Contro le antenne

Nuova Venezia di oggi:

«Agiremo con i cittadini presentando dei ricorsi all’azione di Telecom che da qualche settimana può installare le antenne in via Galileo Galilei. Presenteremo anche la petizione che ha raggiunto 1600 sottoscrizioni. Il difensore civico è a disposizione della gente su questo problema». E’ la posizione del sindaco di Campolongo Roberto Donolato ad un incontro l’altra sera con i cittadini. Sulla linea del sindaco l’esponente di Forza Italia Oriana Boldrin che raccoglierà altre firme.

Qualcuno gli spiega che piu’ antenne ci sono, piu’ si riduce l’inquinamento elettromagnetico ?

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9 thoughts on “Contro le antenne”

  1. La sai la cosa triste?
    Potrebbe anche essere che lo sappiano che aumentando le bts si riducono le potenze e quindi l’inquinamento ma la cosa è totalmente slegata dai veri scopi della quasi totalità della gente che ci “dovrebbe” rappresentare.
    Se un antenna fa paura alla popolazione, invece che spiegare bene la situazione alla gente e adoperarsi per fare i reali interessi dei propri rappresentati, questa gentaglia preferisce cavalcare l’onda emotiva della protesta per ricavarne prestigio e per essere rieletta -.-

  2. Sicché, Stefano, per ogni antenna in più, la potenza di ciascuna diminuisce? Quindi se, per assurdo, ci fosse «un’antenna in ogni isolato» esse genererebbero un inquinamento minimo?
    Mi pare logico, in effetti, ma non c’avevo mai pensato.

  3. Quinta, te lo dico da chi lavora (anche) per TIM, Vodafone e tanti altri per le reti mobili, ma secondo te i provider sono o non sono interessati a mettere più antenne?
    La risposta è in generale, un NO a caratteri cubitali. In alcune zone, e sottolineo alcune, l’interesse c’è ed anche molto. Ma in molte altre, proprio no (parlo per l’Italia).
    Ai provider conta avere più telefonate possibili. A seconda della zona e della distribuzione degli utenti, il numero di antenne è ottimale o meno. Il numero delle celle e la loro disposizione viene progettata per massimizzare i ritorni, mica altre pippe mentali.
    Inoltre, per ogni antenna il provider paga l’affitto: sai che in una città di provincia Vodafone paga al condominio 20000 euri all’anno? Quanto pensi sia interessato un provider ad aumentare i costi in termini generalizzati?
    Alias: al provider importa fare soldi, mica diminuire l’inquinamento elettromagnetico.
    Passiamo dal lato utente, ma in modo intelligente. Come ben sappiamo, la potenza del segnale decresce col quadrato della distanza dalla antenna emittente.
    Per avere una qualità del segnale accettabile, il rapporto segnale/disturbo (S/N per gli smaliziati) deve essere maggiore di una certa soglia in qualunque punto della cella.
    Quindi, dato che N non può essere cambiato (N è funzione di moltissimi fattori come numero e composizione degli edifici, presenza di cemento armato, orografia del terreno, presenza di linee elettriche ad alta tensione, presenza di treni, tram…) occorre agire su S, quindi sulla potenza.
    La legge prevede che non si superi un limite massimo di potenza, espressa come intensità di campo (o Volt al metro lineare). Si, ma dove si misura questa intensità? Lo dice la legge: nei luoghi pubblici antistanti all’antenna, come parchi, scuol,e case di cura. Quelli più vicini, anche se magari significa anche mezzo chilometro o più.
    Facciamo un bel caso reale, misurato personalmente dal sottoscritto. Un ufficio nell’hinterland milanese, davanti ad una antenna GSM. Nell’ufficio l’intensità di campo è del 40% superiore a quella consentita.
    Ora, la vexata questio, il vero problema eluso dal tuo post, Quinta: ma fa male oppure no l’inquinamento elettromagnetico?
    L’unica, e sottolineo l’unica, risposta corretta e veritiera è che nessuno lo sa! Nessuno ha dimostrato (lo ribadisco, nessuno) che non facciamo male.
    Il senso della legge infatti è proprio questo: nel dubbio, imporre una misura cautelativa a tutela della salute pubblica. Il problema reale è la definizione della soglia “sicura”. La scelta, lo dico da addetto ai lavori, è stata fatta in funzione delle richieste dei provider, certo non quella del ministero della salute all’epoca od in base a parametri giudicati realmente sicuri…
    Io cittadino, ci mancherebbe altro, ho il diritto di protestare se ritengo di non essere sufficientemente tutelato, ci mancherebbe altro. Per essere chiari ed espliciti, io davanti ad una antenna UMTS/GSM non ci vivrei tutto il giorno. Preferisco avere quei 300 metri di margine, nel dubbio.
    Se uno è ignorante, sarebbe sacrosanto dovere di qualcuno educarlo. Hai visto qualcuno farlo, tra i provider, i ministeri…? Nessuno ha interesse a farlo, proprio perché nessuno può mettere le palle sul tavolo e dire “va tutto bene!”
    Chiaro?

  4. Condivido l’analisi fatta da “mestesso”.
    Da “addetto ai lavori” però aggiungerei anche che la regolamentazione italiana è molto più stringente rispetto alla regolamentazione europea.
    Detto questo resto comunque d’accordo sull’adozione del principio di precauzione, in mancanza di risultati sui quali la comunità scientifica abbia una posizione univoca.

  5. Stefano, non ho mai fatto i conti esatti ma così a naso la quantita’ di energia immessa nell’ambiente e’ identica, solo che essendo distribuita su piu’ antenne (ie: spalmata sul territorio) se ne diminuisce statisticamente la pericolosita’. In questo senso “piu’ antenne = no ripetitori” potrebbe essere un messaggio efficace senza per altro dire fesserie… solo un pizzico paradossale nelle menti che assimilano “antenna” a “ripetitore”.

  6. > Ora, la vexata questio, il vero problema eluso dal tuo post, Quinta: ma fa male oppure no l’inquinamento
    > elettromagnetico?
    >
    > L’unica, e sottolineo l’unica, risposta corretta e veritiera è che nessuno lo sa! Nessuno ha dimostrato (lo ribadisco,
    > nessuno) che non facciamo male.
    Caro mestesso, tralasci dei fattori importanti in quello che dici. Nessuno ha dimostrato che non facciano male e, peraltro, nessuno ha dimostrato che non facciano bene. E, se ci limitiamo al punto di vista scientifico, nessuno dimostrerà MAI che non facciano male o che non facciano bene. È proprio impossibile una dimostrazione scientifica di questo tipo, quindi mettiamoci il cuore in pace.
    Ma non c’è solo il punto di vista scientifico. C’è anche il punto di vista pragmatico della società che dovrebbe (condizionale) valutare, dare un peso a ciò che la circonda e definire una scala di cosa è più importante per sé.
    Quando fai uno studio statisticamente significativo e non riesci a dimostrare la dannosità non è finita lì. Hai comunque dimostrato che *se* c’è una dannosità è statisticamente piccola.
    E quando la dannosità potenziale è minima, allora il fenomeno dovrebbe essere messo in basso nella scaletta delle priorità. Ma la società non è razionale e si sta ancora qui a parlare di inquinamento elettromagnetico e si va a casa a farsi un bel barbecue che fa dimostratamente più male.

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