tag:blogger.com,1999:blog-357014002023-03-28T16:40:29.869+02:00(¯`·._.· Chia®a di Notte ·._.·´¯)© UNA LEAENA MULTAS DORCADES NON TIMET ©Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.comBlogger1549125truetag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-74780957961317487172019-09-19T13:27:00.000+02:002020-03-23T21:43:47.793+01:00L'estetica non e' tutto<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-gdwTZ1_UZ9M/XYNlaG7SsgI/AAAAAAAAQQU/-PEDNKZHTvkNA8hKXL4BPGeHrhRmfsSVgCLcBGAsYHQ/s1600/Snapshot_kla%2B_avatar.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1520" data-original-width="1242" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-gdwTZ1_UZ9M/XYNlaG7SsgI/AAAAAAAAQQU/-PEDNKZHTvkNA8hKXL4BPGeHrhRmfsSVgCLcBGAsYHQ/s320/Snapshot_kla%2B_avatar.jpg" width="260" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #993399; font-size: 180%;">U</span>na foto senza una storia e' solo un insieme di pixel disposti sullo schermo; che siano disposti piu' o meno bene, sia che la foto sia bella o brutta, sempre di quello si tratta e di niente altro. Una foto che non ha una storia dietro e' vuota, come e' vuoto un avatar, seppur bellissimo esteticamente, al quale non e' stata data un'anima.<br /><br /></div><div style="text-align: justify;">Cio' che fa la differenza, che aggiunge spessore a tutto, non e' il modo in cui abbiamo saputo "manipolarci" esteticamente o il modo in cui viene utilizzato windlight; e' il modo col quale noi, con la nostra mente, le nostre esperienze ed i valori che abbiamo dentro, riusciamo a riempire quel vuoto portandoci un po' di noi stessi, la nostra storia, le nostre gioie, le nostre passioni e, perche' no, anche i nostri dolori.<br /><br /></div><div style="text-align: justify;">In Second Life esistono migliaia, milioni, di avatar bellissimi ma vuoti, gestiti da persone che dentro di se' non hanno niente; persone che incontri una sera e delle quali, il giorno dopo, non ricordi piu' neppure il volto o il nome. Allo stesso modo in <a href="https://www.flickr.com/photos/chiaradinotte/" target="_blank">Fickr</a> esistono milioni di foto realizzate con tecniche stupende, ma che rimangono finalizzate solo all'accrescimento dell'ego di chi le fa, in quanto, di per se', non hanno niente da comunicare. Meri oggetti edonistici fini a se' stessi. Inutili. Noiosi. Talvolta persino fastidiosi.<br /><br /></div><div style="text-align: justify;">E allora la domanda che dobbiamo porci quando viviamo in Second Life e' la seguente: meglio incontrare avatar bellissimi ma senza un'anima, gestiti da chi non ha alcuna qualita' interiore per stimolare interesse o emozioni, oppure relazionare con avatar mediocri dal punto di vista estetico, ma che attraverso le parole di chi li ha creati sappiano comunicare qualcosa che coi nostri sensi, "limitati" al virtuale e percio' incompleti, potremmo definire "bellezza"? Ed in Flickr, sono piu' interessanti le foto eseguite in modo stupendo ma limitate alla sola estetica, oppure quelle dove viene infusa una vita attraverso un racconto?<br /><br /></div><div style="text-align: justify;">Per tale motivo cerco di riempire ogni mia foto con qualcosa di mio, cosi' come, allo stesso modo, riempio la mia bambolina di quell'essenza che e' la mia anima. Lo faccio perche', sia la prima che la seconda, non restino cose vuote.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-63184032373484158442017-04-14T14:14:00.002+02:002022-11-18T14:47:41.536+01:00Si dice che le armi...<audio class="audio-for-speech" src=""></audio><div class="translate-tooltip-mtz green sm-root translate hidden_translate"> <div class="header-wrapper"> <div class="header-controls"> <span class="sound-translate"></span> <span class="copy green"></span> <span class="settings-translator"></span> </div> <div class="header-title"><br /></div></div></div><span class="translate-button-mtz hidden_translate green"></span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-yJHCm1AkvFc/WPC7smLmRgI/AAAAAAAAQKk/Z2zHR16eGDcmAHlWWxs7YKJszKP_dIYAACLcB/s1600/Armi.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="225" src="https://3.bp.blogspot.com/-yJHCm1AkvFc/WPC7smLmRgI/AAAAAAAAQKk/Z2zHR16eGDcmAHlWWxs7YKJszKP_dIYAACLcB/s400/Armi.jpg" width="400" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><span style="color: #993399; font-size: 180%;">L</span>e armi (si dice) sono solo strumenti. Si dice che di per se' non siano ne' giuste ne' sbagliate; giusto e sbagliato e' l'uso che di queste viene fatto, che (soprattutto) dipende molto da chi le utilizza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Vero. Un coltello puo servire per uccidere, ma anche per tagliare la carne nel piatto (si dice). Un auto puo' servire per il trasporto di persone, ma puo' anche tramutarsi in una bomba, e con cio' si mira ad affermare che le pistole, i fucili, gli ak47, possono essere usati sia per uccidere sia per... ?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E qui casca l'asino, perche' pistole, fucili, ak47, non hanno una duplice funzione; solo per uccidere sono stati creati. Sono strumenti il cui unico scopo e' ferire o togliere la vita a qualcuno tramite l'immissione a grande velocita' di un corpo estraneo nel suo corpo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Concedere il diritto (a tutti) di possedere le armi equivale dunque a concedere a tutti il diritto di decidere se ferire o uccidere oppure essere magnanimi; equivale a lasciare che chiunque, in qualsiasi momento, a sua discrezione, abbia il diritto di decidere della vita altrui.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E' cio' che gia' fanno i delinquenti (si dice): coloro che non rispettano la legge e se ne fregano delle regole sociali non hanno problemi a reperire armi, e ammazzano a loro discrezione.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Vero. E si dice anche che per difendersi dai delinquenti si dovrebbero dare le armi a tutti, perche' la "legittima difesa" e' un diritto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ho provato a pensare al mondo che ne uscirebbe, e cio' che ne uscirebbe (se dessimo retta a questi "si dice") e' un mondo in cui il vicino di casa, a sua totale discrezione, potrebbe decidere che tu, rientrando la notte sul pianerottolo, rappresenti per lui una minaccia, e se volesse, avendo una pistola, un fucile, un ak47, potrebbe immetterti a grande velocita' un corpo estraneo direttamente in testa. Tu, altresi', potresti fare la stessa cosa con lui. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ovviamente cio' sarebbe illegale, non si potrebbe fare, ma vai a resuscitare la vittima una volta che qualche paranoico avesse deciso che questa rappresentava per lui un pericolo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il rischio e' percio' che chiunque possa tramutare la "legittima difesa" in "illegittima offesa". Il rimedio alla delinquenza sarebbe dunque quello di mettere tutti alla pari, vittime e malfattori, con il facile espediente di trasformare tutti in probabili delinquenti. Perche' quando si ha un'arma in mano ci trasformiamo certamente in "difensori", ma possiamo anche trasformarci in giudici e boia. A nostra discrezione, come ci gira per la testa, esattamente come qualsiasi delinquente. E chiunque potrebbe farlo con noi, con un nostro congiunto, con un nostro amico. Con nostro figlio.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La domanda e' quindi: e' giusto dare questo potere di vita e di morte a chiunque? E' giusto fidarsi dell'equilibrio psichico di chi possiede una pistola, un fucile, un ak47? Oppure la societa' che si otterrebbe sarebbe di gran lunga piu' pericolosa di quella attuale?</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-54243171430480266782016-04-29T20:39:00.003+02:002016-04-29T20:39:30.002+02:00Do Ut Des<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-zDJyylOHp9Y/VyOoX9OQ4WI/AAAAAAAAQJg/s7fkItR-pjkxqf9I7rlN7QbzS-W1P0JkQCLcB/s1600/Kla22594.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="280" src="https://4.bp.blogspot.com/-zDJyylOHp9Y/VyOoX9OQ4WI/AAAAAAAAQJg/s7fkItR-pjkxqf9I7rlN7QbzS-W1P0JkQCLcB/s400/Kla22594.jpg" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">D</span>o Ut Des. Scriviamolo bene: con le maiuscole. C'e' chi basa i suoi rapporti personali su questa semplice regola: io ti do qualcosa affinche' tu mi dia qualcosa. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Intendiamoci: non e' che sia sbagliato, e posso considerare piu' onesto chi, palesemente, si manifesta "generoso" solo perche' in cambio sa di ottenere qualcosa (e percio' lo dice chiaramente), rispetto a chi, invece, fa credere di essere generoso tout court, e dice di non aspettarsi niente in cambio quando, in realta', sotto sotto, qualcosa in cambio da te vuole ottenerla.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ora, io so di essere un'approfittatrice, maestra in certi momenti nel saper ottenere le cose senza contraccambiare, ma allo stesso tempo, con sincerita' e senza ipocrisia, so donare moltissimo anche senza che abbia ottenuto niente. E' che questa seconda anima, se cosi' si puo' chiamare, purtroppo stenta ad emergere quando mi accorgo di avere di fronte qualcuno che con me vuol fare il "furbetto". Ecco, io i "furbetti" proprio non li sopporto. Come non sopporto i millantatori, del resto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Fra l'altro accade anche che sia consapevole di una cosa (che senza dubbio mi fara' apparire presuntuosa): ci sono moltissime persone che per incontrarmi sarebbero disposte a pagare fior di quattrini, o a fare qualsiasi cosa io chiedessi loro di fare. Non ci crederete, ma nonostante la mia veneranda eta' da milf sono ancora assai richiesta, e corteggiata. E' per questo motivo che sono diventata una snob, che puo' essere a tratti definita anche viziata (oltreche' viziosa), seppur semplice e modesta nell'apparire e nei modi. E c'e' di piu': da questo mio "snobismo" non voglio affatto guarire. Ne vado orgogliosa. Mi piaccio cosi' come sono e se ancora piaccio e' anche perche' sono fatta cosi' e non in altro modo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ecco perche' la mia regola e' usualmente (soprattutto con chi con me intende applicare il "Do Ut Des") quella del "Des Ut (forse) Do". Prendere o lasciare. Le regole, poiche' sono una snob viziata (oltreche' viziosa), le stabilisco io.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-28217182249636852932015-09-25T22:00:00.000+02:002015-09-25T22:01:24.090+02:00Il velo<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-FQH5FGeDlxM/VgWk2LsK0AI/AAAAAAAAQIs/mAK3WWdd3Ks/s1600/Velo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="305" src="http://1.bp.blogspot.com/-FQH5FGeDlxM/VgWk2LsK0AI/AAAAAAAAQIs/mAK3WWdd3Ks/s400/Velo.jpg" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">I</span>l velo, che copra la testa, o una parte del volto, e' solo un pezzo di stoffa, oppure e' qualcosa di piu'?<br />Oggi, nel clima nevrotico in cui si vive, spesso gli si attribuisce un significato non troppo positivo, finanche a considerarlo il simbolo della sottomissione femminile. Ma non e' sempre stato cosi'. In realta' l'uso del velo da parte delle donne, benche' nell'immaginario collettivo sia riferito sopratutto a quelle di religione musulmana, e' molto antico e piu' diffuso di quanto si pensi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dalla ricerca etimologica si possono gia' ricavare alcuni significati: coprire qualcosa con tessuto trasparente e fine, velare. I termini svelare, rivelare, ci indicano come la scoperta sia di per se' non una creazione ex novo, ma semplicemente un "alzata del velo" che copre la conoscenza dell'oggetto. La prima traccia dell'uso femminile del velo e' attestata, comunque, in un documento legale assiro del XIII secolo a.C. secondo il quale, indossarlo, era permesso esclusivamente a donne nobili, mentre veniva proibito a prostitute e donne comuni che dovevano girare a capo scoperto. In questo modo il velo distingueva non solo la classe sociale, ma anche la "non accessibilita'" della nobildonna allo sguardo comune. Tutt'altro che un simbolo di sottomissione, quindi. Anzi, l'esatto opposto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L'uso del velo diventa poi piu' comune: come copricapo, per ripararsi dal vento, dal sole o dalla sabbia. Per indicare lutto o semplicemente per nascondere l'identita' di una donna che si reca ad un convegno amoroso. Puo' essere una sciarpa o un tessuto morbido e sufficientemente ampio da venir utilizzato in piu' modi. E se da una parte costringe la donna nobile a coprirsi dagli sguardi indiscreti del popolo, dall'altra diviene strumento di seduzione e fascino, come la Danza dei Sette Veli ci ricorda.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Strumento di seduzione o di protezione; simbolo di mistero e del sensuale gioco del velare e scoprire, il velo acquista anche significati esoterici ricordando che cio' che e' nascosto alla vista e' un bene prezioso che necessita un'adeguata attenzione e livello di conoscenza per poter essere scoperto. Un limite, dunque, che la donna pone tra se' e l'ambiente circostante, dichiarandosi accessibile o inaccessibile (agli sguardi come ad altro) a seconda del proprio stato d'animo. Nei pressi di Menfi, su quella che dovrebbe essere la tomba di Iside, c'e' una statua rappresentante una donna seduta su un trono e ricoperta da un velo nero. Sulla sua base, scritto in latino, si puo' leggere: <b><i>"Io sono tutto cio' che fu, cio' che e', cio' che sara' e nessun mortale ha ancora osato sollevare il mio velo"</i></b>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Le raffigurazioni di donne velate, con il loro simbolismo, abbondano nell'arco dei secoli. Finanche nel mondo greco la donna "onesta" comincia a velarsi per uscire, e questa situazione si riscontra in tutto il bacino del Mediterraneo. Nelle religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo e Islam, il concetto di coprire la testa viene associato soprattutto a quello di "sacralita'": coprire la testa significa non subire influenze esterne e rimanere concentrati verso il divino. Coprire un oggetto sacro con un velo ha la stessa valenza; si usa coprirlo affinche' resti "puro".</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L'uso del velo nella tradizione Cattolica era presente ancora negli anni '60 del secolo scorso: alle donne era vietato l'ingresso in chiesa se non avevano il capo coperto da un foulard, ed e' in uso ancora oggi per le suore di vari ordini tanto che la frase prendere il velo significa appunto consacrarsi. La tradizione Ortodossa, invece, obbliga tuttora le donne a recarsi nei luoghi di culto con la testa coperta. Ma anche le fanciulle che vanno spose portano un candido velo raffinato e sovente lunghissimo, che spesso copre il volto e che viene sollevato solo a cerimonia conclusa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nel Medioevo il velo continua ad influenzare la moda femminile. <i>"Il velo e' l’acconciatura piu' comune. Copre i capelli ma lascia scoperto il viso. E' realizzato in lino, seta e cotone. Oltre alle caratteristiche intrinseche dei materiali, a determinare la pesantezza e il grado di trasparenza sono i differenti tipi di filatura e tessitura. Si passa da pesanti panni di lino e cotone, a mussole degli stessi materiali fino ad aeree ali di organza inconsistenti e quasi completamente trasparenti"</i>. Fino al XII secolo, le donne anglosassoni e anglo-normanne indossano veli che coprono interamente i capelli e spesso anche collo e mento. Solo a partire dai Tudor (1485), il velo diventa meno comune e viene sostituito dall'uso di cappucci. La veletta invece fa la sua apparizione nel XIX secolo e dura fino agli anni '20 riportando il gioco del vedo-non vedo: utilizzata come strumento di eleganza e seduzione o per coprire il dolore nei momenti del lutto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ci sono ancora molti tipi di usi e valenze legate al velo femminile, dai foulard di seta ammiccanti degli anni '50 ai complementi raffinati del sahari indiano, per citarne alcuni, ma il suo vero significato e' quello protettivo, fino ad indicare, dal punto di vista delle religioni monoteiste, anche cio' che merita rispetto perche' sacro, oppure, nelle prime societa' matriarcali, il rispetto e la sacralita' del corpo femminile allora libero di manifestare la propria completa bellezza. Aver fuso questo significato con quello di segnalare una proprieta' (del maschio) e una differenziazione di status, e' dunque una sovrastruttura di carattere tipicamente maschilista e patriarcale alla quale, ogni donna che voglia manifestare la propria liberta', dovrebbe opporsi ostentando, nel velo, il suo carattere primitivo ed originale.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-63756172718643481402015-06-04T15:09:00.002+02:002015-06-04T15:09:52.037+02:00Onnivora<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-Vj4dJ96esUk/VXBN4RaKOwI/AAAAAAAAQIQ/q26o77O6o1s/s1600/Kla_47625.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://3.bp.blogspot.com/-Vj4dJ96esUk/VXBN4RaKOwI/AAAAAAAAQIQ/q26o77O6o1s/s320/Kla_47625.png" width="233" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #993399; font-size: 180%;">T</span>anto tempo fa, poco piu' che adolescente, credevo di essere eterosessuale. Ne ero convinta e non mi ponevo alcun problema: sapevo che per "essere a posto" alle ragazze dovevano piacere i ragazzi e viceversa. Non sentivo percio’ alcuna pulsione contrastante. Niente che mettesse in crisi la mia identita' sessuale. Niente dubbi o incertezze. Niente di niente, e i rapporti con gli uomini erano piu' che soddisfacenti, eccettuata forse una certa "freddezza", dovuta anche ad un carattere introverso, che mi distingueva dalle mie coetanee. Una freddezza che, pero’, in seguito, con l'esperienza, si e' trasformata in qualcosa di totalmente diverso. Potrei dire opposto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Poi e' successo qualcosa che ancor oggi non so spiegare: mi sono accorta di provare attrazione anche per le donne. In realta', all'inizio, questa attrazione la provavo solo per una, in particolare, con la quale ho esplorato accuratamente anche l’altra faccia della mia sessualita’, e mi e’ piaciuto cosi’ tanto che, in seguito, sono andata a ricercare quelle stesse sensazioni anche con altre.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A volte ho potuto colmare il mio desiderio, altre volte no. Come accade sempre in tutte le relazioni che coinvolgono il sesso e i sentimenti, ma posso dire oggi di essere lesbica? Forse si', lo sono, tuttavia mi piacciono anche gli uomini e, per la verita', non ho mai smesso di andarci a letto. Difficile che ne possa fare a meno. Quindi come potrei definirmi? Bisessuale o semplicemente depravata?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Come tanto tempo fa non mi pongo problemi. So di essere onnivora e mangio cio’ che al momento mi va di mangiare. Anzi, lo divoro. Che male c’e?</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-36525287174259526802015-05-02T13:22:00.000+02:002015-05-02T13:22:46.091+02:00Love<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-mKCKsmLEHK4/VUSzQtgFgiI/AAAAAAAAQH8/-XhU8QLwC7M/s1600/Kla_25913.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-mKCKsmLEHK4/VUSzQtgFgiI/AAAAAAAAQH8/-XhU8QLwC7M/s1600/Kla_25913.jpg" height="265" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">"V</span>enticinque anni fa, andando a lavorare, passavo sempre in bicicletta per Ponte Sisto, a Roma. Li’ c'era una ragazzina zingara che chiedeva l'elemosina e mi colpi’ il suo sguardo di sconfinata tristezza". </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A distanza di anni Susanna Tamaro ricorda cosi’ l'incontro da cui nacque l'idea di "Love", testo scritto nel 1991 e trasposto, poi, in favola teatrale nel 2004. Protagonista un'adolescente rom, "Love" e’ una ballata epica dedicata all'infanzia meno amata, quella di cui ogni giorno la gente diffida e con cui solo i pochi addetti ai lavori riescono a fare i conti. E' l'infanzia dei bambini rom, oggi sempre piu’ al centro di polemiche e dibattiti che ancora non hanno aiutato a capire realmente la tragedia del destino anomalo che molti devono subire, proprio perche' e' dalla discriminazione che nasce anche l'indolenza e la scarsa volonta' di proteggerli.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ da una storia vera che nasce dunque questo racconto disgraziato, e ad ogni riga e’ come se davanti agli occhi di chi legge passasse un film immaginario. Il film di Vesna, piccola rom sfruttata da uomini malvagi perche’ bella e veloce a derubare i turisti. All’inizio c’e’ Dragomir, l’uomo alto coi baffi che le insegna con le botte “La scuola della strada”, in seguito Mirko un uomo viscido e crudele che la obbliga a mettere in pratica gli insegnamenti appresi da Dragomir e la violenta ad appena undici anni. Infine c'e' Love, un uomo “diverso”, dai modi gentili che le mettera’ a disposizione un'attenzione ed una dolcezza che nessuno fino ad allora le aveva mai elargito. Uno spiraglio di luce, una ventata d'amore che le infondera’ a poco a poco speranza di un futuro migliore. La bambina si affezionera’ a costui a tal punto da chiamarlo Love, ovvero Amore - una parola che non conosce e che le viene spiegata da alcuni suoi coetanei -, al quale Vesna dara’ un significato tutto suo; un significato fatto pero’ di bugie e menzogne. Love non si dimostrera’ infatti tanto diverso dagli altri uomini e insieme ai tanti momenti di dolcezza, le lascera’ anche un peso amaro che Vesna, illusa di poter avere un futuro da sposa con il suo “eroe salvatore”, dovra’ portare in grembo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Love</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Era avvenuto tutto mentre dormiva. Un sacco le era piombato sulla testa come ai gattini quando vanno al fiume. Poi il sacco con lei dentro era finito su un camion. Su quel camion c’erano tanti altri sacchi. Stavano viaggiando, ma verso dove? Nessuno sapeva rispondere. I più piccoli piangevano, i più grandi s’azzuffavano con grande rumore. Dopo qualche ora il camion si era fermato. I grilli cantavano intorno, era ancora notte, era campagna. Un uomo dal volto coperto era salito dietro. Li aveva fatti distendere sul pavimento, li aveva coperti con un telo. Con tono minaccioso aveva detto: «Non muovetevi, non fate rumore, non tossite o ridete. Se qualcuno sale e fa domande trattenete il fiato». Sopra il telo, poi, aveva distribuito delle balle di fieno. Di lì a poco il camion si era fermato un’altra volta. Altri rumori forti. Motori che si accendevano e spegnevano. Stridii di ruote, clacson, voci che parlavano forte. Un uomo era salito davvero, in una lingua che nessuno sapeva aveva fatto tante domande, aveva ripetuto sempre le stesse, più volte. L’autista aveva risposto con calma, piano; alla fine aveva riso rumorosamente, aveva riso anche l’altro uomo scendendo dal camion, come se fossero amici da sempre. La corsa era proseguita ancora per molte ore. Quando erano scesi era di nuovo notte. Pigiati gli uni accanto agli altri si erano trovati tutti chiusi in un minuscolo appartamento. I più piccoli, di nuovo svegli, avevano ripreso a piangere. In quel luogo erano rimasti circa un mese. Assieme a loro c’era un uomo alto e con i baffi che si faceva chiamare Dragomir. Qualche volta era gentile, qualche volta no. Allora gridava con le vene della gola gonfie e tirava pugni e calci. Succedeva soprattutto durante le ore di lezione. Imparavano ad aprire le borse, a staccare gli orologi dal polso. Lui aveva la borsa o l’orologio, tutti gli altri bambini gli stavano stretti intorno. Lo studente prescelto doveva passare piano in mezzo, sfilargli l’oggetto con tocco leggero, come se niente fosse. A sbagliare erano i più piccoli, i più paurosi. Se lui sentiva le dita prima che il portafoglio fosse scomparso, si girava urlando, afferrava lo studente per il collo e incitando gli altri bambini lo pestava a sangue. Dopo cinque borseggi perfetti si doveva lasciare l’appartamento. Non si andava via soli sulle proprie gambe ma con un uomo elegante che guidava in silenzio una macchina grande, nera e lustra. I più bravi cominciarono a sparire già dopo una settimana. Gli altri se ne andarono un po’ alla volta nelle tre settimane seguenti. Anche lei era salita su quell’automobile. Con lei c’erano Alenka, Miranda e Bogoslav. Avevano fatto tanta strada, una strada lunga lunga dove la macchina correva velocissima. Si erano fermati in una specie di ristorante. L’aria era più calda che nella città dell’appartamento. L’uomo li aveva fatti scendere, aveva comprato caramelle, gelati, panini. Aveva comprato tutto quello che volevano come se fossero i suoi figli. Davanti al cameriere li aveva accarezzati sulla testa. La nuova città era ancora più grande, con case di tutte le forme e pochi alberi. Avevano fatto il giro degli accampamenti. Lei era stata l’ultima a scendere. Ormai da tre mesi lavorava su quel ponte abitato da giganti con le ali e i capelli lunghi tutti di pietra bianca. Andava avanti e indietro con un cartone in mano e tante volte da quando era lì aveva sentito dire le mamme ai bambini: «Hai visto? Sta’ attento ché altrimenti ti portano via gli zingari». Così non capiva niente: a lei che era già zingara chi l’aveva portata via, lontano da casa? Vesna aveva dieci anni e il labbro leporino: era nata in una tribù nel sud della Jugoslavia. Sua madre e suo padre avevano altri dieci bambini. Con quella bocca non si sarebbe mai sposata. Prima dell’inverno l’avevano ceduta a un commerciante in cambio di due copertoni da neve. La nuova famiglia non era molto diversa da quella che aveva lasciato. C’era una madre, un padre e tanti fratellini e sorelline. Il padre, Mirko, lavorava con le macchine e la madre, che si chiamava Zveza, chiedeva l’elemosina in centro assieme ai bambini più piccoli. La sera, però, intorno al fuoco o alla televisione, lei non poteva sedersi vicino a nessuno. Così si capiva che non era la loro vera figlia, che non erano imparentati neanche per una via lontana di tribù. L’unica cosa che a loro importava di lei era che ogni sera tornasse con le tasche piene. Era sempre Mirko ad accoglierla. L’accoglieva sulla porta della tenda con la mano tesa. Se i soldi erano abbastanza le dava una scodella di minestra, altrimenti la sbatteva di qua e di là e gridava: «Troia, credi che sia un hotel?! Che siamo in un hotel? In un Grand Hotel?». Qualche sera Mirko stava fuori con gli amici e rientrava ubriaco. Allora lei si stringeva la testa tra le mani e i denti le battevano così forte che non riusciva a fermarli. Anche suo padre vero faceva la stessa cosa. Allora fuggiva svelta, sveltissima prima che la toccasse, scappava giù veloce verso il fiume con i salti di una lepre. Lì, sulle sponde, nascosta tra i cespugli, attendeva l’alba. Il fiume! Quello le mancava più di ogni altra cosa. Era bello laggiù! D’inverno c’era una gran crosta di ghiaccio e l’acqua vi scorreva sotto. In primavera il ghiaccio si rompeva e sbatteva di qua e di là con gran rumore. C’erano le folaghe di cui si potevano bere le uova e le coppie litigiose dei germani. E poi c’erano le bacche succulente, in estate l’acqua fresca dove bagnarsi e le donne del paese che andavano a lavare i panni e chiacchieravano come una radio, senza mai fermarsi. Anche sotto il ponte dove stava adesso c’era un fiume, un fiume grande, lento e un po’ giallo ma a guardarlo non le diceva proprio niente. Quand’era triste però chiudeva gli occhi: e allora il suo rumore diventava il rumore di tutti i fiumi e come un sangue più caldo le passava intorno al cuore, lo avvolgeva, la riscaldava dentro. Quasi ogni giorno era triste e così quasi ogni giorno faceva quel gioco. Lo stava facendo anche quel mattino poco prima dell’estate. L’aria era già molto calda e per proteggersi si era messa dritta in piedi nell’ombra di un angelo. A quell’ora non passava nessuno. Allora, con la faccia coperta dalle mani, aveva potuto pensare tranquillamente al suo fiume, a tutti i fiori che c’erano vicino all’acqua e alle rane nascoste dentro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non aveva sentito i passi sul selciato. Solo, all’improvviso, quella voce che aveva detto: «Ti senti poco bene piccola?». Non si era scoperta il viso. Lì vicino doveva esserci un padre con la sua bambina. Ma poi una mano le aveva sfiorato il capo e così Vesna aveva guardato. Di fronte a lei c’era un uomo con i capelli un po’ grigi e un po’ no, con una larga camicia bianca. L’uomo aveva ripetuto la domanda e lei non aveva risposto né sì, né no, neppure che pensava al fiume, ma con il braccio teso era saltata avanti cantilenando: «Tanto bene, tanta salute per lei e per tutta la famiglia, tanta fortuna signore...». L’uomo aveva sorriso, l’aveva guardata come si guardano gli uomini prima di sfidarsi al coltello, dritto dritto come per leggere dentro. Senza distogliere lo sguardo aveva infilato la mano in tasca, tirato fuori due o tre monete. Anziché farle cadere dall’alto le aveva deposte sul suo palmo, l’aveva toccata nel farlo. Il ponte era ancora deserto. L’uomo non aveva detto più niente e si era avviato verso il lato opposto, camminando con un passo un po’ troppo lento. L’asfalto sotto i piedi era caldo. Voleva forse essere chiamato? Avrebbe potuto inseguirlo, chiedere altre monete per la madre gravemente ammalata. Intanto il movimento del sole aveva spostato più in là l’ombra dell’angelo. Quella sera aveva pochi soldi. Mirko l’aveva picchiata, era andata a letto senza mangiare niente. Raggomitolata sul pavimento aveva posato il palmo di una mano sulla guancia. No, non era un’impressione, dove l’uomo l’aveva toccata la mano era davvero più calda; anche dopo tante ore continuava a essere calda. Nei giorni seguenti l’uomo non era più passato però lei lo aveva visto lo stesso. Stava dritto in piedi su un enorme cartellone nei pressi dell’accampamento e aveva tante scritte accanto. A differenza dalla realtà, aveva dei grandi baffi scuri e una pistola legata sopra la camicia bianca. Vicino non c’era una lavatrice o un frigorifero e non teneva neanche niente in mano. Più che qualcosa da vendere sembrava un film. Un attore, certo, lui era un attore: con quegli occhi non poteva essere altro. Era la prima volta che passava sul ponte? Sì, quasi di sicuro perché di lui non si era mai accorta prima. Forse era come lei, straniero. Viveva in un grande albergo con le palme o stava su una spiaggia bianca bianca con delle ballerine quasi nude intorno. Quando aveva visto il suo labbro, invece di ridere o allontanarsi l’aveva toccata. Un pomeriggio Zveza l’aveva condotta con sé al centro. Erano passate davanti a due o tre grandi hotel e lei aveva guardato dentro. Aveva guardato anche dentro tutti i taxi, dentro tutte le macchine con i vetri scuri. Dopo dieci giorni la pelle della mano era ancora calda come quando lui l’aveva sfiorata. Prima di addormentarsi se la posava sulla guancia, la lasciava lì facendo finta che fosse una cosa indifesa e piccola, un gattino, un orsetto di pezza. Sul ponte non chiudeva più gli occhi, il fiume era ormai muto. Anche quand’era stanca li teneva spalancati come una civetta nel mezzo della notte. Verso la fine di giugno la città fu colpita da una serie di nubifragi, i turisti correvano avvolti in plastiche colorate, con delle borse in testa. Il cielo era lo stesso che aveva visto dipinto in una chiesa al suo paese, viola, grigio, con fulmini gialli da tutte le parti. In quella tempesta gli angeli grandi e forti non servivano proprio a niente. Mentre l’acqua le colava nel collo dai capelli si era accorta che la mano sfiorata stava diventando umida e fredda, uguale all’altra. Mancavano tante ore al rientro al campo, aveva tempo per provare a farla tornare calda. Sulla strada del cinema la pioggia si trasformò in chicchi di ghiaccio, le si ruppe una scarpa e le infilò tutte e due in una tasca. Il cinema era quello giusto, lui grande e di carta stava là davanti, con una pistola in mano. Alla cassa tirò fuori due pugni di spiccioli. La donna seduta contò le monete a una a una, poi fece un cenno con la testa e le diede un biglietto azzurro. Non c’era quasi nessuno dentro, si era seduta in prima fila, le gambe distese in avanti. Così gli attori parlavano a lei sola. Lui era un poliziotto, si chiamava «il giustiziere». Non era il suo vero nome ma un nome che gli avevano dato perché era bravo. Sparava, picchiava e correva come nessun altro. Quando le macchine andavano a tutto gas e sbattevano di qua e di là quasi quasi le veniva da vomitare. Sembrava che l’uomo dalla camicia bianca perdesse e invece, alla fine, lui vinceva tutti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il film tre volte era finito e tre volte era cominciato. Quando Vesna aveva raggiunto l’incrocio del ponte la macchina che riportava i bambini al campo era già andata via. Non pioveva più ma era venuto il vento. Cosa doveva fare? Non lo sapeva. Così, pensando, aveva cominciato a camminare avanti e indietro per le strade intorno. Mentre guardava una vetrina di calze da donna sentì alle spalle quello stridio improvviso, il rumore di una macchina. La portiera si aprì che ancora non aveva capito niente e una mano la tirava dentro. Come poteva averla trovata? Era Mirko. Disse qualcosa a denti stretti, la colpì sul volto, sulle labbra da coniglio. Allora si ricordò che aveva i denti, il naso, le gengive, erano tutti lì, duri come il legno. Gustò del caldo in bocca, poi non si ricordò più niente. Si svegliò con il rumore di una catena, era la sua, le legava la caviglia a una sbarra di ferro. Dalla tenda vicina giungevano le voci di Zveza, di Mirko, dei loro bambini. Stavano mangiando. Si distese in modo di aver poco male. Cosa importava? Niente. Ciò che voleva era successo, dopo il film una mano era di nuovo più calda dell’altra. Quei giorni dormì tanto, sognò anche. Per ordine del capo della polizia lui giungeva al campo con un mitra in una mano e un pugnale nell’altra. Nessuno riusciva a scappare. Persino Mirko piangeva, implorava. C’era un colpo e seguiva il silenzio. All’improvviso della luce la investiva in faccia: era lui e la prendeva in braccio. La luce c’era davvero, ma era Zveza che le stava togliendo la catena. Riprese a lavorare quel giorno stesso, sullo stesso ponte. L’estate ormai era arrivata, passavano molti turisti, stavano tutti vicini come le pecore nei prati oppure come i cervi andavano avanti solitari. Con i cartoni in mano si avvicinava a tutti. Se non le davano soldi cercava di prenderseli. Una mattina di fronte a lei era sistemato un negro, vendeva collanine, elefanti di plastica. Quando aveva clienti la teneva lontana con uno sguardo, quando erano soli si avvicinava a parlare. Parlava svelto svelto e lei non capiva niente. Una volta lui l’aveva abbracciata forte allora lei gli aveva dato un pugno sulla pancia. Un piccolo pugno. I pugni che aveva nella testa non erano mai quelli che aveva nelle mani. Il pugno aveva fatto flop, il negro ridendo si era massaggiato la pancia. Lei avrebbe voluto che fosse stato un pugno molto più grande. Chissà perché i turisti se ne andavano in giro anche di notte. Non si vedeva niente di notte, solo gli animali del bosco potevano farlo eppure loro andavano in giro lo stesso. Erano quasi sempre giovani. Stavano tutti insieme, tante volte abbracciati. Cantavano le canzoni male, con tutta la gola. Sembravano ubriachi, lo erano anche. Lasciavano lunghe strisce di odore di alcool sul ponte. Lei li inseguiva, chiedeva i soldi. Facevano finta di non sentirla oppure si giravano tutti dalla sua parte, le lanciavano le monete in aria come quando si cerca la sorte e ridevano appena svelta si chinava a raccoglierle. Fino a quando c’era la luce la gente passava davanti come l’acqua di un fiume, tutta insieme, poi passavano pochi alla volta. Tra un gruppo e l’altro c’era sempre un po’ di tempo. Proprio in una di quelle pause il negro si era avvicinato un’altra volta, le aveva dato un anellino e aveva detto: «Io e te fidanzati», e subito le aveva infilato la lingua nella bocca. Lei aveva stretto i denti e la lingua del negro era rimasta in mezzo. Le era arrivato uno schiaffo forte, la testa le si era girata dall’altra parte.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un altro però non era riuscito a darglielo. In silenzio, come non toccasse il suolo, era arrivato qualcuno e aveva bloccato il negro stringendogli il braccio. La sua camicia era bianca, larga. Quando con una mano le aveva scostato i capelli dal viso il suo cuore si era mosso con un salto, aveva preso a battere velocissimo un po’ nella gola, un po’ più in giù, nelle ginocchia. Era lui, proprio lui in persona: il Giustiziere! Appena il negro si era allontanato, lui aveva insistito perché non rimanesse sola sul ponte. Allora lei aveva guardato il cielo. Da come stava messa la luna mancava ancora un bel po’ al passaggio della macchina. Docilmente e in silenzio l’aveva seguito fino a un bar lì vicino. C’erano tanti turisti seduti sui tavolini all’aperto. Si sedette in mezzo a loro, l’uomo le chiese cosa volesse da mangiare o bere. Lei voleva dirgli soltanto che anche se non aveva i baffi sapeva chi era, l’aveva visto in un film uccidere tutti, era il Giustiziere. Ordinò lui per lei un gelato grande con la panna e i biscotti, per sé un liquore giallo. Le fece tante domande. Aveva la mamma? Il papà? Dov’era nata, lontano? A scuola ci era mai andata? Sembrava una signorina, una bella signorina. Ma davvero quanti anni aveva? Capiva l’italiano o parlava soltanto la lingua degli zingari? Oppure non aveva proprio la lingua? Nel dire quella frase l’uomo le aveva fatto il solletico sul mento. Intanto era arrivato il gelato. Stava davanti a lei, si scioglieva come neve senza che avesse il coraggio di mangiarlo. «Vediamo se proprio non ce l’hai», aveva detto allora l’uomo e con il cucchiaio colmo di panna aveva incominciato a stuzzicarle le labbra. Così, in quel modo, faceva solo la mamma merla con i suoi pulcini laggiù nei cespugli vicino al fiume. Era forse un pulcino? Aprì la bocca. Quella cosa era viscida e dolce, scivolò giù senza nessuno sforzo. Si alzarono quando la coppa fu vuota. Senza dire niente lei gli afferrò un polso, lo condusse di nuovo al ponte. Attesero un po’. La luna era di nuovo bassa sull’orizzonte. Non aveva il coraggio di dirgli che la macchina era già passata. Per fortuna fu lui a parlare, disse che era inutile star lì fino all’alba. Attraversarono il ponte ancora una volta. Nella sua casa c’erano mobili pesanti e una televisione grande grande. Lui l’aveva messa seduta sul divano, gliel’aveva accesa, era scomparso in un’altra stanza. Mentre un gatto sullo schermo, per inseguire dei topi, cadeva senza farsi niente da un palazzo altissimo, lui era tornato. Indossava una specie di cappotto leggero e niente sotto. Aveva detto: «Prima di dormire facciamo un bel bagno», e l’aveva sollevata dal divano. Il suo odore era diverso da quello di Mirko. Invece di impaurirla le faceva voglia di leccare. Mentre si spogliava aveva voluto stare a guardarla. Si era seduto sul gabinetto con le mani nelle tasche del cappotto. Vesna non aveva mai fatto il bagno... se il tappo si apriva quando lei era dentro, dove sarebbe finita? Lui l’aveva aiutata. Con una spugna morbida le aveva sfregato la schiena, la pancia, gliel’aveva passata in mezzo alle gambe. Le aveva bagnato anche i capelli, glieli aveva sciolti nell’acqua come fossero alghe. Poi, con tutte le gocce che correvano lungo il corpo era uscita fuori e lui l’aveva avvolta in un asciugamano. L’aveva asciugata piano piano, fermandosi ogni tanto con le mani. Nella casa c’era una stanza che non aveva ancora visto. Era chiara con un piccolo letto in mezzo e tanti giochi intorno. Il Giustiziere la condusse lì, senza vestiti e la fece sdraiare sotto le coperte. Poi prese un libro e cominciò a leggerle una storia. Parlava di un soldato finto con una gamba sola che si innamorava di una ballerina finta anche lei, di carta. Quando le labbra dell’uomo si posarono sulle sue sussultò perché già quasi stava dormendo. Inarcò il corpo. Era così che finiva la storia? Durante la notte un sogno comparve dietro agli occhi. Lei era un gattino. Con la lingua calda la mamma lo puliva avanti e dietro e lei tremava tutta. Tremava non come quando sul ponte aveva freddo ma come se il fiume, con il suo tepore, le passasse dentro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il mattino dopo il Giustiziere la lasciò poco distante dal ponte. Prima di andarsene le infilò due o tre biglietti da mille nelle tasche. Doveva essere in orario perché non c’erano ancora i turisti ma solo la gente che andava al lavoro svelta. La giornata passò uguale a tutte le altre. Uguale no. Quando tra le altre camicie spuntava una camicia bianca il cuore le andava in gola o giù tra le ginocchia. Lei non gli aveva fatto domande. Neppure lui aveva detto tornerò o aspettami. Se era successo una volta poteva succedere anche un’altra. Il suo odore era un po’ quello che sentiva al mattino davanti alle pasticcerie. La notte si recò puntuale al ritrovo con la macchina. Sui sedili dietro i bambini raccolti prima stavano già dormendo. L’autista nel vederla di nuovo lì non fece nessuna osservazione, guidò svelto per la città come ogni notte. Possibile che al campo nessuno si fosse accorto della sua assenza? Doveva essere così. Appena entrata nella tenda Mirko non la picchiò. I fratellini urlando le si attaccarono alle gambe. Invece così non era. Quando tutti erano ormai distesi nei loro pagliericci, Mirko si avvicinò al suo. Parlava con voce bassa, non l’aveva mai fatto. Aveva i pantaloni aperti con una mano dentro. Le si sdraiò accanto, le morse un orecchio per farle male. «Puttana», le disse, «piccola puttana, se prendi quello degli altri, prendi anche il mio.» Salì sopra di lei, le sollevò la gonna. Non riuscì a entrare nel primo tentativo, neanche al secondo. Allora usò la forza, le divaricò le gambe, entrò come si entra nelle porte quando non si ha la chiave e con un calcio si sfondano. Entrò e qualcosa si era rotto, si stava rompendo, più andava avanti più c’era il fuoco, bruciava tanto, tantissimo, ogni volta sperava che uscisse e ogni volta si sbagliava, non usciva mai. Poi, quando non sperava più, tutto era finito e lui come morto le era piombato addosso. Dopo un po’ con i pantaloni ancora aperti era tornato nel letto della moglie. La mattina dopo Vesna era di nuovo sul ponte. Quel male la faceva camminare con le gambe strette. Ogni volta che correva incontro a un cliente sentiva tutto un dolore dentro. Un po’ per quello, un po’ perché era distratta, quei giorni guadagnava meno del solito. Mirko però adesso, invece di picchiarla, preferiva fare quell’altra cosa. Lei aveva imparato a immaginare che al suo posto ci fosse il Giustiziere: sentiva il suo profumo, vedeva la sua pancia pelosa e piatta. A volte era troppo stanca per immaginare; allora, con la testa di lato contava gli oggetti sparsi per il pavimento.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Di camicie bianche ne erano passate tante ma la sua mai. Chissà dov’era? Forse stava combattendo in una missione pericolosa. Intanto lei gli aveva trovato un altro nome. Alcuni giorni prima nei pressi del ponte avevano issato un nuovo cartellone. Sopra c’era una signorina in mutande e reggiseno, in punta di piedi reggeva con la mano un palloncino a forma di cuore. Vicino, con lettere rosse come una bocca c’era scritto qualcosa. Aveva chiesto a un bambino che sapeva leggere che cosa. Love, le aveva detto. Love era il cuore, era quella cosa dentro che lei provava per lui. Love, love aveva ripetuto tra sé e sé per giorni come se fosse una canzone di una parola sola... Una notte era successo questo: Mirko si era accorto che di lei c’era solo il suo corpo e si era infuriato. L’aveva sbattuta di qua e di là, contro lo spigolo del tavolo, contro la bombola del gas. Poi gliel’aveva messo in bocca, aveva fatto uscire quella schiuma schifosa. Aveva vomitato davanti a lui. Rimasta sola aveva vomitato un’altra volta. Voleva piangere, stringeva gli occhi, li stringeva ma non serviva a niente. La mattina dopo, sul ponte, aveva deciso di fare una magia che conosceva da bambina: aveva detto Love, aveva sputato in circolo tante volte. Le magie funzionano quando si fanno poco e quando c’è il cuore a muoverle. Funzionano, certo che funzionano. Poco prima dell’ora di pranzo ecco la sua camicia bianca, lui che camminava come se non dovesse andare da nessuna parte. L’aveva superata così, senza guardare. Nella magia aveva forse scordato qualcosa? Allora gridò Love. Quella parola era una parola freccia, coltello: lo colpì in mezzo alla schiena, e lui si voltò, tornò indietro con le mani in tasca. Nella cucina della sua casa aveva preparato un piccolo pasto per loro due soli. Lei la bocca non l’aveva neanche aperta, era stato lui a parlarle. Le aveva detto che era professore, insegnava applicazioni tecniche in una scuola abbastanza lontana. Certo era un nuovo film, in uno era poliziotto, nell’altro professore. Aveva letto tanti libri, sapeva un mucchio di cose. Comunque era forte lo stesso, sotto la camicia si vedevano tutti i muscoli tesi, pronti a colpire. Per mangiare aveva voluto prenderla sulle ginocchia, l’aveva imboccata piano piano come gli uccellini nel nido. Poi aveva insistito per farle il bagno. L’aveva spogliata come la volta prima e si era spogliato anche lui. Le aveva detto sei bellissima, e le aveva passato una mano sulla schiena fermandosi sul culo. Nell’acqua le aveva chiesto di mostrargli com’era fatta dentro, di allargare le gambe. Lei aveva avuto paura: e se, per caso, si accorgeva che c’era stato anche Mirko? No, non avrebbe mai aperto. Ma quando si era chinato e piano piano, come se nella bocca cercasse qualcosa, l’aveva baciata con tutta la lingua, non aveva pensato più a niente e le gambe si erano aperte da sole. Nel tepore dell’acqua aveva infilato due dita dentro. Anche lui, seduto sul gabinetto teneva una mano in mezzo alle gambe e con gli occhi chiusi la faceva andare avanti e indietro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Uscita dalla vasca le aveva fatto infilare una camicia da notte. Anche se il sole era alto l’aveva portata a letto. La stanza era quella dell’altra volta con il letto chiaro e tutti i giocattoli intorno. Voleva chiedergli di continuare la storia del soldatino con una gamba sola. Si era sempre chiesta in quelle settimane come andava a finire davvero ma lui aveva detto: «Abbraccia questo e dormi», e le aveva dato in mano un orsacchiotto di pezza. Poi aveva spento la luce ed era uscito senza fare rumore. Vesna aveva cercato di obbedirgli ma non c’era riuscita, aveva chiuso gli occhi come se dormisse invece non dormiva affatto, era sveglia anche quando lui era tornato, quando piano piano le aveva sollevato la camicia da notte e le si era messo sopra. Più si muoveva, più diceva cose. Anche lei dentro di sé parlava, diceva: «Love, love, mio love». A casa sua era rimasta quattro giorni. Facevano sempre il bagno insieme, mangiavano, guardavano la televisione. Ogni volta che lei a letto fingeva di dormire, lui le saliva sopra e si muoveva avanti e indietro. Il secondo giorno qualcuno aveva suonato alla porta. Aveva paura che fosse Mirko. Love forse lo sapeva perché non l’aveva aperta. Non aveva neppure chiesto: «Chi è?». Qualche volta aveva squillato il telefono e lui prima di rispondere l’aveva spinta in un’altra stanza. Spingendola le aveva detto di stare zitta e ferma. Poi, un mattino, si era alzato più presto. L’aveva fatta vestire con i suoi vestiti di sempre. Camminando un poco avanti l’aveva riaccompagnata vicino al ponte. Non si era più girato a salutarla. Neppure aveva promesso di tornare. Questa volta però lei sapeva che sarebbe tornato. Ne era certa. L’ultima notte, mentre si muoveva fortissimo, le aveva bisbigliato: «Ti voglio tutta bambina mia, tutta, voglio un bambino tutto nostro, insieme». Love. Anche lei lo voleva. Voleva un gattino cui dare il latte per sempre.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com8tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-55946917706950434292015-04-27T11:09:00.001+02:002015-04-27T12:49:42.407+02:00Ladro di sogni<div style="text-align: justify;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-4kdsp69_tV8/VT38JykBGjI/AAAAAAAAQHY/t6VPx3TC3lo/s1600/ladro.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-4kdsp69_tV8/VT38JykBGjI/AAAAAAAAQHY/t6VPx3TC3lo/s1600/ladro.jpg" height="320" width="204" /></a><span style="color: #993399; font-size: 180%;">L</span>adro di Sogni – di Sergio Paoli – e’ un romanzo ambientato nei fatiscenti sobborghi milanesi, in una realta’ lontana dal lusso di via Montenapoleone, lontana dai riflettori sparati sul fantomatico benessere lombardo e dalle chiacchiere politichesi sull’Expo 2015.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Protagonista e’ il vicecommissario Marini, idealista d’altri tempi animato dal desiderio di ricercare la “verita’” a dispetto di quello che vorrebbe “la piazza”; convinto della necessita’ di difendere la democrazia e, nel contempo, disincantato per via dell’amara consapevolezza che la liberta’ di un popolo (quello Rom) e’ gravemente ostacolata dai “potenti” che tramano all’ombra del proprio esclusivo tornaconto violando impunemente il rispetto delle regole a scapito delle “persone normali”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La dimensione nella quale Sergio Paoli ci cala e’ quella di una provincia milanese grigia e senza speranze, cupa, decadente, rovinosa. Razzismo, pedofilia, criminalita’ informatica, xenofobia, pregiudizi, odio razziale, paure ancestrali, visioni parziali della realta’, sono alcuni dei temi trattati all’interno di questa storia imperniata su due delitti solo esteriormente slegati. Quello di Giampaolo Rusconi, straccione isolato dal mondo e persino dal campo nomade che ospita la propria fatiscente roulotte, e Annamaria Bianchi, classica brava ragazza impiegata all’universita’.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dalle indagini, emergeranno cospirazioni che vedono il coinvolgimento di figure “insospettabili”, i furbi e i viscidi, i soliti arroganti che fanno affari loschi e sfruttano le situazioni sociali di degrado per monetizzare la miseria altrui, in un contesto che ci svela tutta l’ipocrisia di una societa’ (e di un Paese intero) sempre piu’ marcatamente divisa tra ricchi, potenti e prepotenti senza scrupoli da un lato, e i personaggi marginali tipici di ogni grande citta’ dall’altro. E con arguzia e autentica sensibilita’, l’autore ci invita ad una riflessione, ricordandoci che, con ogni probabilita’, non si nasce criminali ma lo si diventa, nostro malgrado, in risposta ad un’offesa subita.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Questo un breve estratto:</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il vicecommissario, nel percorrere quei pochi metri tra le erbacce, butto’ lo sguardo sulle tende. </div><div style="text-align: justify;">Erano grandi installazioni. Piu’ che quelle dell’esercito, gli ricordarono i campeggi estivi con gli scout, o l’oratorio. Roba del genere. Cose abbastanza confuse nella sua memoria. Ce n’era una, in mezzo, che sembrava fare da cucina e sala mensa insieme. Un vago odore di pane.</div><div style="text-align: justify;">Vide donne indaffarate e bambini scalzi correre in mezzo a loro. Tutte le altre parevano piene, stipate di oggetti. Da quella dietro a Vissalòm si intravedeva un letto. Da alcune, Dio solo sa come, spuntavano delle parabole.</div><div style="text-align: justify;">Il Rom lo vide arrivare e si alzo’.</div><div style="text-align: justify;">- Quella… scuola – fece, indicando una tenda un po’ discosta.</div><div style="text-align: justify;">- Come?</div><div style="text-align: justify;">- Quella, scuola…tu sei commissario, no? Quella nostra scuola per bambini piccoli. Bambini piccoli prima di vostra scuola.</div><div style="text-align: justify;">- Ah, la scuola. Tipo un asilo. Capito.</div><div style="text-align: justify;">- Kumpania. La nostra e’ comunita’.</div><div style="text-align: justify;">- Si’. Senti, parlami dell’incendio, vah.</div><div style="text-align: justify;">- Noi c’entra niente con questa storia. Lui, Ravasi, non era uomo buono. Ma Don Fausto sempre dice bisogna aiutare tutti. Dice che lui stava cercando di capire come diventare uomo buono. Don Fausto, invece, lui sì…</div><div style="text-align: justify;">- Ferma, ferma li’. Cosa vi diceva don Fausto? </div><div style="text-align: justify;">- Noi non volevamo Ravasi. Lui era strano con bambini. Don Fausto dice sempre tutti devono avere opportunita’. Ravasi provate tante, perche’ non provare ancora?</div><div style="text-align: justify;">- Hai visto bene l’incendio?</div><div style="text-align: justify;">- Si’.</div><div style="text-align: justify;">- Siete stati voi?</div><div style="text-align: justify;">- No, commissario. No! Noi chiamato polizia.</div><div style="text-align: justify;">- Avete chiamato il 113. E’ vero.</div><div style="text-align: justify;">- Ecco. Tutti dicono di noi ladri. Non nego, a volte vero. Ma non assassini.</div><div style="text-align: justify;">- Quando litigate, pero’, vi ammazzate.</div><div style="text-align: justify;">- E voi no, commissario?</div><div style="text-align: justify;">- Gia’…allora? Come e’ andata? Cosa hai visto?</div><div style="text-align: justify;">- Sanra, mia moglie, ha sentito rumore. Bum! Grande botto. Mi ha svegliato. Sono uscito fuori. Era esplosione, e bombola del gas volata davanti nostra tenda. Ho sentito calore. Visto fiamma alta. Jag . Un inferno. Vampate, capisce? Ho visto l’uomo dentro incendio.</div><div style="text-align: justify;">- L’hai riconosciuto? Era Ravasi?</div><div style="text-align: justify;">- Io credo. Non riuscivo avvicinare. Troppo caldo. Aria scottava. Non potevo salvare. Sembrava lui che bruciava. Non so se ancora vivo. Penso che no.</div><div style="text-align: justify;">- Sei sicuro che era lui?</div><div style="text-align: justify;">- Io credo.</div><div style="text-align: justify;">- L’hai visto in faccia?</div><div style="text-align: justify;">- Si’, ma lui già tutto nero. Bruciato. Orribile. Io credo che era lui, ma non sicuro. Noi non entriamo in questa orribile morte di uomo. Tu crede?</div><div style="text-align: justify;">- No. Difficile crederti, che non c’entrate per niente. Lo sai, tutti dicono che siete ladri e mandate i vostri bambini in giro a chiedere soldi per la strada. Rusconi vi dava fastidio, e avete deciso di liberarvene. </div><div style="text-align: justify;">- Lo so che molti pensano noi ladri, commissario. Ma non assassini. Noi, pace. Uomini, fratelli. Anche chi disprezza noi. Devo dirti una storia, adesso. Cosi’ tu capisce.</div><div style="text-align: justify;">- Una storia?</div><div style="text-align: justify;">- Si’. Noi siamo Rudari . Suoniamo e vendiamo fiori. E, “se vuoi essere saggio, ascolta” . Siedi. Storia parla di uomo con mio nome.</div><div style="text-align: justify;">Dal nulla spunto’ un altro sgabello e Marini sedette. Il Rom inizio’ la sua storia. </div><div style="text-align: justify;">Una storia dove un uomo con il suo nome per la prima volta aveva un luogo dove andare. L’uomo era vecchio, e voleva andare in Italia, lasciando che la sua patria fosse dove avrebbe fermato per l’ultima volta il suo wurdon per accamparsi e legare i suoi cavalli. Sentiva dentro di se’ il bambino che era stato, il bimbo che aveva pianto per aver perso i suoi genitori, l’uomo che era diventato e aveva poi compreso che ogni evento della vita era un gioco strano di Baxt . La sera che arrivo’ dove voleva fermo’ i cavalli, li stacco dal wurdon e li lascio’ pascolare nell’erba dei campi di quella che sperava fosse la sua ultima casa, e senti’ quel bambino, dentro, piangere una specie di nenia senza lacrime. Si ripete’ l’ultima volta che gli zingari non piangono mai, neanche quando hanno un grosso motivo per essere tristi. Gli zingari suonano e ballano. Poi canto’ mentre il crepuscolo colorava il cielo della periferia di quella grande citta’. Era una storia triste e vera.</div><div style="text-align: justify;">- Questi siamo noi, commissario.</div><div style="text-align: justify;">- Bella storia, Vissalòm – fece Marini, alzandosi – ma chi e’ stato lo stabilisco io.</div><div style="text-align: justify;">- Tu fai tuo dovere. Noi tutti aiuta. Tu chiedi e noi aiuta.</div><div style="text-align: justify;">- Voi aiuta, certo. E non hai visto nessuno in giro, tornando all’incendio della casa mobile?</div><div style="text-align: justify;">- No, nessuno.</div><div style="text-align: justify;">- Sei sicuro?</div><div style="text-align: justify;">- Puo’ essere che qualcuno c’era, in quel casino, no? Ma io non ho visto. Troppo caldo dava fastidio agli occhi.</div><div style="text-align: justify;">- Mi servono tutti i martelli che avete nel campo. Subito.</div><div style="text-align: justify;">- Martelli. Solo martelli?</div><div style="text-align: justify;">- Si’.</div><div style="text-align: justify;">L’uomo assenti’, si alzo’ e cominciò a entrare e uscire da tutte le tende, con i martelli in mano.</div><div style="text-align: justify;">Marini si guardo’ attorno. Alcuni bambini del campo lo osservavano incuriositi.</div><div style="text-align: justify;">Poi ando’ a parlare con il testimone Monastiroli. </div><div style="text-align: justify;">Che caso del cazzo! Fu quello che penso’, finito il colloquio, mentre si avviava con Cattaneo verso un bar. </div><div style="text-align: justify;">Non si era potuto accorgere che Vissalòm e suo fratello avevano confabulato a lungo, dopo che il vicecommissario se ne era andato.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nota: la storia che Vissalòm racconta al vicecommissario Marini e’ tratta da "Il Calderas" di Carlo Sgorlon (A. Mondadori Editore, Milano, 1988). Wurdon e’ il carro degli zingari trainato da cavalli e Baxt e’ il Destino, la Fortuna.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-19623991799559371092015-03-30T18:39:00.000+02:002015-03-31T00:46:50.217+02:00La prima volta di Irina<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-U82YqC7SENQ/VRl7fbAMQRI/AAAAAAAAQG8/w8TCNqWzYaY/s1600/Kla_22941.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-U82YqC7SENQ/VRl7fbAMQRI/AAAAAAAAQG8/w8TCNqWzYaY/s1600/Kla_22941.jpg" height="250" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">- P</span>iercing al clitoride... e’ un problema?</div><div style="text-align: justify;">Irina le poso’ le mani all’interno delle cosce e le apri’ un po’ di piu’.</div><div style="text-align: justify;">- Assolutamente no. Tutto meno che un problema. Sara’ anche piu’ eccitante. </div><div style="text-align: justify;">Avvicino’ dolcemente due dita e la apri’. Il sesso di Vlada era color rosa chiaro, come quello di quasi tutte le bionde naturali, ed aveva le piccole labbra sporgenti. Aperte avevano l’aspetto di un’orchidea. </div><div style="text-align: justify;">- Non lo hai mai visto, vero? </div><div style="text-align: justify;">Irina scosse la testa. </div><div style="text-align: justify;">- Non ci crederai, ma e’ cosi’. Finora sono stata solo con uomini e nessuno di loro aveva il piercing sul glande.</div><div style="text-align: justify;">Non riusciva a credere quanto fosse morbida e setosa… come i petali di un fiore, appunto.</div><div style="text-align: justify;">Vlada si mise una mano tra le gambe e comincio’ a toccarsi. </div><div style="text-align: justify;">- Non lo faccio con una donna da una settimana, ti avverto.</div><div style="text-align: justify;">-Ohhhh -, disse Irina quasi canzonandola. - Un’intera settimana!</div><div style="text-align: justify;">- Una settimana per me e’ come un mese per chiunque altra… ormai ho dovuto rassegnarmi a questa ninfomania saffica. Ho anche un giocattolo, lo vuoi provare? - E tiro’ fuori dal cassetto del como' un grosso fallo in lattice, di quelli doppi, in grado di soddisfare due donne contemporaneamente. Era veramente enorme e Irina capi’ perche’, ormai<span style="color: #993399;">, </span>Vlada con gli uomini non provasse piu’ alcun piacere. Impossibile trovare qualcuno che fosse stato cosi’ dotato.</div><div style="text-align: justify;">- Mi sa che avremo bisogno di un po’ di lubrificante per farlo entrare -, aggiunse Vlada incurante dello stupore della sua compagna di letto.</div><div style="text-align: justify;">- Lubrificante? Ma io sono gia’ bagnata.</div><div style="text-align: justify;">Vlada si tiro’ su, le getto’ le braccia al collo e le premette i grandi seni nudi contro i suoi che, al confronto, sembravano quelli di una bimba. Premette la bocca sulla sua e le spinse la lingua dentro. Le morse la lingua piano e mormoro’ - Non basta… ce ne vuole ancora… di lubrificante.</div><div style="text-align: justify;">Allora Irina capi’. Vlada torno a stendersi sul letto e spalanco’ le gambe pregustando il piacere che avrebbe ricevuto. Poi aggiunse:</div><div style="text-align: justify;">- Adesso fai con me quello che gli uomini fanno con te. Anzi, fai quello che tu vorresti che gli uomini ti facessero.</div><div style="text-align: justify;">“Giusto. Certo”, penso’ Irina. Riapri’ le labbra di Vlada con le dita, ma le scappo’ da ridere.</div><div style="text-align: justify;">- Non ho la minima idea di quello che sto facendo.</div><div style="text-align: justify;">- Devi solo baciarmi. Solo che devi baciarmi li’. Un semplice bacio.</div><div style="text-align: justify;">- Un semplice bacio… -, ripete’ Irina, e poso’ la bocca su quel fiore rosato.</div><div style="text-align: justify;">Aveva sognato di farlo fin dal primo momento che l’aveva incontrata, e adesso che sentiva il suo sapore acidulo sulla lingua, inspirava il suo odore cosi’ erotico, sentiva la sfera del suo piercing e il suo clitoride gonfiarsi tra le sue labbra, penso’: “Sono lesbica. Ormai non ho piu’ dubbi. Mi piacciono le donne!”. Se necessario ci sarebbe stata anche per un’ora fra le cosce di Vlada, a leccarla, e sarebbe stata la migliore ora della sua vita. “Non si torna indietro, adesso. Si va solo avanti”, penso’.</div><div style="text-align: justify;">Vlada sollevo’ i fianchi e lei le spinse tutta la lingua nella vagina.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-57321275330733103692015-02-28T17:22:00.002+01:002015-02-28T17:23:14.502+01:00E' ora di scegliere la pillola rossa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-WawSS6Bq8qQ/VPHquY6UT8I/AAAAAAAAPzs/9vcpnNZ8dOU/s1600/pillola.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-WawSS6Bq8qQ/VPHquY6UT8I/AAAAAAAAPzs/9vcpnNZ8dOU/s1600/pillola.jpg" height="278" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #993399; font-size: 180%;">B</span>ene, ho riflettuto molto in questi giorni. Ho pensato alla vacuita' dei social network come Facebook, e come non sia utile trasportarvi troppo di cio' che possediamo. Da un momento all'altro ci possono sfrattare. Senza appello. Senza neppure una spiegazione. E li’ resta segregato, per sempre, tutto il tempo che abbiamo speso. Pensieri, immagini, relazioni: tutto sparisce in un batter d'occhio se solo qualcuno dai piani alti decide che tu non devi piu' starci.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">I motivi non contano... ed il clima che si respira e' sempre piu' da tonnara; ti invitano a creare l’account, ti fanno restare per un po’, fin quando non diventa il tuo unico ambiente relazionale, e da quel momento in poi sei sotto controllo, ricattabile, perche' se ti disabilitano l'account perdi tutto. Non esisti piu’.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’esistenza ad ogni costo, dunque, e la liberta' innanzi tutto. La liberta' di dire cio' che si pensa. La liberta' di pubblicare un'immagine di un'opera d'arte anche se mostra una tetta. La liberta' di essere se stessi e non cio' che loro (i piani alti) ti obbligano ad essere. Facebook e' il piu' potente strumento di controllo che oggi ci sia al mondo. Ha creato dipendenza piu' della droga e c'e' gente che senza Facebook non sarebbe piu' nessuno.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Io non ci sto! Ho visto come sia facile trovarsi con l'account disabilitato e senza piu' possibilita' di riottenere l'accesso. Per questo ho deciso di allontanarmi gradualmente da quel luogo. Lo faro' cercando di portarmi dietro piu' amici possibili. Riportarli qui, nel blog, dove posso garantire una completa liberta': liberta’ di pensiero, e liberta' di essere se stessi anche sotto falso nome.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non m'interessa di leggere millantaduemila cazzate al giorno che passano nella timeline. Non m'interessa fare amicizia con gente assurda che non incontrero' mai nella vita. Non m'interessa sentire le loro lagne, ogni giorno, sempre le stesse. Non m’interessa di essere protagonista in quella macchina che macina tutto nello spazio di 24 ore. Desidero solidita'. Stabilita'. Sicurezza che domani potro' ancora accedere e ritrovare le mie cose come le ho lasciate, e non trovarmi di fronte a un anonimo avviso generato dal computer: "Il tuo account e' stato disabilitato". </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non voglio piu' sentirmi un'ospite in casa d'altri. Voglio essere padrona in casa mia, e se e' il caso esporre anche una copia del quadro "L'origine del mondo" di Gustave Courbet senza essere bloccata per un mese. Per questo motivo e' ora di scegliere la pillola rossa e uscire da quel mondo illusorio, mettendo in atto quello che avevo gia' anticipato <a href="http://chiara-di-notte.blogspot.com/2014/11/perche-abbandonero-facebook.html" rel="nofollow" target="_blank"><u>in questo post</u></a>. Piano piano, mi dissolvero' lasciando Facebook a chi ne ha davvero bisogno per sfogare le proprie nevrosi e le proprie frustrazioni che io, fortunatamente, credo di non avere.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non spero che tanta gente segua il mio esempio; anzi, data la stupidita' generale, prevedo che dopo aver letto questo post in molti alzeranno le spallucce e continueranno imperterriti come sempre, nel menefreghismo generale e nell'indolenza che li contraddistingue. Tuttavia non scompariro' del tutto. Mi troverete, come sempre, qui all'indirizzo di questo blog o di un altro che potrei andare a creare in un futuro non molto lontano.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-20923931756530795492015-02-16T23:35:00.000+01:002015-02-25T16:42:44.368+01:00Il canto della sirena<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-x1tZGqIUyJc/VOJoF8X1onI/AAAAAAAAPSg/lVr_3QuTZdA/s1600/Kla_29412.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-x1tZGqIUyJc/VOJoF8X1onI/AAAAAAAAPSg/lVr_3QuTZdA/s1600/Kla_29412.jpg" height="320" width="239" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #993399; font-size: 180%;">I</span>n ginocchio, tengo le cosce avvicinate. Ho i glutei che si appoggiano sui talloni e le mie labbra, semichiuse, pronte a ricevere quello che, ormai, non riesce piu’ a star dentro ai suoi pantaloni.<br /><br />Lo prendo in mano e lo stringo appena. E’ bello sentirlo crescere tra le dita, mentre mi lascio inebriare dal suo odore. Amo l’odore dell’uomo eccitato. Lo amo per infiniti motivi, ma soprattutto perche’ e’ l’odore del sesso, che mi permette la fuga, la liberta’, la beatitudine dell’oblio quando ho bisogno di quell’oblio. E se mi ubriaco di quell’odore, non esiste nient’altro. I ricordi, i sogni, i fantasmi del passato, tutti i problemi del presente… scomparsi. Divento una creatura di pura sensazione, puro desiderio. Divento me stessa.</div><div style="text-align: justify;"><br />"Rilassati", gli comunico senza parlare, semplicemente guardandolo negli occhi. "Devi solo godere".</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Lo ha gia’ eretto quando inizio a leccarlo. Lo voglio lubrificare bene prima d’avvolgerlo con le labbra, piano, facendolo entrare con delicatezza, continuando ad irrorarlo di saliva e a stimolarlo con la punta della lingua, senza distogliere mai i miei occhi dai suoi, avidi di godimento.<br /><br />E’ cosi’ che il calore della mia bocca s'impossessa del suo membro. Lo prendo tutto, fino in gola. E’ turgido e lo sento spingere sul palato. Non riesco neppure a respirare, ma non importa: a me piace cosi’. E quando mi ritiro, un sottile filo di saliva resta sospeso, a unire le mie labbra alla punta del glande. Poi lo avvolgo nella mano e lo massaggio con le dita rese scivolose dalla saliva, seguendo il ritmo delle natiche che, quasi a voler penetrare il vuoto, lui sospinge verso di me, mentre con l'altra mano gli comprimo delicatamente i testicoli, procurandogli una morbida sofferenza mista a piacere.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando mi afferra la testa per attirarla verso di se’, capisco che la mano non gli basta piu’, allora glielo riprendo in bocca, facendo scorrere le labbra lungo tutta la lunghezza dell’asta, succhiandolo, ed e’ sufficiente qualche ciucciata piu’ decisa, per portarlo a un passo dal godere. E’ la pressione nei suoi fianchi che monta sempre di piu' a dirmi che sta per venire. Cerca di trattenersi, ma non ce la fa…</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Percepisco l’eiaculazione un attimo prima che arrivi. Gli esce un gemito, come per avvisarmi, ma io gia’ lo so. La sua testa e’ spinta all’indietro da una forza invisibile ed e' in quel momento che glielo ciuccio ancor piu’ forte, ingorda, e il suo gemito si trasforma in un sussulto violento, mentre il mio palato e’ inondato da fiotti caldi del suo orgasmo. E anche quando e’ tutto finito, lo trattengo in bocca, ancora un po’, insieme al suo seme… prima di deglutire.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Alzo lo sguardo e con un sorriso gli faccio capire che anche a me e' piaciuto. Tutto e’ avvenuto senza parole. In fondo, in certi momenti, le parole non servono a molto. Fin quando lui non rompe il silenzio. Chinandosi verso di me, sommessamente, mi dice: “Non so neppure come ti chiami…” ed io, passandomi il pollice sulle labbra, per togliere anche l’ultimo residuo rimasto, penso che anche stavolta dovro’ inventarmi un nome, tanto per soddisfare, oltre a certe voglie, anche la curiosita’. E ricordando quello che mi fu dato quando mi predissero che con la bocca avrei potuto far impazzire qualunque uomo, maliziosamente gli rivelo che mi chiamo… Sirena.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-68173917573777251972015-02-11T17:06:00.000+01:002015-02-12T01:52:24.897+01:00Senza pudore<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-NaisWkDDZiI/VNt9RROzUoI/AAAAAAAAPSA/eK94AYzCbr8/s1600/kla_23451.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-NaisWkDDZiI/VNt9RROzUoI/AAAAAAAAPSA/eK94AYzCbr8/s1600/kla_23451.jpg" height="320" width="226" /></a></div><i><span style="color: #993399; font-size: 180%;">“S</span>ono bagnatissima. Vedete?”</i></div><div style="text-align: justify;"><i>Aveva alzato la gonna e aperto le gambe il piu’ possibile. Per rendere lo spettacolo migliore, si faceva scivolare lentamente un dito sopra le mutandine, seguendo il solco umido formato dalle grandi labbra. Era eccitante farlo davanti a quei due ragazzi che l’avevano rimorchiata in quel pub. Uno era piu’ intraprendente, mentre l’altro sembrava essere piu’ timido. Tuttavia non erano i caratteri di quei due ad interessarle, quanto cio’ che tutti i maschi hanno tra le gambe. Non sapeva niente di loro. Non chiedeva neppure i nomi ai suoi occasionali compagni di gioco, e quella sera gliene erano capitati due. Cosi', nell’impossibilita’ di scegliere, dato che erano tutti e due molto attraenti, aveva deciso di essere democratica. D’altronde non le mancavano le qualita’ per soddisfarli entrambi. </i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Ho anche il clitoride tutto gonfio. Chissa’ cosa dovrei fare…” incalzo’ continuando a stuzzicare.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Avrei alcuni suggerimenti”, azzardo’ il piu’ timido, gia’ palesemente eccitato.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Anch’io li avrei. Credo che le mie mutandine abbiano appena fatto il saluto alla mia passerina… ormai sono zuppe”, disse sfilandosele dai piedi e mettendole in borsetta.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Invece il mio uccello vorrebbe tanto fare il saluto alla tua fica” disse il piu’ intraprendente intuendo che ogni formalita’, da quel momento in poi, sarebbe stata superflua.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Siete proprio bravi a rimorchiare una donna, lo sapete? Se mi supplicate un po’, potrei anche lasciarvi fare il saluto a tutte le parti di me che desiderate”.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Allora andiamo a scopare.” azzardo’ l’intraprendente. “Troviamo un’altra ragazza e facciamo una cosa a quattro.”</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Non mi interessa. Posso benissimo accontentarvi entrambi senza l’aiuto di nessuno”, disse lei ammiccando, continuando ad accarezzarsi il pube ormai nudo.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Io ho bisogno di mettere l’uccello dentro di te nei prossimi cinque secondi, oppure moriro’” supplico’ quello che sembrava il piu’ timido, rivelando che non era affatto timido, ma solo piu’ taciturno.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Oh, no, ti prego, non morire proprio adesso che la cosa sta prendendo una piega interessante. Pero’, se vengo a scopare con voi, promettete di impegnarvi a farmi godere facendo tutto cio’ che vi chiedero’ di fare?”</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Faremo qualsiasi cosa tu desideri”.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Me la leccherete fino a quando non vi diro’ di smettere?”</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Anche tutta la notte!”, dissero i due quasi all’unisono immaginando che mettere la testa tra le gambe di quella donna sarebbe stata la cosa piu’ erotica della loro vita. Gia’ pregustavano il suo sapore acidulo sulla lingua, mentre l’odore del suo sesso eccitato, cosi’ femminile e cosi’ erotico, si sentiva anche a un metro di distanza.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Pero’ mi porterete prima a cena…”</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Scegli dove, offriamo noi”.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Ovvio che offrite voi. E poi penso che andare prima a cena potrebbe essere utile. Potrei aver voglia di cavalcare il vostro uccello per tutta la notte”.</i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><i>Quella notte si era lasciata cosi’ riempire da due uomini, senza risparmiare niente a nessuno dei due. Non lo aveva fatto per loro. Lei non faceva mai niente per gli altri. Lo aveva fatto per se’. Solo per se stessa. E come ogni volta non si era mai sentita cosi’ sfrenata, cosi’ disinibita. Quando le accadeva di darsi in quel modo non era altro che un corpo che esisteva solo per essere usato per il piacere degli uomini. In quel momento perseguiva quello scopo come nei tempi antichi lo facevano le prostitute del tempio, che si concedevano a chiunque in nome degli dei. E quando era venuta, posseduta simultaneamente nei suoi due orifizi, l’orgasmo le aveva arpionato lo stomaco con artigli d’acciaio e lei aveva vibrato per quella che era sembrata un’eternita’ tra le braccia di quei due ragazzi. Non si era neppure accorta di loro due che le venivano dentro, tanto era persa nella propria estasi. Solo quando ormai giaceva supina sul letto, svuotata, aveva sentito i loro fluidi uscire fuori e gocciolarle lungo le cosce sulle lenzuola.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>In quel momento aveva i loro occhi puntati addosso e sapeva che entrambi stavano aspettando la sua reazione. Quasi un verdetto. All’inizio si era limitata a respirare, con gli occhi socchiusi. Poi, dentro di lei era montata una poderosa ondata di emozioni e, per chissa’ quale motivo o per quale strana, meravigliosa, innominabile, ragione, si era messa a ridere. L’onda era ribollita fino alla superficie, rendendole il cuore talmente leggero che si sentiva come se si fosse staccata dal letto e avesse preso a galleggiare a mezz’aria. Poi altre due risate si erano unite alla sua finche’ una sinfonia di gioia non aveva riempito la stanza fino a farla scoppiare.</i></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;">***</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Irina lesse la scena fino alla fine, poi si lascio’ scivolare il libercolo dalle mani e chiuse gli occhi. Il suo clitoride gonfio pulsava sotto le dita e tutti i muscoli della schiena erano tesi come un elastico attorcigliato. Le immagini le affollavano la mente: i due uomini che si scopavano quella donna priva di pudore, lo strusciarsi dei corpi nudi, la mescolanza dei loro fluidi, e il sesso descritto nei dettagli, esploso prima nell’orgasmo e poi nella risata a tre…</div><div style="text-align: justify;">Venne con vigore, girandosi sulla mano mentre le pareti vaginali si contraevano sul nulla. Allontano’ la mano dal pube e resto’ sdraiata sul letto ad ansimare.</div><div style="text-align: justify;">Stepan le aveva fatto leggere quel racconto perche’ immaginasse di esserne la protagonista, perche’ imparasse il significato del termine “senza pudore”... ma sarebbe mai stata capace di arrivare a tanto? Si’ certo, si era eccitata nel leggerlo, si era masturbata, aveva goduto e l’alone umido sul lenzuolo lo dimostrava, ma sarebbe mai riuscita a diventare come quella donna, disinibita e soprattutto, capace di scollegare il sesso dal sentimento?</div><div style="text-align: justify;">Quella li’ sembrava una vera e propria mangiatrice di uomini. Era bellissima, interessante, arguta, eloquente, intelligente, e scriveva racconti erotici. Oltretutto, pur senza dirlo esplicitamente, faceva intuire che le sue storie fossero vaghi riflessi della sua vita reale. Difficile credere che l’autrice potesse fare una vita piu' sregolata di quella dei suoi personaggi. Sarebbe stata una gran fatica. Eppure… eppure era cosi’ intrigante immedesimarsi in lei che era impossibile non subirne il fascino. Un nodo d’invidia le si aggrappo’ alla gola. Non avrebbe permesso che Stepan restasse deluso. Ce l’avrebbe messa tutta per diventare la migliore. Lo avrebbe fatto per Stepan… anzi no; lo avrebbe fatto per se’. Solo per se stessa.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-91377180007125707032015-01-01T15:27:00.000+01:002015-03-01T03:11:50.585+01:00Sono quella che sono e faccio quello che posso<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-6pKJTBCZaqc/VKVYmgnXJrI/AAAAAAAAPRc/bxYTh1dSbyU/s1600/Kla_21897.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-6pKJTBCZaqc/VKVYmgnXJrI/AAAAAAAAPRc/bxYTh1dSbyU/s1600/Kla_21897.jpg" height="277" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">T</span>utti abbiamo piu’ personalita' oltre a quella che normalmente esibiamo. Le conosciamo, nell’intimo ne siamo consapevoli, e le gestiamo facendo emergere questa o quella a seconda delle varie situazioni, quando piu’ ci fa comodo. Anch’io ne ho almeno due, se non di piu', ma sicuramente me ne manca una: quella che molte persone considerano la piu' adatta nei giorni festivi di Pasqua, Natale o Capodanno. Io la definisco: "L’ipocrita affabilita’ verso il prossimo ostentata nelle ricorrenze".</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Parlo di quella sdolcinatezza con cui ci si deve mostrare sempre "buoni", dediti alla felicita' propria e altrui, che manifestiamo tramite l’elargizione pomposa di stucchevoli auguri. E’ una roba, questa, che ho sempre respinto con tutta me stessa. Primo perche’ la ritengo rituale, quindi non sincera, ed io detesto tutto cio’ che odora di falsita’. Poi perche’ ho potuto constatare che le persone che piu' si mostrano buone, generose, dolci e comprensive, in realta’ sono quelle che, quando hai davvero bisogno di aiuto, sono le piu’ veloci a defilarsi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ proprio in occasione di particolari festivita’ come quella di oggi che, percio’, mi piace tirar fuori la parte di me piu’ scomoda, piu’ asociale, meno simpatica. Cosi' posso finalmente ammettere di essere cinica, cattiva, egoista, dedita solo alla mia di felicita' e a quella di nessun altro, e me ne stracatafotto degli auguri, sia di farli che, soprattutto, di riceverli.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Se pensate che io sia acida, fredda e calcolatrice, avete ragione perche’, in effetti, e’ cosi'. Sono quella che sono e faccio quello che posso, ma la verita’ e’ che non mi va di recitare una parte che in certi giorni non sento mia: quella della buona, dolce, affidabile, comprensiva, accogliente, banale, noiosa, donnetta solo per essere fedele all’archetipo di “femminilita’” inculcato dalle fiabe con le quali, da bambina, hanno tentato di lavarmi il cervello. Se il mio atteggiamento mentale e’ pragmatico, duro e poco incline alle moine, e’ perche’ non mi sono mai fatta abbindolare dai discorsi, dalle facezie, dalle facili promesse e, soprattutto, dalla sdolcinatezza che viene esibita esclusivamente in determinate occasioni.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-80224391672194613322014-11-25T21:46:00.001+01:002014-11-25T21:46:29.452+01:00Perche' abbandonero' Facebook<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-fXjVF1dNkso/VHTp_6nD4tI/AAAAAAAAPQY/wKqyfgvt45s/s1600/Kla_165242.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-fXjVF1dNkso/VHTp_6nD4tI/AAAAAAAAPQY/wKqyfgvt45s/s1600/Kla_165242.jpg" height="320" width="219" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">I</span>n queste ore ho avuto modo di pensare che, forse, e' il caso che io chiuda con Facebook. E' un ambiente (scusate) di merda. E mi riferisco soprattutto all'area frequentata da italiani, dove i saccenti abitanti del Bel Paese usano un’arena virtuale per sfogare frustrazioni, rabbie, gelosie, invidie, perfidia e tutto cio’ che di pessimo puo’ essere contenuto nel loro (ben misero) cuore.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Lo posso dire perche’, frequentando anche altri luoghi virtuali, piu’ internazionali, seppur anche altrove si discuta e si litighi, anche animatamente, la conflittualita' cattiva, livorosa, vendicativa, che ho notato fra (scusate ancora) gli italiani e’ qualcosa a cui non ero piu' abituata da molto tempo. A cio' si va ad aggiungere il sistema imperfetto di Facebook, che non garantisce alcuna regola certa e favorisce solo i piu’ fetenti dei suoi frequentatori.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A molti piace fare i filosofi. Cercano di sembrare disinteressati, “superiori” a certe cose, non intaccabili da cio' che puo' avvenire nei social network; ritengono che non sia importante e suggeriscono di non prendersela troppo. Per la verita’ anch’io, assai spesso, mi sono trovata d’accordo con loro, ma, a pensarci bene, e osservando bene i comportamenti dei piu’, mi sono accorta che questa sdrammatizzazione e' solo un alibi che tutti ci diamo, e che ci serve per non sentirci stupidi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quindi, non e’ tanto il blocco dell'account in se' a bruciarmi, che' quello (come si e’ visto) si puo’ creare e ricreare senza problemi, ma e’ la consapevolezza improvvisa di aver anch'io, con la mia attiva presenza, contribuito ad alimentare la materia fecale in cui tutti abbiamo sguazzato, contenti, facendo finta che ci venisse regalato qualcosa, perche’ era gratis, quando in realta' cio' che avevamo era solo frustrazione, angoscia, incazzatura, irritazione, amarezza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ giunto il momento dunque di riappropriarmi di un’identita' virtuale svincolata dalle regole di chi e’ in grado di mettermi la museruola come se fossi un animale. Non sono una masochista e l'immagine che ho avuto di me, mentre cercavo di accedere all'account, cliccando compulsivamente per vedere se, casualmente, era sopravvenuto lo sblocco, con quel modo tipico di chi e’ dipendente da una droga, mi ha schifata. Mi sono fatta pena! E cio’ e’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cosi’, come accadde con l'epoca dei forum, alcuni anni fa, quando a causa delle conflittualita' (sempre italiche) decisi di migrare sul blog, ho la forte sensazione che la mia esperienza nei social stia per concludersi. Anche se mi dovessero riattivare l'account, domani, dopodomani o fra un mese, non credo che il mio spirito sara' com'era prima. In queste poche ore ho avuto modo di riflettere mentre guardavo dall’esterno “l’acquario”, dove anch’io sguazzavo dentro. Ed ho visto cio' che siamo, come ci comportiamo; ho visto cio' che accade; ho visto come supinamente ci pieghiamo a quelle che sono delle vere e proprie angherie, solo per avere un briciolo di considerazione da chi neppure conosciamo, e ho capito che non era da me vivere chiusa in una boccia come un pesce rosso. Assolutamente no!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Magari ad altri sta bene cosi’. Magari altri sono piu’ masochisti, e si comportano, nei confronti di questo “mostro cerebrale” creato da Zuckerberg, come si comportano (probabilmente) con le loro mogli, i loro mariti: litigano, fanno scenate, tragedie greche, soffrono in modo bestiale, ma poi, alla fine li perdonano e decidono di restarci insieme. Dopo gli schiaffi e’ sufficiente un bacetto e un abbraccio per avere sollievo, fino alla prossima guerra. Tipico italico, mi verrebbe da dire! Ma io sono diversa. Io, quando capisco che non mi vogliono e un ambiente mi respinge, fuggo via, senza pensarci a troppo, per ricominciare altrove.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Come ultima azione in Facebook ho creato un gruppo (a cui si accede solo per invito), dove ho radunato un centinaio di persone selezionate nel tempo. Persone che ho avuto modo di valutare e sulle quali sarei pronta a mettere la mano sul fuoco riguardo alla loro onesta' intellettuale e correttezza, nonostante tutti abbiano le idee piu’ diverse e controverse. La considero la “crema” di Facebook; una piccola vittoria. Unico motivo di soddisfazione che oggi riesco ad avere.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-39386156563616619512014-11-18T17:10:00.002+01:002015-03-01T03:12:16.445+01:00Come leccare la patata senza rischiar di fare una pessima figura<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-WysVTowP7As/VGtvFTdcQvI/AAAAAAAAPQA/9xUt148O4Lo/s1600/Kla_871598.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-WysVTowP7As/VGtvFTdcQvI/AAAAAAAAPQA/9xUt148O4Lo/s1600/Kla_871598.jpg" height="255" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">Q</span>uante volte me l’hanno leccata? Sinceramente non ho tenuto il conto, anche perche’ sarebbe stato impossibile tenerlo. Tuttavia non sempre e’ stato piacevole. Anzi, la maggior parte delle volte, e’ stato tremendamente noioso. Ma quasi sempre, in quei casi, ero pagata per farmela leccare, e l’orgasmo gia’ lo raggiungevo quando ricevevo i soldi. Percio’, anche se spesso, per concludere velocemente, me ne inventavo uno finto, di certo non me ne tornavo a casa insoddisfatta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dal preambolo avrete capito che il tema di oggi e’ il cunnilingus, o piu’ comunemente conosciuto come “leccata di fica”. Ovviamente, nel trattare l’argomento, non manchero’ di parlare anche di me: di cio’ che mi piace, di cio’ che non mi piace, di cio’ che mi fa impazzire, oppure di cio’ che proprio non sopporto. So che siete dei curiosoni, e io voglio accontentarvi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Del sesso orale, sia attivo che passivo, sia con maschi che con femmine, ne ho fatto quasi una specialita’ della casa, se non addirittura una passione, un hobby, e posso dire con estrema sicurezza che sono le donne, omosessuali o bisessuali, quelle che la sanno leccare meglio; per ovvie ragioni. Le migliori le ho trovate fra le non piu’ giovanissime, che’ la gioventu’, si sa, e’ anche sinonimo d’inesperienza, oltre che di scarsa capacita’ di apprezzare pienamente il sesso. Ciononostante devo confessare che anche fra gli uomini non sono mancati dei veri e propri fuoriclasse.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La prima cosa che si deve fare quando si lecca la fica e’ non imitare mai gli attori dei film porno, poiche’ il rischio e’ quello di far figure veramente ridicole. Nei film porno la sessualita’ viene interpretata principalmente dal punto di vista di chi guarda. E’ lo spettatore che si deve eccitare, e a nessuno importa se agli attori piaccia veramente cio’ che stanno facendo, nel modo in cui lo stanno facendo. Cio’ che conta, sul set, e’ che siano sempre ben esposti gli organi sessuali, che l’azione sia visibile, e questo costringe gli attori a concentrarsi piu’ sulle posizioni (talvolta innaturali) che sull’atto in se’. Quando leccate, invece, non potete (ne’ dovete) distrarvi. Non dovete mettervi in posa, non avete spettatori da accontentare, ma tutta l’attenzione deve essere rivolta solo al piacere della vostra partner. In quel momento lei sta abbandonandosi completamente a voi. Non deludetela, e non pensate ad altro che a farla godere. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La seconda cosa che dovete sapere e’ che ci sono fondamentalmente due tipi di donne: quelle che sanno come godere anche senza di voi, e quelle che non godono fintanto che non le fate godere voi. Se vi capitano le prime avete avuto fortuna; saranno loro che vi indicheranno, coi loro movimenti o addirittura dicendovelo esplicitamente, cosa fare, e non dovrete neppure faticare tanto per sentire il loro succo scivolarvi abbondante in bocca. Nel caso invece vi capitino le seconde, dovrete impegnarvi di piu’, ma non scoraggiatevi: se seguirete i miei consigli, sicuramente, riuscirete a vincere la gara.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Come partire? Ovviamente con baci leggeri. Usate le labbra inumidite prima della lingua. Sfiorate appena le grandi labbra, poi passate alle piccole. E’ essenziale che tutto si svolga in modo dolce, progressivo, senza accelerazioni brusche. Ed anche la leccata, dopo, occorre che sia liscia, costante, lenta, e che segua un ritmo preciso, in crescendo via via che il piacere della vostra partner aumenta. Preparatevi dunque a dover muovere la lingua per un bel po’, ed aspettatevi anche di sentirla dolorante molto prima che lei sia venuta. Tenete presente che, se di gara si tratta, non e’ certamente una gara di velocita’, ma piuttosto di fondo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Uno dei metodi che molti usano (perche’ l’hanno letto in qualche articolo che riguardava quest’argomento) e’ quello di fare movimenti con la lingua in modo da mimare la scrittura di lettere dell’alfabeto. Cio’ puo’ essere finanche divertente e puo’ creare delle situazioni davvero interessanti, tipo: “Indovina che cosa sto scrivendo?” Ma alla fine il giochetto stanca, e dopo il cinquantesimo partner che glielo propone, una donna potrebbe anche trovarlo banale. Percio’, se colei con la quale avete a che fare non e’ una giovane ragazza con poca esperienza, desiderosa di farvi da allieva, evitate di riproporle il gioco delle letterine. Al limite, se proprio volete stupirla, cambiate un attimo e buttatela sul matematico, scrivendo delle equazioni di terzo grado, e lasciando che sia lei a dare la soluzione. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non c'e’ niente di peggio di quelli che, una volta individuata la tecnica giusta per leccare, la cambiano di continuo, oppure modificano la velocita’, o la posizione della lingua perche’ temono che lei si annoi. E’ davvero una cosa irritante. Osservate lei, invece! Se vedete che le piace quello che le state facendo, continuate a farlo!!! Non modificate, non vi fermate, non inventatevi niente di nuovo. Le cose vanno bene in quel modo! Non date retta agli amici che vi dicono che e’ meglio provare i trucchi tutti nella stessa sessione.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un giochetto interessante, meno colto ma assai meno banale, e’ quello di usare il caldo e il freddo. Una come me, che ama le sensazioni forti ed estreme, impazzisce. Attrezzatevi quindi con piccoli cubetti di ghiaccio da far scivolare intorno alla clitoride e nell'apertura vaginale. Oppure, se vi sentite esperti e temerari, potete usare la cera calda di una candela per farla gocciolare sul pube e nell’interno cosce, creando la sensazione opposta. Ma in questo secondo caso ponete molta attenzione a non far gocciolare la cera calda direttamente sulla sua fica o sulla clitoride, o rischiate di passare il resto della giornata al pronto soccorso: lei per piccole ustioni e voi per un occhio nero.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ricordo un tipo che con me amava usare i cubetti di ghiaccio in un modo piuttosto raffinato. Ne preparava una tazza piena e me li infilava dentro uno per volta, come fossero palline Ben Wa. Dopo avermene infilati due o tre, iniziava a leccarmi e baciarmi la clitoride. Poi, una volta che il ghiaccio si era un po’ sciolto, succhiava fuori i cubetti, uno per uno, svuotandomi. E ricominciava. Si prova una straordinaria combinazione di freddo e caldo alla quale e’ difficile che non segua un orgasmo molto intenso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per quanto riguarda il sesso orale, comunque, e’ necessario che conosciate il livello di sensibilita’ della vostra partner. Noi donne abbiamo, nell’organo sessuale, qualcosa come cinque volte le terminazioni nervose che hanno gli uomini. Quindi, un’accentuata pressione, un movimento brusco, qualsiasi stimolo, tutto, e’ amplificato per cinque, e talvolta puo’ essere piu’ doloroso che piacevole. Io, ad esempio, sono iper-sensibile. Se qualcuno si tuffa con la faccia in mezzo alle mie gambe, attaccando la mia clitoride usando i denti, probabilmente riusciro’ ad avere ugualmente l'orgasmo (piu’ per il piacere dovuto al dolore, che’ sono un po’ masochista). Pero’, dopo, avro’ tutta la parte indolenzita per ore, o addirittura per giorni. E questo, per chi ama far sesso spesso e volentieri, e’ estremamente irritante!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Uno dei segreti e’ tenere la lingua morbida intorno alla zona clitoridea. Non induritela. Molte donne sono molto (troppo) sensibili e basta un nonnulla per far provar loro fastidio invece di piacere. Una volta che sono eccitate, un colpetto occasionale con la lingua ci puo’ stare, ma solo occasionalmente. Per il resto, niente lingua a punta rigida, bensi’ una lingua dolce e piatta che e’ sempre incredibilmente piacevole. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per intensificare il piacere potete, con le dita, stimolare il punto G, che si trova dietro alla clitoride, all'interno della vagina. Arrivate a toccarlo arcuando le dita. Meglio se ne usate due, da introdurre non insieme ma prima una e poi l’altra, dopo averle adeguatamente lubrificate con la saliva. La stimolazione del punto G, se ben eseguita, con lenti movimenti circolari coi polpastrelli, e’ importante in quanto crea un orgasmo molto piu’ profondo e intenso. Considerate, pero’, che non tutte amano la penetrazione con le dita mentre succhiate loro la clitoride. Per alcune le due cose simultanee creano distrazione. Quando lo fanno a me, invece, si capisce subito che non vengo distratta: inizio a muovermi verso la lingua, e col sesso vado ad assecondare il movimento dei polpastrelli, e cio’ significa che entrambi, chi me la sta leccando ed io, abbiamo trovato il “punto esatto”!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Niente e’ piu’ erotico dell’essere tenuta aperta da mani di chi sai che in quel momento ti sta desiderando. Quindi apritele le piccole labbra. Cio’ vi da’ l’accesso diretto alla clitoride e vi da’ modo di poterlo “lavorare” nel modo giusto. Ma anche in questo caso, siate delicati. Si tratta di pur sempre di aprire delle piccole labbra vaginali, non di allargare le sbarre di una cella. Lo potete fare semplicemente usando due dita. Quando lo fanno a me, mi sciolgo ogni volta. Mi piace il momento in cui mi allargano le gambe, prendendole con entrambe le mani, per tenere le mie labbra aperte mentre me la leccano, iniziando dalle grandi e poi le piccole, quindi la clitoride, e la massaggiano con la lingua, all’inizio delicatamente, poi sempre piu’ velocemente fino a quando vengo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non partite subito affondando la faccia direttamente nel suo sesso. All’inizio usate solo la punta della lingua (tenuta morbida), e guardatela negli occhi. Gli uomini amano che li si guardi negli occhi mentre glielo succhiamo, e per noi e’ esattamente la stessa cosa. A me fa andare letteralmente via di testa!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cominciate con i baci, e leggeri colpi intenzionali della lingua, facendola poi ruotare intorno alla clitoride, ma senza mai andarci direttamente sopra, all’inizio, poiche’ e’ un punto assai sensibile e bisogna che sia prima “preparato” adeguatamente. Questi preliminari servono a creare le condizioni affinche’ grandi labbra, piccole labbra, clitoride e vagina, siano in grado di assorbire solo piacere e niente altro, e cio’ puo’ avvenire solo se l’approccio e’ morbido e progressivo. A volte puo’ volerci molto tempo, ma piu’ tempo ci vuole, piu’ e’ lungo il godimento, e piu’ e’ intenso l’orgasmo quando arriva. Una cosa che mi fa perdere la testa e’ l’inserimento della sola punta di un dito nell’orifizio mentre mi stanno leccando. Solo la punta, solo una falange, muovendola appena, come se facesse il solletico. Tutto all’inizio deve essere delicato, percio’ non spingete il dito troppo energicamente. Deve essere solo un titillamento leggero, niente altro!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Qualunque posizione va bene. C’e’ chi preferisce essere leccata da dietro, o da sotto, stando in piedi oppure cavalcando la faccia del partner. Chiedete a lei come preferisce farlo e non sbaglierete mai. La posizione che preferisco io e’ quella classica, supina, sulla schiena, mentre chi mi e’ partner appoggia la testa sulla mia gamba e inizia a baciare, leccare, succhiare. A volte mi piace essere penetrata subito dalle dita, ed arrivare veloce all’orgasmo. Altre volte, invece, mi piace portare avanti il gioco per un tempo lunghissimo. Tutto dipende da chi e’ il mio compagno o la mia compagna, e qual e’ l’alchimia che c’e’ fra noi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Una cosa importantissima: terminate sempre cio’ che avete iniziato, e una volta che avete trovato il punto caldo, state li’, dedicatevi a quello, non abbandonatelo, coccolatelo e titillatelo il piu’ a lungo possibile. Anche per un’ora intera se necessario! Piu’ sara’ lunga l’attesa, piu’ sara’ ripagata. Mantenere, dunque, un ritmo costante, in leggero crescendo via via che sentite aumentare il piacere della vostra partner. Da cosa lo capite? Dalla quantita’ di liquido lubrificante che secerne la sua vagina. Ricordarsi anche di mantenere la lingua rilassata; la lingua a punta e troppo dura sulla clitoride, l’ho gia' detto, invece di eccitare, in realta’ desensibilizza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tenete a mente che, se lei sta gemendo piu’ forte, non significa che vuole che improvvisamente aumentiate il ritmo, andando piu’ veloci, o che iniziate a succhiarle forte la clitoride. Cio’ che vuol dire e’ che le piace esattamente quello che le state facendo. Quando qualcuno mi sta facendo qualcosa che mi piace, di solito dico: "Non fermarti!" Che significa: "Non smettere di fare esattamente quello che stai facendo in questo momento!"</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ estremamente eccitante farsi descrivere dal partner di che cosa sappiamo. Sentir che gradisce il nostro sapore, e che e’ qualcosa che non smetterebbe mai di assaggiare. Ananas, albicocca, anguria, ma anche sedano, prezzemolo, per non parlar di tutti i sapori abbinati al pesce; le donne hanno i gusti piu’ diversi. Se capita quello che ti piace, puoi starlo a mangiare tutto il giorno. Non per niente il termine inglese per il cunnilingus e’ “pussy eating”. Letteralmente: “mangiare la fica”. Quando la leccate dovete credere che sia la cosa piu’ buona che abbiate mai assaggiato. Pensate al vostro cibo preferito e fingete di mangiare proprio quello. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dopo essere stata succhiata, mangiata, e gustata da centinaia di uomini e donne, posso dirvi che il modo migliore per scoprire cosa piace veramente alla vostra partner e’ quello di farla giocare con se stessa. Seguire dove lei vi porta, perche’ non si e’ mai uguali, e non sempre vogliamo le stesse cose. Ogni volta cambiamo A volte lo si vuol fare in modo rude, rasentando il sadomasochismo, mentre altre volte desideriamo essere semplicemente sfiorate dal tocco di una piuma, prima di esplodere nell’orgasmo. Cio’ che e’ noioso e’ la ripetitivita’; il ricalcare ogni volta lo stesso schema, fisso, immutabile. Cercate percio’ di sembrare ogni volta diversi e, se possibile, non ripetete mai con la stessa cio’ che avete fatto la volta precedente. Questo impegna le coppie non occasionali ad un maggiore sforzo, in quanto non e’ facile non ripetersi quando si fa sesso con la stessa persona innumerevoli volte. Parlarsi e confessarsi, senza pudore, le fantasie che si hanno aiuta a trovare la soluzione ad un’inevitabile “noia” dovuta alla ripetitivita’ delle situazioni coniugali.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Parlate con lei. Fatele i complimenti per come e’ fatta. Ditele che vi piace la sua fica; cio’ le rafforza la fiducia in se stessa, crea afflato sensuale nei vostri confronti, ed influira’ enormemente nella qualita’ del suo orgasmo. Anch’io preferisco i partner che indagano, e che oltre a esprimermi rassicuranti complimenti, mi chiedono se mi piace come me la leccano, cosicche’ possa aiutarli a trovare la combinazione giusta che mi fa schizzare di piacere, senza che mi debba preoccupare di ferire i loro sentimenti. Perche’ non tutti sono adatti a farsi guidare; molti non lo sopportano proprio. Sono quelli che cercano di avere sempre l’iniziativa per dimostrare alla femmina di “saperci fare”. Ma non sanno quanto sbagliano. Non siamo tutte uguali e non tutte reagiamo allo stesso modo se sottoposte agli stessi stimoli. A chi ha quest’attitudine al machismo, consiglio quindi di provare ad invertire qualche volta i ruoli. Capire cosa prova l’altro (uomo o donna che sia) e’ utile se non si vuol essere derubricati al ruolo di amanti banali ed insignificanti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Evitare assolutamente di fare qualcosa che ci disgusta. Se non vi piace la fica che state leccando, se non vi piace il sapore che ha, se non vi piace com’e’ fatta e se, anzi, addirittura, vi fa proprio schifo, smettete subito. Al limite, se vedete che lei ha voglia di concludere, utilizzate le dita, un dildo, un ortaggio o qualsiasi altra cosa, ma non la leccate se proprio sentite che non vi piace. Se pero’ tutto si limita a una questione di sapore, avere a disposizione un ghiacciolo alla frutta puo’ essere una buona soluzione. Tenuto in bocca rende tutto piu’ gradevole e, inoltre, rende la lingua fredda che dona a lei una sensazione incredibile.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Altra cosa da non fare e’ usare i denti sulla clitoride (l’ho gia’ detto, ma conviene ripeterlo), a meno che non siate certi di avere a che fare con una masochista che gode del dolore. Alla maggior parte degli uomini non piace che gli si morda il cazzo, e lo stesso vale per noi e il nostro bottoncino.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Utilizzate tutta la faccia. Non c’e’ niente di piu’ squallido di una lingua esitante. Il mento che si sfrega sull'apertura della vagina, aggiunge piacere al piacere. Non fatelo pero’ troppo energicamente, o con la barba ispida, che’ rischiate di vederla schizzare, si’, ma non per lo squirting, bensi’ fuori dal letto per rivestirsi e tornarsene a casa sua! Non dimenticate di usare anche il naso (sara’ per questo che non mi sono mai piaciuti nasini troppo piccoli?). Per me e’ sempre una sensazione piacevolissima quando sento il naso che strofina la mia clitoride, e il respiro, con l’aria che esce sottoforma di gemiti, oppure che entra inalando il mio odore. E il rumore che fa, cremoso e morbido, sguazzando nel “bagnato”, riesce ad accendermi tutta. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non esagerate pero’ con la saliva. Per lubrificare bastano le ghiandole di Bartolini e ci si sente meglio quando non abbiamo dentro un lago. Quindi non sbavate! E non leccate emettendo suoni come gorgoglii e roba del genere. E’ disgustoso!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non dimenticatevi di baciare la clitoride ogni tanto. Fatelo con passione, dopo aver baciato a lungo le labbra della vagina, e succhiatela, ma non troppo forte. La maggior parte degli uomini, appena iniziano a succhiare, lo fanno come se dovessero tirarci fuori la vita, perche’ pensano che per noi sia meraviglioso, probabilmente credendo che la clitoride funzioni come il loro pene. Ma dalla clitoride non esce niente, e non c’e’ niente da aspirare. Sentirsela succhiare troppo forte, invece di farci godere, infastidisce e basta. Leccare, invece, e’ quello che dovete fare. La cosa piu’ importante e’ osservare la reazione che abbiamo. Se gemiamo e ci comportiamo in modo tale che e’ evidente che godiamo, continuate a fare quello che state facendo. Se ce ne stiamo distese e tranquille, senza mostrare alcun gradimento, significa invece che e’ subentrata la noia, e che dovete passare a qualcos’altro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Anche giocare con la clitoride, dopo un po’, puo’ diventare noioso. Inoltre, dato che molte donne sono particolarmente sensibili in quel punto, il rischio e’ che il piacere si tramuti in fastidio. Percio’, quando vi accorgete che la vostra partner e’ bella calda, e pronta, trasformate la vostra lingua in un piccolo pene. Allungatela, rendetela dura, e usatela per scopare, entrando e uscendo. E’ questo il momento topico di tutta la leccata. E’ qui che si misura la vera abilita’ “leccatoria”. Piu’ riuscite a trasformare la lingua in un piccolo fallo, piu’ riuscirete ad allungarla e ad indurirla, piu’ la vostra partner si ricordera’ di voi. Se pero’ non riuscite a farlo, se avete una lingua che non si allunga e indurisce abbastanza, lasciate perdere. Ritornate a dedicatevi alla clitoride, al titillamento, al massaggio, e ad altri tipi di giochi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Uno dei giochi che preferisco e’ quando sanno lavorarmi la clitoride secondo la tecnica orientale chiamata del “lucidare la perla”. Consiste nel prendere completamente in bocca la clitoride, come fosse appunto una piccola perla, senza pero’ succhiarla, e passarci sopra la lingua come un panno morbido, in un movimento circolare e molto leggero.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ad alcune piace anche farsi stimolare l’ano durante la leccata. Ma la zona e’ alquanto rischiosa poiche’, spesso, tale gesto non e’ gradito oppure distrae. Il consiglio e’ quello di saggiare il terreno chiedendo a lei, e non andare avanti dando per scontato che le piaccia cio’ che le state facendo. Non ci vuole molto a domandare: “Ti piace se gioco col tuo culetto?” Sara’ lei a farvi capire se e’ il caso oppure no. Non vergognatevi. Non abbiate timore di dire qualcosa di sciocco. Lei apprezzera’. Fidatevi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cio' che piace moltissimo a me e’ quando la lingua scherza un po’ con le mie piccole labbra, e poi si sposta fino alla clitoride, concentrandosi li’. Il labbro inferiore del mio partner s’inumidisce dei miei umori, che colano intorno al perineo, e questo aiuta a lubrificare l’ano in cui, puo’ essere introdotto un dito.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un altro modo di dar piacere e’ “ronzare”, emettendo una specie di vibrazione sulla clitoride mentre la si lecca, come farebbe appunto un vibratore. Per quanto mi riguarda, non c’e’ nulla che ami di piu’ di una lingua che mi lecca e due dita dentro di me. Non ha molta importanza se la lingua si muove avanti e indietro, da un lato all'altro, o in cerchio. Tutto cio’ che conta pero’ e’ che una volta scelto un metodo, questo non sia modificato. Dopodiche’ non ci sara’ neppure bisogno che le dita mi vengano spinte dentro perche’ sara’ il mio stesso sesso a risucchiarle. E se in quel momento la bocca viene usata abilmente, arrivo cosi’ rapidamente, e intensamente, all’orgasmo da lasciar sbalorditi tutti i miei partner. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Altra cosa che mi piace e’ parlare sporco e chiedere a chi mi lecca se gli piace la mia fica, e dire altre cose sconcissime che so che fanno esplodere la sua mente, facendolo eccitare ancor di piu’. E’ bellissimo, infatti, quando chi mi e’ partner geme di piacere mentre me la lecca. E piu’ geme, piu’ mi piace.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non abbiate fretta. Ricordate che piu’ durera’ la leccata, piu’ esplosivo sara’ l’orgasmo. E voi volete quello, vero? Percio’ non dimenticate di essere pazienti. La realta’ non e’ come nei film porno - la maggior parte delle donne non hanno un orgasmo in un minuto o due - e come ogni cosa agognata nella vita, ci vuole tempo, e deve valer la pena di aspettare. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Pero’, se volete farla venire velocemente, focalizzate il vostro lavoro sulla clitoride. Gli uomini, di solito, vogliono leccare tutto e nel minor tempo possibile; sembrano dei cani affamati che si abbuffano sulla ciotola del cibo, ma questo non porta a raggiungere l'orgasmo velocemente. Fate invece come vi consiglio: concentratevi sulla clitoride con un movimento costante, circolare, e allo stesso tempo, infilatele uno o due dita nella vagina. Se farete entrambe le cose allo stesso tempo, lei raggiungera’ l'orgasmo quasi subito. Pero’ lasciate che a fare il lavoro finale sia la bocca e non le vostre mani. Un modo per farmi godere velocemente consiste nell’eseguire un movimento veloce della lingua, come quello che si fa dicendo "LA LA LA LA!", alternato da lunghe e profonde leccate con la lingua piatta. E’ una di quelle tecniche con le quali posso addirittura avere orgasmi multipli!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Chiedetele pure di dirvi quando sta arrivando all’apice, e una volta che vi dice "Si’, adesso!" non fermatevi; non modificate la tecnica o la posizione. Troppe volte, sul punto di venire, ho trovato chi, pensando di strafare, ha cambiato posizione oppure ha iniziato a muovere la lingua in modo diseguale, cosi’ la mia clitoride ha avuto gli spasmi, ma non sono arrivata a godere fino in fondo. E quando accade, mi arrabbio sul serio!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando lei e’ venuta, non significa che abbiate finito. Completate l’orgasmo dando alla clitoride un ultimo, leggero, massaggio usando solo le labbra, fino a sentire il piacere dentro di lei che defluisce e si placa. La donna ha una fase di risoluzione molto piu’ lunga di quella maschile che, invece, crolla rapidamente. Il piacere si protrae quindi anche dopo il raggiungimento dell’orgasmo, purche’ il suo organo sessuale venga trattato con delicatezza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E con quest’ultima nota ho concluso. Sono certa che, qualora aveste avuto la convinzione che leccare la fica fosse cosa semplice e alla portata di tutti, dopo aver letto il mio lungo articolo, vi sarete ricreduti. Perche’ la verita’ e’ che siamo tutte diverse e a non tutte piacciono le stesse cose. Quello che magari ha funzionato con la vostra ultima conquista, potrebbe non andar bene alla prossima; ogni leccata e’ un’opera d’arte, unica e irripetibile. E adesso, dopo la teoria, avanti con la pratica!</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-53444498347108991632014-10-21T16:53:00.004+02:002015-03-01T03:12:31.519+01:00Censura contro la stupidita'<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-twpQ2hsJVr8/VOyoIH5BpdI/AAAAAAAAPS0/ZLqPhyNFGRY/s1600/r7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-twpQ2hsJVr8/VOyoIH5BpdI/AAAAAAAAPS0/ZLqPhyNFGRY/s1600/r7.jpg" height="270" width="400" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">N</span>on esiste alcuna censura contro la stupidita'?<br />E' un mondo malato quello in cui viviamo, e non sara’ proteggendo i nostri figli dalle cosiddette "immagini esplicite" che li aiuteremo a crescere equilibrati. L'unica cosa che dovremmo fare, invece, e' tenere lontana da loro l'unica cosa veramente dannosa: la VIOLENZA.</div><div style="text-align: justify;"><br />Quella si’; la violenza che molte volte fa parte dei loro giochi quando recitano a fare la guerra, quando usano giocattoli che riproducono di armi, oppure quando smanettano in videogiochi dove si vince “uccidendo tutti”. O anche quella violenza che solitamente vedono esibita da gente arrabbiata nei programmi televisivi, dove si dicono di tutto e di piu'.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ecco qual e' l'unica cosa che crea, nei bambini, un cortocircuito: la violenza. Non certo qualcosa di cosi' naturale, innocuo, come la sessualita'; non certo le persone che fanno sesso; non certo una pornostar che si fa fottere o il culo di chi non ha problemi a mostrarsi nuda.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non so dove abbiano studiato pedagogia questi preti spretati, le beghine, i perbenisti e gli ipocriti di questo mondo, ma la loro "laurea in insegnamento di vita" non vale una mazza, credetemi! Sono loro, infatti, i maggiori responsabili dello schifo quotidiano che ci circonda; mettono al mondo figli e li educano a diventare dei mostri, violenti, cinici, egoisti, assassini, frustrati e incapaci di far sesso. Futuri violentatori, omofobi, sessisti, razzisti. A loro immagine e somiglianza.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-10428035570193844962014-10-19T19:01:00.002+02:002015-03-01T03:12:54.286+01:00Avvertenza sul contenuto<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-EpW6bK2pM4c/VEPuQ09XL1I/AAAAAAAAPNI/noTpqxtFMY0/s1600/Warning.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-EpW6bK2pM4c/VEPuQ09XL1I/AAAAAAAAPNI/noTpqxtFMY0/s1600/Warning.jpeg" height="206" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">C</span>onsiderato il clima di intolleranza e censura che aleggia anche in Google, spontaneamente ho deciso di settare il blog come "per adulti". Purtroppo e' una decisione che ho dovuto prendere, ben sapendo che ne avro' un riscontro negativo per quanto riguarda l'indicizzazione nei motori di ricerca.<br /><br />Dopo aver visto alcuni blog, su questa piattaforma, bloccati in quanto ritenuti "pornografici", solo perche' contenevano post intitolati "Le piu' belle attrici di Hollywood" oppure a causa di qualche foto raffigurante piante grasse dove i cactus avevano una vaga forma fallica, ho deciso di attribuire a questo diario il suo reale significato; cioe' che non e' roba per bambini. Ne' per quelli piccoli, ne' per quelli diventati adulti, ma che (ahime’) sono rimasti bambini di cervello.<br /><br />Sinceramente non so dove si stia andando e quale sia la direzione presa, in termini di liberta' d'espressione, da questa societa' orientata esclusivamente verso l'ostentazione del politicamente corretto, del buonismo ipocrita, e del moralismo piu' peloso. Pero', per non rischiare segnalazioni arbitrarie da parte di integralisti, intolleranti, sessisti, razzisti, e beghine dell'Esercito della Salvezza, ho provveduto a "mettermi in regola" da sola. Cosi' nessuno (spero) avra' piu' niente da ridire.<br /><br />Sara' la schermata iniziale, dove si da' avvertenza sul contenuto, a tenere lontani i lettori? Non credo. Soprattutto se sono lettori di lunga data e affezionati. E magari, quell'avviso creera' un po' di "torbida curiosita' pruriginosa" nei nuovi. Vedremo come andra' a finire. Nel frattempo fatemi sapere (qui o in Facebook) se riscontrate problemi, se preferivate com'era prima o se, invece, a parte un click in piu' per approvare l'accesso, non vi crea ulteriore disturbo. Grazie.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-63552859277306774212014-10-19T15:50:00.001+02:002015-03-01T03:13:18.831+01:00La censura e i nuovi schiavi<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-kinf3C1N8DU/VEPBdmqSvCI/AAAAAAAAPM4/xn0mjTCuUME/s1600/Censored.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-kinf3C1N8DU/VEPBdmqSvCI/AAAAAAAAPM4/xn0mjTCuUME/s1600/Censored.jpg" height="250" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">A</span>nche in Google, dunque, stanno diventando bigotti, e lo stanno diventando come e piu' di quanto gia’ lo siano in Facebook. Non sono soltanto Zuckerberg e il suo staff, quindi, ad alterare arbitrariamente i canoni con i quali certi temi (immagini, argomenti, pensieri) vengono ammessi o censurati, ma sta diventando ormai un discorso generalizzato che coinvolge ogni multinazionale che abbia interessi nel Web.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ci aspettano tempi tenebrosi, perche' quando c'e' un restringimento delle possibilita' di esprimersi, e tutto diventa censurabile a insindacabile giudizio dei censori, senza che esistano regole chiare su cosa e' ammesso e cosa no, cio' equivale anche a una regressione dal punto di vista sociale e culturale, e quindi ad un imbarbarimento generale.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Senza liberta' d'espressione, con la censura sempre piu’ incombente mascherata da "tutela dei minori", non esiste evoluzione del pensiero; non esiste cambiamento; non esiste affrancamento dai vecchi tabu' e dai pregiudizi. Senza la liberta' d'espressione l'essere umano resta bloccato, immobile, in uno status quo perenne, imprigionato in un loop mentale che non lo fa procedere oltre il punto in cui si e’ fermato.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">C'e' da sorprendersi che alla testa di questo nuovo Medioevo ci siano proprio gli USA che, fino a non molti anni fa venivano portati ad esempio di liberta'? Gli stessi USA che con le guerre hanno esportato la democrazia cercando d’imporre uno stile di vita occidentale a certi popoli proprio rivendicando il fatto che quella gente non era libera? No, non c’e’ da sorprendersi, ma c’e’ da restarne profondamente amareggiati. Come sono mutati i tempi da quando Steve Jobs creo’ lo slogan “Think different”…</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma anche noi abbiamo le nostre colpe. Siamo proprio noi, infatti, che lo abbiamo permesso e continuiamo a permetterlo: stando qui a utilizzare questi mezzi non facciamo altro che foraggiare quelli che, ormai, son diventati i nostri carcerieri. Ogni volta che ci scappa un click o digitiamo qualcosa, come anch'io sto facendo in questo istante, forniamo loro il nutrimento col quale diventano sempre piu’ forti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Possiamo sperare di fuggire da questa prigione? Possiamo cambiare le nostre abitudini al punto di uscire da un sistema in cui veniamo costantemente controllati, censurati, instradati, condizionati a pensare (e a fare) quello che vogliono loro senza che ci sia lasciata la facolta’ di decidere? Fino a dove arriveremo prima di capire che siamo come topi in trappola?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nel frattempo, pero’, mentre ci arrabbiamo, scriviamo post incazzati e li condividiamo sperando di essere ascoltati, recitando la parte di chi si ribella ma che sa di lottare contro i mulini a vento, i privilegiati se la godono, dato che a loro e' concessa ogni trasgressione; persino quella di ignorare le regole alle quali gli altri, i servi, si devono attenere.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Perche’ sono loro i carcerieri, sono loro che detengono le chiavi dei lucchetti coi quali, ogni giorno di piu’, incatenano l'umanita' entro i confini di quell’esistenza che essi stessi hanno progettato, perfetta e micidiale, affinche’ ai "nuovi schiavi" non sia piu’ lasciata alcuna possibilita’ di tornare liberi.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-318095258356972702014-10-11T15:57:00.000+02:002019-09-13T09:53:21.023+02:00Coming out<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-GqR0DSThnSM/VDk1NjH1ryI/AAAAAAAAPEs/fMEnPuoCn48/s1600/Kla_20581.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-GqR0DSThnSM/VDk1NjH1ryI/AAAAAAAAPEs/fMEnPuoCn48/s1600/Kla_20581.jpeg" width="213" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">V</span>ivere una condizione come la mia insegna molto; soprattutto a resistere alle discriminazioni. Come ogni cosa che non ci uccide, ci rende piu’ forti. Per questo motivo, sapere di rappresentare tutto quello per cui ci considerano indegni, oggetti di critica, se non addirittura disgustosi, al che al solo guardarci tutti si sentono ripuliti, almeno un po’, sia fuori che dentro, e' cio' che ogni persona dovrebbe provare sulla propria pelle. Perche' e’ solo cosi' che si capisce cosa sia la vera liberta'.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Una volta che tutti sanno chi sei, e quindi non senti piu’ di dover mentire, non hai piu’ neanche il dovere di mantenere coi tuoi comportamenti, spesso ipocriti, alcuna rendita di posizione acquisita.<br /><br />Non devi piu' adeguarti agli altri per poterti sentir parte del loro clan. Non devi piu' fingere. Non devi piu' obbedire. Non devi piu’ temere ricatti o sputtanamenti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cosa c'e' di piu' ignobile, dunque, di una femminista dai gusti sessuali ambigui, atea, zingara, e che ha esercitato il mestiere da molti considerato il piu' ignobile del mondo? Non esiste niente che sia piu’ deplorevole. Tuttavia, maschilisti, perbenisti, bigotti, razzisti, sessuofobi, omofobi, integralisti di ogni genere, non possono niente contro di lei, perche' dentro di se' quella donna ha saputo costruirsi tutte le difese per respingere ogni attacco. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Solo una donna cosi' puo' guardare in faccia gli altri senza abbassare mai lo sguardo e senza il timore di essere ferita. Una donna cosi' e', come chi ha perso tutto, libera perche’ non ha piu’ nulla da perdere.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Scrivo questo perche’ oggi, undici ottobre, e’ la Giornata Internazionale del coming out (che non va confuso con l’outing), e che e’ quel processo che porta una persona a dire, piu’ o meno serenamente e dopo qualche travaglio interiore: “Si’, sono bisessuale, sono zingara, sono (o sono stata) prostituta. E non e' un problema”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In un contesto culturale che descrive chi e’ “diverso” di volta in volta come rigetto divino, errore della natura, immorale, disgustoso, riusciamo ad usare finalmente le parole, le nostre parole, per creare uno spazio di Verita’ in grado di abbattere i recinti, le diffidenze, le discriminazioni e l’odio sociale, affinche’ l’ammissione di cio’ che si e’ contribuisca a creare quegli anticorpi necessari a non averne mai vergogna.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-12143748936702061182014-09-17T14:14:00.001+02:002015-03-01T03:13:55.748+01:00La vita<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-FG68DD_0SwA/VBl6aEkFbLI/AAAAAAAAPEc/dLUDRNut5pI/s1600/Kla_16158.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-FG68DD_0SwA/VBl6aEkFbLI/AAAAAAAAPEc/dLUDRNut5pI/s1600/Kla_16158.jpg" height="266" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #993399; font-size: 180%;">L</span>a vita non e' qualcosa che abbiamo "meritato". E' un caso. Una lotteria genetica che abbiamo vinto. Percio' se si ha la fortuna di essere nati, perche' uno specifico spermatozoo e' arrivato per primo a fecondare un determinato ovulo, una volta divenuti adulti dovremmo far qualcosa per meritare di essere al mondo. Non importa cosa, ma qualsiasi azione che non riguardi solo il proprio tornaconto e’ sicuramente una cosa giusta.</div><br /><div style="text-align: justify;">Forse non esiste uno scopo nel disegno dell'esistenza, ma non riesco ad accettare che tutto possa limitarsi soltanto alla possibilita' (per taluni il sogno) di far shopping nella via piu' modaiola del centro, o passare le vacanze nei posti piu’ esclusivi, o crescere i propri rampolli come principi ereditari, facendoli diventare tali e quali a noi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La vita non e' l'azienda di famiglia tramandata per via dinastica, non e' uno scranno in parlamento utile solo per ricevere uno stipendio, non e' l'accumulare capitali nei paradisi fiscali godendo nel diventare sempre piu’ ricchi. Non e’ dunque il risultato delle furberie, piccole o grandi, di cui si puo’ essere capaci per salvare il nostro culo infischiandosene di tutto il resto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non e' vita quella di chi la spreca in facezie o di chi preferisce restare cieco per non essere disturbato dai tanti problemi che non lo coinvolgono. Quanta gente finge di non vedere per avere l'alibi di non poter agire, ma poi diventa iperattiva allorquando ci sono i soldi di mezzo? Quando puo' accaparrarne sempre di piu', arrivando finanche a fregare i piu' disperati, per non farsi mancare il superfluo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Puo’ essere considerato "essere umano" chi non lascia dietro di se' altra traccia se non la propria meschinita', dimostrando di non essere degno di quella vita che ha ricevuto per puro caso? Per esserne davvero degni, del regalo che ci e’ stato fatto, occorre che resti almeno una testimonianza, anche piccola, del nostro passaggio. Qualcuno a questo punto obiettera’: “Restano i figli!”. Ma puo’ bastare?<br /><br />Come puo’ bastare se a degli stronzi se ne sostituiscono altri piu’ giovani? Com’e’ che si evita di sprecare l’unica possibilita’ che ci e’ stata data se ci si limita soltanto a passare “il testimone”, senza aver fatto qualcosa di concreto che sia servita a migliorare le condizioni di chi, magari, ci e' completamente estraneo? Qualcuno col quale non abbiamo alcun legame, ma che ci renda consapevoli che non ci limitiamo solo a guardare, insensibili, le sue sofferenze, ma che siamo anche in grado di andare oltre il nostro egoismo.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-82467531190162300752014-08-27T15:41:00.005+02:002015-03-01T03:01:38.677+01:00Un vero maschio<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-3IhnurlCyhA/VELY3l1GW5I/AAAAAAAAPJs/QNCtaMfFTx8/s1600/Kla_87564.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-3IhnurlCyhA/VELY3l1GW5I/AAAAAAAAPJs/QNCtaMfFTx8/s1600/Kla_87564.jpg" height="293" width="400" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">U</span>na particolarità di molti uomini, soprattutto latini, è quella di voler sapere se sono bravi a far sesso. Lo fanno usualmente, ma non basta: se per caso ci inizi una relazione, allora ti tartassano chiedendoti se, nel tuo passato, gli altri che hai avuto sono stati più bravi di loro...</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tutto si fa ancor più complicato se non sei una che ha vissuto l’intera vita in un paesetto di qualche migliaio di anime, ma hai girato il mondo e sei stata insieme a maschi (e femmine) di ogni nazionalità, prestanza fisica, livello culturale e sociale. E allora non sai mai cosa rispondere; se sei sincera rischi di ferirli perché per loro è importantissimo stare sul podio e occupare il primo posto - oltretutto, gli italiani sono anche molto "patriottici" da questo punto di vista -; se invece non dici la verità ti senti un po’ meschina, ma almeno eviti le discussioni infinite e i malumori che, nel rapporto, a causa di ciò, potrebbero persino portare a una rottura.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quindi menti, spudoratamente. Lo fai perché sei pragmatica e sai che in fondo è a fin di bene: rafforzi la loro autostima e assumi quel ruolo, per loro indispensabile, che hanno sempre riservato alle mamme, le uniche che, fin da piccoli, li hanno abituati a stare su quel podio. Ma quando non hai più alcuna relazione e puoi finalmente dire la verità, allora te ne freghi se qualcuno si offenderà e ti accuserà di generalizzare.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ebbene, lasciatemelo dire fuori dai denti: gli uomini in grado di soddisfare davvero una donna sono rari, quindi non sperate di rientrare tutti in quella categoria. E se, poi, da italiani, credete che basti il luogo comune del latin lover a far di voi degli splendidi esemplari da letto, le probabilità che vi rientriate sono addirittura minori, perché l'ottusità non gioca certo a vostro favore. Gli italiani, lo si sappia, fra tutti, nel sesso non sono certamente i migliori.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Magari vi è stato detto che siete bravi, bravissimi, insuperabili, e magari pensate anche che chi ve l’ha detto abbia rassicurato solo voi. Scordatevelo! Noi donne, per i motivi che ho appena esposto, mentiamo. Per molte di noi, infatti, è mille volte più importante avere una vita di coppia solida e tranquilla, senza troppe discussioni, piuttosto che uno splendido orgasmo. Il nostro genere è caratterizzato, molto più del vostro, dal pragmatismo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E poi, se proprio non vogliamo rinunciarci, sappiamo che l’orgasmo ce lo può anche donare qualcun altro; non è difficile per una donna trovare l'occasione. Magari con un uomo verso il quale non proviamo alcun sentimento di tenerezza, né spirito materno, né senso di colpa qualora, parlandogli brutalmente in modo del tutto spudorato dei nostri desideri e di come lui potrebbe soddisfarli, dovessimo ferirlo. Qualcuno al quale non interessi salire sul podio, ma che sia già contento, semplicemente, per averci fatto godere. Un vero maschio.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com26tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-76176202014780019652014-08-04T13:00:00.000+02:002016-01-11T19:10:35.194+01:00Le passioni della nuova Eva<div style="text-align: justify;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-vAZPTKcfNrE/U99nOoTnuBI/AAAAAAAAPDE/nJfT0RChTP8/s1600/Kla_51916.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://1.bp.blogspot.com/-vAZPTKcfNrE/U99nOoTnuBI/AAAAAAAAPDE/nJfT0RChTP8/s1600/Kla_51916.jpg" width="219" /></a><span style="color: #993399; font-size: 180%;">H</span>o sempre avuto due passioni: il denaro e il sesso. Talvolta in quest’ordine, talvolta in ordine inverso, oppure senza un vero e proprio ordine. Continuamente, entrambi hanno condizionato la mia vita, concedendomi poche possibilità di cambiare e ancor oggi, lo devo ammettere, non ho mai smesso di amare il denaro, e il sesso che me lo faceva guadagnare.</div><br /><div style="text-align: justify;">Mi capita spesso di avere questi pensieri; mi vengono, di solito mentre mi guardo allo specchio, prima di uscire da casa, e ogni volta penso alle stesse cose. Tanto che la mia immagine riflessa credo si sia ormai annoiata di me, e di quest’aria da stronza che ho sempre avuto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Comunque, sebbene non sia più giovanissima, sono ancora bella o quantomeno, obiettivamente molto carina e un tempo facevo la puttana. Sì, proprio la puttana, quella che la dava per soldi; quella che rendeva felici gli uomini che, se non avessero pagato, donne come me avrebbero potuto solo sognarle. Le escort. Oggi le definiscono così per distinguerle dalle prostitute di strada. Un bel termine anglosassone che sostituisce il genuino e più volgare “zoccole”. Anche se quando mi chiamavano zoccola non mi dispiaceva per niente. Anzi, era addirittura eccitante. Le escort: quelle che per un’ora in loro compagnia pretendono di essere pagate talmente tanto da non essere considerate nemmeno più delle puttane, ma professioniste esclusive e richieste.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Anch’io ero costosa. A volte ci penso e so che dovrei vergognarmi, ma non riesco a sentirmi in colpa per i soldi che ho spillato a quei poveretti che avevano il vizio della figa facile. Ce n’erano alcuni talmente assidui che, per loro, avrei potuto inventarmi persino una tessera a punti. Alla fine di ogni anno avrebbero potuto almeno ritirare un premio fedeltà; che so, un televisore, una batteria di pentole per la moglie tradita, o un set di valige per andare in vacanza con tutta la famigliola. Sì, avrei dovuto davvero pensare a qualcosa del genere, così da tranquillizzare un po’ la mia coscienza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Come sono arrivata a fare quel passo me lo ricordo bene come se fosse ieri, e devo confessare che non è stato per niente difficile. Certe cose vengono naturali per chi è predisposta. E’ vero che ci sono quelle che il mestiere lo affrontano male: credono che darla via per soldi sia immorale, sporco, si sentono donnacce, ma nel mio caso non ci sono mai stati problemi: mi è sempre piaciuto darla sol’anche per godere, e quando oltre all’orgasmo mi sono ritrovata in mano un bel po’ di soldi, ho capito immediatamente quale sarebbe stata la mia strada. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non fingete di non capire: non sono stata la prima né sarò l’ultima ad averlo fatto, e sappiate che sono molte le ragazze che la pensano come me. Lo so perché me lo confessano nelle mail che m’inviano ogni giorno. Mi dicono che non avrebbero alcuna difficoltà a prostituirsi perché i soldi e il sesso sono anche per loro un mix irresistibile. Magari si tratta addirittura delle vostre figlie, o sorelle, che forse già lo fanno anche se, per tanti, è meglio fingere di non saperlo. Inizia tutto da lì, sapete? Darla via senza sentirne il peso morale, senza temere il pregiudizio, fregandosene bellamente di ciò che dice la gente, e con la coscienza tranquilla di non far del male a nessuno. Inoltre, “una volta lavata e asciugata, la pare neanche usata”. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Studentesse, casalinghe, coniugate, single; persino chi non ha oggettivi problemi economici non disdegna di arruolarsi a questo esercito nascosto di mercenarie del sesso. Ciascuna ha i propri motivi, le proprie ambizioni, i propri desideri da realizzare, le proprie paure da superare. E per tutte arriva quella prima volta che resterà per sempre impressa nel ricordo. Per me è stata con uno splendido uomo con la faccia da bastardo sulla quale erano incastonati due meravigliosi occhi verdi. Aveva un profumo che non si dimentica. Era ricco, importante, potente, affascinante, intelligente, colto, simpatico, elegante, generoso. Mi ha conquistata in un istante, ed io l’ho voluto subito. Ci sarei stata anche senza soldi, ma pagare - mi disse - era il suo modo per essere corretto, per non avere legami, per sentirsi sempre libero. Da lui ho imparato l’onestà del disimpegno e la leggerezza che si prova quando non si hanno né debiti né crediti di alcun genere, con nessuno. Il denaro ha, infatti, questo potere straordinario: pareggia i conti, annulla le pretese, e ristabilisce un equilibrio.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando mi sono svegliata, la mattina dopo, sul comodino c’era una busta piena zeppa di banconote e un biglietto di ringraziamento. Col mio corpo avevo ottenuto in una notte quello che non avrei ottenuto in anno di duro lavoro. Mi ero divertita, avevo goduto e, oltretutto, venivo anche ringraziata! E’ da allora che ho deciso che gli uomini mi avrebbero pagata, tutti, in un modo o nell’altro. Tanto avrebbero provato sempre a scoparmi e, se gliela avessi data subito, comunque avrebbero pensato che ero una troia. Allora tanto valeva farmi pagare, e molto. Mi avrebbero apprezzata di più, e quella scopata se la sarebbero ricordata per tutta la vita.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ in questo modo che scopri di essere diversa dalle altre, di non essere come quelle che s’illudono che per essere giuste si debba aver seguito alla perfezione le istruzioni indicate sulla scatola di montaggio “La donna perfetta”. Fedeli, monogame, che quando la danno è solo per amore; femmine degne di un sonetto dantesco. “Tanto gentil e tanto onesta pare la donna mia quand'ella altrui saluta, ch'ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l'ardiscon di guardare”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quelle che scrivono di ciccini e micini, che disegnano fiorellini e farfalline, che declamano poesie dal gusto stucchevole che copiano da libri e da autori che non hanno mai letto. Quelle che se ti capita di osservarle dopo che la vita le ha bastonate un po’, dopo che qualcuno le ha usate e le ha lasciate lì con la bocca o le cosce imbrattate di sperma, senza soldi e senza orgasmo, ti accorgi quanto la loro dolcezza ostentata abbia in realtà un retrogusto amaro, e le scopri represse, astiose, annoiate, ipocrite, invidiose. “Invidiose di che, di una che fa la puttana?” ti dicono inalberandosi indispettite se glielo fai notare, ma poi corrono davanti alla tv a guardare l’ultima puntata di "Sex and the City" - ché non se ne perdono una -, sognando situazioni troppo oltre le loro possibilità, ed eccitandosi con fantasie che mai riusciranno a realizzare.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com17tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-39070525218950988322014-07-28T17:59:00.000+02:002015-03-01T03:02:34.849+01:00Certi uomini… certe donne<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-CbK7XwhK-EU/U9Zx3dNtkOI/AAAAAAAAPC4/PIZguCInu3Y/s1600/kla_16851.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-CbK7XwhK-EU/U9Zx3dNtkOI/AAAAAAAAPC4/PIZguCInu3Y/s1600/kla_16851.jpg" height="250" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">A</span>vevo un cliente. Abitava a Monza e lo incontravo ogni settimana. Nonostante non fossi proprio a buon mercato, veniva con me perché sapeva che non prendevo appuntamenti tutti i giorni e forse, per questo, sbagliando, mi considerava un po' meno puttana delle altre.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ogni volta, alla fine dell'incontro, cadeva in depressione. Si vergognava di sentirsi schiavo di quel "vizio". Diceva che non poteva farne a meno, che ci provava a resistere, ma immancabilmente alla fine cedeva. Anche se credo che, una volta soddisfatto il desiderio, si pentisse soprattutto per i soldi che aveva speso. In realtà, come la stragrande maggioranza dei clienti, voleva apparire generoso, ma dentro era tirchio.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E così, tutte le volte, mi dovevo sorbire i suoi sermoni su come avrebbe potuto spendere meglio quel denaro, su come avrebbe potuto aiutare i poveri, su come considerasse quei soldi "gettati via" perché avrebbe potuto destinarli a finalità migliori, più edificanti. Ma la cosa più fastidiosa era che, immancabilmente, cercava di convincermi a cambiar vita, quasi fossi io il motivo per cui lui cadeva in tentazione. Io dovevo cambiar vita. Lui no.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Inutile dire che tutto questo avveniva solo dopo aver trombato. Mai prima. Oltretutto sapevo che il suo "vizio" non era limitato solo a me; negli altri giorni della settimana "si faceva" anche qualche altra mia collega, alcune ragazze d'appartamento, e un numero imprecisato di prostitute per strada. Lo avevo soprannominato "il monaco di Monza".</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ce n’era poi un altro che, quando doveva pagarmi, cercava sempre d’impietosirmi: mi raccontava storie penosissime, di guadagnare poco, di avere i bimbi piccoli, di non poter offrire loro le vacanze al mare. Poveretto! Però, nonostante tutto, non avrebbe mai rinunciato a consumarsi mensilmente metà dello stipendio con le prostitute.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un altro ancora, invece, tutte le volte che era con me, rassicurava la moglie con le menzogne; le comunicava per telefono i suoi falsi spostamenti, le finte cene con i colleghi, i viaggi d'affari inesistenti, accompagnando il tutto con ipocriti complimenti: “Amore, tesoro, dolcezza mia”. Finché un giorno, tornando a casa prima del previsto, l’ha trovata a scopare con l’istruttore di palestra: un marcantonio di un metro e novanta, con abbondanti centimetri in meno di pancia, e qualche centimetro in più dislocato laddove i centimetri, per certe cose, servono davvero.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sono tanti quelli che ho incontrato. Tutti diversi, ma a pensarci bene anche molto simili. Certi uomini; irreprensibili, ma solo di facciata, che sono certa ancor oggi mai confesserebbero di aver pagato per il sesso o tradito la compagna. Uomini che, però, fuori da quel letto dove tante come me li hanno incontrati, sarebbero pronti a trasformarsi in giudici spietati, per appiccicare a quelle donne, certe donne, etichette crudeli per farle vergognare di ciò che hanno fatto, e si convincano di essere sporche. Indegne.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-8864523927373934772014-07-23T16:32:00.000+02:002015-03-01T03:02:52.185+01:00L'amore<div style="text-align: justify;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-hfiEMYC_XpU/VOypW4POEwI/AAAAAAAAPTA/SPFzwb_ZLLY/s1600/r12.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-hfiEMYC_XpU/VOypW4POEwI/AAAAAAAAPTA/SPFzwb_ZLLY/s1600/r12.jpg" height="320" width="220" /></a><span style="color: #993399; font-size: 180%;">E'</span> strano, ma è soprattutto quando sono lontana da casa, da sola, in una situazione che invoglierebbe alla trasgressione, alla libertà, e alla ricerca dell'avventura pura e semplice che, invece, penso all’amore. Penso a quell’alchimia che ci lega un'altra persona, fino a farla diventare la più importante nella nostra vita, e se esista un segreto per arrivare a incontrare l'anima gemella; qualcuno che si accorga di noi non per ciò che mostriamo esteriormente (perché quello, si sa, è il modo più semplice per farsi una bella scopata e nient'altro), ma che riesca a guardarci dentro in quel certo modo. Sì, proprio in quel modo lì… quello che ogni mattina, per il resto della vita, ci porterà a dire: “Sei tu”.</div><br /><div style="text-align: justify;">Sono stata amata, tanto, è vero e non posso negarlo, ma era amore o semplice desiderio? Amore o volontà di possesso? Amore o ossessione? Anche se le ho cercate a lungo, di sguardo in sguardo, di letto in letto, non ho mai trovato risposte a queste domande, però c’è una cosa che posso affermare con certezza: le modalità non sono mai state quelle che la mia anima richiedeva. Non era in quel modo che volevo essere amata, e così, negli anni, l'amore l’ho idealizzato, sognato, cercato, voluto più volte... ma alla fine l’ho solo rovinato.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ché, poi, parlare d’amore con me non è mica facile. So di essere viziata, esigente, pertanto non riuscirei ad accontentarmi di qualcosa che non fosse almeno superlativo, ma più di tutto non sopporto le banalità, i luoghi comuni, le cose che tutti dicono e che infinite volte ho ascoltato. Perciò sono molti quelli che si sono dovuti arrendere per non aver fatto breccia nel mio cuore, tanto che per lunghi periodi ho preferito la solitudine al pensiero di legarmi a qualcuno che avrei guardato come un estraneo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Che cosa significa questo? Significa che dentro di me c’è qualcosa che ha sempre saputo cosa voleva, che ha sempre intuito cosa fosse giusto chiedere e per cosa fosse giusto vivere. E poi, non lo nego, ci sono state tutte le soluzioni intermedie; quelle di cui a volte mi sono accontentata, quelle che a un certo punto hanno illuso il mio cuore di aver trovato ciò che cercavo. Qualcosa in grado di non farmi sentire sbagliata, feroce, insensibile e incapace di portare avanti una vita di coppia normale. Tutti scendono a compromessi, e l’ho fatto anch’io.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tuttavia, innamorarsi, è come buttarsi da uno strapiombo con un elastico attaccato ai piedi: il cuore in gola, paura, brividi dappertutto, sensazioni... l’unica differenza la si vede alla fine della corsa. Dopo il tuffo violento nelle emozioni deve arrivare una mano che ti prende, e uno sguardo che solo tu riesci a decifrare, perché qualsiasi cosa dica sai che ha la risposta giusta. Altrimenti accade che quella mano che ti prende ti stringa, ti stringa, ti stringa... e ti soffochi, fin quando smetti di respirare. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Oggi mi chiedo se lo abbia davvero desiderato, l’amore, se ne abbia mai sentito il vero bisogno, se quel cercarlo non fosse invece un voler colmare un mio vuoto, placare una mia voglia, alleviare una mia paura, o soddisfare la mia autostima. Ma, poi, rispondo: "No, in realtà a me basta solo crogiolarmi nel pensiero".</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-31865901291920054452014-07-13T16:32:00.000+02:002015-03-01T03:03:11.096+01:00La festa<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-7HizGFUPfMM/U8KW0TQHYxI/AAAAAAAAPCc/0Tv8fpK82rs/s1600/Kla_16721.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-7HizGFUPfMM/U8KW0TQHYxI/AAAAAAAAPCc/0Tv8fpK82rs/s1600/Kla_16721.jpeg" height="300" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">N</span>on mi sono mai piaciute le feste tra ex compagni di scuola. Non ho mai sopportato quelle che riguardavano me, figuriamoci quelle degli altri. Pero’, non so per quale motivo, Klaudia riesce sempre a coinvolgermi nelle sue cose, costringendomi talvolta a fare anche cio’ che realmente detesto.<br /><br />Sara’ perche’ fin da bambina mi e’ sempre stata molto legata, ed io l’ho sempre considerata come la mia sorellina minore, e per questo, forse, non riesco a dirle di no. Tuttavia si puo’ immaginare con quale entusiasmo abbia accettato di accompagnarla ad una festa a casa di un suo ex compagno universitario; qualcosa per lei d’irrinunciabile, dato che si tratta del ragazzo sul quale, da tempo, ha messo gli occhi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Naturalmente, quando non trova qualcun’altra che e’ disposta ad esaudire i suoi “capricci da adolescente troppo cresciuta”, nonostante abbia ormai trent’anni, resto solo io: unica candidata, che viene reclutata suo malgrado per l’evento.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il motivo per cui non mi piace seguirla nelle sue uscite in compagnia, e’ che i suoi amici sono troppo giovani per me. Li vedo come dei bambini, non provo alcun interesse per i discorsi che fanno, e le poche volte che mi sono trovata ad uscire con loro e’ sempre stata una noia mortale. Ma c’e’ qualcosa di piu’: nel rapportarmi con questi ragazzi capisco di far parte di una generazione che con quella di Klaudia ha ben poco in comune; io sono cresciuta quando c’era ancora il comunismo, mentre lei, invece, neppure se lo ricorda quel periodo perche’ era troppo piccola. Certo non sono cosi’ vecchia da essere scambiata per sua zia, ma nemmeno cosi’ giovane da essere equiparata ad una coetanea. E la differenza non e’ tanto nell’aspetto fisico, quanto nel modo di pensare. I valori, gli interessi, gli argomenti, i desideri, tutto e’ diverso, e fra noi restano ben pochi punti di contatto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi siedo sul letto e contemplo l’armadio. Sono indecisa su cosa indossare. Le mie scarpe, le mie borse, i miei vestiti; tutto quello che sono riuscita ad infilarci dentro nel tempo e’ li’, in bella mostra. Mi domando cosa cavolo mettermi per una festa del genere, piena di “ragazzi”, almeno dal mio punto di vista, e mi stramaledico per non essermi piu’ interessata di moda. Una bella contraddizione se penso a quello che era il mio lavoro di una volta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Escludo il tubino nero che indosso per rimorchiare nei pub; troppo corto e mi lascia le gambe troppo scoperte. Escludo anche l’abito rosso con la gonna ampia; fa troppo gitana. Sai che cosa? Mi infilo un paio di jeans, un top semplice semplice, e cerco di mimetizzarmi il piu’ possibile. Evito quindi le scarpe col tacco e scelgo un paio di ballerine che’, altrimenti, potrei sentirmi come Gulliver dopo il naufragio sulla spiaggia dei lillipuziani. Si’, ma poi… chissenefrega! Non vado mica a cercare il principe azzurro!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’amico di mia cugina, anzi la sua famiglia, abita sulle colline non distanti da dove vivo. E’ gente che se la passa bene e lo capisco subito dalla casa: una villa con la piscina e con un giardino immenso. Klaudia e’ gia’ li’ che mi aspetta e sventola la sua manina per farsi vedere. Sfodero un sorriso di circostanza mentre lei mi presenta il suo bamb… ehm, ragazzo. Per essere carino e’ carino, niente da dire: occhi verdi, capelli lunghi… pero’ vorro’ vederlo tra dieci anni. Ne ho conosciuti altri come lui; e’ il classico tipo che tende a mettere su pancia, e anche a perdere i capelli.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Fatte le dovute presentazioni, mi avvicino con l’aria di quella che non sa proprio cosa fare al tavolo del buffet. Un bel po’ di leccornie anti dieta, tutte deliziose, tutte ingrassanti, e il vino per fortuna non manca. Affanculo la linea!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Intorno c’e’ un sacco di gente: ragazze truccate come penso di non essermi mai truccata in vita mia, vestite, anzi svestite, in abiti succinti, tanto che penso di aver proprio sbagliato abbigliamento. Sigarette, qualche canna, e musica a volume altissimo. Ma e’ in questo modo che si divertono oggi? Penso: “Che palle!”. Poi, pero’, mi torna in mente quando a certe feste ci andavo anch’io, per lavoro o per sollazzo, ed erano piu’ o meno simili; anche allora c’erano alcol, sigarette, canne, e musica assordante.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ho il mal testa; forse sono i troppi feromoni che aleggiano nell’aria. Preferisco uscire all’aperto. Il giardino non e’ male e ai lati della piscina ho intravisto giusto giusto un gazebo con un bel dondolo. Afferro un bicchiere di vino rosso e mi dirigo senza farmi notare in quell’angolino tranquillo, lontano dal frastuono. Il dondolo e’ davvero enorme e mi ci accomodo cercando di occuparlo tutto. E’ che la serata e’ davvero splendida; da qui sembra che in cielo ci siano piu’ stelle di quante se ne possano notare se si abita in citta’, dove la troppa luce le offusca. Oh si’! E’ questo che mi piace ed e’ anche il motivo per cui sono fuggita via dalla grande citta’. Bevo e guardo il cielo, mentre lui guarda me… fino a quando sento una presenza alle mie spalle.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">“Sai che hai proprio dei bei denti?”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non mi volto subito, ma capisco di trovarmi ancora una volta a fronteggiare l’ennesimo tentativo di approccio della mia vita.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">“Bei denti? Che genere di complimento sarebbe questo? Sei per caso un dentista?” rispondo con aria svogliata.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Lui si mette a ridere, ma io non mi scompongo neanche un po’; sono senza scarpe, sbracata su un dondolo, con un bicchiere di vino in mano e forse, in effetti, potrei anche essere scambiata per una donna sola in attesa di qualcuno che la rimorchi. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ alto, ha gli occhi da bimbo, ancora innocenti, e il sorriso tipico di quello che le donne le fa soffrire. Mi si siede accanto. La scusa ufficiale e’ che alla festa si annoia; quella ufficiosa, invece - e me lo confida sussurrandomelo in un orecchio -, e’ che mi ha visto sorridere e si e’ innamorato dei miei denti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ci mettiamo a parlare. Anche lui, come quasi tutti gli invitati, e’ di famiglia benestante, figlio di un personaggio piuttosto conosciuto in citta’, totalmente disinteressato alla carriera pianificata dal padre ma, come tutti quelli che nella vita sono nati fortunati, arrivato in ogni caso al traguardo. Ha qualche problema di affettivita’, lo percepisco, ma non riesco ad inquadrarne il motivo. Mi ci vorrebbe piu’ tempo per capirlo, e la nostra conoscenza e’ troppo breve. In fondo, per quanto sia abile a scavare dentro le persone, non sono una psicanalista in grado di fare una diagnosi in pochi minuti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ carino. Verrebbe la voglia di mettergli le mani tra i capelli, ma non posso farlo; non e’ per me. Ad un certo punto, senza preamboli, tenta di baciarmi, ma io mi sottraggo. Lui ci resta male. Prova a giustificarsi dicendo che in realta’ non voleva baciare me, ma i miei denti. Sorrido. Certo non ci sarebbe niente di male se mi arrendessi a questo bel ragazzo; l’ho fatto tante volte anche con chi neppure avevo scambiato una sola parola, pero’ questa volta non mi va. Percio’ gli sbatto subito in faccia la realta’.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">“Non puo’ funzionare, neppure per gioco. Sei troppo giovane per me, ed io ho altro a cui pensare. Per cui, mio caro, io e i miei denti ti salutiamo”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Lui resta li’, tra l’allibito e il deluso. Forse non gli capita tanto spesso di ricevere il due di picche. Io invece scappo via con un po’ di rimpianto per non essere riuscita a cogliere quel momento di tenerezza. Ho avuto paura. Paura di quello sguardo innocente contrapposto a quell’espressione da vero bastardo. Paura di cio’ che sarebbe potuto accadere. Non mi faccio prendere in giro da uno che ha almeno dieci anni meno di me; non rischio cosi’ tanto per cosi’ poco. E soprattutto non voglio passare per una donna che va alla ricerca del toy boy. Me ne vado dalla festa in un lampo, e senza neanche avvertire mia cugina.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A casa trovo Szanika. E’ ancora sveglia, e le racconto quel che e’ accaduto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">“Te l’avevo detto di non andare a quella festa di figli di papa’”, dice cercando di consolarmi. “Dai, vengo in camera tua, dormiamo insieme, cosi’ non ci pensi piu’”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Szanika sa sempre cosa fare, sa sempre cosa voglio senza che neppure debba chiederglielo, sa sempre abbracciarmi come solo le vere sorelle sanno fare.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ mattina, ormai. Poco fa mi ha telefonato Klaudia dicendomi di aver lasciato il mio numero a un ragazzo tanto carino che ha insistito per averlo. Io quella li’ la strozzo. Giuro che un giorno lo faccio!</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-35701400.post-1714480734563374902014-06-16T15:04:00.000+02:002015-03-01T03:03:52.271+01:00Un’ottima annata<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-6fOWbFHc29c/U57ogjf8-sI/AAAAAAAAPBw/DjCMBwMWeWQ/s1600/Kla_48212.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-6fOWbFHc29c/U57ogjf8-sI/AAAAAAAAPBw/DjCMBwMWeWQ/s1600/Kla_48212.jpg" height="266" width="400" /></a></div><span style="color: #993399; font-size: 180%;">N</span>on so se avete presente il film di Ridley Scott “<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Un%27ottima_annata_-_A_Good_Year" rel="nofollow" target="_blank"><u>Un’ottima annata</u></a>” con Russell Crowe. Ebbene, ogni volta che mi capita di rivederlo, inevitabilmente, mi ricordo di quando ogni anno, a giugno, trascorrevo un paio di settimane nel sud della Francia, nella casa di un cliente circondata da vigneti profumati; una villa molto simile a quella dov’e’ stato girato il film.<br /><br />Era sempre durante il periodo della sfogliatura, quando vengono tolte le foglie dai tralci cosicche’ i grappoli d’uva restino ben esposti al sole. Non si vedeva mai molta gente in giro, non era ancora stagione di turisti, e di solito faceva caldo. Si’, faceva sempre un dannato caldo!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Furono naturalmente i soldi il motivo che mi fece accettare la sua proposta la prima volta, ma ricordo anche perche’, poi, oltre che per quelli, ci sono tornata per tutti gli anni successivi: in quel posto stavo bene. Era un luogo che mi ricordava casa mia e riusciva a farmi ritrovare la serenita’ di cui avevo bisogno. Qualcosa che in quel periodo non trovavo spesso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cio’ che lui cercava era una donna da portarsi a letto, che pero’ non sembrasse proprio una mercenaria, almeno agli occhi dei piu’ curiosi. Pero’, oltre al sesso, voleva anche un po’ di compagnia e una buona dose di conversazione; qualcosa che gli mancava e che sua moglie - una bellissima donna dedita piu’ all’amore per se stessa che ad accondiscendere alle passioni del marito - probabilmente non riusciva a dargli.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando col taxi arrivavo alla sua casa, trovavo lui che mi attendeva all’ingresso, e per tutta la durata del mio soggiorno, non vedevo mai nessun altro, quantunque tutte le sere la cena fosse preparata in maniera impeccabile e la tavola sempre apparecchiata per due sul terrazzo. Anche i miei vestiti erano sempre lavati, stirati e piegati con cura e questo, evidentemente, mi faceva pensare a presenze che giravano per casa nei momenti in cui io ero affaccendata in altre occupazioni. Con molta probabilita’ una servitu’ riservata ed istruita affinche’ non mi fosse d’impiccio o mi creasse imbarazzo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’edificio era circondato da ampi portici dai quali si godeva una vista bellissima sulla campagna, e durante tutto il giorno mi svagavo inseguendo l’ombra ed il fresco, arrivando a sera ad incontrare il tramonto sul lato opposto della casa. Avevo a disposizione anche una grande libreria, i cui scaffali erano ricolmi di volumi di botanica, viticoltura, agronomia, e tutte quelle cose che mi riportavano alla mente gli anni passati a scuola, benche’ fossero in francese, una lingua che ho sempre amato per il suo suono, ma che non ho mai davvero imparato.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ogni volta lo stesso rito: io che me ne stavo seduta sul dondolo con un bicchiere di the freddo accanto, e lui che arrivava, affaticato per la giornata passata nel vigneto insieme ai braccianti ad osservare la sua uva, con due bicchieri di rosso in mano. Quando si avvicinava sentivo il suo profumo, un misto di terra e di erba appena tagliata, e lo aspiravo forte. Lui sorrideva, ed io aprivo la bocca dove lui ci versava un po’ di vino. Chiudevo gli occhi, assaporavo ed iniziavo la mia lezione: “Sapore asciutto, vinoso, fruttato…”, e tutte quelle cose che proprio lui mi aveva insegnato.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Poi gli raccontavo un po’ di me, un po’ dei miei segreti, un po’ del mio corpo, un po’ dei miei desideri. Era convinto, infatti, che quella fosse la strada giusta per poter arrivare a capire qualcosa che gli sfuggiva, e in tal modo riavere il controllo della sua compagna. Risultato: per due settimane ogni anno, in estate, scopava con una donna della quale aveva imparato a conoscere corpo, pensieri, piaceri e sessualita’, e che in cambio gli chiedeva solo un po’ di soldi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Io gli confessavo come mi eccitava essere baciata sul collo, o dietro le orecchie, mentre qualcuno mi masturbava, e lui eseguiva, silenzioso, sospirando di tanto in tanto per gli esiti di ogni nuova scoperta che faceva. All’inizio timido, quasi impaurito, ma nel prendere confidenza riusciva a stupire persino me per come, un po’ alla volta, fosse in grado di soddisfare ogni mia fantasia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In una delle cantine, una volta che volle incontrarmi fuori dalla nostra solita stagione, riempi’ con grappoli d’uva un vecchio tino di legno e mi ci fece sdraiare dentro. Li’ facemmo sesso, mentre quel liquido rosso prodotto dallo strofinamento dei nostri corpi prendeva un sapore particolare. Allargando le gambe mi facevo scivolare dentro quell’uomo sapendo che, in quel momento, insieme a me stava scopando anche il suo grande amore: il vino, ed era come far sesso con due amanti che si insinuavano dentro di me, prepotenti, profumati, esigenti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cosi’, mentre lui sfogava nel mio sesso gocciolante quel suo desiderio, io gli stringevo le gambe intorno, in estasi. Non volevo che finisse mai, e anche quando si stancava lo aiutavo muovendomi un po’, oppure montandolo come un’amazzone. Ricordo ancora quei miei orgasmi e tutto cio’ che di me e di lui sarebbe stato poi imbottigliato in quella che lui stesso, in quell’occasione, defini’ “un’ottima annata”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">“Mia moglie non farebbe mai una cosa del genere”, mi disse alla fine.</div><div style="text-align: justify;">“Glielo hai mai chiesto?”</div><div style="text-align: justify;">“No.”</div><div style="text-align: justify;">“E perche’?”</div><div style="text-align: justify;">“Perche’ non mi capirebbe, ma forse dovrei farlo…”</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sara’ stata l’atmosfera, l’odore della terra e dell’erba che emanava, questa sua perversa passione per il vino, non lo so, ma quell’uomo, silenzioso e trascurato, e’ stato uno dei pochi capaci di godere veramente di me, e con me. Pagarmi per lui non era un problema e gli accordi erano chiari: a nessuno dei due sarebbe mai venuto in mente che potesse esserci altro. Forse e’ stato proprio questo che mi ha permesso di donargli sempre uno splendido sesso: la consapevolezza che non ci sarebbe mai stato un domani. Solo una busta con dei soldi e un arrivederci all’anno seguente.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un giorno deve aver preso coraggio e chiesto a sua moglie di fare l’amore in un tino pieno d'uva. Forse lei gli ha risposto di si’ perche’, poi, non l’ho mai piu’ rivisto.</div>Chiara di Notte - Klárahttp://www.blogger.com/profile/15484469069924722035noreply@blogger.com4