Recensioni à gogo – Film, Libri e Serie TV https://www.recensioniagogo.com/ Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico Mon, 15 Jan 2024 19:19:57 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.3 https://www.recensioniagogo.com/wp-content/uploads/2021/10/cropped-recensoavatar-32x32.jpg Recensioni à gogo – Film, Libri e Serie TV https://www.recensioniagogo.com/ 32 32 Cena Con Delitto. Recensione e spiegazione del film giallo con Daniel Craig https://www.recensioniagogo.com/2024/01/cena-con-delitto-recensione-e-spiegazione-della-commedia-gialla-con-daniel-craig.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cena-con-delitto-recensione-e-spiegazione-della-commedia-gialla-con-daniel-craig https://www.recensioniagogo.com/2024/01/cena-con-delitto-recensione-e-spiegazione-della-commedia-gialla-con-daniel-craig.html#respond Mon, 15 Jan 2024 15:01:57 +0000 https://www.recensioniagogo.com/?p=22922 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

Chi ha ucciso il famoso scrittore di gialli? La recensione e la spiegazione del primo giallo deduttivo con protagonista Daniel Craig nel ruolo dell'investigatore Blanc.

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Daniel Craig si prende una vacanza dal personaggio di 007 James Bond e indossa i panni di Benoit Blanc, detective sopra le righe, in questo giallo deduttivo in perenne equilibrio tra commedia e noir.

Trama, trailer, recensione, curiosità e spiegazione del film.

Film: Cena con delitto
Titolo originale: Knives Out
Nazionalità: USA
Anno: 2019
Durata: 130 minuti
Genere: Giallo; commedia; thriller; noir
Regia: Rian Johnson
Sceneggiatura: Rian Johnson
Fotografia: Steve Yedlin
Musiche: Nathan Johnson
Cast: Daniel Craig, Chris Evans, Ana De Amas, Jamie Lee Curtis, Don Johnson, Christopher Plummer.
Sequel: Glass Onion – Knives Out.


Trama

Massachussetts: per festeggiare i suoi 85 anni di vita, lo scrittore di bestseller gialli Harlan Thrombey (Christopher Plummer) raduna i parenti per una cena nella sua lussuosa villa, ma questi sono pronti a mangiarsi l’un l’altro per la ricca eredità. Fioccano liti e rinfacci. L’indomani l’anziano viene ritrovato morto con la gola tagliata e il coltello sul pavimento. Per la polizia è stato un suicidio, ma il detective Benoit Blanc (Daniel Craig), chiamato a investigare da una strana lettera, ha dei sospetti e scava in profondità…

Trailer

Recensione di Cena con delitto

Se ricordate il divertente e intricato “Signori, il delitto è servito“, il giallo ispirato al gioco da tavolo Cluedo, con Tim Curry nel ruolo di un improbabile maggiordomo, allora potrebbe piacervi anche “Cena con delitto”, con un divertito Daniel Craig impegnato in un’indagine altrettanto intricata, fatta di ribaltamenti e colpi di scena.

Il regista e sceneggiatore Rian Johnson firma questa deliziosa commedia gialla con un cast di stelle, dal compianto “Mr Edelweiss” Christopher Plummer, qui in una delle sue ultime interpretazioni, a Chris Evans, al quale ancora una volta è toccato il classico personaggio cazzone, per passare a Jamie Lee Curtis, con i capelli bianchi ma sempre simpatica, e al recuperato Don Johnson, anche lui invecchiato ma ancora piacente.

Daniel Craig, che a mio avviso non veste bene i panni di 007, appare invece molto a suo agio nel ruolo del detective Benoit, che sa essere eccentrico e frivolo come il mitico Hercule Poirot dei gialli di Agatha Christie, ma è anche dotato di un cervello fine e della tenacia tipica del Tenente Colombo.

Una volta che Benoit ha individuato la preda la insegue giocando al gatto col topo. D’altro canto è anche capace di provare empatia per le brave persone.

La storia di Cena con delitto è più gialla che commedia. Non si ride ma si sorride, perché la sceneggiatura percorre due linee narrative. Da un lato abbiamo l’indagine di Benoit, costellata dalle liti e dalle accuse tra i parenti del morto, avidi e gretti. Dall’altro c’è la linea narrativa che rappresenta il cuore, l’umanità, che si contrappone a tanta indifferenza e odio verso il defunto.

Il giallo acchiappa fin dall’incipit, per merito dei frizzanti dialoghi e soprattutto per il colpo di scena che arriva nella prima mezz’ora. È in questo momento che Cena con delitto si distacca dal già menzionato Clue (nominato proprio nel film), biforcando le linee narrative e proponendosi come prodotto più serio e cerebrale rispetto alle commedie gialle, grazie all’aroma di noir che indossa per tutto il tempo.

La trama è alquanto intricata, ma gli indizi sono disseminati bene fin dall’inizio, cosicché l’indagine è avvincente e il disvelamento è facile da seguire, soprattutto se siete stati attenti.

Se amate le indagini acute ispirate ai gialli alla Agatha Christie, lo siete per forza.

Consigliato a chi cerca un giallo vecchia maniera ma girato con i ritmi moderni, a chi vuole divertirsi tenendo però ben acceso il cervello.

Per la serie: quando Daniel Craig smette i panni di James Bond si salvi chi può.

Voto personale: 7.5


Curiosità

  • Il prestigioso Time ha inserito Cena con delitto tra i 10 migliori film del 2019.
  • Il successo di Cena con delitto ha aperto la strada a due sequel da distribuire su Netflix. Il primo, uscito nel 2022, si intitola Glass Onion – Knives Out e vede nel cast anche Edward Norton.
  • Cena con delitto ha raccolto varie candidature ai principali premi cinematografici, in particolare per la sceneggiatura originale di Rian Johnson, nella categoria miglior attore in un film commedia o musicale a Daniel Craig e nella categoria miglior attrice in un film commedia o musicale ad Ana de Armas, senza tuttavia vincerne nessuno.
  • Nel film si susseguono camei di alcuni attori famosi, come Hugh Grant, nel ruolo del compagno di Benoit, Ethan Hawke o Angela Lansbury, mitica “Signora in giallo”, qui nella sua ultima apparizione al cinema.
  • Nel film viene inquadrato alcune volte un grande ritratto dello scrittore morto (Christopher Plummer), la cui espressione cambia tra le scene, dapprima adirata poi beffarda infine soddisfatta. Si tratta di un effetto speciale inserito in post produzione.
  • Tra i precedenti film diretti da Rian Johnson, anche Looper, altra storia intricata ma sui viaggi nel tempo.
  • Daniel Craig si è trovato così a suo agio a lavorare con Ana de Armas che l’ha voluta nel cast del successivo film di James Bond, “No time to die“.

Spiegazione (attenzione SPOILER)

  • Marta non aveva iniettato alcuna dose letale di morfina ad Harlan, ma il solito vecchio farmaco.
  • L’anziano scrittore si era suicidato per davvero, proprio come aveva supposto la polizia. Lo aveva fatto solo per proteggere Marta da una potenziale accusa di omicidio.

Cosa abbiamo visto

  • Marta, quel pomeriggio, aveva tirato fuori dalla borsa sia la boccetta con il medicinale che era solita iniettare al vecchio, sia la boccetta con la morfina.
  • Le due boccette erano sul tavolino su cui Harlan e Marta stavano giocando a Go.
  • Poiché Marta aveva battuto lo scrittore, questi, per la stizza, aveva rovesciato la scacchiera con tutti i pezzi, ma inavvertitamente aveva fatto cadere a terra anche le due boccette.
  • Marta le aveva raccolte e aveva poi preparato la siringa con il farmaco da iniettare al vecchio.
  • Poco dopo, però, Marta, ricontrollando le etichette, aveva pensato di aver confuso le boccette e di aver riempito la siringa non con il farmaco prescritto dal medico ma con la morfina. Quella dose di morfina era letale. Stando ai suoi calcoli, ad Harlan mancavano pochi minuti di vita, prima che la morfina lo uccidesse.
  • Marta aveva cercato freneticamente nella sua borsa l’antidoto, cioè il naxolone, senza però trovarlo. Avrebbe potuto allora chiamare i soccorsi ma questi non sarebbero mai arrivati in tempo.
  • Marta aveva quindi confessato il suo errore ad Harlan.
  • Harlan aveva capito che Marta aveva sbagliato in buona fede, ma sapeva anche che la polizia avrebbe indagato su di lei, facendo l’autopsia e scoprendo la presenza della morfina. Avrebbero anche scoperto che la madre della ragazza, anni prima, era immigrata in America illegalmente dal Messico con la figlia.
  • Harlan, dunque, da scrittore di gialli quale era, aveva escogitato in pochi minuti un piano per dare a Marta un alibi.
  • Aveva istruito la ragazza per uscire dalla villa mentre lui era ancora vivo, assicurandosi che i parenti la vedessero andar via.
  • Subito dopo si era tagliato la gola con il coltello, fiducioso che la polizia avrebbe archiviato la sua morte come suicidio.
  • Marta aveva eseguito le istruzioni di Harlan: era uscita dalla villa mentre il vecchio era ancora vivo; poi era tornata indietro ed era salita nella camera di Harlan dall’esterno arrampicandosi sul rosaio. Aveva indossato il berretto e la vestaglia di Harlan- che ormai giaceva morto nel letto – e si era fatta intravedere di spalle dai parenti di Harlan, per illuderli di aver visto il vecchio ancora vivo.
  • Era risalita in camera di Harlan, si era spogliata ed era ridiscesa dalla finestra.
  • La madre centenaria di Harlan l’aveva vista e aveva detto qualcosa che Marta non aveva capito, poiché era impegnata a fuggire via.
  • Marta aveva poi distrutto le registrazioni della videocamera di sicurezza, impedendo alla polizia di scoprire il suo ritorno di nascosto nella villa. Riguardo all’essere stata vista dalla madre di Harlan, essendo la signora anziana e svanita, chiusa in sé da anni, sperava che non avrebbe parlato.

Cosa era successo nella realtà? Marta aveva davvero ucciso Harlan?

  • Marta aveva creduto di aver scambiato le boccette fra loro, ma in realtà aveva iniettato al vecchio il farmaco giusto, innocuo per lui.
  • L’equivoco era stato creato da Ransom, il nipote di Harlan.
  • Quel pomeriggio, Ransom aveva saputo che il vecchio aveva diseredato tutti i parenti, lui compreso, e nominato Marta quale sua unica erede nel testamento. Aveva litigato con Harlan e aveva solo finto di abbandonare la villa. Era invece entrato nella camera del vecchio, in quel momento vuota, aveva preso le boccette dalla borsa di Marta e aveva scambiato le etichette per indurre Marta a iniettare la morfina al vecchio.
  • In questo modo, all’autopsia la polizia avrebbe scoperto la causa della morte e accusato Marta di omicidio. E, poiché l’autore di un omicidio non può ereditare i beni della vittima, il testamento di Harlan sarebbe stato annullato e l’eredità sarebbe andata ai parenti di Harlan per legge, Ransom incluso.
  • Marta, tuttavia, essendo una brava infermiera, sapeva riconoscere al tatto la boccetta giusta e quindi, senza accorgersene, aveva caricato la siringa infilandola proprio nella boccetta col farmaco, snobbando quella della morfina. Solo dopo, rileggendo le etichette sulle boccette, aveva creduto, sbagliando, di aver somministrato al vecchio la morfina. Non l’aveva fatto.
  • Harlan non era mai stato in pericolo di vita e si era ucciso per proteggere Marta da un omicidio che non sarebbe mai avvenuto.
  • Quando il giorno dopo Harlan era stato rinvenuto sgozzato, Ransom era rimasto sorpreso come tutti. Si aspettava, infatti, che Harlan morisse per la dose di morfina e Marta fosse arrestata. Invece, vedere la polizia parlare di suicidio e Marta ancora erede del defunto lo aveva fatto infuriare.
  • Ransom aveva però notato che Marta era nervosa. L’aveva allora avvicinata e indotta a confidarsi.
  • Marta gli aveva confessato di essere convinta di aver scambiato casualmente le boccette e di aver dato ad Harlan la morfina. Aveva inoltre spiegato a Ransom il piano di Harlan per dare a lei un alibi.
  • Ransom aveva finto di voler aiutare Marta, in cambio di un po’ dei soldi del vecchio, ma di nascosto aveva iniziato a ricattarla. Le inviava lettere anonime in cui la accusava di essere colpevole, portando come prova una parte del referto tossicologico.
  • Ransom voleva spingerla a costituirsi per l’omicidio di Harlan, così i beni di Harlan sarebbero finiti ai legittimi eredi, come lui.
  • Le lettere anonime, in realtà, erano arrivate a Ransom da qualcuno che lo aveva visto scambiare le famose boccette.
  • Nel frattempo Ransom aveva scoperto che l’esame tossicologico di Harlan non mostrava alcuna traccia di morfina.
  • Unendo i puntini, aveva quindi capito che Marta, avendo scambiato involontariamente fra loro le boccette, che lui stesso aveva scambiato in precedenza, aveva dato ad Harlan il farmaco giusto e non la morfina.
  • Dunque, Harlan si era suicidato per davvero e Marta non sarebbe mai stata accusata di omicidio. Il testamento che nominava Marta erede era ancora valido.
  • Ransom aveva dato fuoco all’ufficio del medico legale per distruggere il referto originale, unica prova dell’innocenza di Marta.
  • Ransom aveva inoltre scoperto che il mittente delle lettere anonime era Fran. La donna lo aveva visto scambiare le boccette. Si era procurata una copia del referto dell’autopsia e ricattava Ramson inviandogli delle lettere anonime.
  • Ransom l’aveva allora aggredita e somministratole una dose letale di morfina, poi aveva mandato Marta da lei, in modo da farla apparire colpevole anche dell’omicidio di Fran.
  • Marta, invece di fuggire e sparire nel nulla prendendosi la colpa dell’omicidio di Fran e di quello di Harlan, confessa la verità al detective Blanc sperando nella clemenza della legge e dei parenti di Harlan.
  • Nel frattempo il detective Blanc ha scoperto che la madre di Harlan, la sera dell’omicidio, quando aveva visto Marta scendere dal rosaio, aveva detto: “Ransom, sei tornato“.
  • Il detective aveva quindi capito che Ransom aveva a che fare con la morte del vecchio.
  • Nel finale del film, Marta e il detective Blanc trovano la copia del referto in un nascondiglio di Fran. Il foglio testimonia che Marta non ha mai iniettato la morfina nella vena di Harlan e che, dunque, qualcuno aveva scambiato le etichette sulle boccette e sottratto il naxolone, per impedirle di salvare il vecchio. Quel qualcuno poteva essere solo Ransom, che la sera della cena aveva minacciato Harlan poco prima di lasciare la villa.
  • E solo Ransom poteva aver aggredito Fran per impedirle di consegnare a Marta il referto che la scagionava. Ma come dimostrarlo, senza testimoni?
  • Marta riferisce a Ransom che Fran è viva in ospedale e che potrà testimoniare contro di lui.
  • Marta, che normalmente vomita quando mente, non vomita mentre dice a Ransom quanto sopra.
  • Ransom allora le crede e confessa l’aggressione a Fran ma non il diabolico piano per indurre Marta a uccidere Harlan. Sa che con gli avvocati giusti se la caverà con poco.
  • A quel punto Marta vomita. Ransom capisce che gli ha mentito, che Fran è morta e che ora lui è accusato del suo omicidio. Da qui a dimostrare di averlo fatto per coprire il tentato omicidio di Harlan mediante lo scambio di boccette ci vorrà poco.
  • Ransom, folle di rabbia, prende uno dei coltelli di Harlan e aggredisce Marta, ma il coltello non è un vero coltello: è un coltello di scena, finto: Harlan lo aveva mostrato ai parenti la sera della sua morte.
  • Marta è salva, Ransom finisce in galera.
  • Il detective Blanc rivela a Marta di aver sempre saputo del suo coinvolgimento nella morte di Harlan, perché fin dal primo incontro aveva notato una macchia di sangue sul suo maglioncino, ma avendo anche capito che Marta non avrebbe mai ucciso volontariamente il vecchio, essendogli affezionata, l’aveva tenuta d’occhio per scoprire il vero assassino. Infatti, il detective, all’inizio del film, era stato assoldato da un anonimo per indagare sull’omicidio di Harlan. Questo anonimo, si scoprirà, era sempre Ransom, che lo aveva assunto per garantire lo svolgimento delle indagini e l’arresto di Marta. Invece la cosa gli era scoppiata in faccia, perché se avesse lasciato fare alla polizia, la morte di Harlan sarebbe stata archiviata come suicidio, non ci sarebbe stata alcuna autopsia sul cadavere e lui avrebbe ottenuto un po’ dei soldi del vecchio ricattando Marta.
  • Tutto finisce bene, Marta è ancora erede di Harlan e con i soldi e gli avvocati giusti potrà impedire che la polizia rimpatri la madre. Tuttavia Blanc le fa notare una cosa che la rattrista: il vecchio si era davvero suicidato per nulla, non essendo mai stato in pericolo di vita.
  • Il suicidio di Harlan non sarebbe servito neppure a dare un alibi a Marta, perché, come si è visto, il medico legale ha comunque fatto l’analisi tossicologica su suggerimento di Blanc,
  • Se Marta non avesse preso sopra pensiero la boccetta giusta ma avesse somministrato davvero la morfina ad Harlan, sarebbe stata comunque accusata di omicidio, che il vecchio si fosse suicidato o meno.
  • Ma perché Blanc aveva spinto la polizia a fare l’autopsia di Harlan? Perché lui era stato assunto da un anonimo per indagare sull’omicidio di Harlan, non sul suicidio, e la cosa era strana,
  • In pratica: se invece di impiegare gli ultimi minuti di vita a concepire alibi, Harlan e Marta avessero chiamato i soccorsi, lo scambio di boccette fatto da Ransom sarebbe stato scoperto subito, Harlan sarebbe stato ancora vivo e Ransom in prigione da giorni. Invece, Harlan, per coprire Marta, aveva senza volere contribuito a ingarbugliare le cose. Tanto affanno per nulla, insomma.

E tu hai visto il film? Avevi intuito la soluzione del mistero?

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È nata OperaNarrativa Edizioni, progetto di Andrea Franco che si presenta al pubblico con collane digitali e cartacee. Info, titoli e contat

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Qualità, serietà, entusiasmo, professionalità. Sono i punti cardine di OperaNarrativa, nuova casa editrice che ha esordito il 21 novembre 2023 con due titoli pubblicati, varie collane pronte e altre in arrivo.

Aprire una casa editrice potrebbe sembrare un’idea folle, oggigiorno, ma quando alla base ci sono idee chiare, persone qualificate e tanta passione, vale sempre la pena.

È il caso di OperaNarrativa, progetto editoriale di Andrea Franco, vincitore del Premio Tedeschi Mondadori nel 2013 e autore di romanzi, racconti e libri di saggistica, alcuni firmati con lo pseudonimo Rey Molina.


OperaNarrativa Edizioni

OperaNarrativa Edizioni inizia la sua attività con un pool di collane digitali riunite sotto l’insegna MEZZORA, ma non finisce qui, perché nel 2024 partiranno anche le collane per le pubblicazioni cartacee.

Le collane digitali MEZZORA: Fondazione, Dopo Mezzanotte, Notturno e Isola

MEZZORA è un contenitore che si occuperà di sondare i confini della narrativa di genere e lo farà proponendo racconti in formato digitale, il cui tempo di lettura stimato è proprio di mezz’ora.

La collana Fondazione è dedicata alla fantascienza, come peraltro si intuisce dal nome, un chiaro omaggio alla saga omonima di Isaac Asimov.

Dopo Mezzanotte, curata dallo scrittore William Bavone, si rivolge invece agli amanti dell’horror, che in questa collana troveranno storie per i loro denti. Anche in questo caso, il nome della collana è un omaggio, per la precisione a Dylan Dog e a una delle storie più affascinanti nonché della copertina più magica in assoluto.

Per gli appassionati del noir c’è la collana Notturno.

Infine, i lettori di gialli potranno dare sfogo al loro istinto indagatore con i titoli della collana Isola. Stavolta il nome omaggia la produzione di Ed McBain, maestro del genere.

Le collane cartacee di OperaNarrativa Edizioni

Le pubblicazioni cartacee di OperaNarrativa Edizioni inizieranno nel 2024. Usufruiranno della distribuzione nazionale DirectBooks e saranno quindi reperibili in tutte le librerie d’Italia.

Si tratta di:

  • Soldati, dedicata i romanzi mainstream
  • Democrito, per la saggistica breve

Le prime pubblicazioni di OperaNarrativa Edizioni

I primi due titoli editi da OperaNarrativa, distribuiti da StreetLib, sono già disponibili sui principali store online e sul sito della casa editrice, www.operanarrativa.it

Si tratta di:

Carlo Salvoni – L’Eredità di Epimeteo – Collana MEZZORA, Fondazione #1

Se non hai un inserto o un trapianto animale, non sei nessuno. Se non puoi permettertelo, è meglio se trovi un ripiego.

Prometeo, il grande titano che inganna gli dei per noi… e se fosse tutto un grandissimo inganno? Se il nostro benefattore fosse Epimeteo, lo stolto, che dà tutta la forza agli animali? E l’uomo si adatta, aguzza l’ingegno, in un prossimo futuro riprende dagli animali ciò che vuole: denti, artigli, ali, polmoni. In una Brescia liminale del futuro un semplice uomo lotta con i suoi sogni e le sue ossessioni.

Carlo Salvoni

Carlo Salvoni, nato nel 1980, vive in provincia di Brescia con la moglie e le tre figlie ed è insegnante di Lettere presso una Scuola Secondaria di Primo Grado. Dopo aver militato in un gruppo di Death metal melodico (Tragodia), ha riversato sulla scrittura le sue velleità artistiche. Dopo anni a scrivere romanzi con uomini e animali, rivolti ad adulti e ragazzi (tra gli altri, Cavalletti e cavalli – 2013, Menamato – 2016), si è dedicato alla narrativa fantastica. Del 2022 è la raccolta di storie weird Necromitologia. Storie senza nomi (Elison). Sempre nel 2022 si è aggiudicato il Premio Hypnos con il racconto Cambiano le prospettive al mondo. Nel 2023 sono usciti i racconti Le lumache non possono saltare per La Nuova Carne, La legge morale del tasso del miele per Delos digital e si è classificato al terzo posto al concorso ESECRANDA VII (Esescifi) con il racconto Mosche di novembre.

Decimo Tagliapietra – Kernel – Collana MEZZORA, Dopo Mezzanotte #1

Un software obsoleto diventa la chiave d’accesso a una realtà sconvolgente. Andrea può vedere gli “Altri” e questo non è ammissibile.

Andrea Vessìo, precario con problemi di alcolismo, accetta l’incarico di una supplenza temporanea online. Durante la prima lezione, Andrea ha lo sguardo perso sullo schermo del suo vecchio Acer, un modello ancorato a una versione superata del Kernel. Un’inezia, non fosse che il mancato aggiornamento del software permette di vedere oltre le apparenze. Il gusto acido della birra, l’odore stantio di sigaretta, i colpi di bastone della vecchia intransigente del piano di sopra, tutto comprime Andrea verso una realtà sconvolgente, una realtà che fa di lui una pedina in un gioco oscuro e millenario.

Decimo Tagliapietra

Decimo Tagliapietra nasce in provincia di Vicenza nel 1978. Sposato e padre di una bimba, attualmente lavora in un’azienda chimica. Nel 2021 è finalista al Mystfest, Premio Gran Giallo Città di Cattolica, e nel 2022 riceve una menzione speciale al TOHorror Film Fest con il racconto Il labirinto degli specchi, dal quale è stato tratto un audio-libro. Del 2021 è il suo romanzo d’esordio, Risorgemia, pubblicato in versione digitale da Delos Digital e in versione cartacea da WeirdBook. Nello stesso anno arriva Cuore, una novella edita da Scheletri Ebook. Partecipa a diverse antologie, al fianco di autori del calibro di Joe R. Lansdale, Lee Murray, Danilo Arona, Prevedoni, Besana e Musolino. Appassionato anche di musica, è ideatore, arrangiatore, esecutore e produttore del conceptalbum Der Ste-reoskopische Mann.


Come collaborare con OperaNarrativa

Per collaborare con OperaNarrativa, in veste di autore o curatore, si può scrivere all’indirizzo email: manoscritti@operanarrativa.it

Per informazioni sul catalogo e i progetti futuri, invece, scrivere a info@operanarrativa.it

Andrea Franco, OperaNarrativa

Andrea Franco, classe 1977, ha pubblicato numerosi romanzi e racconti con Mondadori. Nel 2013 vince il Premio Tedeschi Mondadori con il romanzo “L’odore del peccato“. Il seguito, “L’odore dell’inganno” è uscito nel 2016. Pubblica anche per Segretissimo Mondadori. La serie “El Asesino” è composta da sei romanzi (“Confine di sangue”, “Protocollo Pekić”, “La collina dei trafficanti”, Il codice del Führer”, “Un’ora per non morire”, “Medusa uccide ancora”) e diversi racconti. Nel 2017 i suoi gialli storici sono stati pubblicati nuovamente nella prestigiosa collana Oscar Gialli Mondadori (“Il peccato e l’inganno”) e anche in versione audiolibro, per Audible. “L’odore della Rivoluzione” è il terzo romanzo con protagonista monsignor Verzi. Ad agosto 2019, sempre per Il Giallo Mondadori, esce il romanzo “Il sorriso del diavolo” (nel volume “Lo sguardo del diavolo”). È editor per autori e case editrici e copywriter per molte aziende. Il suo sito è www.francoservizieditoriali.com.


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Rose rosse e ortiche. Voci di donne – Racconti e poesie di Stefania A. Fiorin https://www.recensioniagogo.com/2023/11/rose-rosse-e-ortiche-voci-di-donne-racconti-e-poesie-di-stefania-a-fiorin.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=rose-rosse-e-ortiche-voci-di-donne-racconti-e-poesie-di-stefania-a-fiorin https://www.recensioniagogo.com/2023/11/rose-rosse-e-ortiche-voci-di-donne-racconti-e-poesie-di-stefania-a-fiorin.html#respond Fri, 24 Nov 2023 23:01:00 +0000 https://www.recensioniagogo.com/?p=22836 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

Segnalazione libro: Rose rosse e ortiche. Voci di donne - Racconti e poesie di Stefania Fiorin per le giornate dell'8 marzo e del 25 novembre, contro la violenza sulla donna.

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Dentro ogni donna c’è una forza spesso dimenticata.

Stefania A. Fiorin

25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne.

Nonostante i progressi e i diritti conquistati in decenni di sensibilizzazione, c’è ancora del lavoro da fare per raggiungere la vera parità tra donne e uomini. Essa non può prescindere dal reciproco rispetto: fisico, psicologico, morale, affettivo, emotivo.

In “Rose rosse e ortiche. Voci di donne“, la scrittrice e poetessa Stefania A. Fiorin si fa strumento per dare voce alle donne, mostrando, in prosa e in versi, la loro forza, i loro silenzi, le loro urla e i mormorii inascoltati.

Augurandoci che certi eventi di cronaca nera diminuiscano fino ad azzerarsi, un giorno.



Rose rosse e ortiche. Voci di donne” è la raccolta di undici racconti e undici poesie a firma di Stefania A. Fiorin.

Il libro parla di donne coraggiose, donne maltrattate, donne la cui voce è ancora oggi spesso offuscata da una società che relega il genere femminile al ruolo di proprietà dell’altro sesso o di supporter.

Alcuni racconti e alcune poesie di questa raccolta sono stati premiati in concorsi letterari dedicati alla sensibilizzazione contro la violenza sulla donna, in particolare al Marel – Roma Speciale Donna, nella cui giuria c’era Dacia Maraini.


ROSE ROSSE E ORTICHE. Voci di donne – Scheda libro

Libro: Rose rosse e ortiche. Voci di donne
Autrice: Stefania A. Fiorin

Lingua: italiana
Genere: Raccolta di racconti e poesie

Anno di pubblicazione: 2020
Editore: Delos Digital

Formati: ebook e cartaceo

Link alla pagina dedicata sul sito editore

Link per l’acquisto su Amazon


Quarta di copertina

C’è chi definisce la donna come un mistero. Il mistero, però, può essere svelato, in parte anche da questa opera che evidenzia fragilità e coraggio.

Donne esistite o inesistenti, donne oppresse, donne cadute sotto lo strazio del femminicidio, donne che ci somigliano come il loro dolore, i sogni, le speranze, le gioie.

Questo è un libro adatto a ogni lettore che voglia fermarsi a riflettere, per comprendere e andare oltre l’apparenza; un promemoria utile tutti i giorni, non solo nelle giornate mondiali del 25 novembre e dell’8 marzo.

Trovo difficile parlare di un libro che ho scritto, non so mai fino a dove spingermi nel raccontarlo e quanto entusiasmo metterci senza eccedere né autoincensarmi. Tuttavia, questo libro mi rende orgogliosa e con gioia lo ripresento quando si avvicinano date importanti come l’8 marzo.

È un libro che raccoglie 11 racconti brevi in cui ascoltare “voci di donne” e 11 poesie ispirate dalle vicende dei racconti e dalle protagoniste. Un libro che non ha età né tempo, perché, in fondo, dopo tante parole sprecate a commemorare, i fatti restano immutati, cambia poco. Le donne continuano a essere troppo spesso vittime, dunque bisogna continuare a parlarne e scrivere affinché qualcosa cambi davvero.

Stefania A. Fiorin

L’AUTRICE

Stefania A. Fiorin vive in un piccolo paese alle porte di Varese.

Ama la bellezza della poesia in ogni sua forma e il fuoco dei sentimenti che, grazie ai corsi di scrittura frequentati, trasforma in racconti e versi spaziando tra vari generi.

Dinamica, ironica, vive la vita con leggerezza senza prenderla alla leggera.

Sempre coinvolta in mille attività, letterarie e non, lotta ogni giorno per mettere ordine nei suoi impegni e nelle sue inesauribili idee.

Ha personalità curiosa, sempre in movimento, le piace stare in mezzo alla gente ma spesso si rifugia nella meditazione Zazen per ritrovare se stessa.

Da anni opera nel mondo del volontariato; è stata presidente di un’Associazione senza scopo di lucro attiva nel sociale.

Di sé dice: “Scrivo per dare vita ai sogni e riempire di sogni la vita” .

Ha vinto numerosi premi per la narrativa e la poesia.

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Arriva Drag Me To Fest 3, il Festival del Cinema Horror Indipendente https://www.recensioniagogo.com/2023/10/arriva-drag-me-to-fest-3-il-festival-del-cinema-horror-indipendente.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=arriva-drag-me-to-fest-3-il-festival-del-cinema-horror-indipendente https://www.recensioniagogo.com/2023/10/arriva-drag-me-to-fest-3-il-festival-del-cinema-horror-indipendente.html#respond Tue, 17 Oct 2023 19:37:53 +0000 https://www.recensioniagogo.com/?p=22811 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

Sabato 18 e domenica 19 novembre 2023, a Milano, arriva Drag Me To Fest 3, terza edizione del festival del cinema horror indipendente.
Ecco tutte le informazioni,

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Vi piacciono i film horror? Allora tenetevi pronti, perché sabato 18 e domenica 19 novembre 2023, a Milano, avrà luogo Drag Me To Fest 3, terza edizione del festival del cinema horror indipendente.

Presentato da NAQB – Non Aprite Questo Blog, Drag Me To Fest si propone di far conoscere al pubblico le opere di nuovi talenti del cinema horror e favorire sinergie tra gli operatori del settore.

Saranno due giornate di proiezioni, incontri, dibattiti e approfondimenti dedicati al genere horror.

Ecco come partecipare all’evento.



Dopo il successo degli anni passati, Drag Me To Fest si evolve e diventa internazionale: la terza edizione darà spazio non solo a cortometraggi italiani ma anche a film di registi stranieri.

Ci saranno momenti dedicati ai corti norvegesi Tistlebu di Simon Matthew Valentine e The Weaver di ØYvind Willumsen, ai corti italiani Dafne Is Gone di Julie Gun, Il Coleottero di Jacopo Vismara e Long Pig di Riccardo Suriano, al corto irlandese Family Night di Alan Dunne e al cortometraggio giapponese For What The Door Bells Tolls di Nori Uchida.

Inoltre, Lucio Besana, scrittore horror e sceneggiatore di film di successo come The Nest e A Classic Horror Story, terrà la masterclass “Traumacore – la rappresentazione del trauma nel cinema horror contemporaneo”.

La due giorni all’insegna della magia demoniaca culminerà nella giornata del 19 novembre con la proiezione di un cult ritrovato: il film horror fantascientifico Contamination (Alien sulla Terra) di Luigi Cozzi, pubblicato per la prima volta in home video da Rustblade Records.

Tra i principali sponsor della kermesse vediamo note firme del settore, come il brand di abbigliamento Taboo, che ha creato la spettacolare grafica delle t-shirt limited edition del festival, ispirata al capolavoro di William Friedkin “L’Esorcista“; oppure l’etichetta Rustblade Records, editrice delle colonne sonore di Morricone, Claudio Simonetti e John Carpenter e i film Contamination, Le 5 giornate, il documentario di Zio Tibia e il recente Lo squartatore di New York.  

I media partner sono invece Horror Italia 24Horror Dipendenza e Bloodbuster

Drag Me To Fest 3 si svolgerà al Santeria di via Paladini 8 a Milano. Oltre alla postazione dedicata al festival, troverete anche il banchetto di Rustblade Records e vari influencer della community horror italiana.


DRAG ME TO FEST 3 – INFORMAZIONI


DRAG ME TO FEST 3: IL PROGRAMMA

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10 Storie di Isaac Asimov che Ti Stupiranno https://www.recensioniagogo.com/2023/09/10-storie-di-isaac-asimov-che-ti-stupiranno.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=10-storie-di-isaac-asimov-che-ti-stupiranno https://www.recensioniagogo.com/2023/09/10-storie-di-isaac-asimov-che-ti-stupiranno.html#respond Sat, 16 Sep 2023 13:31:49 +0000 https://www.recensioniagogo.com/?p=22792 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

Asimov fa schifo, Asimov è da boomer, Asimov è piatto. Ecco 10 storie che probabilmente non conosci e che ti faranno cambiare idea

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La fantascienza di Isaac Asimov è roba da “boomer“!

Da un po’ di tempo circola questa diceria sul prolifico autore americano di origine russa.

Voci accusano lo scrittore di scrivere in modo troppo semplice, di non saper disegnare i personaggi, di concentrarsi sull’idea.

Cosa dovremmo dire di Ted Chiang, allora?

Ah, ecco, lui è intoccabile perché non è un autore “morto e sepolto”, non viene ripubblicato in tutte le collane di fantascienza esistenti e pure in quelle ancora da venire, quindi va sostenuto. Poi, insomma, ha scritto Storia della tua vita, da cui hanno tratto Arrival, film che, per inciso, è più avvincente del racconto, nonostante questi sia il più riuscito di Chiang.

Al contrario di Ted Chiang, Isaac Asimov è tra i Maestri della Fantascienza, insieme a mostri sacri come H.G. Wells (The time machine), Robert Heinlein (Starship Troopers), Richard Matheson (Io sono leggenda), Ray Bradbury (Fahrenheit 451), l’onnipresente al cinema P.K. Dick (Blade runner, alias Il cacciatore di androidi), Arthur C. Clarke (2001 Odissea nello spazio), Ursula LeGuin (La falce dei cieli), per citarne alcuni.

Le storie di Isaac Asimov, tanto detestato, oggi, sono davvero così “aride” e da “boomer“, come si dice in giro?

Bah! Ovviamente, essendo vissuto tra il 1920 e il 1992, non ha visto l’evoluzione dei computer, l’avvento di Internet, dei social, dei reality show, del politically correct, ma le sue idee, originali, potenti, inimitabili, e anche il suo stile di scrittura, echeggiano nelle storie di vari autori moderni, soprattutto in quelli delle nuove generazioni (alcuni dei quali se la tirano come se avessero reinventato la ruota), che quindi lo hanno letto.

Allora, a me pare siamo davanti a “La volpe e l’uva“.

Rimediamo.

10 Storie di Asimov che Forse Non Conosci

Ecco dieci storie di Isaac Asimov, selezionate fra racconti e romanzi, che forse ti sorprenderanno.

Le elenco in ordine sparso:


1 – “La professione”

Narra di un ragazzo, George, che vive in un futuro in cui ogni giovane riceve un’istruzione specifica, tarata sulla propria struttura cerebrale. Le sue aspirazioni non contano, decide la Scienza.

Eppure lui si sente portato per un mestiere diverso…

2 – “Il brutto ragazzetto”, anche noto come “L’ultimo nato”. In originale “The ugly little boy”.

In seguito all’invenzione della bolla temporale gli scienziati prelevano un bimbo Neanderthal dall’era primitiva e lo trapiantano nel ventesimo secolo. Il ragazzino cresce a contatto con
gli esseri umani, accudito da un’infermiera finché…

La storia è poco nota, ma il piccolo e la sua “mamma” umana restano nel cuore, grazie alla cura nella caratterizzazione dei personaggi, nelle dinamiche fra loro, e al finale sconvolgente.


3 – “Notturno” (il racconto)

Riconosciuto tra le migliori storie di fantascienza mai scritte in assoluto.
Racconta di un pianeta con 6 soli su cui cala la notte ogni 1000 anni facendo impazzire tutti
senza apparente motivo.

Sono trascorsi 1000 anni dall’ultima “follia collettiva” ed è in arrivo una nuova notte… Alcuni scienziati cercano di capire come impedire il disastro… ammesso che l’atteso impazzimento generale non sia soltanto una leggenda.

4 – “L’uomo bicentenario

Un robot positronico desidera essere riconosciuto come… umano

È una storia di crescita, delicata e commovente, da cui è stato tratto l’omonimo film
con Robin Williams.

5 – “Neanche gli Dei”

All’indomani del collasso ecologico ed economico mondiale, gli scienziati scoprono un universo con leggi fisiche diverse dalle nostre, vantaggiose per noi, così ne approfittano…

6 – “La fine dell’eternità

Gli Eterni manipolano il Tempo e modificano la Storia, ma le conseguenze sono imprevedibili perfino per loro…

7 – “La palla da biliardo

Uno scienziato scopre un modo per superare la velocità della luce.

Progetta di darne dimostrazione pubblica davanti al suo vecchio rivale, tanto più famoso e arrogante di lui…

8 – “Nove volte sette

I militari hanno scoperto una nuova arma per vincere la guerra: i calcoli fatti a mano, senza la calcolatrice…

9 – “Il cronoscopio

Cosa faresti se potessi vedere il passato senza poterlo cambiare? E perché vorresti rivederlo?

10 – “L’ultima domanda”

Un uomo chiede: – È possibile impedire la morte dell’universo, invertire l’entropia?”
Dopo miliardi di anni il supercomputer risponde…


Infine ti ricordo che “Fondazione“, la serie TV, è ispirata alla saga omonima di Asimov.

L’unica vera difesa contro il declino dell’Impero galattico è la setta degli Psicostorici, matematici cultori
della Psicostoria, nuova scienza capace di predire il futuro, ma invece di ricevere sostegno della autorità,
i suoi componenti sono dichiarati nemici, ostracizzati e perseguitati

Ebbene sì, per il suo Star Wars, George Lucas ha tratto ispirazione proprio dalla saga letteraria di Asimov, dove al posto dei matematici ha messo gli Jedi e la Forza.


Per concludere, sapevi che un racconto di Asimov è anche tra le letture in alcuni libri di scuola?

Si tratta di Chissà come si divertivano, una deliziosa storia in cui due bimbi del 2157 trovano un vecchio libro, di carta, che parla della scuola di oggi e… accidenti, “Chissà come si divertivano!”

Buona lettura!


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Source Code. Recensione con Spiegazione del Film di Duncan Jones https://www.recensioniagogo.com/2023/09/source-code-film-recensione.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=source-code-film-recensione https://www.recensioniagogo.com/2023/09/source-code-film-recensione.html#comments Thu, 14 Sep 2023 12:00:00 +0000 http://www.recensioniagogo.com/?p=14208 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

Ti risvegli su un treno per chissà dove in un corpo non tuo e non sai perché. Inizia così il nuovo film di Zowie Bowie, più noto come figlio del cantante David. Stavolta la solitudine dell'astronauta passa al militare ma dietro c'è sempre il governo. Attualmente nelle nostre sale, l'analisi, e per chi lo ha visto, parliamo di cosa è successo

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Neanche un viaggio nel tempo del Source Code fa paura a Jake Gyllenhaal, che nel secondo film di Duncan Jones oscilla tra realtà parallele e altre identità.

Source code locandina del film

Film Source Code
Titolo originale: Source Code
Nazionalità: USA/Francia
Anno: 2011
Durata: 93 minuti (1h 43′)
Genere: Drammatico, thriller, fantascienza
Regia: Duncan Jones
Sceneggiatura: Ben Ripley
Fotografia: Don Burgess
Colonna sonora: Chris Bacon
Attori del Cast: Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright, Russell Peters, Michael Arden, Cas Anvar



TRAMA

Il capitano Colter Stevens (Jake Gyllenhaal) si risveglia su un treno diretto verso Chicago, di fronte a una sconosciuta (Michelle Monaghan) e guardandosi allo specchio scopre di avere il volto di un altro uomo.

Il treno esplode, lui si ritrova isolato in una capsula e può dialogare col colonnello Goodwin (Vera Farmiga) solo attraverso un monitor. Colter scopre di essere in missione governativa segreta e i militari stanno sperimentando per la prima volta una nuova invenzione denominata Source Code.

Grazie alla meccanica quantistica e al calcolo parabolico, Source Code può ricreare, come in una simulazione, gli ultimi 8 minuti di vita di una persona deceduta e farli rivivere a un altro. Colter sta perciò rivivendo gli ultimi 8 minuti di vita di un insegnante che viaggiava sul treno, esploso per una bomba.

I militari sono sicuri che l’attentatore colpirà ancora ma non sanno dove e quando. Il compito di Colter è, rivivendo più volte quegli 8 minuti, raccogliere informazioni, scoprire l’identità del terrorista e dove avverrà il prossimo attentato. Ma la stessa sorte di Colter è avvolta dal mistero.

Scomparso in Afghanistan mesi prima, scopre che non gli è consentito comunicare col padre (Scott Bakula, solo voce) ma soprattutto ha l’impressione che il Source Code non sia una invenzione così innocua come assicura il suo inventore (Jeffrey Wright)…

TRAILER

RECENSIONE SOURCE CODE

Source Code è il secondo film di fantascienza diretto da Duncan Jones. Regista inglese e figlio di David Bowie, fin dal suo esordio con il malinconico Moon, Duncan Jones ha creato delle aspettative. In questo secondo film conferma le sue doti e propone un thriller dal sapore Hitchcockiano che vira con eleganza nella fantascienza ribadendo alcuni dei temi già affrontati con Moon.

DALLA LUNA ALLE REALTA’ PARALLELE

Se in Moon si ravvisavano le influenze di capolavori come 2001 Odissea nello spazio e Solaris, Source Code si ispira nella forma al maestro del thriller, Hitchcock, riconoscibile sin dall’inizio nelle atmosfere equivoche che Jones riesce a creare con pochi dettagli e una colonna sonora che si ispira in quei momenti Hitchcockiani proprio allo stile dei suoi film. Indicativa la sequenza nella stazione dove inquadrature calibrate e sguardi indagatori, accompagnati da una musica dal carattere “urgente”, giocano sulla figura dell’uomo comune (l’insegnante) costretto a improvvisarsi detective e descrivono efficacemente la tensione scatenata dall’ambiguità dell’insospettabile killer.

Il tema del loop temporale è stato varie volte riusato sia nel cinema che nella tv, e il rischio di questo stratagemma è la monotonia del mostrare sempre la stessa scena.

La sceneggiatura di Ben Ripley, alla sua prima prova per il cinema, evita intelligentemente la trappola del deja vu perché descrive l’evolversi delle interazioni tra i personaggi lasciando che maturino spontaneamente nei vari cicli, dando spazio anche a divertenti intermezzi e le personali parentesi di Colter.

La regia attenta di Duncan Jones invece conferisce dinamicità alle riprese variando le inquadrature e velocizzando il montaggio delle parti ripetute per farci concentrare solo sull’indagine osservata dal punto di vista dell’eroe, per cui Source Code, nonostante sia molto facile capire chi sia l’attentatore ed esageri un tantino nella parte del secondo attentato, non è noioso.

Source Code è un film tutto poggiato su Jake Gyllenhaal che dimostra di sapersi adattare alla parte, anche se sgrana un po’ troppo gli occhi grandi come uova di piccione. Meno spazio è lasciato alla Michelle Monaghan, essendo il suo personaggio più simile a una proiezione olografica mentre poco più che una macchietta il personaggio dello scienziato.

PARAGONE CON QUANTUM LEAP

Paragonato da alcuni, secondo me a torto, a “Ricomincio da capo” con Bill Murray, di cui ha in comune solo il loop temporale, e a Donnie Darko, di cui eredita solo il protagonista, Source Code si ispira nella trama e nel carattere più a Deja Vu, di Tony Scott e a Quantum Leap.

Quantum Leap è una storica serie tv di fantascienza trasmessa in Italia da RaiUno negli anni ’90 col titolo “In viaggio nel tempo“, dove uno scienziato, Sam Beckett, viaggiava nel tempo assumendo ogni volta suo malgrado le sembianze di una persona estranea. Beckett si ritrovava intrappolato nella vita dell’altro, costretto a vedere un volto non suo allo specchio, fin quando, aiutato da un osservatore esterno (che qui è il colonnello Goodwin) e un computer (che qui è il progetto Source Code), portava a termine la missione. Di salto in salto, Beckett salvava la vita di persone, impediva disastri o semplicemente favoriva l’unione tra due innamorati, e andava avanti così fino al finale della serie, che sconfinava nella metafisica.

L’omaggio di Source Code diventa ancora più palese  quando notiamo che nella versione originale la voce del padre di Colter è proprio quella di Scott Bakula, protagonista di Quantum Leap. In italiano non è stata mantenuta l’uguaglianza delle voci (in Quantum Leap Scott Bakula era doppiato da Massimo Giuliani). Inoltre nella versione originale di Source Code Scott Bakula esclama proprio la frase “Oh Boy“, che era l’intercalare tipico di Beckett. In Quantum Leap era tradotta in italiano con “Oh, mamma” ma in nel doppiaggio di Source Code si è perso anche questo collegamento perché è stata tradotta con “Santo cielo“.
Il meccanismo delle realtà a scatole cinesi invece mi ha ricordato molto quello simile de “Il tredicesimo piano“, un bel film di fantascienza uscito nello stesso anno di Matrix, ma sottovalutato.

IL CODICE SORGENTE DEL FILM

Ma qual è il significato di Source Code? Colter confinato in un ambiente claustrofobico, isolato dal mondo esterno con cui può comunicare solo tramite il freddo occhio del monitor, l’essere umano privato del suo libero arbitrio e utilizzato come oggetto per scopi “superiori”, le frasi incomplete, gli sguardi bassi del colonnello Goodwin interpretato da una dolce Vera Farmiga, l’altro da sé, la persona diversa ma di cui Colter ha assunto l’identità, richiamano facilmente alla memoria la solitudine dell’astronauta Sam di Moon e il suo doppio.

Essenzialmente denunciano l’abuso della tecnologia, mascherata da nobili fini, a scapito della vita delle persone, ma un’analisi degli elementi comuni fa però concludere che il Sam di Moon e il Colter Stevens di Source Code non sono altro che rappresentazioni dello stesso Jones. Il regista è cresciuto in un collegio svizzero, lontano dal celeberrimo padre, tra informazioni filtrate e deformate da terze persone, e sembra anche ansioso di scrollarsi addosso la fama di figlio d’arte (il clone in Moon, l’altra identità di Colter) dimostrando di avere una propria identità.

Per quanto riguarda la fantascienza di Source Code, tra loop temporali e universi paralleli la vita di Colter descrive una spirale tra le realtà, non priva di paradossi, che però si inseriscono incredibilmente bene nell’economia della storia lasciando comunque una sensazione di organicità. Il film avanza inoltre alcune domande: la realtà è una rappresentazione della nostra mente? Una volta pensata può avere vita propria? La mente può farci viaggiare tra universi paralleli? Nel finale Source Code scopre le carte e dice la sua morale.

COMMENTO FINALE

In conclusione, Source Code è un film di livello un po’ inferiore rispetto a Moon, che poteva comunque contare su fotografia e scenografia che aggiungevano valore, ma ribadisce le intenzioni serie del suo regista che non sceglie film per soldi ma per dire qualcosa. Non è esente da difetti ma Jones era al secondo film e avrebbe avuto comunque tutto il tempo per affinare le sue capacità. Forse…

Per la serie: 8 minuti che cambiano la vita.

Voto personale: 8-/8.0

Curiosità

  • La suoneria di Chistina è la stessa melodia suonata dalla sveglia dell’astronauta nel film Moon, sempre diretto da Duncan Jones.
  • Il computer di Quantum Leap, la serie tv, si chiamava Ziggy. Ziggy è anche il soprannome di Duncan Jones.
  • Duncan Jones ha diretto altri due film, negli anni seguenti, che però non sono stati apprezzati dalla critica.

SPIEGAZIONE SOURCE CODE: ATTENZIONE SPOILER!

  • Colter era stato abbattuto in Afghanistan mente pilotava un elicottero e probabilmente era stato tranciato dalle pale, infatti gli mancano gli arti e la parte inferiore del corpo. Viene tenuto in vita da una macchina nel centro militare che gli trasmette anche i dati relativi alla realtà che percepisce, ecco perché la sua memoria può essere azzerata.
  • Colter percepisce il suo corpo intero ma in realtà sono manifestazioni di parti che non ci sono più e il suo cervello è tenuto in vita dal computer. Lui non è nella capsula davanti a un monitor e non parla realmente con Goodwin, ma il computer interpreta i suoi pensieri e li scrive sul monitor. Per poter utilizzare il suo corpo in pace per il progetto segreto, i militari avevano detto al padre che il figlio era morto in modo che nessuno lo trovasse. Per i militari lui era diventato solo un oggetto.
  • Come funziona o meglio funzionerebbe Il Source Code? In italiano il suo nome significa codice sorgente. Normalmente si chiama così il codice dei programmi per computer, dove girano le “simulazioni”, ma secondo quanto detto nel film si riferirebbe al codice sorgente proprio della realtà parallela in cui si ritrova ogni volta Colter. Source Code estrapola dal cervello del cadavere dati sulla realtà percepita, li elabora, aggiunge variazioni (la pistola che Goodwin indica a Colter, non dovrebbe trovarsi sul treno: è stata quindi piazzata da chi prepara il nuovo ciclo) e attraverso la mente di Colter collegata al computer si aggancia probabilmente all’universo parallelo corrispondente a quelle variazioni. Ecco perché le reazioni dei passeggeri sul treno e fuori cambiano a seconda delle azioni di Colter. La meccanica quantistica lascia ipotizzare che viviamo in un multiverso, un insieme di universi alternativi e paralleli creati dalle diverse scelte che compiamo nella vita. Alcuni sarebbero solo leggermente diversi dal nostro e sarebbero popolati dai nostri doppioni, altri invece sarebbero diversissimi. Il film assume che la mente stimolata dal computer possa viaggiare nel multiverso
  • Nel finale di Source Code Colter continua a vivere nella realtà del treno dopo che Goodwin ha spento la macchina che lo tiene in vita, perché quella realtà non era una simulazione ma un vero universo parallelo, dotato di vita propria e lui ne è diventato parte, con l’identità dell’insegnante. Nella realtà originaria invece, il corpo di Colter è morto
  • Perché Goodwin aiuta Colter alla fine e stacca la spina? Come vediamo nel finale della realtà del treno, Colter aveva inviato al Goodwin di quell’universo un messaggio per avvisarla di aiutare il Colter di quell’universo. E’ quindi probabile che la realtà originaria di questo film non fosse neanche quella originaria ma una delle tante scatole cinesi, e che anche il Goodwin della realtà originaria avesse ricevuto lo stesso messaggio dal Colter di una realtà superiore a quella, dove aveva probabilmente sperimentato il progetto per un altro attentato poi sventato da una sua telefonata, e così via. Per questo Goodwin dice a Colter la frase “Andrà tutto bene“.

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OPPENHEIMER SPIEGAZIONE DEL FINALE DEL FILM https://www.recensioniagogo.com/2023/09/oppenheimer-spiegazione-del-finale-del-film.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=oppenheimer-spiegazione-del-finale-del-film https://www.recensioniagogo.com/2023/09/oppenheimer-spiegazione-del-finale-del-film.html#comments Thu, 07 Sep 2023 12:53:01 +0000 https://www.recensioniagogo.com/?p=22576 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

Cosa si sono davvero detti Oppenheimer e Einstein nel film di Christopher Nolan e cosa vede Oppenheimer nelle gocce d'acqua? Ecco la spiegazione del finale del film.

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Dopo aver devastato i cinema esteri, Oppenheimer, il nuovo film di Nolan, è finalmente esploso anche nelle sale italiane.

Ci siamo appassionati, ci siamo commossi. Ora è tempo di raccogliere i cocci e dare le risposte alle eventuali domande rimaste irrisolte.

Tipo: cosa è successo nel finale del film? Oppenheimer aveva davvero sparlato di Lewis Strauss nel misterioso dialogo con Einstein?

E cosa c’entrano le gocce d’acqua che tormentano Oppie?

Ecco la spiegazione del finale di Oppenheimer.

Se invece stai cercando la recensione senza spoiler del film di Christopher Nolan corri qui!


Spiegazione del finale di Oppenheimer: attenzione spoiler


Procediamo con ordine.

Nella scena di apertura del film (anno 1926) un giovane Oppenheimer fissa le gocce di pioggia che colpiscono la pozzanghera. Il ragazzo ne è affascinato ma anche spaventato perché le vede trasformarsi in getti di fuoco, che lui interpreta come visioni di un mondo nascosto.

Poco dopo, la storia fa un salto in avanti: siamo nel dopoguerra, anno 1947. Hiroshima e Nagasaki sono state cancellate dall’atomica e Oppenheimer, ormai uomo fatto, è celebrato come un eroe.

Lo scienziato arriva all’università di Princeton, diretta da Lewis Strauss, per insegnare fisica.

Nel dialogo di presentazione, Lewis Strauss rivela di non avere una laurea in fisica ma di essere un autodidatta, ex venditore di scarpe. Nonostante ciò si intuisce che vuole essere trattato da “vero fisico”. Vuole, insomma, sentirsi accettato dalla comunità scientifica per vanagloria. Oppenheimer, però, non gli presta attenzione, innervosendolo.

Oppenheimer scorge Einstein dalla finestra e, dopo aver nuovamente trascurato Strauss, raggiunge il fisico tedesco sulla riva del lago. Strauss, insospettito, lo segue da lontano, ma lo raggiunge troppo tardi per ascoltare il dialogo tra i due. Quando Einstein lo oltrepassa senza rispondere al saluto, Strauss si convince che Oppenheimer lo abbia messo contro di lui.

Oppenheimer e Strauss si trovano inoltre agli antipodi su una questione relativa all’esportazione di isotopi di uranio. Oppenheimer si produce in una battuta infelice per screditare la tesi di Strauss, umiliandolo pubblicamente. Questi comincia a meditare vendetta.

Il giorno in cui apprende che il nulla osta per la sicurezza a Oppenheimer sta per scadere, trama per indurre il governo a non rinnovarlo, perché senza di esso lo scienziato non potrà più collaborare ai progetti segreti e sarà la fine della sua carriera.

Strauss convince Borden a segnalare Oppenheimer all’FBI quale militante comunista nonché spia dei sovietici e quando a Oppenheimer viene proposto di rifiutare spontaneamente il nulla osta per evitargli uno scandalo, lo spinge, con un abile gioco manipolativo, a fare appello.

Oppenheimer cade nella trappola. Per regolamento, infatti, sarà proprio Strauss a nominare la commissione deputata a esaminare la pratica e l’uomo vi piazza degli uomini scelti. In breve, fa in modo che Oppenheimer subisca un processo penale mascherato da banale commissione, per la quale non è richiesto l’onere di provare le accuse.

Inoltre Strauss convoca alcune persone, come Teller, disposte a testimoniare contro Oppenheimer.

Riesce nell’intento: mette fine alla carriera di Oppenheimer, senza mai apparire nello stanzino in cui si tengono i colloqui, e mantenendo così la sua facciata di innocenza.

Oppenheimer non ottiene il rinnovo del nulla osta e viene escluso dai progetti governativi. La sua carriera è finita e non potrà più ostacolare la costruzione di una bomba H, progetto che Teller realizzerà.

Ma la ruota gira: anni dopo, nel 1959, Strauss si lascia andare e rivela al proprio assistente di avere causato la fine della carriera di Oppenheimer.

Poco dopo viene sputtanato pubblicamente da David Hill, che davanti al Senato rivela i dettagli del complotto ordito da Strauss ai danni di Oppenheimer, svelandone il motivo: Strauss si era vendicato per l’umiliazione ricevuta per mano di Oppenheimer durante la discussione sugli isotopi. Si intuisce che l’assistente di Strauss c’entra con la fuga di informazioni, in quanto parteggia per Hill.

Strauss, nero di rabbia, si giustifica con l’assistente sostenendo che Oppenheimer gli aveva messo contro l’intera comunità scientifica e porta quale prova il dialogo avvenuto nel 1947 tra Einstein e Oppenheimer, a Princeton; quello di cui, però, non ha mai ascoltato le parole.

Strauss si sbaglia, la sua è paranoia.

In un flashback rivediamo il dialogo sulla riva del lago: Oppenheimer rammenta ad Einstein una loro vecchia conversazione riguardo a certi dubbi sull’imminente primo test atomico.

All’inizio del progetto Manhattan, Oppenheimer, sulla base dei calcoli di Teller, aveva temuto che la deflagrazione atomica avrebbe incendiato l’atmosfera distruggendo il pianeta. Ciò non è avvenuto, ovviamente. Ma adesso Oppenheimer confida ad Einstein la sua nuova paura: anche se ora il mondo è in pace, la realizzazione della bomba atomica potrebbe aver dato vita a una reazione a catena di eventi che, magari dopo decenni o secoli, porterà a una guerra nucleare. Prima o poi, la Terra sarà comunque distrutta dalle testate sganciate da qualche pazzo capo di stato.

Einstein è turbato. Ignora completamente Strauss, giunto in quel momento, e si allontana.

Intanto Oppenheimer, immobile in piedi sulla riva del laghetto, rammenta una confidenza fattagli da Borden anni prima. Mentre era in corso la Seconda Guerra Mondiale, Borden, su un aereo militare, aveva visto passare nel cielo la scia di fuoco di un missile V2. I V1 e V2 erano missili a lunga gittata, progettati dai nazisti per trasportare bombe da sganciare a grande distanza dalla Germania.

Oppenheimer, sulla riva del lago, immagina di essere a bordo di un aereo militare, al posto di Borden, e di avvistare un missile nell’atto di trasportare una bomba nucleare per sganciarla su una città.

Torna in sé e, in una sorta di premonizione, vede le gocce d’acqua che piovono sul lago tramutarsi in testate nucleari che si abbattono sulle città, mentre i funghi atomici delle esplosioni si allargano divorando la Terra.

Oppenheimer chiude gli occhi per difendersi dall’orrore del mondo futuro che ha contribuito a creare. Questo è un riferimento al commento fatto poco prima in merito ad Einstein, in risposta a Lewis Strauss, curioso di sapere come mai non avesse coinvolto anche Einstein nel progetto Manhattan.

Oppenheimer aveva risposto: “Non ha mai accettato il mondo che ha contribuito a creare”.

Einstein, infatti, pur avendo dato un grosso contributo alla nascita della meccanica quantistica, se ne era dissociato dicendo la famosa frase “Dio non gioca a dadi“, poiché nel mondo quantistico il principio di causa-effetto, fondamentale nella fisica classica, cessa di valere e gli eventi paiono accadere in modo casuale, senza un filo logico. Einstein credeva in Dio e non concepiva un universo senza un fine ultimo, quindi senza Dio, come era quello proposto dalla meccanica quantistica.

Dunque, per ironia della sorte, anche Oppenheimer, come Einstein, non accetta il mondo che lui stesso ha contribuito a creare: un mondo su cui penderà la minaccia atomica per l’eternità.


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Trama, curiosità e recensione di Oppenheimer, film di Christopher Nolan sul padre della bomba atomica, con l'analisi in dettaglio della pellicola e il pronostico per gli Oscar 2024.

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Christopher Nolan firma il biopic sul più discusso scienziato del ventesimo secolo: Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. E mentre ci trasporta al tempo della Seconda Guerra Mondiale, non fa sconti a nessuno, regalando una pellicola notevole, anche se non perfetta, ultrafavorita ai prossimi Oscar, ma soprattutto un atto d’accusa verso gli Stati Uniti.

Trama, trailer, recensione con analisi del film e curiosità.

The prestige film drammatico di Christopher Nolan

Film: Oppenheimer
Titolo originale: Oppenheimer
Nazionalità: USA/Regno Unito
Anno: 2023
Durata: 180 minuti
Genere: Drammatico; biografico; storico
Regia: Christopher Nolan
Sceneggiatura: Christopher Nolan
Dal libro “American Prometheus“, di Kai Bird e Martin J. Sherwin.
Fotografia: Hoyte van Hoytema
Musiche: Ludwig Göransson
Cast: Cillian Murphy, Robert Downing Jr., Emily Blunt, Matt Damon.

Sito dedicato al film: https://www.oppenheimer-ilfilm.it/


Trama

Cambridge, 1926: il giovane Robert Oppenheimer (Cillian Murphy), dottorando in fisica, è tormentato da immagini di lampi e fuoco, che lui definisce “visioni di un mondo nascosto“: il mondo subatomico. Su consiglio di Niels Bohr (Kenneth Branagh) si dedica alla fisica teorica, studiando in Olanda e Germania.

Negli anni successivi, Oppenheimer sposa Kitty (Emily Blunt) e si appassiona alla meccanica quantistica, nuova, rivoluzionaria branca della fisica, arrivando a insegnarla nelle prestigiose università americane. Mentre in Europa Hitler invade la Polonia, si diffonde la notizia della scoperta della fissione atomica. Oppenheimer comprende che la reazione a catena può essere usata per creare un’arma incredibilmente potente, mai vista prima: la bomba atomica. Ossessionato dal terrore che Hitler possa svilupparla per primo con l’aiuto di Heisenberg, accetta la proposta del generale Groves (Matt Damon) di dirigere il Progetto Manhattan per battere i nazisti sul tempo.

Oppenheimer realizza la bomba con successo, ma terminata la guerra iniziano i guai…

Trailer

Guardalo qui.

Recensione di Oppenheimer con analisi del film

Dopo il discutibile “Tenet“, uscito in piena pandemia e rivelatosi un esercizio di stile freddo come l’iceberg che affondò il Titanic, Christopher Nolan torna alla ribalta con un biopic su Robert Oppenheimer, fisico del ventesimo secolo, citato nei libri di storia con i più svariati nomi: padre della bomba atomica, Prometeo americano, distruttore di mondi. Un personaggio che non passa inosservato, insomma. Infatti, troneggia con la sua “creatura” nella locandina del film, dove appare quasi a suo agio tra le fiamme dell’olocausto nucleare, come un ipotetico colonnello di un nuovo Apocalipse Now.

Ciak, si gira un biopic

I biopic sono un terreno minato per i registi.

Raccontare la storia di una persona realmente vissuta non è facile: la vita non è un romanzo, men che meno quella di uno scienziato. Cosa c’è di avvincente nel guardare un tizio che scrive equazioni sulla lavagna o conduce esperimenti di laboratorio in una squallida stanza con indosso un camice macchiato di caffè?

Vent’anni prima di Nolan un altro cineasta di Hollywood si era posto la stessa domanda: si trattava di Ron Howard, regista di “A Beautiful Mind“, biopic del 2001 sul matematico John Nash, interpretato da un ispirato Russell Crowe.

Sfruttando abilmente i pochi elementi a disposizione – la Seconda Guerra Mondiale, la genialità di Nash e la schizofrenia che gli causava allucinazioni – Howard aveva confezionato una pellicola di alto livello, dando origine al filone dei film con protagonisti scienziati geniali e un po’ folli. Dalla “soluzione Howard” è discesa la caratterizzazione di Robert Langdon, esperto di simbologia de Il Codice da Vinci, poi del matematico enfant prodige della serie TV Numb3rs, per arrivare di recente al ” buon dottore” autistico del medical drama “The Good Doctor”.

Nolan è stato fortunato. Nella vita di Oppenheimer c’erano tutti gli elementi per confezionare non soltanto una storia avvincente ma la classica storia che “spacca”. Stiamo infatti parlando del direttore del Progetto Manhattan, voluto dagli USA negli anni ’40 per la costruzione della prima bomba atomica della Storia.

Dotato di un’intelligenza geniale, del fascino del donnaiolo e di forti capacità immaginative, Robert Oppenheimer visse nel crocevia di tre momenti storici fondamentali:

  • la nascita della meccanica quantistica, via di accesso al mondo delle forze primordiali dell’universo;
  • la scoperta della fissione atomica, capace di sprigionare una quantità di energia come non si era mai vista prima;
  • lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la minaccia nazista.

In più, gli USA degli anni ’40 e ’50 soffrivano di una crescente ossessione verso l’Unione Sovietica: di lì a poco sarebbero scivolati nella caccia alle streghe del Maccartismo.

Oppenheimer era il classico genio un po’ folle, vissuto in un periodo folle in un mondo ancora più folle.

Tutti questi elementi diventano, nella sceneggiatura di Nolan, i pilastri su cui si regge il film.

Dapprima celebrato per aver donato all’umanità il potere del fuoco nucleare, rubato agli Dèi come faceva il Prometeo della mitologia greca, Oppenheimer fu in seguito accusato di essere una spia sovietica.

Così, quello che poteva essere un “banale” biopic di un personaggio stranoto si trasforma in un giallo, con un delitto, un colpevole e un movente. Un giallo a sfondo politico e con un ritmo da thriller.

Poste le basi a Nolan non restava che essere sé stesso e giocare con la storia e con il pubblico.

Stavolta gli sarà riuscito il trucco? Vediamo.

Il puzzle dell’intreccio

Oppenheimer si basa sulla biografia Premio Pulitzer scritta da Kai Bird e Martin Sherwin e restituisce un’immagine cubista dello scienziato, riprendendolo da più punti di vista, mentre ne segue le vittorie e le sconfitte.

Il film dura tre ore, un’ora per ogni atto del dramma dello scienziato.

La storia si dipana lungo tre linee narrative.

La prima linea narra la vita dello scienziato, prima, durante e dopo il progetto Manhattan.

Nella seconda linea siamo nel 1954 e assistiamo ai colloqui della commissione che decise la sorte di Oppenheimer, sottoponendolo a umiliazioni e a una considerevole pressione come non si vedeva dai tempi dell’Inquisizione Spagnola.

La terza linea è ambientata nel 1959 e mostra il Senato americano riunito per decidere in merito alla carriera di un certo Lewis Strauss, già presidente della Commissione per l’Energia Atomica, la cui colpa è aver avuto Oppenheimer sotto la sua direzione a Princeton.

Non c’è alcuno spoiler: Nolan presenta i tre piani narrativi fin dall’incipit, prendendo in contropiede lo spettatore.

Ormai lo sappiamo: Christopher Nolan ama giocare col tempo nelle sue storie e ci tiene a impressionare il pubblico con azzardati montaggi, che avranno dato grandi mal di testa al povero operatore.

Lo ha fatto in Memento, quando, nella successione di scene del film, la fine della scena N era l’inizio della scena N-1.

Lo ha rifatto in Inception, strutturando l’universo dei sogni come una matrioska tale che in ogni livello il tempo scorreva a un ritmo N volte più lento di quello del livello precedente.

Lo ha ripetuto in Dunkirk, dove una settimana di avvenimenti sulla terraferma corrispondeva, dal punto di vista del montaggio, a una settimana vissuta in mare e infine a un’ora di combattimenti in cielo.

Così, in Oppenheimer, Nolan ha preso le tre linee narrative, le ha tagliate in scene brevi e concise quanto i frame di un videoclip di Beyoncé, probabilmente le ha anche triturate e aromatizzate con qualche erba rubata dalla cucina di Masterchef, quindi le ha montate in modo che l’incrocio di flashback e flashforward sulle tre dimensioni della storia determinasse un racconto lineare.

Ogni flashforward spiega quanto mostrato nel flashback che lo precede e a sua volta il flashback mostra quanto anticipato dal flashforward che lo precede. Più o meno. Non sempre il trucco è riuscito, soprattutto nel primo tempo.

“Tu non puoi commettere il peccato e poi chiederci di soffrire per te tutte le conseguenze!”.

Nolan, insomma, ha fatto di nuovo ricorso a una struttura cervellotica, creando stavolta un impianto che rende Oppenheimer un ibrido tra Memento e Dunkirk. Non contento, ad alcune sequenze ha dato i colori, altre le ha ingessate nel bianco e nero.

Le scene a colori raccontano la storia come l’ha vissuta Oppenheimer, da essere umano dotato di emozioni: la soggettività degli eventi.

Le parti in bianco e nero, invece, mostrano l’oggettività, i fatti nudi e crudi così come riportati dalle cronache dell’epoca o dalla biografia su cui si basa la sceneggiatura.

La scelta nasce dal desiderio del regista di rendere più fruibile la visione del film. Siccome però Nolan è anche furbo, ne ha approfittato per farla apparire come un’innovazione tecnologica convincendo la Kodak a fabbricare una cinepresa IMAX bianco e nero apposta per lui. Date una medaglia a quest’uomo!

La vicenda scorre non senza anteprime degli sviluppi futuri, con alcuni elementi che tornano sovente nel flusso dei fotogrammi: le gocce di pioggia che impiattano una pozza d’acqua; il misterioso dialogo tra Oppenheimer e Einstein avvenuto a Princeton nel dopoguerra: Nolan posiziona lo scambio di battute nei primi minuti del film ma ne omette il contenuto, lasciando Lewis Strauss, e il pubblico, in preda all’ossessione di sapere cosa si siano detti di così importante.

L’ossessione di Nolan

Come già segnalato in precedenza, l’ossessione è una costante nella cinematografia di Nolan.

In Following seguivamo la vicenda di un romanziere ossessionato dalla ricerca dell’ispirazione.

Il protagonista smemorato di Memento era ossessionato dal desiderio di vendicare l’assassinio della moglie; i due illusionisti di The Prestige si consumavano dietro l’ossessione del trucco del teletrasporto e della sfida fra loro; in Interstellar l’astronauta viveva con il chiodo in testa dei figli lontani e l’ossessione per il tempo che glieli portava via, dilatato all’inverosimile dagli effetti gravitazionali del buco nero. Anche il Batman di Nolan ha le sue ossessioni.

In Oppenheimer Nolan potenzia l’ossessione dei personaggi e ne sparge anche sul mondo intero.

Lo scienziato è assediato da quelle che definisce “visioni di un mondo nascosto“, il mondo subatomico, dalla frenesia di costruire la bomba prima dei nazisti e dalle sue stesse azioni.

Il non detto del dialogo tra Oppenheimer e Einstein solletica la paranoia di Lewis Strauss.

Infine, a mano a mano che il tempo passa gli Stati Uniti sono sempre più ossessionati dal pericolo sovietico e dalla corsa alle armi.

Jean Tatlock, amante di Oppenheimer, è vittima di ossessioni meno definite rispetto a quelle dei personaggi principali ma non meno devastanti.

Il ladro

C’è un altro dettaglio che caratterizza i film di Nolan: la presenza di un ladro, reale o metaforico.

In Following, il romanziere rubava nelle case altrui. In Memento, l’assassino della moglie del protagonista era un ladro. In The Prestige, i due maghi cercavano di rubarsi l’un l’altro il segreto del “teletrasporto”.

In Inception, il protagonista Cobb ruba segreti dalle menti delle sue vittime.

In Interstellar la dilatazione del tempo dovuta al buco nero Gargantua ruba al protagonista la possibilità di vedere crescere i suoi figli.

Anche Robert Oppenheimer è un ladro, a suo modo. Oltre a essere ricordato come il padre della bomba atomica è stato definito il Prometeo Americano. Al pari di Prometeo del mito greco, che rubò il fuoco agli Dèi per donarlo all’umanità così da aiutarla a difendersi dai pericoli del mondo primordiale, Oppenheimer ruba il fuoco dell’atomica e lo dona all’umanità, nella vana convinzione di dare inizio a un’era di pace per il mondo intero.

E come Prometeo, anche lui si ritrova incatenato a una roccia, a un macigno. Quale sia possiamo soltanto immaginarlo per le tre ore del film, finché Nolan non posiziona l’ultimo pezzo del puzzle e allora ciò che nel primo tempo appariva slegato, superfluo, incomprensibile, acquista un senso.

Quasi tutto, in realtà.

Anche Nolan fa casini: i difetti di Oppenheimer

Oppenheimer non è un capolavoro, anche se vuole esserlo.

Il maggior difetto si cela nella quantità di personaggi introdotti, quasi tutti scienziati.

Soltanto nei primi venti minuti di film si avvicendano Albert Einstein, Neils Bohr, Isaac Rabi, Karl Heisenberg, Kurt Godel… Il problema è che, preso dalla foga di affascinare con il montaggio spericolato, Nolan dimentica che ogni personaggio, primario o secondario, va presentato in modo da restare impresso allo spettatore, altrimenti questi si alza e se ne va.

Gli sarebbe bastato osservare come ha agito brillantemente James Cameron in Titanic: chi non ricorda l’ufficiale che dopo l’affondamento del transatlantico cerca i sopravvissuti in mare rammaricandosi di aver “aspettato troppo“? O i due anziani che aspettano la morte abbracciati nel letto mentre l’acqua allaga la cabina? O la passeggera della terza classe che, consapevole di non poter salvare i suoi figli, li addormenta raccontando loro una fiaba? Queste scene di Titanic sono brevi parentesi nella storia di Jack e Rose, eppure sono costruite così bene da far spiccare i personaggi con poche parole o uno sguardo.

Nolan non sa compiere queste magie, per cui la maggior parte degli scienziati che costellano la vita di Oppenheimer e popolano Los Alamos restano appena dei nomi che svaniscono nell’oblio subito dopo. Si salvano Einstein, Rabi e Bohr.

Enrico Fermi, che pure ebbe un ruolo nel Progetto Manhattan, è per lo più assente; nell’unica scena in cui Oppenheimer gli parla brevemente è visibile quanto la cometa di Halley a occhio nudo. Considerando che alcuni dei personaggi secondari si riveleranno essere fondamentali per alcuni snodi della trama, l’incapacità di Nolan di evidenziarli nei pochi secondi di girato che riserva a ognuno di loro inficia la potenza di qualche colpo di scena, che scivola addosso senza suscitare particolare emozione.

Teller, invece, emerge dalla massa solo a partire da un certo punto in poi.

In Oppenheimer c’è poca azione: è vero. Per la maggior parte assistiamo a dialoghi intorno a un tavolo. Non è un difetto in sé. Abbiamo già visto svariati film girati come un dramma teatrale, a partire dall’indimenticato “Nodo alla gola” (1948) del maestro del giallo, Hitchcock, per arrivare alle sceneggiature di Aaron Sorkin premiate con l’Oscar (si veda The Social Network).

Purtroppo Nolan non ha preso appunti da Sorkin, perciò molti dialoghi del primo tempo del film sono un mero stratagemma per veicolare informazioni in modo piuttosto freddo, come accadeva già in Tenet.

L’emozione, l’empatia, mancano per quasi tutti i primi sessanta minuti di film, durante i quali si prosegue a guardare Oppenheimer più per fiducia verso Nolan che per la capacità del regista di farci partecipare alla storia, oltre che capirla.

Una delle poche battute del primo tempo che davvero restano impresse la dice Oppenheimer a Lawrence:

“Quando ero bambino credevo che trovando il modo di combinare la fisica e il New Mexico, avrei risolto la mia vita.”

La riscossa di Nolan

Per fortuna, nella seconda ora di film la musica cambia. Nolan prende in mano la situazione, a cominciare dalla intensa preparazione del Trinity Test, l’esplosione di prova effettuata nel deserto del New Mexico.

Il conto alla rovescia ansiogeno prelude a una sequenza che è destinata a restare nella storia del cinema.

Ma siamo solo all’inizio dello spettacolo che regalerà Oppenheimer!

Negli ultimi novanta minuti il film sorprende, coinvolge ed entusiasma. Nolan migliora i dialoghi e inanella una serie di sequenze che si contendono la palma di “Best Moment of”, con trovate narrative di grande impatto emotivo e mentale, che danno, finalmente, profondità allo scienziato e all’intera vicenda.

La scena nella palestra, il dialogo con Truman, il pressing della commissione su Oppenheimer, la metamorfosi di Strauss, fino all’ultima, memorabile sequenza che corona la pellicola con un degno finale.

Anche il secondo tempo non è esente da qualche difetto, sia ben chiaro: mi riferisco a fatti menzionati nei dialoghi senza essere mai stati mostrati e alcune connessioni mancanti. La moglie di Oppenheimer, per esempio, pare saperne più del marito su certe cose ma non viene spiegato come lei lo abbia appreso o capito, dato che per quasi tutto il film è relegata sullo sfondo.

Nonostante i piccoli inciampi, Oppenheimer spiega le ali e si dimostra per quello che è: una bomba atomica. No, non è una battuta.

Il concetto di “cinema” per Nolan

Nolan ha l’abitudine di trasformare ogni suo film nella rappresentazione di ciò che il film stesso racconta, di farlo vivere al pubblico come un’esperienza, emotiva e concettuale.

È ciò che dovrebbe fare ogni buona storia.

In Memento, il montaggio “invertito” ci fa sperimentare la stessa amnesia dei ricordi a breve termine di cui soffre il protagonista.

In The Prestige, l’intero film è un gioco di illusione, costruito sulla sequenza dei tre atti: “promessa, svolta e prestigio”, come da titolo.

Inception innesta nello spettatore una convinzione, la quale si riflette nella diversa spiegazione che ciascuno dà del finale del film. (Nel momento in cui Nolan afferma che a Cobb non importa più se stia sognando o meno, avendo riabbracciato i figli, siamo nel campo dell’indeterminazione, pertanto ogni spiegazione del finale è vera e falsa allo stesso tempo. Con buona pace di Michael Caine.)

Interstellar, da par suo, è uno spettacolare viaggio nello spazio. Le riprese vertiginose creano la sensazione di attraversare un wormhole, poi un buco nero. Nolan ci scaraventa nel muto spazio vuoto, ad anni luce dalla Terra.

Dunkirk ci fa riemergere dalla visione come se avessimo preso parte all’operazione di guerra.

Anche Oppenheimer rispetta la tradizione nolaniana: è confezionato come una bomba atomica.

Una volta usata [la bomba] la guerra nucleare e forse ogni guerra diventa impensabile.

Finché non ne faranno una più potente.

Nolan assembla l’ordigno nei primi novanta minuti con freddezza e perizia, un tassello dopo l’altro (a parte qualche vite non ben fissata). I tecnici che compongono la bomba simboleggiano il regista intento a montare il film e quando Oppenheimer avvia il conto alla rovescia nella sequenza del Trinity Test, anche Nolan sta facendo partire il conto alla rovescia della sua bomba filmica.

Al contrario del gadget atomico, però, la bomba di Nolan non deflagra nel Trinity Test ma un’ora dopo, nel finale, al termine di un lungo countdown narrativo, scandito da dialoghi serrati, accuse, rinfacci e allucinazioni lynchiane senza soluzione di continuità, fino all’ultimo colpo di scena.

Lascia poi il pubblico a leccarsi le ferite nella penombra dei titoli di coda. Sta agli spettatori l’onere di curarsi gli effetti post atomici, cioè post visione del film.

Oppenheimer è il The Day After delle generazioni attuali

Forse i nati negli anni ’60 e ’70 ricordano ancora The Day After, il film con Jason Robard e Steve Guttenberg oggi finito nel dimenticatoio.

Uscito del 1983, mentre era in corso da decenni la Guerra Fredda tra USA e Unione Sovietica, The Day After immaginava lo scoppio di una Terza Guerra Mondiale e la caduta di testate nucleari sovietiche sul territorio degli Stati Uniti: una Hiroshima americana, insomma.

Il film narrava le fasi precedenti l’inizio della guerra, l’olocausto nucleare e la sorte dei sopravvissuti, in una lenta discesa nella disperazione tra spasmi di dolore e angoscia.

Si entrava nel cinema sorridenti, curiosi di vedere il film di cui parlava il mondo intero, e si usciva dalla sala turbati, muti, con lo sguardo perso nel vuoto: lo stesso che esprime oggi Cillian Murphy in Oppenheimer.

Oppenheimer spiega alle generazioni attuali, Millennial e Generazione Z, ciò che The Day After spiegò ai loro genitori e nonni: che la vita non è un videogioco e che a furia di “giocare” con il nucleare si può distruggere il mondo intero. Che forse la curiosità, il desiderio di esplorare, di conoscere, deve fermarsi laddove sopraggiunge l’ebbrezza del potere, perché questa può causare solo morte e distruzione.

La storia di The Day After era inventata e ambientata nel futuro, mentre quella di Oppenheimer è accaduta davvero.

Due vere bombe atomiche sono cadute su Hiroshima e Nagasaki, uccidendo centinaia di migliaia di civili innocenti, a seguito di una decisione presa a tavolino da attempati funzionari del governo americano, che hanno scelto le città da distruggere come si sceglie una pietanza dal menu del ristorante.

Nolan ha buon gioco nel mostrare il cinismo dei politicanti e dei militari americani. E come il lampo delle testate nucleari di The Day After si stampò negli occhi del pubblico di quarant’anni fa, il lampo emesso dalla bomba nel Trinity test di Oppenheimer si imprime negli occhi del pubblico di oggi.

Lo vediamo anche in Cillian Murphy: dal momento del test, fino al finale del film, gli occhi sbarrati dell’attore irlandese risplendono di quella stessa luce che lo scienziato cui presta il volto ha avuto l’ardire di ammirare a occhi nudi, come a voler sfidare gli Dèi.

Oppenheimer è un atto di accusa verso gli Stati Uniti

Ci voleva un non americano come Nolan per rinfacciare agli USA le loro colpe, per mostrare senza sconti né pietismi la brama di potere che nasce dalla possibilità di controllare le più distruttive forze della natura.

Si è spesso parlato del timore degli scienziati riguardo alla possibilità che un’esplosione atomica potesse incendiare l’atmosfera e bruciare l’intero pianeta in una fiammata, ma Nolan dà consistenza a quel momento, mette a nudo l‘estrema incoscienza degli scienziati e dei militari impegnati a tal punto nel progetto Manhattan da correre il rischio di distruggere ogni cosa per contrastare una minaccia che era poi meno reale di quanto lo fosse nelle loro menti ossessionate.

L’orrore, scientifico, umano e politico, di cui è imbevuta la vicenda narrata da Oppenheimer è talmente enorme che ci si chiede come è possibile che il Giappone abbia instaurato buoni rapporti con gli USA dopo Hiroshima e Nagasaki, invece di trincerarsi dietro una gelida indifferenza. Ma la ferita è ovviamente ancora aperta e forse è meglio che i giapponesi si risparmino la visione del film. Perché, come detto, Oppenheimer è una bomba che esplode nel cuore, nella mente, nella coscienza degli spettatori ed è difficile restare indifferenti quando si comprende la potenza, il significato metaforico del film e delle gocce di pioggia che ricorrono più volte nelle scene e nelle visioni di Oppenheimer.

Nolan, insomma, con tanto mestiere, creatività e una buona dose di coraggio, regala un biopic “giallo” che pur zoppicando per i primi sessanta minuti, si risolleva a tal punto nelle ultime due ore da sembrare quasi un altro film, capace di far dimenticare o comunque perdonare i difetti del primo tempo.

Gli Oscar 2024 segneranno il trionfo di Nolan o si riveleranno una beffa?

Che Cillian Murphy meriti l’Oscar come migliore attore protagonista è innegabile. Il suo viso sbarbato e delicato, gli occhi cerulei e candidi lo rendono già molto somigliante al vero Oppenheimer, ma è lo sguardo perennemente smarrito in un altro mondo, con il lampo della bomba stampato sulle pupille, che calza alla perfezione con il suo ruolo. L’attore sa mostrarsi arrogante nella prima ora di film, quando prende decisioni senza riflettere sulle conseguenze, al punto da farci simpatizzare per Lewis Strauss; traballante nella seconda ora; vulnerabile, umano e “prometeiforme” nell’ultima ora di spettacolo.

“Lei è l’uomo che ha dato a loro il potere di distruggere sé stessi, e il mondo non è pronto”.

Robert Downing Jr., reduce da dieci anni passati nella corazza di Iron Man, firma l’interpretazione della sua carriera, rivelandosi l’altra bomba piazzata da Nolan nel film. Ma in fondo, se conoscete le traversie dell’attore e avete notato l’intensità espressiva evidente nelle sue ultime battute in Avengers: Endgame, avevate già intuito che il ruolo di Lewis Strauss, politicante ex venditore di scarpe e fisico autodidatta con fantasie paranoiche, avrebbe riservato sorprese. L’interpretazione dell’ex Tony Stark reclama l’Oscar per migliore attore non protagonista.

Bravo pure Jason Clarke, adeguatamente odioso nel ruolo del principale inquisitore di Oppenheimer.

Infine complimenti a Matt Damon, che per una volta non deve essere salvato come in The Martian, Interstellar e Salvate il soldato Ryan.

I personaggi femminili sono purtroppo sempre penalizzati nelle opere di Nolan: il regista li destina a ruoli di sostegno, come l’Arianna di Inception, nei ricordi del protagonista (Memento, Inception) oppure sullo sfondo. È questo il caso di Kitty, la moglie di Oppenheimer. Tuttavia, Emily Blunt approfitta delle poche battute riservatele dal copione per affermare il proprio talento e lanciare sguardi ferini senza pietà, chiamando almeno la nomination per migliore attrice non protagonista.

Non pare invece particolarmente azzeccato Tom Conti nel ruolo di Einstein, per la scarsa somiglianza con l’originale. Nonostante ciò, il personaggio è animato bene e, sebbene compaia poche volte, le scene e i dialoghi che lo coinvolgono sono tali da permettergli di farsi ricordare.

Ci sono altri aspetti del film che valgono la nomination o l’Oscar, come gli effetti visivi, la fotografia, il trucco, la regia di Nolan, il film. E ovviamente il montaggio: orsù, Academy Awards, premia questo povero operatore che ha attraversato notti insonni per assemblare il pazzo puzzle di Nolan.

La colonna sonora di Oppenheimer

Non è da meno la musica. Ludwig Göransson, alla sua seconda collaborazione con Nolan, dopo Tenet, si dimostra particolarmente in sintonia con Oppenheimer.

Il brano Can You Hear The Music, dal ritmo ternario, le cui note accelerano e precipitano a spirale come un uccello ferito, rappresenta il moto vorticoso degli elettroni lungo gli orbitali atomici, quegli atomi che la fissione spezza per sprigionarne l’energia, e vale da solo la visione del film.

Spiccano anche i bassi prodotti in modo poderoso e invadente: con gli strumenti, con i battiti e i boati che irrompono fra le scene, quasi a caso, ad anticipare o ricordare lo scoppio della bomba, con il pestare dei piedi sul pavimento.

La scelta è senz’altro voluta, perché i bassi insistiti, rimbombanti, hanno un effetto ansiogeno nella gente, ancor più se abbinati a un ritmo incalzante.

Anche per Göransson si prevede la nomination per migliore colonna sonora.

Il doppiaggio

Infine un plauso anche al doppiaggio italiano, diretto da Marco Mete. Sia la scelta delle voci che le performance dei doppiatori sono di alto livello.

Benché Cillian Murphy abbia un bel timbro naturale, caldo e profondo, il doppiaggio di Simone D’Andrea si attaglia alla perfezione all’attore.

Conclusione

Nonostante i difetti, Oppenheimer segna il gran ritorno di Nolan dopo l’algido Tenet.

Il regista britannico ha radunato un cast stellare ed è ragionevole aspettarsi per la troupe un destino migliore di quello toccato a Robert Oppenheimer, assediato per l’intero film dalla pioggia che invece di lavare le sue colpe si tramuta in quel fuoco che lui stesso ha rubato agli Dèi.

Magari, per l’Oppenheimer di Christopher Nolan le gocce d’acqua che piovono sulla pozzanghera, sulla finestra e sul lago togliendo il sonno a Cillian Murphy si tramuteranno in una pioggia di Oscar.

Per la serie: Quando i fisici conobbero il peccato.

Voto personale: 9+


Curiosità

  • Cosa significano le scritte “fissione” e “fusione” che compaiono all’inizio del film e basta? Fissione e fusione sono i due metodi noti al tempo di Oppenheimer per sprigionare le forze primordiali della natura, le stesse che animano le stelle. Oppenheimer costruisce la bomba atomica usando la fissione, ma in seguito sconsiglia lo sviluppo della bomba a fusione, molto più devastante della atomica. Entra quindi in conflitto con Lewis Strauss, sostenitore, insieme a Teller, del progetto per la costruzione della bomba a fusione, la bomba H. “Fissione“, pertanto, indica Oppenheimer, mentre “Fusione” si riferisce a Strauss.
  • Anche se è mostrato all’inizio del film, non è accertato se Oppenheimer abbia davvero tentato di avvelenare Blackett iniettando cianuro di potassio nella mela sul tavolo. Il nipote di Oppenheimer ha difatti non gradito questa scena, definendola non aderente ai fatti.
  • Quando Bohr chiede a Oppenheimer: “Per costa sta la J?”, riferendosi alla J nel nome J. Robert Oppenheimer, questi risponde: “Niente”. Invece la J sta per “Julius”.
  • La lezione tenuta in olandese da Oppenheimer non significa niente, perché Nolan ha tagliato la scena qui e lì per accorciarla, rovinando il senso delle parole.
  • Prima di lavorare nel progetto Manhattan, Oppenheimer diede un contributo alla comprensione dei buchi neri: fu tra i primi a chiedersi come moriva una stella.
  • La bomba di test viene chiamata Trinity, in riferimento alla Trinità cristiana: per Oppenheimer, affascinato dalle religioni, l’atomica sarà una terribile rivelazione della potenza divina.
  • A un certo punto, a Los Alamos, Oppenheimer dice che la bomba (del Trinity test) esploderà entro un’ora e cinquantotto minuti. Infatti l’ordigno scoppia a un’ora e cinquantotto minuti di pellicola.
  • Leggi qui altre curiosità sul film Oppenheimer


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Oppenheimer: ecco la sceneggiatura del film di Christopher Nolan https://www.recensioniagogo.com/2023/09/oppenheimer-ecco-la-sceneggiatura-del-film-di-christopher-nolan.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=oppenheimer-ecco-la-sceneggiatura-del-film-di-christopher-nolan https://www.recensioniagogo.com/2023/09/oppenheimer-ecco-la-sceneggiatura-del-film-di-christopher-nolan.html#comments Mon, 04 Sep 2023 13:34:04 +0000 https://www.recensioniagogo.com/?p=22478 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

Sapevi che puoi leggere la sceneggiatura di Oppenheimer come se fosse un libro? Ecco i dettagli del libro di Christopher Nolan.

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Tutto il film Oppenheimer racchiuso in un libro.

No, non mi riferisco ad “American Prometheus“, biografia di Oppenheimer a cui si ispira l’ultima pellicola di Christopher Nolan che sta facendo discutere e appassionare il mondo intero.

Parlo della sceneggiatura completa del film.

Ecco i dettagli per sbirciare dietro le quinte della mente del regista britannico.

Libro: Oppenheimer. The complete screenplay
Titolo originale: Oppenheimer. The complete screenplay
Lingua: inglese
Autore: Christopher Nolan
Anno di pubblicazione: 2023
Genere: Cinematografia
Editore: Faber & Faber

Sceneggiatura del film Oppenheimer, di Christopher Nolan

Chi bazzica il mondo del cinema sa quanto sia difficile procurarsi le sceneggiature dei film già usciti nelle sale cinematografiche, in streaming o in TV. Quante ore trascorse a fare ricerche sul web per recuperare qualche frammento o, peggio ancora, restare con le mani vuote, se parliamo di pellicole italiane.

Christopher Nolan, invece, viene incontro ai fan. Da anni, rende disponibili le sceneggiature dei suoi film, pubblicandole rilegate come dei normali libri.

In pratica guadagna due volte da ogni sua pellicola; nel frattempo riempie di gioia i cinefili, gli studenti di cinema e i suoi fan.

Come già è accaduto per pellicole quali Memento, The Prestige, Interstellar, anche per Oppenheimer possiamo leggere tutta la sceneggiatura del film come se fosse un libro.

Eh, sì, lo screenplay del film dell’anno è edito in volume dalla casa editrice Faber & Faber

Purtroppo è disponibile solo in lingua inglese… ma siete in tanti a guardare i film in lingua originale, vero? 😉

Inoltre, il linguaggio usato non è complesso: per esigenze di chiarezza, le sceneggiature sono scritte in uno stile semplice, diretto e limpido, senza fronzoli, abbellimenti linguistici o metafore criptiche.

Non siamo di fronte a romanzi o novellizzazioni di film.

Dunque, non è difficile leggere la sceneggiatura di Oppenheimer, anche se in inglese, soprattutto con la proliferazione di traduttori online a disposizione gratis.

Sfogliando il libro possiamo notare il primo particolare: al contrario della tradizione cinematografica, Christopher Nolan ha scritto una parte della sceneggiatura in prima persona; si tratta delle scene “Fission“, che esprimono il punto di vista di Oppenheimer. Per intenderci: nel film sono mostrate a colori.

Le scene in bianco e nero, invece, le “Fusion“, sono scritte in terza persona, come è d’uso nel cinema. Rappresentano il punto di vista oggettivo, i fatti nudi e crudi secondo quanto riportato dalle cronache dell’epoca e nella biografia di Oppenheimer.

A precedere la sceneggiatura un’introduzione di Kai Bird, coautore di “American Prometheus” assieme a Martin Sherwin, e il cast del film: l’elenco dei personaggi di Oppenheimer e degli attori che li hanno interpretati.

Ripercorrere le scene del film nella sceneggiatura uscita dalla penna di Nolan è un’esperienza unica per chi ha visto Oppenheimer. Può, invece, essere un’interessante anteprima per chi deve ancora recarsi al cinema e non teme gli ovvi spoiler contenuti nel libro.

E quando Oppenheimer lascerà le sale per passare finalmente in streaming o in DVD, gli studenti di cinema potranno studiare la sceneggiatura, scena dopo scena, mentre sullo schermo scorreranno le immagini.

Buona lettura!


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5 Curiosità su Oppenheimer, il film di Nolan con Cillian Murphy probabile candidato agli Oscar https://www.recensioniagogo.com/2023/08/curiosita-su-oppenheimer-il-film-di-nolan-con-cillian-murphy-probabile-candidato-agli-oscar.html?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=curiosita-su-oppenheimer-il-film-di-nolan-con-cillian-murphy-probabile-candidato-agli-oscar https://www.recensioniagogo.com/2023/08/curiosita-su-oppenheimer-il-film-di-nolan-con-cillian-murphy-probabile-candidato-agli-oscar.html#respond Sat, 26 Aug 2023 15:20:39 +0000 https://www.recensioniagogo.com/?p=22443 Da Recensioni à gogo - Film, Libri e Serie TV - Recensioni di Film al Cinema e in TV, Trailer, Curiosità Libri, Commenti Serie TV, Eventi in Streaming Legale. Dal Punto di Vista del Pubblico

In Oppenheimer, film sul padre della bomba atomica, Christopher Nolan ha voluto girare la scena dell'esplosione atomica (Trinity Test) senza usare computer grafica o green screen. Ecco come hanno fatto, più altre curiosità sul film,

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Sapevi che nel film Oppenheimer, la scena dell’esplosione atomica è stata girata senza l’ausilio della computer grafica?

Come hanno fatto?

Questa e altre domande trovano risposta in questo articolo sull’ultima fatica di Christopher Nolan.


Ecco, ci siamo!

“Oppenheimer”, il nuovo film di Christopher Nolan, è finalmente uscito il 23 agosto anche nei cinema in Italia!

Le aspettative sono alte e sembra che la visione del film sia un’esperienza indimenticabile, per alcuni anche traumatica, capace di cambiarti dentro o comunque di lasciare tanto materiale su cui riflettere.

E domande sul making of!

Per chi non ha ancora visto il film o magari è appena uscito dal cinema e vuole saperne di più sulla sua realizzazione, ecco cinque curiosità su “Oppenheimer”, il film dell’anno!

Oppenheimer racconta la storia di Julius Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica, e ovviamente affronta anche la conseguente crisi di coscienza che lo portò a non lavorare anche alla futura bomba a idrogeno. Meno male! (Anche se poi l’hanno progettata altre persone…)

5 curiosità sul film Oppenheimer!

1 – Oppenheimer segna il record di Nolan

Oppenheimer è il film più lungo mai girato da Nolan. Dura ben 180 minuti esatti (3 ore) contro i 169 minuti di Interstellar e i 164 minuti di Il cavaliere oscuro – Il ritorno.

2 – Esiste anche il libro su Oppenheimer?

Non esiste una novellizzazione del film, ma la sceneggiatura di “Oppenheimer” si basa sul libro American Prometheus, biografia di Oppenheimer scritta dal giornalista Kai Bird e dallo storico Martin J. Sherwin.

Il libro, che ha vinto il Premio Pulitzer, è stato pubblicato in Italia da Garzanti, col titolo Oppenheimer.


3 – La prima volta di Cillian Murphy

Cillian Murphy, che dà volto e corpo a Robert Oppenheimer, aveva già lavorato con Nolan in altri cinque film:

Non è raro che un regista, trovatosi bene a dirigere un attore, lo coinvolga anche in altre pellicole.

Oppenheimer, però, è il primo film di Nolan in cui Cillian Murphy ha finalmente il ruolo di protagonista.

E sembra che abbia regalato una interpretazione da Oscar. Sospetto che lo vedremo tra i candidati agli

e magari sarà anche il vincitore!

Che ne pensi, tu che hai magari già visto il film?

4 – La curiosa dieta di Cillian Murphy sul set

Il vero Oppenheimer aveva l’aspetto molto magro, con le guance scavate tipiche delle persone filiformi. Cillian Murphy ha quindi seguito un severo regime alimentare per dimagrire abbastanza da assomigliargli fisicamente. Pare, secondo alcune indiscrezioni, che sul set arrivasse a mangiare…. una mandorla al giorno.

Quando, comunque, Kai Bird, uno dei due autori della biografia su cui si basa il film, ha visitato il set a Los Alamos è stato colpito dalla somiglianza di Murphy con Oppenheimer, al punto da esclamare ammirato: “Dottor Oppenheimer! Ho atteso decenni per incontrarla!”

5 – Come hanno girato la scena dell’esplosione della bomba atomica senza effetti speciali?

Come anticipato all’inizio dell’articolo, Nolan si è rifiutato di fare ricorso a effetti speciali in questo film. Niente CGI o green screen, soprattutto per la parte relativa al Trinity Test.

Come hanno fatto, dunque, a girare la scena dell’esplosione atomica di test nel deserto del New Mexico? Con lo stesso metodo che i registi usavano negli anni ’40, ’50 e ’60, quando insomma non potevano creare le scene al computer.

Hanno ricostruito il luogo dell’impatto in miniatura, tipo casa di bambole, poi hanno avviato delle esplosioni controllate di media entità, incendiando una miscela di benzina, alluminio, propano e altre sostanze. Infine, hanno filmato le esplosioni a velocità accelerata e con una telecamera posizionata in un punto protetto ma abbastanza vicino alle miniature, in modo che da quella prospettiva sembrasse di assistere a una vera esplosione gigantesca.

E per quanto riguarda il fungo atomico? Be’, quello è stato poi ottenuto in post-produzione grazie a una procedura di composizione a strati dei vari fotogrammi.

Guarda i dettagli nel video sul making of di Oppenheimer.

Oppenheimer: la realizzazione della scena del Trinity Test senza computer grafica nel film


Buona visione di Oppenheimer, il film di Christopher Nolan sul padre della bomba atomica.

E se cerchi la recensione del film, eccola!


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