;">Questo
mito è presente in molte altre forme nell'immaginario umano e
culmina nell'Edipo di Sofocle, la tragedia che presta il nome al freudiano conflitto edipico, che costituisce il cuore pulsante dell'attività psichica umana: è il desiderio di eliminazione e sostituzione del genitore dello stesso sesso e di possesso esclusivo del genitore di sesso opposto. Si tratta ovviamente di evocazioni
poetiche, ma <b>utili per rappresentare le dinamiche di natura inconscia, o solo parzialmente cosciente, che si manifestano con grande frequenza nella relazione tra padre,
madre e figlio successivamente al parto</b>”.</span><br />
<span style="color: #1d2129;"><br /></span>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Vev5gUjla7M/WL_nCot0soI/AAAAAAAAAhs/dpDwQeRaY-Mtot9DBOCPYd1EvMsW4SLkgCLcB/s1600/breakup-908714.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="211" src="https://1.bp.blogspot.com/-Vev5gUjla7M/WL_nCot0soI/AAAAAAAAAhs/dpDwQeRaY-Mtot9DBOCPYd1EvMsW4SLkgCLcB/s320/breakup-908714.jpg" width="320" /></a></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<h2>
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><b>I fantasmi nella mente del padre</b></span></span></span></span></h2>
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><b><br /></b></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">Con
la nascita del figlio, il legame tra i partner, che prima era
esclusivo, deve aprirsi all'ingresso del terzo. “E </span><b>quello del terzo
è uno dei fantasmi più minacciosi che possono presentarsi nella
mente umana</b><span style="font-weight: normal;">”, osserva Legacci. “Il bambino diventa il
destinatario delle cure, delle premure e del desiderio della madre.
Il desiderio viene sottratto all'eros e alla relazione con il partner
e destinato al figlio. </span><b>Il padre passa in secondo piano e deve
affrontare la paura inconscia di essere sostituito e detronizzato</b><span style="font-weight: normal;">,
che il figlio prenda il suo posto con la complicità della madre,
perché sul trono non c'è spazio per tutti. Il padre immagina inconsciamente che il nuovo arrivato voglia fare quello che lui stesso ha cercato di fare da bambino: evirare e detronizzare il vecchio re. </span><b>È una paura
destabilizzante</b><span style="font-weight: normal;">”.</span></span></span></span></span><br />
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span>
<h2>
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><b>I fantasmi nella mente della madre</b></span></span></span></span></span></h2>
</div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">Dal
canto suo, nella maggior parte dei casi la neomamma è naturalmente portata a concentrarsi empaticamente sul
piccolo, bisognoso di cure. Talvolta, però, </span><b>anche lei si trova a
rimpiangere la sua esistenza di prima, la libertà di cui godeva, la
vita a due</b><span style="font-weight: normal;">. “Quello dell'ambivalenza, ovvero dell'amore per il figlio unito a insofferenza e respingimento, è un sentimento naturale, che provano tutti. Non è facilmente accettato, però, dalla coscienza. L</span></span></span></span></span><span style="color: #1d2129;">a
nostra stessa cultura lo bandisce e lo rende inaccettabile,
inesprimibile”, dice lo psicologo, “soprattutto per la madre che
nell'immaginario collettivo è instancabile, votata al sacrificio.
Oltre alla stanchezza fisica, che indubbiamente gioca un suo ruolo,
</span><b style="color: #1d2129;">la donna vive una forte tensione emotiva nel tentativo di comprendere
e governare le profonde emozioni e fantasie che si agitano dentro di
lei</b><span style="color: #1d2129;">, per metabolizzare un cambiamento così importante nella sua
vita”.</span><br />
<span style="color: #1d2129;"><br /></span>
<span style="color: #1d2129;"><b>Ci sono i casi, poi, in cui la madre dopo il parto cade in uno stato depressivo</b>. "In chiave psicoanalitica è una reazione complessa generata dalla difficoltà ad accettare empaticamente l'avvento di un figlio reale in sostituzione del figlio ideale, fantasticato come parte inscindibile del corpo materno".</span><br />
<span style="color: #1d2129;"><br /></span>
<h2>
<span style="color: #1d2129;"><b>Ci vuole consapevolezza</b></span></h2>
</div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">In
una conversazione su Facebook </span><b><a href="https://beizauberei.wordpress.com/" target="_blank">Costanza Jesurum</a>, psicoanalista,
apprezzata blogger e autrice di saggi</b><span style="font-weight: normal;">, conferma “</span><b>Questo tipo di
vissuto si avverte in moltissime occasioni</b><span style="font-weight: normal;">, in terapia con genitori,
nei corsi preparto. Non so se sia funzionale alla traduzione mentale
della differenza biologica, per esempio in fatto di allattamento e
nutrizione, o perché la forma culturale della famiglia dominante
informa le categorie dello psichico”.</span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">Le
metafore chiamate in causa da Adriano Legacci non sono l'unica
possibile narrazione per rappresentare i turbamenti che i neogenitori
affrontano alla nascita del figlio. “</span><b>Ma non c'è scuola di
psicoterapia, ognuna con i suoi miti di riferimento, che non parli
della turbativa che implica l'ingresso del terzo</b><span style="font-weight: normal;">”.</span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;">Come
affrontare questi turbamenti? Come venirne a capo e ristabilire
l'equilibro nella vita e nel rapporto di coppia? “Ci vuole
consapevolezza”, risponde Legacci. “</span><b>Non nascondere sentimenti e
fantasie ma accettarli, scavare dentro se stessi e parlare,
confrontarsi all'interno della coppia</b><span style="font-weight: normal;">. Raramente si parla di queste
cose ai futuri genitori prima della nascita, mentre sarebbe bene
farlo, per prepararli al cambiamento”.</span></span></span></span></span></div>
<span style="color: #1d2129;">
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</span><br />
<div align="left" class="western">
<br />
<br /></div>
<span style="color: #1d2129;"><br /></span></div>
<div align="left" class="western">
<span style="color: #1d2129;"><br /></span></div>
<div align="left" class="western">
<span style="color: #1d2129;"><br /></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
<div align="left" class="western" style="line-height: 120%; orphans: 0; widows: 0;">
<span style="font-variant: normal;"><span style="color: #1d2129;"><span style="letter-spacing: normal;"><span style="font-style: normal;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></span></span></div>
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Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-24729468130588193202017-04-04T14:35:00.000+02:002017-04-04T14:35:16.040+02:00Donazione del cordone ombelicale? Facciamo chiarezza<style type="text/css">
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<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-HBX5xyWw2vg/WON22Git0WI/AAAAAAAAAi0/F59ejHGAcLY6Er0XOWplwLXhNPBKtooowCLcB/s1600/sanguedelsuosangue2.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="245" src="https://2.bp.blogspot.com/-HBX5xyWw2vg/WON22Git0WI/AAAAAAAAAi0/F59ejHGAcLY6Er0XOWplwLXhNPBKtooowCLcB/s400/sanguedelsuosangue2.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Un fotogramma del documentario "Sangue del suo sangue"</td></tr>
</tbody></table>
<b>Dopo la nascita, il cordone ombelicale non serve più al tuo
bimbo.</b> Viene tagliato e scartato nel cestino dei rifiuti sanitari. È
un peccato, perché contiene preziose cellule staminali emopoietiche
che possono essere trapiantate, come quelle del midollo osseo, per
curare gravi malattie come la leucemia, i linfomi e la talassemia.
<b>Donando il cordone puoi salvare una vita, senza alcun danno per te e
per il tuo bambino.</b><br />
È il messaggio veicolato alle future mamme dalle campagne di
promozione della donazione del sangue cordonale. Messo in questi
termini, l'invito è ineccepibile. <b>Ma la questione è un po' più
complessa di così.</b> Le evidenze scientifiche emerse negli ultimi anni
hanno messo in dubbio la sicurezza della procedura di raccolta del
sangue nei tempi e nei modi attuati in passato, che del tutto innocui
per il bambino non erano.<br />
<br />
<h2>
<b>Il documentario</b></h2>
<b><br /></b>
Della questione si occupa <b>il documentario “Sangue del suo
sangue”, realizzato dall'ostetrica Amyel Garnaoui con il marito, il
regista Angelo Loy</b>: 26 minuti di interviste a ematologi, ginecologi,
ostetriche, bioeticisti, mamme, che verrà proiettato per la prima
volta in contemporanea nelle sedi di decine di associazioni in tutta
Italia il prossimo 7 aprile.<br />
“Lo scopo di questa video inchiesta non è prendere posizione,
ma porre delle domande”, dice <b>Elena Skoko, presidente del Comitato
per il Rispetto dei Diritti del Neonato (CoRDiN)</b>, che ha partecipato
alla realizzazione del documentario. “La questione è aperta,
oggetto di dibattito e ricerche a livello internazionale. Vogliamo
che se ne discuta e che le mamme, coinvolte in prima persona,
ricevano informazioni corrette, complete e non semplicistiche”.<br />
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<br />
Le domande sollevate dal documentario sono tante. Di chi è il
sangue donato? È uno scarto inutile, altrimenti destinato alla
distruzione, oppure è sangue del bambino? A donare, effettivamente,
è la madre o il bambino? Il prelievo può nuocere alla salute del
neonato? In che misura e a quali condizioni il prelievo è sicuro? <br />
<br />
<br />
<div style="text-align: left;">
</div>
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<br />
<a href="https://vimeo.com/153684434">sangue del suo sangue - teaser</a> from <a href="https://vimeo.com/user12625708">angelo loy</a> on <a href="https://vimeo.com/">Vimeo</a>.<br />
<br />
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<br />
<h2>
<b>Cellule preziose</b></h2>
<b><br /></b>
<b>Il sangue presente alla nascita nel cordone ombelicale contiene
cellule staminali emopoietiche, cioè cellule non specializzate in
grado di generare globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Il suo
trapianto, come quello del midollo osseo da donatore adulto, permette
di rimpiazzare il sangue malato nei pazienti affetti da talassemia e
altre forme gravi di anemia, da leucemie e linfomi. Permette di
rigenerare il midollo osseo danneggiato in seguito a trattamenti di
radio e chemioterapia.</b><br />
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<br />
L'immaturità immunologica delle staminali da cordone abbassa il
rischio di rigetto anche quando vengono infuse in un ospite che non
sarebbe del tutto compatibile. Ciò le rende preziose per i pazienti
che non hanno parenti di primo grado compatibili da cui ricevere una
donazione di midollo osseo e che non trovano donatori compatibili
neppure tra quelli iscritti al registro pubblico dei donatori di
midollo.<br />
<br />
<b>Negli anni '90, quando è emersa l'utilità di queste cellule, in
tutto il mondo hanno aperto i battenti banche per la
crioconservazione del sangue da cordone.</b> In Italia, la prima a
entrare in attività è stata quella di Milano. Tra i suoi fondatori
c'è <b>l'ematologo Paolo Rebulla, oggi in pensione e consulente della
Fondazione Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano</b>, che
nel documentario mostra i grandi contenitori deputati alla
conservazione delle sacche di sangue.<br />
“<b>Oggi in Italia abbiamo 19 banche</b>”, spiega a Mammifera
Digitale, “<b>e circa 40 mila sacche conservate</b>. Ne usiamo solo una
piccola parte, ma <b>dobbiamo raccoglierne tante per disporre della
massima varietà possibile di caratteristiche genetiche</b>, così da
aumentare le probabilità di trovare le cellule compatibili con
qualunque paziente ne faccia richiesta. Per questa ragione, nei
prossimi anni miriamo a incrementare ancora di più il numero”.<br />
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<br />
<b>Le banche italiane sono collegate tra loro a formare una rete,
coordinata dal Centro Nazionale Sangue</b>, e le caratteristiche
genetiche delle cellule conservate sono riportate in un registro
internazionale, così che da ogni parte del mondo si possa
identificare in tempi brevissimi la sacca utile per un dato paziente
e fargliela pervenire. <br />
<br />
<h2>
<b>Di chi è il sangue del cordone?</b></h2>
<br />
<b>Durante la gravidanza, il sangue del nascituro circola
continuamente tra il suo corpo e la placenta attraverso il cordone
ombelicale</b>, un funicolo gelatinoso al cui interno scorrono due
arterie e una vena. Le arterie trasportano sangue povero di ossigeno
e ricco di prodotti di rifiuto dal feto alla placenta, che in virtù
dei suoi scambi col sangue materno, ossigena il liquido, lo pulisce
dagli scarti del metabolismo e lo rifornisce di nutrienti. Quindi il
sangue fetale torna al nascituro attraverso la vena ombelicale.<br />
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<br />
<b>La circolazione non si interrompe nell'esatto istante in cui il
bimbo viene alla luce, ma prosegue ancora per alcuni minuti</b>, mentre
il piccolo è impegnato nei suoi primi atti respiratori e si adatta
alla vita extra-uterina. Durante questo intervallo di tempo, le
contrazioni dell'utero spingono il sangue ossigenato presente nella
placenta verso il neonato, passando per il cordone che ancora pulsa.
<b>È un fenomeno fisiologico che prende il nome di trasfusione
placentare.</b> Secondo <a href="https://www.rcog.org.uk/globalassets/documents/guidelines/scientific-impact-papers/sip-14.pdf" target="_blank">un documento del 2015 del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists britannico</a>, <b>questo passaggio frutta al bambino dagli 80 ai 100 ml di sangue
extra, che contengono dai 60 agli 80 mg di ferro, una scorta
sufficiente a soddisfare le necessità del piccolo per 5 o 6 mesi di
vita</b>. Quando la pulsazione cessa, lo scambio tra placenta e neonato è
terminato.<br />
<br />
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<br />
<b>Se il cordone viene “clampato”, cioè chiuso con due pinze e
poi tagliato, prima che abbia smesso di pulsare, la trasfusione
placentare si interrompe e parte del sangue destinato al neonato
rimane nella placenta e nei vasi del cordone stesso</b>. In passato si
credeva che clampare il cordone immediatamente dopo l'espulsione del
bambino riducesse il rischio di ittero neonatale e di emorragia post
partum per la madre, così per decenni la legatura precoce è stata
adottata comunemente nella pratica clinica in Italia e nel mondo. <br />
<br />
<br />
<iframe height="480" src="https://www.google.com/maps/d/embed?mid=1kxY8RDowiybvNRaG39fk2_m3w1g" width="640"></iframe>
<h2>
<span style="font-family: inherit; font-size: x-small;"><i style="font-weight: normal;">Ecco la mappa delle proiezioni del documentario "Sangue de suo sangue" previste in tutta Italia il 7 aprile</i></span></h2>
<h2>
<b><br /></b></h2>
<h2>
<b>Nuove evidenze</b></h2>
<br />
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<br />
“Negli ultimi dieci anni si è andata accumulando una serie di
evidenze scientifiche di verso opposto”, dice <b>il ginecologo Enrico
Ferrazzi, direttore del Dipartimento donna, mamma e neonato
dell'Ospedale Buzzi di Milano e responsabile del gruppo di studio
sulla medicina perinatale della Società Italiana di Ginecologia e
Ostetricia</b>. “Numerosi studi hanno dimostrato che il neonato trae
beneficio dalla trasfusione placentare. <b>Quel sangue in più aiuta il
suo sistema cardiovascolare ad adattarsi al funzionamento
extra-uterino, riduce sensibilmente il rischio di anemia a 5-6 mesi e
favorisce il suo sviluppo neurologico. </b>Un paio di anni fa, la mole
dei risultati critici nei confronti del clampaggio immediato ha
raggiunto un livello tale da non poterli più ignorare. L'OMS <a href="http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/120074/1/WHO_RHR_14.19_eng.pdf?ua=1" target="_blank">ha pubblicato un documento</a> che <b>raccomanda di aspettare da 1 a 3 minuti prima di legare e tagliare
il cordone</b>. Allo stesso modo si sono pronunciate numerose società
scientifiche, tra cui la SIGO in Italia. <b>Non è che oggi sia vietato
clampare prima di un minuto dalla nascita, ma chi lo fa va contro
l'evidenza scientifica e le buone pratiche cliniche</b>. Un tempo si
clampava precocemente nella maggioranza dei parti. Sulla situazione
attuale non abbiamo dati certi, ma <b>ritengo che oggi un 50% degli operatori
si conformi alle nuove indicazioni e aspetti almeno un minuto</b>”.<br />
<br />
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<br />
<b>Qui entra in gioco la donazione</b>. Nei casi in cui i genitori danno il proprio consenso alla
raccolta, dopo l'espulsione del bambino e prima dell'espulsione della
placenta, l'ostetrica lega il cordone ed estrae il sangue presente
nei suoi vasi. “<b>Ovviamente, quanto prima si lega il cordone, tanto
più sangue si ricava</b>”, spiega <b>Gennaro Volpe, ematologo di Bari e
presidente della sezione di Bari dell'Associazione Donatrici Italiane
di Sangue da Cordone Ombelicale</b>. Nel 2012 <a href="http://eprints.bice.rm.cnr.it/6609/1/article_%2818%29.pdf" target="_blank">ha pubblicato una ricerca</a> sui fattori ostetrici che determinano la raccolta ottimale di cellule.<br />
<br />
Su questo aspetto si concentra l'attenzione del documentario
“Sangue del suo sangue”. Il video aveva ottenuto il patrocinio
della Regione Lazio ed era prevista la sua presentazione in anteprima
il 24 marzo in una sala del Palazzo della Regione ma, pochi giorni
prima dell'evento, <b>patrocinio e ospitalità sono stati ritirati su
sollecitazione del Centro Nazionale Sangue</b>, l'ente pubblico che
coordina le banche per la conservazione del sangue cordonale donato.<br />
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<br />
<b>Perché il CNS è intervenuto contro l'iniziativa?</b> “C'era
perplessità circa la proiezione di questa inchiesta in una sede
istituzionale quale la Regione Lazio, che ospita due banche pubbliche
di cordone”, risponde <b>Simonetta Pupella, che coordina l'area
sanitaria del Centro</b>. “Le associazioni promotrici del documentario
esprimono critiche nei confronti del prelievo del sangue contenuto
nel cordone ombelicale perché tale pratica ridurrebbe l'apporto di
sangue al neonato durante le fasi finali del parto, con conseguenze
negative per la salute del neonato stesso.<b> L'Organizzazione Mondiale
della Sanità e le società scientifiche di molti Paesi raccomandano
la legatura e la recisione del cordone non prima di un minuto e
l'Italia ha recepito queste indicazioni</b>, sulla base di un parere
espresso formalmente dalla Società Italiana di Neonatologia:
<a href="http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderPdf.spring?seriegu=SG&datagu=17/05/2011&redaz=11A06077&artp=1&art=1&subart=1&subart1=10&vers=1&prog=001" target="_blank">l'Accordo Stato-Regioni 20/04/2011</a> stabilisce che, nel caso la coppia decida di donare il sangue
cordonale al momento del parto, <b>la legatura non deve avvenire prima
di 60 secondi dalla nascita e la raccolta non deve mai interferire
con l'assistenza al parto</b>. Per quanto riguarda la presunta
incompatibilità tra donazione del sangue cordonale e la salvaguardia
della salute del neonato, <b>il prelievo da un minuto fino a due minuti
dalla nascita determina una raccolta adeguata di cellule staminali e
non interferisce con le procedure del parto</b>. Da quando è stata
introdotta in Italia la raccolta del sangue cordonale per finalità
di donazione (1993) nessuna reazione avversa è stata segnalata a
carico dei neonati 'donatori'. Stesso dicasi per gli altri Paesi
europei ed extra-europei”.<br />
<br />
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<br />
<h2>
<b>Le modalità della donazione in Italia</b></h2>
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-H9v4GfFX7B0/WON9NKazifI/AAAAAAAAAjE/-PbPuwxXohM3DWeWmE_fHW3oHoKoi1fxACLcB/s1600/graf1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-H9v4GfFX7B0/WON9NKazifI/AAAAAAAAAjE/-PbPuwxXohM3DWeWmE_fHW3oHoKoi1fxACLcB/s400/graf1.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I risultati di tre studi pubblicati tra il 2015 e il 2016 <br />
sulla qualità delle donazioni di sangue da cordone <br />
in funzione del tempo di clampaggio</td></tr>
</tbody></table>
“<b>Oggi dunque gli operatori dei centri nascita accreditati per la
donazione sono tenuti ad aspettare un minuto prima di clampare e
inserire l'ago per la raccolta</b>”, dice Gennaro Volpe. “Così
facendo, otteniamo meno cellule, ma qualcosa riusciamo comunque a
raccogliere.<b> L'importante è clampare prima che il cordone abbia
smesso di pulsare, perché dopo rimane ben poco da prendere</b>”.<br />
Perché il trapianto di staminali da cordone abbia maggiori
probabilità di successo, è necessario che la sacca di sangue
contenga un numero elevato di cellule. <b>Ce ne vogliono almeno un
miliardo e mezzo perché la donazione venga accettata dalla banca</b>.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati tre studi per valutare
l'impatto del clampaggio differito sulla quantità di cellule che è
possibile prelevare: uno svedese, uno canadese e uno statunitense.
Tutti e tre confermano che <b>più si aspetta e minore è la probabilità
di raccogliere un numero di staminali sufficiente</b> (vedi grafico). Attualmente in Italia la percentuale di unità di sangue prelevato che soddisfano i requisiti e vengono accettate dalle banche è dell'8,4%.<br />
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<br />
“L'importante è che i genitori siano informati di tutti gli
aspetti della questione: <b>per raccogliere la maggior quantità di
staminali bisognerebbe clampare subito, ma questa pratica nuoce al
neonato e infatti è esclusa dalle linee guida dello stesso Centro
Nazionale Sangue</b>”, conclude Enrico Ferrazzi. “<b>Aspettando un minuto
prima di clampare, il bambino riceve buona parte del sangue contenuto
nei vasi della placenta e del cordone, ma non tutto quello che
riceverebbe aspettando tre minuti. Donare clampando a un minuto è
possibile, ma la probabilità che la donazione vada a buon fine è
bassa. Aspettando tre minuti prima di clampare, non rimane nulla da
donare</b>”<br />
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<br />
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<br />
<br />
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Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-79690093356085939622017-01-02T22:03:00.000+01:002017-01-02T22:04:26.635+01:00Tre ottimi motivi per buttare al secchio l'omeopatiaIl più tenace luogo comune infondato sull'omeopatia recita: "non
sappiamo come funzioni, ma funziona". Non solo l'omeopatia non
può funzionare, perché in contrasto con tutti i principi
fondamentali della chimica e della fisica, ma in effetti non
funziona, come risulta da un secolo e mezzo di prove a sfavore.<br />
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<br />
<i>da "Acqua fresca?" a cura di Silvio Garattini (2015,
Sironi editore)</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-A8k-Ygn75bc/WGpgRZpZkwI/AAAAAAAAAeM/9p-Dh4yKbi42sWIH5fEUNeq2_pz5-28cwCLcB/s1600/medical-1572970.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-A8k-Ygn75bc/WGpgRZpZkwI/AAAAAAAAAeM/9p-Dh4yKbi42sWIH5fEUNeq2_pz5-28cwCLcB/s320/medical-1572970.jpg" width="320" /></a></div>
Due carissimi amici, sulla cui preparazione scientifica non nutro
alcun dubbio, si sono fatti convincere dal pediatra ad acquistare un
prodotto omeopatico e somministrarlo al loro bambino. Ho chiesto il
perché. Risposta: “boh. Sappiamo che non serve a nulla, ma male
non fa”.<br />
Ho avuto l'impressione che non volessero dire di no al pediatra.
“Per il resto è un bravo medico. Se c'è qualche problema serio
non prescrive certo rimedi omeopatici”.<br />
<br />
L'episodio mi ha fatto riflettere su quanto sia subdola e
pervasiva la propaganda dell'omeopatia.
<br />
Il suo preteso meccanismo d'azione non ha alcun senso, ma questo
poco importa a chi ci crede, che nella maggior parte dei casi non si
è mai chiesto come funziona, ma si fida per sentito dire. “Se in
tanti la usano, a qualcosa servirà”. Così confluiscono nel numero
e convincono altre persone: è un serpente che si morde la coda.<br />
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<br />
I farmacisti, non sorprendentemente, la promuovono. Lo stesso
fanno alcuni medici, perché va di moda e i pazienti escono
soddisfatti con la loro prescrizione (tanto male non fa), oppure in
buona fede, per sfruttare l'effetto placebo. Magari ce n'è anche
qualcuno che ci crede davvero, in barba ai lunghi anni di studio e al
metodo scientifico che dovrebbe guidarli.<br />
<br />
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</style>
<br />
Di recente ho letto il saggio “<b>Acqua fresca? Tutto quello che
bisogna sapere sull'omeopatia</b>”, scritto a più mani e <b>coordinato dal farmacologo Silvio Garattini</b> (2015, Sironi editore) e il manualetto <a href="http://www.medbunker.it/public/documenti/Guida%20omeopatica%20illustrata.pdf" target="_blank">“<b>Guida illustrata all'omeopatia</b>”</a>, scaricabile dal blog di <b>Medbunker, al secolo Salvo Di Grazia</b>. Li
ho trovati, ciascuno a modo suo, chiari e circostanziati e mi hanno
ispirato a mettere nero su bianco tre ottime ragioni per buttare al
secchio l'omeopatia.<br />
<br />
Intendiamoci, non dico che l'omeopatia è una
balla perché così sostengono Garattini e Di Grazia. Non è così
che funziona la scienza. L'omeopatia è una balla perché le sue basi
teoriche fanno acqua e perché alla prova dei fatti gli studi clinici
dimostrano che la sua efficacia non è superiore a quella di un
placebo.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-AYQ9zYOe1CA/WGpjsK-472I/AAAAAAAAAeY/ldEhQ72BjAozqtvN4YZ6ZPtP9TFDrp30gCLcB/s1600/16090-a-young-woman-holding-a-glass-of-water-pv.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-AYQ9zYOe1CA/WGpjsK-472I/AAAAAAAAAeY/ldEhQ72BjAozqtvN4YZ6ZPtP9TFDrp30gCLcB/s320/16090-a-young-woman-holding-a-glass-of-water-pv.jpg" width="218" /></a></div>
<br />
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<br />
<b>Uno: le basi dell'omeopatia non hanno alcun senso</b><br />
<b><br /></b>
Tu che vai in farmacia e compri i granuli omeopatici da sciogliere
sotto la lingua per proteggerti dall'influenza, lo sai che cosa
contengono quei granuli? Lo sai in che modo li fanno e perché?<br />
<br />
<b>Per curare una malattia che provoca determinati sintomi, devi
somministrare al paziente una sostanza che provochi gli stessi
sintomi</b>. Il buon vecchio “chiodo scaccia chiodo”. È questa la
<b>legge dei simili</b>, il principio su cui si basa l'omeopatia. La
escogitò agli inizi dell'ottocento un medico tedesco di nome Samuel
Hahnemann. Cominciò a sperimentarla su se stesso, su amici e
pazienti, ma i rimedi scelti in questo modo… aggravavano i sintomi
delle malattie. Allora introdusse una nuova legge per integrare la
prima: diluendo il preparato così tanto da eliminare ogni traccia
della sostanza originale, l'effetto indesiderato viene meno (e fin
qui è ovvio), ma per qualche ragione misteriosa rimane intatto il
potere curativo del rimedio (potere curativo ipotizzato, ma non
dimostrato). Anzi, <b>più il preparato viene diluito e più il suo
potere curativo si amplifica</b>.<br />
<br />
Poniamo che tu abbia una gastrite. Avverti dolori brucianti allo
stomaco. Lo stesso tipo di dolori brucianti che proveresti, per
esempio, se ingerissi del <b>triossido di arsenico</b>, un potente veleno.
Per liberarti della tua gastrite, la farmacopea omeopatica prevede la
somministrazione di triossido di arsenico, chiamato dagli adepti
“<b>arsenicum album</b>”. Ma così facendo staresti peggio, potresti
anche morire avvelenato. <b>La soluzione è diluire</b>: una goccia di
arsenico e 99 gocce di alcool, poi una goccia del miscuglio così
ottenuto e 99 gocce di alcool e così via per cinque volte. <b>Il
preparato finale non contiene più triossido di arsenico</b>, non ti
avvelena, non provoca bruciori. Secondo gli omeopati, cura la tua
gastrite. Le diluizioni si fanno con alcool, con acqua o con lattosio
o saccarosio. Ed è così che vengono prodotte le gocce e i granuli
da sciogliere sotto la lingua.<br />
Contengono solo ed esclusivamente acqua, o alcool, o lattosio, o
saccarosio. <b>Quale effetto possono produrre, se non c'è più neppure
una traccia del principio attivo?</b> E meno male che non ne contengono
più, altrimenti il loro effetto sarebbe quello di acuire i sintomi
della malattia.<br />
<br />
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<br />
Dimenticavo: <b>tra una diluizione e l'altra il preparato deve essere
scosso, si dice “dinamizzato”</b>, così il principio attivo
trasferisce i suoi poteri curativi all'alcool, all'acqua, al
lattosio, al saccarosio. <b>Sembra una magia, eh? Infatti scienza non è</b>:
la fisica, la chimica e la biologia non funzionano così. Neppure la
meccanica quantistica, spesso chiamata in causa da chi vuole a tutti
i costi giustificare l'omeopatia. <b>Non c'entra proprio un bel niente,
la meccanica quantistica</b>.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-hNsXptOLyYs/WGpl8xCRwGI/AAAAAAAAAek/NNAgPpX2Zv0A1gWZDL2krMdXoXOK9TZ8ACLcB/s1600/patient-841165.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://1.bp.blogspot.com/-hNsXptOLyYs/WGpl8xCRwGI/AAAAAAAAAek/NNAgPpX2Zv0A1gWZDL2krMdXoXOK9TZ8ACLcB/s320/patient-841165.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
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<br />
<b>Due: l'omeopatia non funziona</b><br />
<b><br /></b>
Ma cosa c'importa se la scienza non ha ancora trovato una
spiegazione che giustifichi il funzionamento dell'omeopatia? Prima o
poi salterà fuori qualcosa di nuovo, qualcosa di grosso, che
rivoluzionerà fisica e chimica e tutto sarà evidente. <b>L'importante
è che i rimedi omeopatici funzionino. Perché funzionano, no?</b><br />
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<br />
<b>La risposta è no</b>. “La cugina del cognato della mia vicina ne ha
tratto giovamento” non è una prova della loro efficacia. Neppure
“io ne ho tratto giovamento” dimostra alcunché. Se ho il
raffreddore e assumo un rimedio omeopatico, probabilmente nei giorni
successivi avrò un miglioramento e in breve guarirò del tutto,
perché il raffreddore guarisce da sé in pochi giorni. Se al tuo
bimbo stanno spuntando i dentini e gli somministri le goccine
omeopatiche, dopo un po' smetterà di piangere, perché il dolore
della dentizione non è uniforme, in certi momenti si attenua
spontaneamente e poi prevale il sonno.<br />
<br />
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<br />
<b>Per dimostrare che un farmaco è efficace contro una determinata
malattia bisogna sperimentarlo su un gran numero di persone, in
condizioni controllate, confrontando la sua azione con quella di un
placebo o con quella di un altro farmaco</b>, se si vuole valutare quale
dei due sia più efficace. <b>E bisogna che i pazienti e gli
sperimentatori non sappiano a chi è stato somministrato il farmaco 1
e a chi è stato somministrato il placebo o il farmaco 2</b>. Sono studi
a cui vengono sottoposti tutti i medicinali prima di entrare in
commercio, altrimenti non entrano in commercio. I prodotti omeopatici
no. Per essere venduti in farmacia devono essere sottoposti a una
procedura semplificata, che ne accerta la sicurezza, non l'efficacia.
Devono dimostrare di essere innocui. Non è prevista alcuna prova di
efficacia.<br />
<br />
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<br />
<b>“Ma ormai da decenni numerosi studi indipendenti hanno
dimostrato che l'omeopatia funziona”</b>. Lo leggo e lo sento dire
spessissimo. <b>Beh, è falso</b>. Per decenni sono stati condotti numerosi
studi sull'efficacia dell'omeopatia e il risultato è che la sua
efficacia non è superiore a quella del placebo.<br />
<br />
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<br />
<b>Nel 2005 la rivista The Lancet <a href="http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(05)67177-2/abstract" target="_blank">ha pubblicato una metanalisi</a></b>, cioè
uno studio di studi, che ha confrontato 110 ricerche sull'efficacia
di rimedi omeopatici con altrettante ricerche sull'efficacia di
farmaci convenzionali.
<b>La conclusione è la “conferma dell’ipotesi che gli effetti
clinici dell’omeopatia, ma non quelli della medicina convenzionale,
sono generici effetti placebo o di contesto”</b>.<br />
<br />
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<br />
<b>Nel 2015, in Australia, il National Health and Medical Research
Council <a href="https://www.nhmrc.gov.au/guidelines-publications/cam02" target="_blank">ha condotto una revisione</a></b> degli studi
pubblicati in tutto il mondo sull'efficacia dei rimedi omeopatici
impiegati per il trattamento di 70 diverse patologie. Il lavoro,
ampio e approfondito, è stato aperto al contributo di esperti di
diverse discipline, compresi i sostenitori dell'omeopatia. <b>Risultato:
“non ci sono malattie o condizioni cliniche per cui risulti una
evidenza affidabile che l’omeopatia sia efficace.</b> Le persone che la
scelgono possono mettere a rischio la propria salute se rifiutano o
ritardano trattamenti per cui c’è una buona evidenza di sicurezza
ed efficacia”.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-efJWH4k0PLc/WGpnTc2mvEI/AAAAAAAAAew/PL_ZkNsufoY2Y5iS6t-s3htbk0QUU8tMgCLcB/s1600/-Miracle_Cure%2521-_Health_Fraud_Scams_%25288528312890%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-efJWH4k0PLc/WGpnTc2mvEI/AAAAAAAAAew/PL_ZkNsufoY2Y5iS6t-s3htbk0QUU8tMgCLcB/s320/-Miracle_Cure%2521-_Health_Fraud_Scams_%25288528312890%2529.jpg" width="247" /></a></div>
<br />
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<br />
<b>Tre: l'omeopatia allontana dalle terapie veramente efficaci</b><br />
<br />
Se i rimedi omeopatici non contengono alcun principio attivo,
sicuramente non fanno male, non hanno effetti indesiderati come i
farmaci convenzionali, non intossicano l'organismo. Ecco perché<b>
tanti chiamano l'omeopatia “medicina dolce”. Ma non lo è, perché
non è medicina</b>. L'assunzione di qualunque farmaco comporta dei
rischi e dei benefici. È appropriata quando il rapporto tra rischi e
benefici è vantaggioso per il paziente. <b>Nel caso dell'omeopatia, gli
effetti indesiderati sono del tutto assenti, ma anche i benefici lo
sono.</b><br />
<br />
Se una persona ammalata ricorre a un rimedio omeopatico per
curarsi, anziché a un farmaco convenzionale di provata efficacia,
non guarisce. <b>Le sue condizioni possono aggravarsi e, a seconda della
serietà del problema, può anche rischiare la vita.</b><br />
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<br />
La rete è piena di siti-bufala che scoraggiano gli ammalati di
cancro dal ricorso alla chemioterapia, indicando piuttosto
l'approccio dolce dell'omeopatia, che equivale a raccomandare di non
curarsi. Stesso dicasi per i movimenti anti-vaccinisti, che
consigliano ai genitori di rafforzare le difese immunitarie dei figli
con le goccine o i granuli omeopatici piuttosto che far ricorso ai
vaccini.<br />
Probabilmente è vero che sono rari i casi di ammalati sviati da
una terapia efficace a causa dell'omeopatia, fino a subirne le più
gravi conseguenze. Me lo fa notare un medico di famiglia con 40 anni
di esperienza. Un professionista che agisce in scienza e coscienza,
osserva, non priverebbe mai un paziente di un trattamento di
efficacia nota in cambio di un rimedio omeopatico. <b>Di solito
l'omeopatia è riservata a disturbi lievi che si risolvono
spontaneamente, oppure come complemento delle terapie convenzionali</b>.
Lui stesso, mi spiega, talvolta consiglia rimedi omeopatici per
sfruttarne l'effetto placebo e alleviare il fastidio di un paziente.<br />
<br />
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<br />
Capisco la sua posizione e quella dei suoi colleghi che fanno analoghe considerazioni, ma credo che anche in queste circostanze sia
dannoso consigliare rimedi omeopatici. Un medico coscienzioso sa
quando è il caso di prescrivere farmaci realmente efficaci e quando
e come sfruttare l'effetto placebo. Ma oltre a curare la salute dei
suoi assistiti, il medico ha anche il ruolo di trasmettere loro
informazioni attendibili sulla salute, sulle malattie e su come
prevenirle e curarle. <b>Il paziente che va allo studio del dottore con
un disturbo e ne esce con la prescrizione di un prodotto omeopatico,
impara che l'omeopatia funziona</b>. La volta successiva, che cosa gli
impedirà di andare in farmacia e acquistare un prodotto omeopatico,
sicuro della sua efficacia, senza essersi prima rivolto al medico?<br />
<br />
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<br />
L'effetto placebo è una risorsa che andrebbe senza dubbio
studiata e sfruttata meglio, ma ci sono altri modi per farlo. <b>Le
persone che scelgono di farsi assistere da un medico omeopata ne
apprezzano molto la capacità di comunicazione e di ascolto, il tempo
che dedica alla visita e al colloquio con i pazienti.</b> Sono fattori
che rafforzano l'efficacia delle terapie in virtù dell'effetto
placebo e su cui potrebbero lavorare anche i medici non omeopati.<br />
<br />
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Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-55239991400928352792016-12-06T14:35:00.001+01:002016-12-09T23:29:56.960+01:00La storia di una coppia e della sua procreazione assistita<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Voglio raccontarvi una storia che ho ascoltato qualche settimana fa a una conferenza stampa sulla procreazione assistita e condividere con voi un po' di dubbi e considerazioni.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-2_JCUniHPFg/WEaj1zkoAkI/AAAAAAAAAdk/moQm-z0y6gIMLtVNs2dq58Rb3zbBmOZbgCLcB/s1600/parents-406325.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-2_JCUniHPFg/WEaj1zkoAkI/AAAAAAAAAdk/moQm-z0y6gIMLtVNs2dq58Rb3zbBmOZbgCLcB/s320/parents-406325.jpg" width="257" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
<b>La storia</b></div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Lei e lui stanno insieme da una vita. Convivono per qualche tempo senza considerare l'idea di mettere su famiglia. Cercano la casa giusta, si sposano. Aspettano un paio d'anni e finalmente si sentono pronti ad avere un figlio. Sono poco più che trentenni.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
<b>“Eravamo convinti che avremmo concepito spontaneamente in breve”</b>, racconta lui. “Ma sono passati cinque o sei mesi e la gravidanza non è arrivata. <b>Abbiamo dovuto accettare il fatto di avere un problema</b>”. Un anno dopo i primi tentativi, la coppia si sottopone a una serie di esami. Esito negativo. “La nostra infertilità non aveva causa apparente”, dice lei. “Il ginecologo ci ha consigliato di provare ancora un paio di mesi con tentativi mirati nei giorni fertili, prima di cercare una soluzione medica. Di nuovo, nessun risultato. A questo punto la situazione si è fatta pesante. <b>Ci sentivamo difettosi</b>”.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Frequentano forum e gruppi di persone con problemi di infertilità. Confrontano la propria situazione con quella degli altri. “Abbiamo capito che l'unica era fare ricorso alla procreazione assistita e che avremmo dovuto farlo già da tempo, senza aspettare”, dice lui.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
<b>Si rivolgono a un centro per la PMA e il risultato è immediato: lei rimane incinta e nove mesi dopo hanno un bel bimbo tra le braccia</b>. “Ci abbiamo messo tre anni, dai primi tentativi spontanei alla nascita di nostro figlio”, conclude la neomamma felice col suo piccolo in braccio.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Che ne pensate? Mentre ascoltavo e prendevo appunti, a me sono venute in mente un po' di considerazioni.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-eTf7PASFdWE/WEaa-fZw-UI/AAAAAAAAAdI/_Sbs023i288DaEIQaPyexjjmIuFwElb2wCLcB/s1600/fertilityday1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-eTf7PASFdWE/WEaa-fZw-UI/AAAAAAAAAdI/_Sbs023i288DaEIQaPyexjjmIuFwElb2wCLcB/s320/fertilityday1.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
<b>Aspettative irrealistiche</b></div>
<div style="text-align: left;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: left;">
Come tantissime altre coppie, anche questa prima di cercare una gravidanza ha pensato a rinsaldare il rapporto, garantirsi la sicurezza economica e una casa. <b>La fertilità femminile ha il suo picco massimo intorno ai 20-25 anni, ma i vincoli sociali ed economici di fatto costringono spesso a posticipare.</b> Ognuno sceglie le priorità e i tempi della sua vita e va bene così, a patto, ovviamente, che la scelta sia informata e consapevole.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Quando hanno deciso di mettere in cantiere un figlio, intorno ai trent'anni, i due si aspettavano di riuscire immediatamente nel loro proposito. <b>Evidentemente non avevano ben chiari i meccanismi della fertilità</b>. </div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Ho chiesto un parere al <b>ginecologo Carlo Flamigni</b>. “Con l'aumentare dell'età, diminuisce la probabilità di concepire a ogni ciclo, pur facendo tentativi mirati nei giorni fertili”, mi ha risposto, “perché si riduce progressivamente la riserva di ovociti disponibili e peggiora la qualità degli stessi ovociti, la loro capacità di dare luogo allo sviluppo di un embrione e impiantarsi correttamente. <b>Se a vent'anni in media occorrono due cicli ovulatori, con tentativi mirati nei giorni giusti, per ottenere la gravidanza desiderata, a trent'anni in media occorrono cinque-sei cicli e a quaranta almeno nove</b>”.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
È irrealistico, dunque, aspettarsi di concepire in quattro e quattr'otto a trenta-trentacinque anni.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-Kc5F-9Cj77Y/WEagIZLQVQI/AAAAAAAAAdc/8OFvtz9EZS0lHmF7aG0-g-MePb9eHiu9QCLcB/s1600/13382753014_927cfd44f8_o.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="213" src="https://4.bp.blogspot.com/-Kc5F-9Cj77Y/WEagIZLQVQI/AAAAAAAAAdc/8OFvtz9EZS0lHmF7aG0-g-MePb9eHiu9QCLcB/s320/13382753014_927cfd44f8_o.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Tina Franklin, Flickr</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: left;">
<b><br />“Siamo difettosi”</b></div>
<div style="text-align: left;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: left;">
Il comunicato stampa che accompagnava la conferenza definisce l'infertilità come <b>assenza di concepimento dopo un anno di rapporti regolari</b>, indipendentemente dall'età degli aspiranti genitori e indipendentemente dall'esito degli esami a cui lei e lui si sottopongono. Nel caso in questione, gli esami non evidenziano alcun problema, dunque la diagnosi, che c'è già per il solo fatto che è trascorso un anno, si arricchisce di un aggettivo: idiopatica, ovvero senza cause evidenti.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Per la coppia è un duro colpo: passano dall'illusione iniziale di poter avere un figlio nel momento in cui lo desiderano, alla sensazione di essere sbagliati, di essere malfunzionanti. E neppure sanno il perché.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
“<b>La diagnosi di infertilità posta dopo un anno di tentativi infruttuosi è una convenzione</b>. C'è chi la pone dopo un anno e mezzo, chi prima”, spiega Flamigni. “Non è una condanna. Non equivale a dire 'questa coppia è sterile e non potrà avere figli senza un intervento medico'. Si tratta piuttosto di <b>un campanello di allarme: potrebbe esserci un problema</b>, dunque è il caso di sottoporsi ad accertamenti per identificare eventuali cause di infertilità. Decidere quanto tempo aspettare prima di far suonare questo campanello è una questione delicata, che va valutata con attenzione. La coppia attempata ha bisogno di più tempo della coppia giovane. Se andasse avanti con tentativi liberi ancora per un anno, magari concepirebbe spontaneamente. D'altra parte, se una coppia non più giovanissima aspetta troppo a lungo senza sottoporsi ad alcun controllo, potrebbe scoprire l'esistenza di un problema quando ormai è tardi e le probabilità di riuscire, anche con la procreazione assistita, sono esigue. Poi c'è la questione degli accertamenti, che a mio parere in Italia non sono abbastanza approfonditi e <b>tanti casi che hanno in effetti una causa diagnosticabile vengono classificati come idiopatici</b>”.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-W-LrqbEAOeg/WEalg-0yU4I/AAAAAAAAAds/RJ0n7d5rviAcOMlIlX_KE8nDMZx5Oy7-QCEw/s1600/newborn-baby-990691.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://1.bp.blogspot.com/-W-LrqbEAOeg/WEalg-0yU4I/AAAAAAAAAds/RJ0n7d5rviAcOMlIlX_KE8nDMZx5Oy7-QCEw/s320/newborn-baby-990691.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
<b>Il lieto fine</b></div>
<div style="text-align: left;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: left;">
Alla fine lei e lui si rivolgono a un centro per la PMA e il risultato è immediato: <b>al primo ciclo, la gravidanza tanto attesa arriva</b>. In tutto, dai primi tentativi spontanei, hanno impiegato tre anni per realizzare il loro desiderio. I neogenitori commentano soddisfatti: <b>è grazie alla PMA che sono riusciti a risolvere il loro problema e se si fossero decisi prima il bimbo sarebbe arrivato già da tempo</b>.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
A me il lieto fine non sembra sorprendente, perché la coppia era relativamente giovane e gli esami non avevano evidenziato particolari problemi. <b>Forse in tre anni ci sarebbero riusciti anche senza interventi medici, continuando a provare spontaneamente?</b> Mi pare che in questo caso (e in tanti altri analoghi) si sia instaurato un circolo vizioso informativo. Lei e lui non sanno che a una certa età ci vuole più tempo per concepire. Provano, non hanno immediatamente successo, dunque ritengono di essere infertili e ricorrono alla PMA come intervento necessario per superare l'ostacolo.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
<b>Secondo <a href="https://www.newscientist.com/article/mg23130832-200-who-should-we-believe-when-it-comes-to-fertility/" target="_blank">l'editoriale del New Scientist del 23 luglio 2016</a>, questo meccanismo è dovuto in parte ai messaggi ambivalenti che gli specialisti rivolgono al pubblico</b>. Da una parte avvertono che la procreazione assistita non può prolungare la fertilità naturale e non è efficace nel trattamento della subfertilità legata all'avanzare dell'età. D'altra parte, incoraggiano le coppie più avanti con gli anni a rivolgersi ai centri di PMA, alimentando proprio quella convinzione.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
“La procreazione assistita è nata per risolvere due problemi: l'ostruzione delle tube nella donna e l'oligospermia nell'uomo”, dice <b>Rossella Nappi, ginecologa del Centro di Ricerca per la PMA della Fondazione San Matteo di Pavia</b>. “Per superare questo tipo di ostacoli, il ricorso alla PMA garantisce di norma buoni risultati, mentre <b>in caso di subfertilità dovuta all'età della donna i risultati sono scarsi, sovrapponibili a quelli che si ottengono con rapporti spontanei</b>”.</div>
<div style="text-align: left;">
Quindi, quale consiglio dare alle coppie che aspirano ad avere un figlio? “Di non indugiare: <b>compiuti i 35 anni di età, la donna che non riesce a concepire entro sei mesi di tentativi liberi dovrebbe immediatamente fare ricorso alla PMA</b>”, risponde la ginecologa. “Aspettare un anno è fin troppo. In Italia le coppie perdono tempo perché non vogliono ammettere un problema, perché riconoscere di essere subfertili o infertili non è piacevole”.</div>
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<br /></div>
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-x0tKzat0fus/WEanCVXCTqI/AAAAAAAAAd0/UhFm3hIMF2cUnJfJRQHBXeeV0H4NJh-4QCLcB/s1600/pregnant-woman-1130612.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://2.bp.blogspot.com/-x0tKzat0fus/WEanCVXCTqI/AAAAAAAAAd0/UhFm3hIMF2cUnJfJRQHBXeeV0H4NJh-4QCLcB/s320/pregnant-woman-1130612.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
<b>Donne più o meno fertili</b></div>
<div style="text-align: left;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: left;">
Di fronte alla mia perplessità, <b>la ginecologa Lisa Canitano, presidente dell'Associazione Vita di Donna Onlus</b>, spezza una lancia a favore dell'intervento medico precoce. “La durata della vita fertile della donna dipende da vari fattori, il primo dei quali è il suo patrimonio genetico”, mi spiega. “<b>Ci sono donne che a trentasette anni concepiscono spontaneamente senza difficoltà, altre che a trentadue hanno già dei problemi</b>: la loro fertilità sta già declinando rapidamente. Al momento non siamo in grado di distinguere le une dalle altre. Possiamo fare alcuni esami, come il dosaggio nel sangue dell'ormone antimulleriano o un controllo ecografico della riserva ovarica, che ci danno alcune informazioni, ma <b>non possiamo prevedere con certezza la traiettoria della fertilità di una donna o quando andrà in menopausa</b>. È in quest'ottica che le aspiranti mamme devono tenere d'occhio l'orologio e, se impiegano più tempo della media a concepire spontaneamente, rivolgersi allo specialista per programmare dei controlli. <b>Non dico ricorrere subito alla PMA, ma quanto meno fare degli accertamenti</b>. Perché potrebbero avere ancora molto tempo a disposizione per provare, oppure no, e non lo sanno”. </div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-UrxSbe_c1wE/WEaoM76lisI/AAAAAAAAAd8/kdub8xKke9AFjS0bYpslt-BN_34YGBQLwCLcB/s1600/pexels-photo-9816.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="132" src="https://2.bp.blogspot.com/-UrxSbe_c1wE/WEaoM76lisI/AAAAAAAAAd8/kdub8xKke9AFjS0bYpslt-BN_34YGBQLwCLcB/s320/pexels-photo-9816.jpeg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: left;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: left;">
<b>Infertilità in aumento?</b></div>
<div style="text-align: left;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: left;">
Per concludere, vorrei fare un'osservazione sull'<b>ampiezza del “problema infertilità”</b>. Nei comunicati stampa e negli articoli sull'argomento, ricorre un dato, la cui provenienza viene attribuita ora all'OMS, ora al Ministero della Salute italiano: <b>il 15% delle coppie ha difficoltà a concepire</b>. Di solito questo dato è accompagnato dall'avvertimento che “<b>la percentuale è in aumento</b>”.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
A parte il fatto che nessun articolo o comunicato cita lo studio da cui proverrebbe questo dato, anche il suo significato è abbastanza confuso: il 15% delle coppie non riesce a concepire dopo un anno di tentativi liberi? Dopo un anno e mezzo? Il 15% è la percentuale di chi fa ricorso alla PMA? E il 15% rispetto a chi: alle coppie che vogliono un figlio? A tutte le coppie? Come si conta il numero di tutte le coppie?</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
La collega <b>Chiara Palmerini</b>, autrice del libro “Quello che alle mamme non dicono” (Codice, 2015), di recente <a href="http://www.focus.it/scienza/salute/fertilita-e-infertilita-quello-che-non-si-e-detto" target="_blank">ha scritto su Focus</a> che “secondo l'ultimo rapporto Sessualità e riproduzione nell'Italia contemporanea, dell'Associazione italiana per gli studi di popolazione, <b>le coppie sterili in senso stretto sono più o meno il 5% del totale, mentre superano il 10% dopo che la donna è oltre i 35 anni, e il 25% se la donna è ultraquarantenne</b>”.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Analogamente, il collega <b>Paolo Magliocco</b> riferisce che <b>il National Health Service britannico stima un tasso di infertilità del 16% sulla popolazione generale, se si prende in esame un anno di tentativi infruttuosi, ma se si considerano due anni il tasso scende all'8%, e considerando tre anni scende ancora leggermente, al 7%.</b></div>
<div style="text-align: left;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: left;">
“Quel che è certo è che <b>il tasso di infertilità non sta aumentando</b>”, dice Carlo Flamigni. “Al contrario, <b>negli ultimi decenni è sensibilmente diminuito</b>, perché tante malattie maschili e femminili che non curate danno come esito la subfertilità o la sterilità, oggi sono facilmente diagnosticabili e curabili. Si fanno meno figli per libera scelta, grazie alla contraccezione, e perché la ricerca della prima gravidanza viene rimandata sempre più nel tempo e col passare del tempo la capacità di concepire cala fisiologicamente”.</div>
Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-23202150854998176842016-11-03T17:30:00.000+01:002016-11-03T18:19:05.944+01:00"Come le viene in mente di vaccinare sua figlia?"La primavera scorsa, su consiglio del pediatra di famiglia, ho
accompagnato mia figlia di 8 anni all'ambulatorio vaccinale di zona,
quello della ASL RME, per fare la <b>vaccinazione anti-meningococco B</b>.
Le hanno somministrato la prima dose e la dottoressa mi ha
raccomandato di tornare per la seconda. Da alcuni mesi, però,
l'ambulatorio risulta sguarnito del vaccino e al telefono mi dicono
di aspettare, di riprovare più avanti.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-ssZhgvq4iKQ/WBtBxnOSk8I/AAAAAAAAAb0/jMAfd1inMFIIJrXbl_r7g3Thjs_yKBhaACLcB/s1600/vaccination-1215279.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://4.bp.blogspot.com/-ssZhgvq4iKQ/WBtBxnOSk8I/AAAAAAAAAb0/jMAfd1inMFIIJrXbl_r7g3Thjs_yKBhaACLcB/s400/vaccination-1215279.jpg" width="400" /></a></div>
Il 20 ottobre ho telefonato per l'ennesima volta per avere
notizie. Mi ha risposto una persona che mi ha redarguita senza mezzi
termini: “<b>signora, come le viene in mente di fare la vaccinazione
contro il meningococco B a sua figlia?!</b> È un vaccino inefficace, lo
dice la letteratura scientifica mondiale. Se glielo ha consigliato il
pediatra, vuol dire che il suo pediatra non è informato. Comunque
nella fascia d'età di sua figlia è del tutto inutile fare questa
vaccinazione”.<br />
<br />
Sul momento sono rimasta basita e non ho pensato di chiedere nome
e qualifica della persona con cui stavo parlando. Invece, ho
telefonato immediatamente a <b>Paolo Bonanni, ordinario di Igiene
dell'Università di Firenze</b>. Appena due settimane prima lo avevo
intervistato in occasione della presentazione del Calendario
Vaccinale per la Vita, alla cui stesura ha contribuito.<br />
Gli ho raccontato l'accaduto e ho chiesto un suo parere. Mi ha
risposto che il rischio di contrarre un'infezione da meningococco B,
soprattutto all'età di mia figlia, è basso, ma nell'eventualità
che ciò accadesse, le conseguenze sarebbero potenzialmente
gravissime. Il vaccino è sicuro ed efficace e dunque se io voglio
offrirle protezione contro questo rischio, pagandola di tasca mia,
ben venga e andrei incoraggiata anziché redarguita. Va detto che il
servizio sanitario pubblico non offre gratuitamente la vaccinazione
anti-meningococco B ai bambini di 8 anni, dunque ho pagato l'intero
costo della prima dose e sono pronta a fare lo stesso per la seconda.<br />
Pentita di non avere chiesto nome e qualifica alla persona con cui
avevo parlato (magari era un anti-vaccinista imbucato che si era
impossessato della cornetta), il giorno dopo ho richiamato lo stesso
numero. Mi ha risposto la stessa persona che si è qualificata come
il direttore dell'ambulatorio vaccinale. “Sia chiaro che non sono
un anti-vaccinista”, ha esordito. “Io vaccinerei tutti contro
tutto. In questo caso, però, ribadisco quello che ho detto: non c'è
una prova clinica a dimostrazione dell'efficacia del vaccino contro
il meningococco B, inoltre è attivo solo contro alcuni ceppi del
batterio, quindi la sua protezione è incompleta. Non lo dico io, ma
<b>un documento dell'Istituto Superiore della Sanità del 2014</b>. E
comunque è indicato solo nel primo anno di vita, dopo non serve a
nulla”.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b9/Baby_on_Back.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="200" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b9/Baby_on_Back.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Elnaz6 via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<b>Che cosa dice il documento dell'ISS</b><br />
<b><br /></b>
Determinata a fare chiarezza, ho scaricato il documento in
questione: <a href="http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/pdf/Istruttoria%20MENINGOCOCCO%20B.pdf" target="_blank">“<b>Dati ed evidenze disponibili per l'introduzione della vaccinazione anti-meningococco B nei nuovi nati e negli adolescenti</b>”</a>.
Dopo l'uscita e l'autorizzazione al commercio del vaccino, il
Ministero della Salute ha incaricato il Centro Nazionale di
Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto
Superiore di Sanità di avviare un'istruttoria tecnico-scientifica
per valutare l'opportunità di inserire la nuova vaccinazione nel
calendario nazionale. Il documento è il rapporto stilato al termine
dell'istruttoria.<br />
Nel testo si legge: “Il vaccino anti-meningococco B è stato
registrato sulla base di studi clinici di immunogenicità e
sicurezza. L’efficacia, come riportato nella scheda tecnica, non è
stata direttamente valutata ma è stata dedotta attraverso l’analisi
delle risposte anticorpali, misurate attraverso la serum bactericidal
activity (hSBA), verso i quattro antigeni del vaccino: NadA, fHbp,
NHBA, PorA P1.4.” <b>È stato, cioè, verificato che il vaccino
somministrato stimola la produzione di anticorpi contro quattro
antigeni del meningococco B, ma non è stato verificato che i bambini
vaccinati siano protetti contro il rischio di infezione.</b><br />
Per quanto riguarda la durata dell'effetto del vaccino, si legge:
“Relativamente alla persistenza della risposta immunitaria, i dati
disponibili non sono sufficientemente solidi per trarre conclusioni
definitive. Dagli studi considerati sembra che i titoli anticorpali,
misurati circa 3 anni dopo il completamento del ciclo primario,
diminuiscano; una dose booster in età prescolare è risultata ben
tollerata e in grado di indurre una risposta anamnestica.” <b>Cioè
non sappiamo ancora per quanti anni il sistema immunitario mantenga
memoria della vaccinazione.</b> Dopo 3 anni dalla somministrazione, la
concentrazione degli anticorpi anti-meningococco B diminuisce, dunque
probabilmente è opportuno prevedere un richiamo dopo il primo ciclo
vaccinale.<br />
Considerata la distribuzione dei ceppi del batterio che circolano
in Italia, dice il documento che “il vaccino 4CMenB è in grado di
proteggere contro l’87% (IC 95%: 70% - 93%) dei ceppi di
meningococco B”.<br />
Infine, <b>il documento dell'ISS giudica accettabile il rapporto tra
benefici e rischi della vaccinazione per i bambini e gli adolescenti
sulla base degli studi clinici effettuati prima della registrazione
del prodotto</b>. Come tutti i vaccini, anche questo è oggetto di
controlli e sorveglianza post marketing da parte dell'azienda
produttrice e delle agenzie regolatorie, che raccolgono tutte le
segnalazioni di effetti avversi e le esaminano “allo scopo di
approfondire le conoscenze relative al profilo beneficio-rischio del
vaccino in una popolazione più ampia”.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-o8jiatL1K0Y/WBtIgbxXCaI/AAAAAAAAAcE/bw7wmlw4ulgky7s5fxMErQHdoGzAFuIagCLcB/s1600/2061666942_f7fce595ca_o.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="298" src="https://1.bp.blogspot.com/-o8jiatL1K0Y/WBtIgbxXCaI/AAAAAAAAAcE/bw7wmlw4ulgky7s5fxMErQHdoGzAFuIagCLcB/s400/2061666942_f7fce595ca_o.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Eduardo Merille, Flickr</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<b>È efficace o no?</b><br />
<b><br /></b>
Dunque è vero che non c'è la prova clinica della capacità del
vaccino di proteggere contro il rischio di infezione da meningococco
B. <b>Ma ciò significa che non è dimostrata la sua efficacia?
Significa che è inefficace?
</b><br />
Ho richiamato Paolo Bonanni e gli ho posto la questione. “È
vero che il vaccino è stato registrato sulla base di dati di
immunogenicità e del test MATS e non sulla base di sperimentazioni
cliniche classiche: un gruppo vaccinato, un gruppo placebo e verifica
della differente incidenza della malattia nei due gruppi”,
risponde. “Però quello era il solo modo, accettato dall’Agenzia
Europea per i Farmaci, l'EMA, di avere il vaccino per una malattia
rara registrato in tempi rapidi. Con il metodo classico ci sarebbero
voluti molti anni, con i conseguenti danni che ne sarebbero derivati…
Questo fatto non toglie che <b>è accettato che il vaccino può
prevenire la maggior parte dei casi di meningite e sepsi da
meningococco B</b>. Per tempi non infiniti? Ci vogliono richiami? Lo
scopriremo, ma questo è il solo mezzo ad oggi disponibile per
prevenire una malattia rara ma molto pesante come conseguenze per la
vita e per l’invalidità che ne possono conseguire”.<br />
Inoltre, dice Bonanni, anche se la protezione non è totale, non
riguarda tutti i ceppi circolanti, è sempre meglio che non essere
affatto protetti. <b>L'87% è meglio dello 0%, che è quel che si
ottiene non vaccinando.</b><br />
Altre informazioni che si ricavano dal rapporto dell'ISS: le
infezioni invasive da meningococco B sono rare. L'incidenza in Italia
in tutte le fasce d'età tra il 2007 e il 2012 risulta dello 0,23 su
100 mila. Ha un picco di 3,44 su 100 mila nel primo anno di vita, è
pari a 1,07 su 100 mila nella fascia tra 1 e 4 anni. Poi decresce e
ha un nuovo picco nella fascia tra 15 e 19 anni, da 0,52 su 100 mila.
Vuol dire che <b>la vaccinazione non è indicata, “non serve a nulla”
sopra l'anno di età?</b><br />
“È vero che nessuno penserebbe di fare una vaccinazione
sistematica e gratuita dei bambini di 8 anni come misura di sanità
pubblica. Non sarebbe giustificato”, risponde Bonanni, “ma farsi
un vaccino come questo a un’età ‘inusuale’ dell’infanzia più
avanzata, specie se un genitore preferisce coprire (pagando) il
proprio figlio contro un rischio raro ma possibile non mi pare
pratica da condannare, anzi, <b>è come farsi un’assicurazione sulla
vita per un rischio esistente seppur non frequente: perché
dissuadere chi vuole protezione?</b> Certamente, se discutiamo di fornire
il vaccino gratuitamente, dobbiamo concentrarci prima sui bambini
piccoli, e poi sugli adolescenti, che sono il serbatoio principale
del batterio”.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-vL4CtS09Xco/WBtLR1jUgdI/AAAAAAAAAcQ/NZ5_bDYOos0Dt_RQlRXZjIgRls5dY2_twCLcB/s1600/pexels-photo.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://3.bp.blogspot.com/-vL4CtS09Xco/WBtLR1jUgdI/AAAAAAAAAcQ/NZ5_bDYOos0Dt_RQlRXZjIgRls5dY2_twCLcB/s400/pexels-photo.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<b>È sicuro?</b><br />
<b><br /></b>
Per la mia pace mentale riguardo la vaccinazione di mia figlia,
mancava un ultimo tassello: informarmi sulla <b>sicurezza del vaccino</b>.
Il medico del centro vaccinale con cui avevo parlato non l'aveva
messa in dubbio. Anzi, aveva detto esplicitamente “il vaccino è
sicuro, ma se non è anche efficace non ha senso farlo”. Comunque,
poiché si tratta di un nuovo vaccino, registrato e messo in
commercio da pochi anni, volevo chiarirmi le idee sui test clinici e
sui controlli a cui era stato sottoposto per accertarne la sicurezza.<br />
Ho interpellato <b>Carlo Pini, direttore del Centro Nazionale per la
Ricerca e la Valutazione dei Prodotti Immunobiologici dell'Istituto
Superiore di Sanità</b>, per farmi spiegare la trafila dei test a cui è
soggetto un nuovo vaccino prima e dopo l'entrata in commercio.<br />
“<b>In Europa, sicurezza ed efficacia del vaccino contro il
meningococco B sono state valutate prima dell'immissione in commercio
con una procedura centralizzata da parte dell'EMA</b>”, mi ha spiegato.
“Gli esperti dell'EMA hanno esaminato il dossier redatto
dall'azienda produttrice, che contiene i dati relativi alla qualità
del processo di produzione, ai test effettuati su animali e ai test
clinici effettuati sull'uomo. Questi ultimi, <b>i test clinici per
valutare sicurezza ed efficacia, sono stati condotti su 2.627 bambini
e 1.631 adolescenti</b>. Hanno evidenziato reazioni indesiderate comuni
ad altri vaccini: febbre e infiammazione locale sul sito
dell'iniezione. <b>L'EMA ha giudicato favorevole il rapporto tra
benefici e rischi della vaccinazione</b> e il prodotto è stato
autorizzato al commercio in Europa il 14 gennaio 2013”.<br />
Come tutti i vaccini, anche questo è soggetto a <b>ulteriori
controlli dopo l'autorizzazione al commercio</b>. “C'è la
farmacovigilanza, di cui nel nostro Paese si occupa l'AIFA, l'Agenzia
Italiana per il Farmaco”, dice Pini. “Ogni qual volta si verifica
un evento avverso correlato alla somministrazione del vaccino, il
medico che ha fatto la vaccinazione o quello a cui si è rivolto in
seguito il paziente, è tenuto a fare una segnalazione all'AIFA. Se
l'evento è blando e compreso tra gli effetti indesiderati già noti
del vaccino, come la febbre, non c'è necessità di segnalarlo.
Spetta al medico, sulla base della propria esperienza clinica,
scegliere quali eventi segnalare, ipotizzando che siano stati causati
dalla somministrazione”.<br />
Per fare un esempio, una puntura di vespa all'uscita del centro
vaccinale è un evento avverso correlato temporalmente alla
vaccinazione ma chiaramente non legato da un rapporto di causa ed
effetto, dunque non viene segnalato.<br />
Perché è necessaria la farmacovigilanza, se il vaccino è stato
testato prima della registrazione? “Perché i test clinici
pre-registrazione sono condotti su alcune migliaia di soggetti. La
somministrazione a centinaia di migliaia, milioni di persone sul
territorio potrebbe far emergere effetti indesiderati più rari, che
non è possibile evidenziare su poche migliaia”, risponde Pini. “<b>A
tutt'oggi l'anti-men B è stato somministrato oltre un milione di
dosi in tutto il mondo e non è emerso nulla di nuovo</b>”.<br />
<b>Poi c'è la sorveglianza della qualità del prodotto già
autorizzato, prima che entri in commercio</b>. “L'azienda esamina ogni
lotto di vaccino prima di immetterlo sul mercato”, dice Pini,
“ulteriori esami su campioni di ogni lotto vengono condotti nei
laboratori di una rete di controllo coordinata dall'EDQM, il
Direttorato Europeo per la Qualità dei Farmaci. Infine, in Italia i
carabinieri prelevano a campione dosi di vaccino sul territorio,
dalle farmacie, dagli ospedali, dai centri vaccinali, e li inviano
all'Istituto Superiore di Sanità per un'ulteriore verifica della
qualità e della sicurezza”.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-Y2yMrPKQK7k/WBtMSGkGRPI/AAAAAAAAAcY/9TcptkZmcjciE0Lu-58wHDLRwjyFBKHKQCLcB/s1600/map-1019896.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-Y2yMrPKQK7k/WBtMSGkGRPI/AAAAAAAAAcY/9TcptkZmcjciE0Lu-58wHDLRwjyFBKHKQCLcB/s320/map-1019896.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<b>Nuovi dati</b><br />
<b><br /></b>
Con perfetto tempismo, proprio mentre scrivevo questo post, <b>The
Lancet ha pubblicato <a href="http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736%2816%2931921-3/fulltext?elsca1=etoc" target="_blank">i dati di Public Health England</a>, agenzia del Dipartimento della
Salute britannico, sull'efficacia del vaccino anti-meningococco B
dopo un anno di somministrazione a tutti i nuovi nati in UK.</b><br />
Dal primo settembre 2015, in Gran Bretagna la vaccinazione è
raccomandata a tutti i bimbi in due dosi: la prima a due mesi e la
seconda a quattro mesi. È prevista una dose di richiamo tra 12 e 13
mesi. Nel 2015 in Inghilterra e Galles, aree a cui si riferiscono i
dati pubblicati, sono nati 697.852 bambini. A un anno
dall'introduzione della vaccinazione risulta che il 95,5% dei piccoli
ha ricevuto almeno una delle due dosi entro i sei mesi di vita,
l'88,6% le ha ricevute entrambe. <b>Stiamo parlando quindi di 618.297
bambini oggetto dello studio pubblicato su The Lancet.</b><br />
Dalle ricerche precedenti e dalla valutazione dei ceppi di
meningococco B che circolano maggiormente in Gran Bretagna, si
stimava un'efficacia protettiva del vaccino variabile tra il 73 e
l'88%. <b>Il risultato ora verificato è che due dosi di vaccino
proteggono nell'82,9% dei casi dalle infezioni invasive da
meningococco B di qualunque ceppo</b>. L'incidenza dei bimbi vaccinati
con due dosi è stata confrontata con quella nei quattro anni
precedenti l'introduzione della vaccinazione.<br />
Nel corso dei primi dieci mesi dall'introduzione della
vaccinazione, i casi di infezione invasiva nella fascia d'età dei
bimbi eleggibili per ricevere il vaccino, indipendentemente dal fatto
che l'abbiano ricevuto o meno e in quante dosi, si sono ridotti del
50%: 37 casi contro una media di 74 casi pre-vaccino.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-4lwjSNv7Iqc/WBtM7F2DH4I/AAAAAAAAAcg/f1klf7lMCm0CiwuQmpPybBYSUwUbs3-1ACLcB/s1600/doctor-1461878769jQS.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://2.bp.blogspot.com/-4lwjSNv7Iqc/WBtM7F2DH4I/AAAAAAAAAcg/f1klf7lMCm0CiwuQmpPybBYSUwUbs3-1ACLcB/s400/doctor-1461878769jQS.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<b>Concludendo...</b><br />
<b><br /></b>
A conclusione di tutta questa storia, <b>porterò sicuramente mia
figlia a fare la seconda dose di vaccino</b>, anche se non ho ancora
deciso dove andremo.
<br />
Sono convinta che il direttore del centro vaccinale con cui ho
parlato non sia un anti-vaccinista, ma sono altrettanto convinta che
abbia un serio problema di comunicazione. Se ha tentato di
dissuadermi perché c'è penuria di dosi del vaccino e ritiene che
sia meglio riservarle ai bambini più piccoli, nella fascia a maggior
rischio di infezione, doveva dirlo chiaramente. Se ritiene che il
costo del vaccino sia sproporzionato rispetto ai vantaggi della
somministrazione nella fascia d'età di mia figlia, doveva dirlo
chiaramente. Invece ha detto “questo vaccino è inefficace” e
come lo ha detto a me, così lo ha detto a diverse mamme che mi hanno
contattata per raccontarmi la loro esperienza dopo che ne ho parlato
su Facebook. Così facendo ha trasmesso il messaggio che il vaccino
contro il meningococco B è inefficace, benché sia raccomandato
dalle società scientifiche che hanno valutato la documentazione più
aggiornata al riguardo, e dunque più in generale non c'è da fidarsi
dell'efficacia dei vaccini raccomandati.<br />
Io ho la fortuna di lavorare nel settore, so a chi rivolgermi e
dove trovare le informazioni di cui ho bisogno. <b>Quanta confusione può
generare una comunicazione di questo tipo rivolta a famiglie che non
hanno altre fonti di informazione?</b><br />
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<br />
<br />
<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-66113848939989248692016-02-08T16:12:00.000+01:002016-02-08T16:13:02.143+01:00Le linee guida sul parto vaginale servono adessoEcco un aggiornamento sulla <a href="https://www.change.org/p/ministro-della-salute-on-beatrice-lorenzin-serena-battilomo-ufficio-x-del-ministero-della-salute-chiediamo-che-il-ministero-della-salute-promuova-in-tempi-rapidi-l-elaborazione-di-raccomandazioni-sull-appropriatezza-degli-interventi-medici-nell-assis" target="_blank">petizione</a> che ho lanciato sue mesi fa sul sito Change.org<br />
Scopo della raccolta di firme è <b>chiedere al Ministero della Salute di promuovere in tempi rapidi la redazione e la pubblicazione di linee guida nazionali sull'assistenza al parto vaginale</b>, per definire in modo chiaro e basato sull'evidenza scientifica l'appropriatezza degli interventi medici messi in atto durante la nascita. <br />
<br />
I tristi fatti di cronaca degli ultimi mesi, le morti di cinque partorienti in un breve arco di tempo, hanno attirato l'attenzione dei media sulla questione della sicurezza del parto nel nostro Paese. <b>L'Italia non è, come alcuni sostengono, il Paese con il più basso tasso di mortalità materna al mondo</b>. Secondo i dati raccolti dall'Istituto Superiore di Sanità nell'ambito del progetto "Sorveglianza della Mortalità materna", i decessi sono 10 ogni 100.000 nascite. Pochi, rispetto alla situazione di tanti altri Paesi nel mondo e in linea con la media europea, ma comunque esistono "ampi spazi di possibile miglioramento", come ha osservato Serena Donati, del Reparto salute della donna e dell'età evolutiva dell'ISS. Adottando gli opportuni provvedimenti, si può mirare a dimezzare il numero.<br />
<b><br /></b>
<b>Uno dei fattori responsabili di morti materne è il ricorso inappropriato al bisturi</b>. "Il cesareo è un intervento salvavita quando è indicato", spiega Donati. "Ma quando si ricorre al bisturi senza indicazione medica, comporta un aumento dei rischi per la salute della donna e del bambino e in Italia l'eccesso di cesarei è un problema serio".<br />
<br />
<b>Spesso l'approdo al cesareo in casi in cui se ne sarebbe potuto fare a meno è l'esito di una catena di procedure mediche messe in atto senza necessità</b>: induzione del travaglio, rottura manuale delle membrane, somministrazione di ossitocina, obbligo all'immobilità in posizione litotomica, monitoraggio continuo, interventi che possono indurre alterazioni nel battito cardiaco fetale e condurre al cesareo d'urgenza.<br />
<br />
Per garantire la sicurezza alle partorienti e ai loro bambini, nonché il loro benessere, il rispetto della dignità delle donne come protagoniste consapevoli del parto, <b>è necessario che una fonte istituzionale come il Sistema Nazionale Linee Guida produca delle raccomandazioni</b> seguendo un metodo rigoroso e basato sull'evidenza scientifica, che sia un punto di riferimento perché nell'assistenza al parto vaginale vengano messi in atto solo interventi appropriati.<br />
<br />
Il 24 novembre scorso, <b>il Ministero della Salute, d'accordo con il Comitato Percorso Nascita Nazionale ha deciso di chiedere al Servizio Nazionale Linee Guida dell'ISS la stesura delle linee guida sull'assistenza intra-partum</b>, quello che chiede la mia petizione. Allo stato attuale, però, il SNLG è fermo in attesa di finanziamenti e non può quindi procedere con la stesura delle linee guida. Di fatto, dunque, tutto ancora tace.<br />
<br />
Il presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, Paolo Scollo, che ho interpellato per chiedere un commento e l'adesione alla petizione, mi ha risposto che "<b>un gruppo di esperti della SIGO è già al lavoro per la stesura delle linee guida in questione, in collaborazione con il Ministero</b>". Non mi ha fornito ulteriori informazioni sui nomi degli esperti che starebbero lavorando al progetto. Il Ministero, però, ha dato incarico ufficialmente al SNLG di occuparsi della redazione, ed <b>è importante che sia un organo istituzionale a formularle</b> seguendo il metodo già collaudato per altri analoghi documenti, a maggior ragione dal momento che la nuova legge sulla responsabilità professionale del personale sanitario prevede che non siano responsabili di eventuali danni i medici che si sono attenuti alle linee guida nel settore dell'intervento.<br />
<br />
Ecco perché <b>ritengo che sia ancora importante diffondere e firmare la petizione</b> ed esercitare la pressione del pubblico (nel piccolo che questa raccolta di firme può fare) per chiedere che il Sistema Nazionale Linee Guida venga messo nelle condizioni di poter elaborare linee guida basate sulle più recenti evidenze scientifiche.<br />
<br />
<b>A tutt'oggi le firme raccolte sono 955. Forza! Facciamo crescere l'elenco!!</b><br />
<br />
<br />
<br />
<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-57953934954829787492015-12-10T23:13:00.000+01:002015-12-10T23:13:19.080+01:00Vuoi partorire così?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Guardate questo geniale video prodotto da <a href="http://freedomforbirthromeactiongroup.blogspot.it/" target="_blank">Freedom for Birth - Rome Action Group</a>, Si intitola<b> "La Prestazione"</b> e fa capire meglio di tante parole che cosa vuol dire parto medicalizzato. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Nel nostro Paese, troppo spesso <b>un evento fisiologico come la nascita di un bambino viene disturbato da interventi medici innecessari</b>, una pratica irrispettosa della dignità, del benessere e dell'autodeterminazione della donna, che va a detrimento della sicurezza e della salute della madre e del bambino.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
E tu, vuoi partorire così?</div>
<div class="" style="clear: both; text-align: left;">
<b>Unisciti alla <a href="https://www.change.org/p/ministro-della-salute-on-beatrice-lorenzin-serena-battilomo-ufficio-x-del-ministero-della-salute-chiediamo-che-il-ministero-della-salute-promuova-in-tempi-rapidi-l-elaborazione-di-raccomandazioni-sull-appropriatezza-degli-interventi-medici-nell-assis?recruiter=38273048&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink" target="_blank">petizione</a></b> per sollecitare al Ministero della Salute la stesura di linee guida sull'assistenza al parto fisiologico. Perché sia chiaro, nero su bianco, quali interventi medici sono indicati in quali circostanze e quali sono invece innecessari o controproducenti.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/ECCVPE1iyUk/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/ECCVPE1iyUk?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-91336971014138271682015-09-23T12:05:00.002+02:002015-09-23T12:21:02.990+02:00#partorispettosoIl Sistema Nazionale Linee Guida del Ministero della Salute ha pubblicato nel corso degli anni due testi che contengono raccomandazioni per l'appropriatezza degli interventi medici nell'assistenza alla gravidanza fisiologica e per l'indicazione al parto cesareo. <b>Manca all'appello un documento sull'appropriatezza degli interventi medici nell'assistenza al parto vaginale, documento fondamentale per combattere efficacemente l'eccessiva medicalizzazione del parto nel nostro Paese.</b><br />
Che sia necessario, ne è ben consapevole chi si occupa di salute materno infantile al Ministero e all'Istituto Superiore di Sanità. Al momento, però, il Sistema Nazionale Linee Guida è in corso di riorganizzazione ed è fermo.<br />
<b>Mammifera Digitale ha lanciato con Change.org una petizione per chiedere in tempi brevi l'elaborazione delle raccomandazioni e la stesura di una versione divulgativa del documento, per contribuire all'informazione e alla consapevolezza delle donne e delle future mamme.</b><br />
<br />
Se siete d'accordo, leggete, firmate e condividete!<br />
<br />
<a href="http://mammiferadigitale.blogspot.it/p/piu-rispetto-e-piu-appropriatezza.html" target="_blank">Petizione #partorispettoso</a><br />
<br />
<a href="https://www.change.org/p/ministro-della-salute-on-beatrice-lorenzin-serena-battilomo-ufficio-x-del-ministero-della-salute-chiediamo-che-il-ministero-della-salute-promuova-in-tempi-rapidi-l-elaborazione-di-raccomandazioni-sull-appropriatezza-degli-interventi-medici-nell-assis?recruiter=38273048&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink" target="_blank">QUI IL LINK ALLA PETIZIONE SU CHANGE.ORG</a><br />
<br />Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-50371382212848732982015-08-06T09:29:00.000+02:002015-08-06T09:30:38.516+02:00Il parto in Italia: c'è troppa medicalizzazione<div style="margin-bottom: 0cm;">
Come è stato il tuo parto? Sei
soddisfatta dell'esperienza vissuta? Provate a formulare queste
domande su un forum frequentato da neomamme e farete un buon raccolto
di “storie dell'orrore”: racconti di travagli affrettati con
l'ossitocina per liberare un posto in sala, snervanti monitoraggi in
continuo, poca intimità e via vai continuo di operatori, episiotomie
praticate di routine.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Gli aneddoti, si sa, non fanno
statistica. Che dire, dunque? Sono pochi casi eccezionali che
risaltano per la loro negatività, oppure effettivamente l'eccesso di
medicalizzazione del parto fisiologico è diffuso nel nostro Paese?<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/61/Postpartum_baby2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="265" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/61/Postpartum_baby2.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Tom Adriaenssen via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“<b>L'Italia è uno dei Paesi al
mondo dove i bimbi nascono in condizioni di maggior sicurezza</b>: la
mortalità materna e perinatale è bassissima, abbiamo un sistema
sanitario universalistico che assicura a tutte le donne l'assistenza
pubblica necessaria”, osserva <b>Serena Donati, ricercatrice del
Reparto salute della donna e dell'età evolutiva dell'Istituto
Superiore di Sanità</b>. “Fatta questa doverosa premessa, va detto
che <b>effettivamente nel nostro Paese c'è un problema di eccessiva
medicalizzazione dell'evento nascita</b>. Lo dimostra in primis la
percentuale dei tagli cesarei, che sono di gran lunga troppi rispetto
a quanto raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Anche nell'espletamento del parto vaginale, c'è un ricorso
eccessivo, e dunque inappropriato, a pratiche mediche come
l'induzione del travaglio o l'episiotomia. Il Ministero della Salute
tiene il polso della situazione analizzando le schede di dimissione
ospedaliera e i certificati di assistenza al parto e l'Istituto
Superiore di Sanità conduce indagini campionarie periodiche
sull'intero percorso nascita. L'ultima pubblicata risale al
2011-2012”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
È il Rapporto “<a href="http://www.iss.it/binary/publ/cont/12_39_web.pdf" target="_blank">Percorso nascita:promozione e valutazione della qualità di modelli operativi</a>”, che riporta i dati relativi ad alcuni indicatori di appropriatezza.
Ne risulta che <b>il 19,4% delle donne coinvolte nell'indagine che
ha partorito per via vaginale ha avuto il travaglio indotto</b>, quasi il
doppio del 10% che l'Organizzazione Mondiale della Sanità indica
come percentuale ottimale. <b>L'episiotomia è stata praticata nel 43,6%
dei parti vaginali</b>. Si fa quasi di routine, mentre l'OMS
raccomanda di limitarla ai pochi casi di reale necessità. Mancano
informazioni sulla frequenza di altre pratiche a rischio di
inappropriatezza, come il monitoraggio continuo durante il travaglio,
la somministrazione di ossitocina o la manovra di Kristeller, inutile
e pericolosa secondo la letteratura scientifica.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ad/Babyfoot.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="237" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/ad/Babyfoot.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Kopfjäger via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Soddisfatte?</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Il rapporto contiene anche i risultati
di un'indagine sulla soddisfazione delle neomamme riguardo
l'esperienza del parto. Risultato: <b>il 47,7% delle madri italiane
intervistate la considera ottima, il 34,7 la considera buona, il 12,7
soddisfacente, il 3,3 insoddisfacente e l'1,6% pessima. </b>
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“È significativo il fatto che meno
del 50% delle interpellate abbia giudicato ottima l'esperienza
vissuta”, commenta <b>Michele Grandolfo, ex direttore dello stesso
Reparto dell'Istituto Superiore di Sanità,</b> uno degli autori del
rapporto. “Va detto, inoltre, che una donna a cui viene posta una
domanda di questo tipo tende spesso a dichiarare un livello di
soddisfazione superiore a quello realmente percepito”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Perché? “A causa delle aspettative
indotte dalla nostra cultura”, risponde <b>Gabriella Pacini,
ostetrica di Freedom for Birth Rome Action Group</b>. “<b>La
maggior parte delle future mamme è portata ad aspettarsi un parto
difficile e doloroso. </b>Così chi ha subito una procedura inutile e
inappropriata è convinta che fosse necessaria per il bene proprio e
del bambino e non se ne lamenta. Non è socialmente ben accetto
lamentarsi e rammaricarsi per un evento che ha portato alla nascita
di un bambino sano, quindi <b>la donna col suo piccolo in braccio
rimuove quanto di sgradevole ha vissuto</b>”. Ci vorrebbe, dunque,
una maggiore consapevolezza da parte delle partorienti sulla
fisiologia del parto, sulle circostanze in cui questa o quella
procedura medica è realmente indicata e sul diritto al consenso
informato e al rispetto delle esigenze e delle preferenze personali.
“Le procedure mediche inappropriate, oltre alle conseguenze
negative per la salute che possono comportare, producono un danno
psicologico”, prosegue Grandolfo. “Inducono un senso di
incompetenza, sfiducia nelle proprie capacità, atteggiamenti di
delega”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/38/HumanNewborn.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="271" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/38/HumanNewborn.JPG" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Ernest F via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Linee guida</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Induzione del travaglio, rottura
artificiale delle membrane, rasatura del pube, clistere, posizione
litotomica, divieto di bere acqua e idratazione per endovena,
somministrazione di ossitocina, monitoraggio continuo, episiotomia,
manovra di Kristeller sono alcune delle pratiche a maggior rischio di
inappropriatezza elencate nel <a href="http://www.who.int/maternal_child_adolescent/documents/who_frh_msm_9624/en/" target="_blank">manuale sull'assistenza al parto fisiologico</a> dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e nelle <a href="https://www.nice.org.uk/guidance/cg55/chapter/guidance" target="_blank">linee guida</a> sullo stesso argomento del National Institute for Health and Care
Excellence britannico.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nel nostro Paese, al momento, il
Sistema Nazionale Linee Guida ha elaborato raccomandazioni relative
all'assistenza della gravidanza fisiologica e ai criteri per
l'indicazione del parto cesareo, <b>ma non ha pubblicato alcun
documento relativo all'assistenza del parto fisiologico</b>.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Il SNLG è in una fase di
ridefinizione e non riceve finanziamenti da due anni”, dice Serena
Donati. “La sua attività di fatto è bloccata, tanto che non siamo
riusciti neppure a pubblicare l'aggiornamento delle linee guida sulla
gravidanza fisiologica previsto per il 2014. <b>La gestione del parto
fisiologico è uno degli ambiti in cui sarebbe utile elaborare
raccomandazioni per la pratica clinica</b>”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A <b>Paolo Scollo, presidente della
Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia</b>, non piace il
concetto di linee guida per l'assistenza al parto. “Il medico non è
un esecutore di linee guida”, dice. “È un professionista che
mette a frutto tutti i giorni la sua competenza e la sua esperienza,
valutando caso per caso quello che è opportuno fare. Anche le
pratiche a rischio di inappropriatezza elencate dall'OMS e dal NICE
in alcuni casi sono necessarie. <b>Spetta al ginecologo decidere
quando</b>”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
È un dato di fatto, però, che in
Italia il parto fisiologico è eccessivamente medicalizzato. C'è
qualche controllo da parte della SIGO sull'appropriatezza di
intervento dei propri associati? “La SIGO non ha finalità di
controllo”, risponde Scollo. “Spetta al singolo medico agire in
scienza e coscienza e se commette un abuso ne risponde personalmente.
L'eccesso di medicalizzazione c'è, ne siamo consapevoli, ed è
spesso legato al fenomeno della medicina difensiva. I ginecologi sono
i più tartassati dalle denunce da parte delle pazienti e di solito
un medico viene denunciato perché si ritiene che abbia fatto troppo
poco, non troppo. Dunque i ginecologi per cautelarsi tendono a fare
di più”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Serena Donati non nega l'impatto del
timore delle denunce sul lavoro dei ginecologi. “Ma la risposta
giusta non è l'interventismo eccessivo e inappropriato”, dice.
“Altrimenti il cane si morde la coda. L'unica strada per risolvere
il problema è porre attenzione all'appropriatezza degli interventi
recuperando il rapporto di fiducia tra medico e paziente”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
In questo senso anche l'elaborazione di
linee guida rappresenta un intervento utile. “S<span style="color: black;">ono
strumenti importanti per informare i professionisti sanitari e i
cittadini sulle pratiche </span><span style="color: black;">più
appropriate in specifiche situazioni cliniche, tuttavia le evidenze
scientifiche non prendono decisioni! Possono solo guidare le scelte
assistenziali che spettano comunque ai clinici</span>”, dice
Donati. “Le linee guida sono uno strumento per facilitare
l'aggiornamento dei professionisti e per aggiornare e condividere i
protocolli assistenziali nei diversi presidi sanitari. Rappresentano
un aiuto sulla strada per demedicalizzare l'evento nascita”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Che cosa possiamo fare?</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“<b>Qualunque cittadino può
sollecitare il Ministero della Salute perché promuova l'elaborazione
di linee guida su uno specifico argomento</b>”, osserva Michele
Grandolfo. “La richiesta ha più peso se viene da una società
scientifica, da un'associazione. Io credo che le mamme e le future
mamme che si aggregano in rete per comunicare e confrontare le loro
esperienze dovrebbero organizzarsi e formulare una richiesta in tal
senso. Hanno abbastanza peso per riuscire nell'intento e l'iniziativa
sarebbe un'ottima occasione per guadagnare consapevolezza sulla
gestione della propria salute”.</div>
Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-87977649923703414582015-08-02T01:49:00.000+02:002015-08-02T01:57:22.881+02:00Il neonato sano: istruzioni per l'uso? (Seconda Parte)<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Nelle
prime ore di vita è meglio allontanare dalla madre il bambino,
benché sano e nato a termine, e affidarlo alle cure del personale
sanitario, per tenere sotto controllo le sue condizioni di salute e
prevenire eventi avversi, improbabili ma sempre possibili.</b></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-weight: normal;">Nella
<a href="http://mammiferadigitale.blogspot.it/2015/07/il-neonato-sano-istruzioni-per-luso.html" target="_blank">prima parte</a> di questo post ho riportato le critiche mosse da medici, ostetriche e
consulenti per l'allattamento a questa controversa affermazione,
contenuta in un documento pubblicato dalla </span><b>Società Italiana di
Neonatologia</b>.</div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Non è
questo l'unico punto critico del testo della SIN.
<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/86/Breastfeeding.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/86/Breastfeeding.jpg" width="213" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Petr Kratochvil via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="LEFT" style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Il calo fisiologico e
l'aggiunta</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Per esempio, si legge nel documento che
“il calo di peso nei primi giorni di vita fino al 10% del peso di
nascita è assolutamente fisiologico e non deve destare
preoccupazione”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Poco più avanti viene detto, però:
“<b>Se il calo è tra il 7% e il 10% si integra l’allattamento al
seno con latte artificiale</b> (aggiunta di latte dopo la poppata al
seno) in modo da garantire al neonato l’apporto adeguato, si
controlla la diuresi (semplice osservazione) e si danno indicazioni
ai genitori sull’alimentazione al seno. Se il calo di peso è
maggiore del 10% si controlla la diuresi con il peso del pannolino,
si eseguono esami ematochimici (natremia e creatininemia) e si
suggerisce un’integrazione alimentare con latte artificiale dopo la
poppata al seno”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Dunque il calo è fisiologico entro il
10%, ma già al 7% è opportuno intervenire con l'aggiunta di latte
artificiale?</b> “In terza giornata dopo il parto, il calo può
raggiungere il 10%”, spiega <b>Elisabetta D'Amore, coordinatrice
ostetrica di sala parto dell'Ospedale Fatebenefratelli dell'Isola
Tiberina di Roma</b>. “Se la soglia viene superata, bisogna
comprenderne le ragioni: forse c'è qualcosa che non va nelle
modalità di attacco al seno, forse le poppate non sono abbastanza
frequenti. Solo se i tentativi di risolvere il problema non danno
risultati soddisfacenti e il bambino continua a calare di peso o non
lo recupera, si prescrive <b>l'aggiunta, che non deve essere
demonizzata, ma che va prescritta quando ce n'è effettiva
necessità</b>”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ho chiesto a Costantino Romagnoli,
presidente della SIN, di chiarire il senso dell'integrazione di latte
artificiale se il calo neonatale è al 7%, dunque ancora entro i
limiti della fisiologia. “È ben noto che un calo fisiologico
superiore al 10% vuol dire che il neonato non ha ricevuto liquidi a
sufficienza”, risponde il neonatologo. “Questo comporta spesso
una contrazione della diuresi (emissione di urine) e un aumento della
concentrazione di sodio e di elettroliti nel sangue che può essere
molto dannosa (convulsioni ipernatriemiche). Chi, come me, lavora in
in un grande ospedale vede molti neonati che vengono ricoverati con
questo problema (la disidratazione, non le convulsioni) perché non
è stato valutato bene l’apporto alimentare o perché
l’allattamento stenta a decollare. Allora da sempre un calo
giornaliero superiore al 5% viene da noi considerato a rischio e
necessita di un controllo alimentare (verificare quanto latte prende
il bambino, controllare la diuresi e il peso) ed integrare con
liquidi l’eventuale carenza. <b>Il limite del 7% è il limite di
allarme per evitare che il neonato superi il 10% del calo totale</b>:
vuol dire assistere meglio la madre nell’allattamento, controllare
più da vicino il neonato in rooming-in ed eventualmente consigliare
integrazioni se necessarie”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ancora una volta, dunque, <b>il principio
che anima queste indicazioni è considerare la fisiologia una
condizione a rischio di sfociare nella patologia</b>. “Può accadere
che una donna abbia poco latte, che l'integrazione si riveli
necessaria, ma non è assolutamente la norma. <b>La disidratazione del
neonato non è un evento frequente</b>”, commenta <b>Riccardo Davanzo,
neonatologo dell'Ospedale Burlo Garofolo di Trieste</b>. “Bisogna fare
chiarezza e non agitare spauracchi”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'integrazione con latte in formula non
può essere prescritta in via precauzionale, senza reale necessità,
perché non è priva di effetti indesiderati. “È l'inizio di un
circolo vizioso che pregiudica il buon avvio dell'allattamento”,
commenta la Coalizione Italiana per l'Alimentazione dei Neonati e dei
Bambini. Succede che <b>il neonato, saziato dall'aggiunta, riduce la
frequenza delle poppate al seno e le mammelle, senza la giusta
stimolazione, riducono la produzione di latte</b>. Un circolo vizioso,
appunto.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/97/Breastfeeding01.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/97/Breastfeeding01.jpg" width="310" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di I Produnis via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<b>A richiesta, ma non troppo</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Parlando ancora di allattamento, il
documento della SIN afferma che “<b>ogni poppata dovrebbe durare in
tutto circa 20-30 minuti (non più di 10-15 minuti per seno)
alternando il seno da cui si inizia</b>”. Allattamento a richiesta,
dunque, ma con l'orologio in mano.
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Ogni neonato ha i suoi tempi, che
sono anche dettati dalla frequenza delle ondate di latte a
disposizione e dalla calibrazione del seno”, risponde la <b>CIANB</b>, “in
più, il neonato si stacca spontaneamente da una mammella quando ha
assunto tutta la quantità di grassi che gli giova; <b>dare tempi per
una poppata e per ogni singola mammella va contro la fisiologia
dell’allattamento</b>”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Interpellato su questo punto, Romagnoli
risponde così alle critiche. “Chi ha qualche anno sulle spalle, ha
vissuto in passato il tempo delle doppie pesate ed ha potuto
verificare che tale pratica è poco utile e non la consiglia più,
se si attuano gli altri controlli consigliati. Quella pratica però
ci ha insegnato che nei primi 5-10 minuti ad ogni seno il neonato
assume il 95% del latte che assumerà in totale qualunque sia la
durata della poppata”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Va detto, però, che <b>la composizione
del latte materno non è omogenea nel corso della poppata</b>. “Quello
che il piccolo assume nei primi minuti di suzione è ricco di
zuccheri e povero di grassi, acquoso”, spiega Elisabetta D'Amore.
“Man mano che la mammella si svuota, il liquido si fa più denso e
ricco di grassi, indispensabili per il nutrimento del neonato. I
bimbi che d'abitudine vengono staccati pochi minuti dopo avere
iniziato a mangiare, crescono più lentamente e tendono a cercare più
spesso il seno”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Riguardo alla frequenza delle poppate
nelle prime settimane di vita, il testo della SIN dice che “è
importante attaccare il neonato al seno appena possibile e
frequentemente nei primi giorni di vita poiché la suzione dal
capezzolo è l’unico stimolo veramente efficace per la produzione
del latte”, ma poi aggiunge: “Il neonato si autoregola
nell’appetito e piange quando ha fame. Questo è certamente vero
quando il colostro iniziale si sarà trasformato in latte maturo
(15-20 giorni dopo il parto), ma fino a quel momento cercare un ritmo
sarà utile per il neonato e per il seno materno. <b>Se si attacca il
neonato al seno ogni 2-3 ore e si cerca di allungare il tempo tra una
poppata e l’altra non c’è dubbio che si facilita l’assunzione
di quantità di latte maggiori perché il seno ha più tempo per
riempirsi. </b>Nello stesso tempo un neonato che mangia quantità sempre
maggiori tende ad assumere un ritmo di poppate inferiori lasciando
alla madre il tempo di recuperare (forze e sonno)”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<b>Dunque la suzione frequente stimola la
produzione di latte, ma è meglio allungare la distanza tra le
poppate per consentire al seno di riempirsi. I conti non tornano.</b></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Se è vero che in fase di avvio
dell’allattamento la stimolazione più frequente è utile a
stimolare la produzione di latte”, commenta Costantino Romagnoli,
“una volta avviato l’allattamento il neonato tende ad assumere
più latte ad ogni poppata e questo dilata progressivamente il suo
stomaco che all’inizio è una cavità virtuale. Ora, se il
neonato viene allattato ogni ora, prende poco latte (quello che si
può essere prodotto in un’ora) e mangerà 15-20 volte al giorno.
Questo porta la madre ad un affaticamento che va ad interferire
fisicamente e psicologicamente sull’allattamento futuro. Si pensi
che, oggi, il sentirsi non adeguata all’allattamento è la causa
principale della depressione post-partum”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Ma <b>se il bambino non succhia
frequentemente, il seno non si riempie</b>. “È un meccanismo naturale
che si è sviluppato nei mammiferi per rallentare o bloccare la
produzione del latte se la richiesta da parte del piccolo diminuisce
o viene a mancare”, spiega Elisabetta D'Amore. “Distanziare
forzatamente le poppate comporta una riduzione della produzione di
latte. Il bambino regola la produzione del latte materno aumentando o
diminuendo la frequenza delle richieste a seconda della quantità di
alimento di cui ha bisogno”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Infine, si legge nel testo della SIN:
“Bisogna rassicurare le mamme che <b>se si somministra qualche liquido
(acqua, camomilla, tisana) al neonato questo si attaccherà comunque
al seno</b>”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
A che pro somministrare al neonato
acqua, camomilla o tisana, se ricava i liquidi e il nutrimento di cui
ha bisogno dal latte materno? “Se un neonato piange
ininterrottamente, nonostante la madre lo tenga al seno in continuo
(e non è evento poco frequente soprattutto nei primi giorni dopo il
parto per primipare, tagli cesarei, madri con capezzoli introflessi,
neonati di basso peso e late preterm) cosa si proporrà di fare se
non di dare qualche liquido? O sarebbe meglio il latte artificiale?”,
risponde Romagnoli.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“Il neonato che mangia regolarmente,
che bagna 5-6 pannolini al giorno e che cresce secondo fisiologia non
ha bisogno di acqua, camomilla, tisane o di latte in formula”, dice
Elisabetta D'Amore. “Il fatto che pianga frequentemente non vuol
dire che abbia fame o sete. Il pianto è un sintomo aspecifico: può
dipendere da mille motivi. Bisogna piuttosto cercare di capire perché
il piccolo si comporta così. <b>La somministrazione di liquidi in
aggiunta al latte materno nei primi giorni di vita, a meno che non
sia necessaria per ragioni mediche, mette a rischio il buon avvio
dell'allattamento, perché può instaurare nel bambino una falsa
percezione di sazietà e spingerlo a succhiare meno latte</b>”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
Nella prima e nella seconda parte di
questo post ho evidenziato alcuni dei punti più controversi del
documento pubblicato dalla SIN. “Sono certo che queste mie
considerazioni accresceranno le critiche più che rispondere ad
esse”, ha commentato Romagnoli al termine dell'intervista. “Ma la
pratica clinica non è fatta di sentenze e di teorie. La salute
della madre e del bambino la si protegge agendo in sicurezza ed
evitando rischi inutili”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
L'approccio che il presidente della SIN
propone per agire in sicurezza e prevenire rischi inutili non è
condiviso da tutti i suoi colleghi. “Il documento del presidente è
oggetto di discussione sia all'esterno che all'interno della
Società”, dice Davanzo. “La dialettica è accesa. Il dibattito
proseguirà e vedremo a che cosa porterà”.</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-73910527186273054962015-07-31T23:20:00.002+02:002015-08-02T18:35:01.057+02:00Il neonato sano: istruzioni per l'uso? (Prima Parte)Di che cosa ha bisogno un bimbo sano, nato a termine con parto fisiologico? Del contatto pelle a pelle con la mamma e il rispetto dei suoi tempi, oppure di controlli attenti e procedure mediche per prevenire l'eventualità di un peggioramento delle condizioni di salute, improbabile ma sempre possibile? Di entrambe le cose, ovviamente. Sicurezza e benessere del piccolo sono entrambi obiettivi importanti. Tutto sta nel conciliarli al meglio nelle cure dei primi giorni di vita.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/38/HumanNewborn.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="217" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/38/HumanNewborn.JPG" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Ernest F via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b style="font-style: italic;"></b>La <b>Società Italiana di Neonatologia</b> ha pubblicato sul proprio sito e diffuso alla stampa un documento dal titolo <a href="http://www.neonatologia.it/upload/2076_CS%20PRIMI%2030%20GIORNI%20BEBE'%20-%20SIN%20Societ%C3%A0%20Italiana%20di%20Neonatologia.pdf" target="_blank">“Genitori e i primi 30 giorni con il bebè”</a>, che raccoglie “i consigli degli esperti su come affrontare nel modo giusto l'arrivo di un bambino”.
Il succo del messaggio è: <b>anche al bimbo apparentemente più sano potrebbe accadere improvvisamente qualcosa di brutto. È meglio che di lui si prenda cura il personale sanitario nel nido, piuttosto che la mamma, disattenta perché inesperta e stanca per il travaglio</b>.<br />
Settimana dopo settimana, il documento è rimbalzato sui social media suscitando vivaci polemiche, che sono montate sempre più.<br />
<br />
<b>Il nido è più sicuro</b><br />
<br />
Dice il testo della SIN che appena nato, dopo essere stato rapidamente osservato, asciugato e avvolto in un telo, il piccolo viene appoggiato alla mamma. “Una volta in braccio, il bambino può essere attaccato al seno. Si tenga presente che nella prima mezz’ora di vita in genere il neonato è molto attivo, dopodiché segue una fase fisiologica di rilassamento dopo lo stress del parto, in cui è normale che si addormenti. Ecco perché i 20-30 minuti successivi alla nascita sono quelli ideali in cui cominciare ad allattarlo, per stimolare da subito la produzione del latte e favorire il legame mamma-bambino. (…) Nelle 2 ore successive al parto la donna resta in osservazione in una stanza attigua alla sala parto. E il neonato? È probabile che a questo punto si sia già addormentato, per questo è meglio che anche la mamma si rilassi e il bimbo sia portato nel nido, dove può riposare nelle condizioni ed alla temperatura ottimali e dove soprattutto le puericultrici ed il neonatologo possono effettuare periodicamente i controlli di battito e respiro”.<br />
<b>Al contatto pelle a pelle con la mamma e all'avvio dell'allattamento vanno riservati, dunque, i primi 20-30 minuti di vita, dopo di che è meglio che il neonato sia trasferito al nido e affidato alla cura di medici e puericultrici. </b><br />
<b><br /></b>
<b>Rispettare i tempi del bambino e della mamma</b><br />
<b><br /></b>
La <b>Coalizione Italiana per l'Alimentazione dei Neonati e dei Bambini</b>, che ha risposto alle dichiarazioni della SIN con una <a href="http://www.cianb.it/wp-content/uploads/2015/07/lettera_SIN_25luglio2015.pdf" target="_blank">lettera</a> , osserva su questo punto: “Il neonato, proprio perché attivo, esprime in questo momento al massimo i riflessi innati primitivi che, assieme alle sue competenze neuro-motorie, gli permettono di cercare e trovare, con tempi e modi soggettivamente variabili, la mammella della mamma e di attaccarsi spontaneamente al seno. Alcuni neonati ci riescono in 20-30 minuti, altri necessitano di un tempo superiore (fino a 2 ore), in media ci vogliono almeno 60 minuti o poco più. <b>Questa fase e il contatto pelle a pelle non dovrebbero essere interrotti fino al completamento della prima poppata e, comunque, fino a quando la mamma lo desidera</b>”.<br />
Ho chiesto a <b>Costantino Romagnoli</b>, presidente della SIN, un commento sulle critiche espresse. “Cerchiamo di capire il senso di quanto detto”, risponde il neonatologo. “Innanzitutto la SIN da sempre sostiene l'importanza del contatto pelle a pelle e su questo è impegnata quotidianamente. È fisiologico che il neonato, dopo la nascita, abbia un periodo di circa 30 minuti di attività e poi dorme per circa 2 ore. La madre dopo il parto è nella maggior parte dei casi provata, specie le primipare e dopo un travaglio lungo. È bellissimo vedere il bimbo che dorme sulla madre dormiente o sonnecchiante. <b>C’è solo un problema: come controllare che il bimbo stia bene</b>. È ben noto che esista il neonatal collapse (la letteratura è piena di segnalazioni) e che molti centri (vedi Burlo Garofolo di Trieste) hanno instaurato un sistema di controllo nelle due-tre ore successive al parto con personale dedicato. Punti nascita con oltre 3000 nati all'anno non hanno dotazioni tecnologiche e di personale atte a tale tipo di controllo: <b>allora cosa si fa? Ci si affida al caso o al destino? Non mi sembra la pratica migliore per la sicurezza del neonato</b>”.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a7/Hospital_newborn_by_Bonnie_Gruenberg2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a7/Hospital_newborn_by_Bonnie_Gruenberg2.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">di Bonnie U Gruenberg via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<b>Il collasso neonatale</b><br />
<br />
<b>Il neonatal collapse a cui Romagnoli fa riferimento è un'evenienza rara</b> (da 2,6 a 38 casi ogni 100.000 nati in Europa) che si verifica in prevalenza nelle prime 72 ore di vita, analoga alla SIDS, la morte in culla. Le cause sono ancora per lo più sconosciute, ma l'esito fatale può essere prevenuto tenendo sotto controllo i parametri vitali del neonato per intervenire tempestivamente in caso di alterazioni. Visto che il presidente della SIN ha chiamato in causa sull'argomento l'Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, ho interpellato <b>Riccardo Davanzo</b>, neonatologo responsabile del servizio di rooming in e nido dell'ospedale triestino.<br />
“Il collasso neonatale è un rischio reale, che non deve essere trascurato”, dice Davanzo, “ma <b>non è giusto agitarlo come uno spauracchio per giustificare pratiche che non incoraggiano il contatto pelle a pelle tra la madre e il bambino e l'avvio precoce dell'allattamento</b>. Il contatto con la mamma, precoce e prolungato, fa bene al neonato. Non è ideologia. Si sa, è dimostrato, i suoi benefici per la salute di entrambi sono dati di fatto ormai incontestabili. Per la sicurezza del bambino è necessario controllare periodicamente i suoi parametri vitali, ma per farlo non occorre tenerlo lontano dalla mamma. È sufficiente organizzarsi e seguire dei criteri adeguati. Non è una missione impossibile: da noi e altrove si fa così. Il documento del presidente della SIN descrive le pratiche messe in atto in alcuni ospedali italiani, non tutti, e di certo non descrive le modalità ideali di cure del neonato. <b>Se l'organizzazione di alcune strutture impone dei limiti, questo non sia un alibi per far passare come ideale quel che ideale non è</b>”.<br />
<br />
<b><i>Leggi <a href="http://mammiferadigitale.blogspot.it/2015/08/il-neonato-sano-istruzioni-per-luso.html" target="_blank">qui</a> la seconda parte dell'articolo. L'allattamento al seno, il calo fisiologico, le aggiunte di latte artificiale, orari e durata delle poppate secondo il documento della SIN. Le critiche della Coalizione Italiana per l'Alimentazione dei Neonati e dei Bambini, i commenti di Riccardo Davanzo e di Elisabetta D'Amore, coordinatrice ostetrica della sala parto dell'Ospedale Fatebenefratelli di Roma.</i></b>Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1740993720208571378.post-20882349510474799852015-03-16T12:26:00.000+01:002015-03-16T12:26:45.346+01:00Il pupo mi mangia poco!<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/aa/Baby_eating_baby_food.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/aa/Baby_eating_baby_food.jpg" height="300" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I, Ravedave via Wikimedia Commons</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
Ma come fa il mio bambino a consumare tanta energia se mangia così poco? È una domanda che si pongono tanti genitori davanti al pupo che avanza la pappa nel piatto e poi corre e salta instancabile tutto il giorno.<br />
Ce lo chiediamo soprattutto noi genitori italiani, che per cultura dedichiamo più attenzione al cibo, ma se lo chiedono, evidentemente, anche i genitori britannici, se persino il settimanale New Scientist ha dedicato alla questione<a href="http://www.newscientist.com/topic/lastword/energy-unleashed/" target="_blank"> una puntata della rubrica The Last Word on Energy</a>.<br />
Poiché anch'io mi sono posta a lungo il problema di fronte agli ostinati rifiuti di mia figlia davanti al cucchiaino, ho cercato un esperto che mi rispondesse e ho girato la domanda a Francesco Chiarelli, direttore della Clinica Pediatrica dell'Università di Chieti e presidente della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica.<br />
"I bambini sono portati spontaneamente a nutrirsi secondo le proprie necessità: se hanno fame mangiano, quando sono sazi smettono di mangiare", osserva Chiarelli. "Crescendo subiscono le pressioni dei genitori ansiosi, delle pubblicità delle merendine in tv, dei coetanei, e la loro capacità di autoregolarsi viene sopraffatta. Ecco perché in Italia, come del resto in tutti i Paesi ricchi, tanti bimbi sono in sovrappeso o francamente obesi. I piccoli normopeso spiccano tra tanti paffutelli e sembrano sottopeso. Mamma e papà li vedono 'così magri', si preoccupano e insistono ancora di più perché finiscano la pappa nel piatto. Il cibo che il bimbo mangia spontaneamente, senza forzature, fino a sentirsi sazio è né più né meno quello che gli occorre per soddisfare il proprio fabbisogno di energia".<br />
Ci sono bimbi che a parità di peso e di attività fisica consumano di più e bimbi che consumano di meno? "Certamente", risponde il pediatra. "Le tabelle dei nutrizionisti, che indicano porzioni ottimali in base all'età, fanno riferimento a dei valori medi. Per esempio, un bambino di otto anni ha bisogno di circa 1.800 calorie al giorno, ma ciò non vuol dire che tutti i bambini di otto anni dovrebbero consumare esattamente 1.800 calorie al giorno. C'è quello a cui ne bastano 1.600 e quello a cui ne servono 2.000".<br />
Quindi se un bambino che mangia poco è in buone condizioni di salute e gioca e corre instancabile tutto il giorno, vuol dire che va bene così? La sua alimentazione è adeguata? "Ci sono casi in cui un bimbo mangia pochissimo ed è sottopeso perché è malato", dice Chiarelli. "Per esempio, è quello che accade ai piccoli che hanno una celiachia non diagnosticata, oppure una malattia infiammatoria cronica dell'intestino, ma sono bambini sofferenti, che hanno anche altri sintomi. E la loro condizione non sfugge alla visita di controllo del pediatra. Se il bimbo sta bene, non lamenta sintomi ed è carico di energia, non c'è nulla di cui preoccuparsi".<br />
<br />
<a href="http://genitoricrescono.com/alimentazione-nutrizione/" target="_blank"><strong>Questo post partecipa al blogstorming</strong> </a>Maria Cristina Valsecchihttp://www.blogger.com/profile/17202448597056529334noreply@blogger.com0